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Autore: Ely79    16/09/2013    2 recensioni
Vorreste trasformare la vostra ridicola Urbanhare in un mostro capace di far sfigurare le ammiraglie del Golden Ring? Cercate più spinta per i vostri propulsori a vapore compresso? Spoiler e mascherine su disegno per regalare una linea più aggressiva al vostro mezzo da lavoro? Una livrea che faccia voltare ogni testa lungo le strade che percorrete? Interni degni di una airship da corsa, con quel tocco chic unico ed inimitabile?
Se cercate tutto questo, grande professionalità ed un pizzico di avventura, allora siete nel posto giusto: benvenuti alla "Legendary Customs".
[Ambientazione Steampunk]
Genere: Avventura, Commedia, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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L.C. - Cap. 14
14

Le note dell’orchestra si spargevano tra le fronde degli alberi che s’innalzavano verso le cupole di vetro del City Garden. Fiori notturni decoravano raffinate tavole allestite in candidi gazebi, dove gli invitati conversavano accompagnati da champagne ben freddo e golosi manicaretti. Ornate di minuscole lampade, le piante esposte nella serra somigliavano a bizzarri gioielli e il loro profumo si mescolava alle costose fragranze sfoggiate dagli invitati.
Norman Chapel era a capo della sezione penale del Tribunale di Port Serafine ed il suo nome si trovava, per motivi imprecisati, nella sconfinata lista di contatti di Avelan, oltre che seduto allo stesso tavolo che il magnate condivideva con Charlotte, Clayton e Sandy.
«Su una Hava si possono fare infinte modifiche. Possiamo tirarne fuori un modello extralusso o un mezzo da lavoro o un bolide per il Golden Ring. O farci una cuccia per il cane. La scocca delle Mahaan Vajpayee è una delle più adattabili in circolazione. Se ha visto la Pavitr di Avelan, si è già fatto un’idea di quello che riusciamo a fare con un paio di attrezzi, ottime idee e queste» disse Clay, battendo orgogliosamente i palmi sulle braccia.
Sandy era indecisa se strangolarlo o meno: trovava ridicole quelle esibizioni da gorilla, anche se, per oscure ragioni, avevano sempre colpito positivamente i clienti. Trasmettevano un che di rassicurante, qualcosa che innescava una spontanea fiducia nei suoi confronti. E lei lo sapeva bene, essendone rimasta vittima diciassette anni prima.
«In effetti quella di Ostap è un’ariship piuttosto esuberante per i miei gusti, ma non nascondo che possiede un certo fascino anche per chi come me preferisce uno stile più misurato. Tradizionale, se vogliamo».
La lussuosa airship di Avelan, prodotta dalle più eccellenti officine indiane di Jodhpur e Allahabad, era emersa dalle mura della “Legendary” impreziosita da intarsi in zanne e artigli di orsi e tigri siberiane oltre che da pelli di lontra marina e salmone, mentre l’esterno, oltre a recare una delle più strabilianti opere di Hito - raffigurante un tripudio di paesaggi, monumenti e simboli russi – era stato modellato in maniera tale da perdere completamente la linea originale: alettoni, diruttori veri e fittizi, una moltitudine di fari aggiuntivi ed un’imponente ala circolare le avevano conferito un aspetto simile ai vettori transoceanici, quelli impiegati per il trasporto delle truppe russe. Vederla passare per le strade di Port Serafine, preceduta dal ruggito dei suoi cinquecento cavalli, era qualcosa che lasciava il segno.
La chiamavano “gli ottantacinquemila trias più egocentrici della città”.
«Ci metta alla prova, Giudice. Le faremo avere l’aeromobile che ha sempre sognato. Anche più bella di come la immagina» assicurò Sandy, giocherellando maliarda con l’orlo delle maniche a pagoda.
«Sembrate molto sicuri delle vostre capacità» osservò con sussiego, centellinando lo champagne.
«Non sembriamo, lo siamo. E le sfide non ci spaventano» ribadì Clay.
L’applauso festoso di Avelan interruppe lo spavaldo fronteggiarsi dei commensali.
