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Autore: pseyda    15/09/2013    0 recensioni
Enjolras soffre terribilmente di insonnia, e finisce per scoprire un insolito rimedio.
Questa E/R è una mia traduzione, autorizzata dall'autrice. link all'originale all'inizio del primo capitolo.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Senza alternative

“Aspetta un momento” Combeferre bloccò Enjolras mentre erano in fila al bancone, afferrandolo per le spalle ed esaminando attentamente i suoi occhi. “Hai dormito stanotte.”
Enjolras arrossì. Lo sapeva. Combeferre sapeva cosa era successo, e ora lo avrebbe rimproverato. Cielo, cosa aveva combinato? “Ecco… si, un po’..” Balbettò incerto. L’altro sorrise e gli diede una pacca sulla schiena. “Come ci sei riuscito? Pillole? Latte caldo prima di andare a letto?”

“Qualcuno ti ha letto una storiella della buona notte?” Enjolras si voltò nell’udire l’atra voce e gelò alla vista di Grantaire che passeggiava in mezzo alla fila, prima di piazzarsi sorridente davanti a loro. “Buongiorno, Splendore”. Combeferre roteò gli occhi, ma non protestò per la manovra di superamento “Immagino tu sia qui per il tuo cappuccino-cura-sbornia quotidiano”. Grantaire fece l’occhiolino e si rivolse al bancone “Un cappuccino-cura-sbornia, per favore” la barista rise e prese l’ordine.
“Ieri sera hai bevuto?” chiese Enjolras. Quando aveva trovato il moro addormentato era piuttosto presto, le dieci circa. E odorava di vaniglia e acrilici, non di alcol… in effetti, un buon odore.
“Nah, semplicemente credo di essere in sbornia perpetua”
“Magari, se tu non bevessi così spesso..” disse Combeferre.
 “Oh, sei adorabile, ‘Ferre. Cerchi di nuovo di prenderti cura della mia salute” Grantaire rise e con fare drammatico depositò un bacio sulla fronte del ragazzo; quindi si voltò per prendere la sua tazza di cappuccino dalle mani della barista, che gli sorrideva ammiccante “Sfortunatamente, temo di aver già promesso a me stesso un attacco cardiaco intorno a quarant’anni, perciò dovrò tener fede alla mia parola.”

Enjolras si accigliò e fece un passo avanti per ordinare il suo caffè, ma poi si girò per guardare dritto in faccia Grantaire. Non c’era possibilità che lui sapesse, giusto?
“Sono contento che tu non abbia bevuto la scorsa notte” disse.
 L’altro lo guardò e sorrise. “Davvero?”
Il leader si sentì avvampare e cambiò argomento “Non mi hai più portato i volantini” borbottò.
“Sì, invece! Li ho dati a Courfeyrac! L’ho incontrato venendo da te e lui ha detto che te li avrebbe portati. Non l’ha fatto?”
Il biondo gemette e prese il caffè dalla cameriera, che non sorrideva neanche la metà di prima “Ti sei fidato di Courf per qualcosa che richiedesse puntualità?”
Grantaire sollevò entrambe le sopracciglia “Si è offerto lui…”
 
 “Probabilmente ha incontrato una ragazza per strada e ha deciso che lei era più importante” decretò Enjolras con disgusto. Aspettò che Combeferre prendesse il suo drink e condusse tutti al tavolo accanto alla finestra.
“Si sistemerà tutto” lo rassicurò ‘Ferre, sorseggiando il suo the.
“Quei volantini mi servono!”
“Rilassati.” Grantaire sospirò e aggiunse “Te ne farò altri oggi e te li consegnerò personalmente”
Enjolras si agitò sulla sedia e osservò l’artista. “Niente intermediari?”
“Niente intermediari.”
                                                                              ****

Grantaire mantenne la parola. Quella sera, giunse all’appartamento di Enjolras con un gran sorriso e un grosso pacco di carta verde fosforescente.
“Ti ho portato un regalo!” canticchiò, entrando senza chiedere il permesso. Enjolras chiuse la porta e gli prese il pacco dalle mani. “Cosa potrà mai essere?” Grantaire spostò lo sguardo intorno all’appartamento. C’era stato già un sacco di volte, ma ancora si meravigliava di come apparisse immacolato. I tavoli puliti, il pavimento sgombro, e non c’erano mai piatti sporchi nel lavello. L’artista si chiedeva se Enjolras comprasse di proposito libri della stessa grandezza, così che apparissero perfettamente in ordine sugli scaffali.

 “Duecento volantini per cambiare la mente di milioni di persone, freschi di stampa” rispose allegramente, riportando il suo sguardo sul biondo. Il leader osservò uno dei volantini. Il grosso titolo che lui aveva creato spiccava in cima al foglio, l’articolo scritto da Combeferre stava direttamente sotto. Avevano riservato un spazio a Grantaire, per un disegno che rispecchiasse l’argomento dello scritto, ma ora quello spazio era occupato dalla notevole rappresentazione di un uomo sbattuto contro un albero. Era ingobbito e accasciato, i vestiti strappati e gli occhi cavi. L’immagine era violenta senza essere troppo cruda, e toccante senza essere offensiva. Era perfetta. Lo sguardo di Enjolras incontrò gli occhi di Grantaire.

“Fantastico” disse.
“Li ho solo portati al negozio…”
“Il disegno, Grantaire. Il disegno è perfetto.”
Il moro sollevò un braccio per passarsi le dita tra i capelli e si lasciò andare a una breve risata “Grazie Enjy.”
Il biondo corrugò il sopracciglio “Ti ho detto di non chiamarmi così.”
 "E io ti ho detto di non chiudere l'ultimo bottone della tua camicia perchè quando lo fai sembri un uomo di mezza età, ma non sempre si può avere ciò che si vuole." sorrise e si infilò le mani nelle tasche, dondolandosi sui talloni. Enjolras incassò la presa in giro e roteò gli occhi.
"Io dovrei andare."
"oh, ehm..hai voglia di qualcosa? Caffè o acqua o da mangiare o qualcos'altro?" chiese il leader, improvvisamente consapevole di quanto fosse tardi. Sentiva che un'altra notte insonne era in arrivo, e non era entusiasta al pensiero che lo aspettavano intere ore da passare steso sul letto -perfettamente sveglio - oppure a scrivere al computer. Forse la cosa peggiore dell'insonnia era proprio che non ci fosse mai nessuno che stesse con lui o con cui parlare, un qualcuno di cui aveva scoperto di desiderare la presenza in quelle ore morte prima dell'alba, proprio quando è impossibile trovare anima viva - o sveglia, che dir si voglia.
Nel momento stesso in cui Grantaire se ne fosse andato, lui sarebbe rimasto di nuovo solo, con le sue stesse palpebre come unica compagnia.

Grantaire sorrise e scosse la testa "Nah, sto bene così. Devo andare a letto."
"Perché così presto? Ti avevo etichettato come un gufo notturno" chiese Enjolras con nonchalance.
"Di mia natura lo sono, ma sto prendendo queste pillole per dormire, così da regolare il mio ciclo di sonno. Devo prenderle tutte le sere alla stessa ora."
Enjolras sentì una fitta al petto. Se solo una pillola avesse potuto costringere i suoi occhi a chiudersi e farlo sprofondare in un sonno abbastanza profondo da non essere interrotto, neanche da un uomo che strilla per tutta la sua casa oppure sdraiato al suo fianco..
"Queste pillole - ti procurano un buon sonno profondo? Ti fanno sentire riposato?"
Grantaire annuì "Sì, dovresti provarle. Io dormo per quasi nove ore e non mi sono mai svegliato in mezzo alla notte da quando le prendo. Questo fa quasi paura, ma non sono sedativi. Mi sveglierei, se ce ne fosse bisogno." Prese un pezzo di carta e una penna dal tavolo vicino e scribacchiò il nome delle pillole, poi lo passò a Enjolras. Il biondo studiò il nome per un momento, perso nei suoi pensieri. "Dovrò provarle."
"Oppure fare qualunque cosa tu abbia fatto ieri notte" disse Grantaire in un'alzata di spalle "sembravi davvero molto riposato oggi, come ha notato Combeferre."
Enjolras sentì il rossore insinuarsi sulle sue guance, malgrado le sue proteste interne. "Ehm..si, credo che proverò le pillole" borbottò, accartocciando il foglio in mano e infilandolo in tasca. Grantaire alzò un sopracciglio, ma non insistette ulteriormente.
“Beh sarà meglio che vada, allora. Mi aspetta un lungo e profondo sonno. Ti auguro lo stesso.”
“Grazie” Enjolras offrì un sorriso tirato e lo accompagnò alla porta, salutando con la mano mentre l’altro percorreva il corridoio.
Se solo le cose fossero così facili.
                                                                            ****

Le tre notti seguenti furono lunghe e insonni. Enjolras tentò una marea di possibili soluzioni, tra cui anche le pillole suggerite da Grantaire. Lo fecero sentire assonnato e lento nei movimenti e riflessi, ma non gli impedirono di giacere sul letto e fissare il soffitto, facendo finta di essere sul punto di dormire. Alla fine si ritrovava sempre di nuovo davanti al computer, inviando e-mail o leggendo i blog sulla giustizia sociale che seguiva. La mancanza di sonno era fastidiosa e a volte persino dolorosa, ma almeno gli lasciava più tempo per lavorare. Ad ogni modo, dopo tre giorni senza riposo, non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe potuto gestirla.

Grantaire aveva continuato a presentarsi al café tutte le mattine, sempre vispo e sarcastico. Enjolras invidiava la sua vivacità. Già era difficile dover sopportare la continua preoccupazione di Combeferre per la sua salute, in più il successo di Grantaire con le pillole era come uno schiaffo in piena faccia, e lui si ritrovava continuamente a ritornare col pensiero a quell’unica notte in cui era riuscito ad ottenere una quantità di riposo accettabile. Se solo le circostanze fossero state altrettanto accettabili!
Alla quarta nottata insonne, Enjolras cominciò a rivalutare le sue opzioni. Era così stanco da aver cominciato a sentire un tintinnio di sottofondo che in realtà era solo nella sua testa, e la sua vista iniziava ad appannarsi ai margini del campo visivo. Ma in qualunque momento si sdraiasse per dormire, non importava quanto esausto potesse essere, il sonno non arrivava. Alla fine, dopo aver ingoiato due delle pillole di Grantaire (invece di una, come suggerito) e aver sbattuto ripetutamente la testa contro l'armadio, Enjolras afferrò il cappotto. Semplicemente, non aveva scelta.

Si lasciò scivolare nell'abitazione dell’artista una seconda volta, chiudendo la porta dietro di sé e camminando delicatamente per l’appartamento. Essere lì gli sembrava sbagliato. Essenzialmente stava entrando di nascosto in casa dell’amico, e probabilmente il suo intento poteva essere considerato come una qualche forma di molestia sessuale. Ma era così stanco. Entrò in camera di Grantaire e lo trovò raggomitolato attorno al cuscino, posizionato più verso il centro del letto rispetto alla volta precedente. Posò il cappotto e le scarpe su una sedia in un angolo della stanza e stette in piedi di fronte al letto. Per un momento, si fermò a osservare il sollevarsi e abbassarsi del petto nudo del moro, la delicatezza dei suoi tratti mentre dormiva, e il modo in cui i suoi capelli si spargevano selvaggiamente sul suo viso, anche quando non era cosciente. Davvero stava per farlo?

Scoprì che sì, stava per farlo. Si infilò nel letto, sotto le coperte questa volta, e lasciò andare un profondo respiro quando la sua testa toccò il cuscino. Immediatamente, sentì la sonnolenza sopraffarlo. Le premise di impossessarsi del suo corpo senza protestare, e sorrise mentre scivolava in un sonno di cui non poteva essere più riconoscente.
Si risvegliò con la sensazione di un fiato caldo contro il collo. All’inizio non si rese conto che tutta quella situazione era anormale – l’implicazione di essere con un’altra persona e il fatto che si era addirittura svegliato (poiché questo voleva dire che in precedenza si era addormentato). Dopo un minuto di puro godimento del calore e della sensazione di un peso lungo i suoi addominali, finalmente spalancò gli occhi.

Erano le 6.26 della mattina, e un braccio di Grantaire avvolgeva la vita di Enjolras. Le sue labbra sfioravano il collo del biondo sotto la nuca, e il suo respiro era percepibile non solo dall’aria calda che usciva dalla sua bocca, ma anche dal movimento ritmico del suo petto contro la schiena dell’altro. Il leader si impanicò in silenzio. Come aveva potuto lasciare che accadesse? Grantaire si era svegliato? Si sarebbe svegliato (magari nuovamente) se Enjolras si fosse mosso?

Alla fine, il biondo decise che valeva la pena di tentare. Se Grantaire non si era svegliato, e si era semplicemente mosso nel sonno, allora questo avrebbe sollevato un sacco di domande a cui preferiva non rispondere. E se Enjolras non si fosse mosso, rispondere a queste domande sarebbe stato inevitabile. Rotolò via delicatamente dalla presa del moro, sperando per un momento di poter ancora sentire il suo fiato caldo contro il collo. Con un’ultima occhiata al ragazzo addormentato, scacciò il pensiero dalla mente e recuperò il cappotto e le scarpe, quindi fece ritorno a casa.
 
 
Ed ecco il secondo capitolo, spero sia di vostro gradimento. Come sempre, grazie di essere giunti fin qui e i commenti sono sempre ben accetti. Soprattutto, vi prego di segnalarmi se ci sono parti poco chiare o in cui l’italiano non è molto scorrevole: tradurre i lunghissimi periodi inglesi è stato spesso complicato.
Au revoir, Pseyda.
 
  
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