«Te l’avevo detto, Norman, che non saresti rimasto deluso. Propongo un brindisi a questa serata e a ciò che ne verrà!» esclamò levando il calice con tanto entusiasmo da rischiare di rovesciarselo in testa.
«Andiamoci piano, Ostap. Non c’è ancora nulla di definitivo in questa conversazione. Si tratta di un primo contatto, una chiacchierata informale; anche se devo ammettere che la proposta è allettante. Quasi troppo. Quindi vorrei alcune delucidazioni in merito alla rispondenza del mezzo alla normativa vigente. Voi capite, signori, che sarebbe quantomeno imbarazzante per un giudice del mio livello andare in giro su un mezzo… fuorilegge. Per non parlare del costo, che mi auguro non sia un furto» scherzò con un’aria carica di sottintesi poco rassicuranti.
«Ogni airship trattata dalla “Legendary Customs” rispetta nel dettaglio le prescrizioni in termini di sicurezza e prestazioni dettate dal Ministero dei Trasporti, oltre che le specifiche delle singole case produttrici» spiegò tranquillamente Charlotte. «E quand’anche fosse necessario effettuare lavori che vadano a rivoluzionare completamente il mezzo in questione, portando ad un veicolo in parte o totalmente diverso da quello originario, questo viene inviato alle officine competenti per sottoporlo ai test previsti dalla legge ed ottenere l’approvazione alla messa in strada. Quanto al prezzo, nessuno dei nostri clienti si è mai lamentato del trattamento ricevuto. La nota spese viene costantemente tenuta sotto controllo e in caso di rettifiche, anche minime, il cliente viene tempestivamente informato, al fine di garantire la massima trasparenza. E se si verificano corposi scostamenti dal prezzo iniziale, si provvede a ridiscutere il contratto, al fine di giungere ad una soluzione economica condivisa da ambo le parti».
A differenza dei suoi capi aveva parlato con calma e compostezza, sostenendo il piglio inquisitorio del magistrato mentre accarezzava il piccolo bouquet di fiori in taffetà che portava al polso sinistro.
Chapel annuì lentamente, scambiando sguardi  impressionati con i presenti.
«Devo ammettere Avelan,» disse con un sorriso obliquo, «che la tua accompagnatrice sa il fatto suo. Difficile ignorare tanta competenza. Come è difficile ignorare una delle migliori armi della “Legendary Customs”» soggiunse spostando lo sguardo in direzione di Sandy, che sorrise ammiccando.
Sotto la tovaglia, la donna affondava convulsamente le unghie nella coscia dell’ex-marito, impedendogli di alzarsi per commettere sciocchezze. La sua gelosia era inopportuna in quel momento.
«Lasciatemi qualche tempo per riflettere. Sarete contattati dal mio ufficio per conoscere la risposta ed, eventualmente, prendere un appuntamento» annunciò alzandosi e sventolando eloquente il biglietto da visita dell’officina. «Signore. Signori. È stato un piacere. Buona serata».
Appena Chapel sparì tra la folla, Charlotte e Sandy tirarono un sospiro di sollievo mentre Clay inserì il nome del pretore nell’elenco dei clienti cui far buon viso a cattivo gioco. Era un uomo puntiglioso in maniera spasmodica e piuttosto esigente, ma aver stuzzicato il suo interesse era di per sé un’importante conquista: si muoveva in un ambiente dove lo status di una persona veniva misurato con svariati parametri di giudizio, inclusi i mezzi di trasporto. Innescare una gara all’interno del foro di Port Serafine a chi avesse sfoggiato l’airship più sfarzosa avrebbe portato un aumento esponenziale del lavoro e delle entrate, visto che la “Legendary Customs” era la sola officina in tutte le Colonie Atlantiche specializzata esclusivamente nel settore elaborazioni.
«Pensavo non se ne sarebbe più andato. Non invidio quelli che finiscono sotto le sue grinfie» grugnì Clay, scolando un calice tutto d’un fiato. «Come diavolo fai a sopportare gente del genere?»
«Sopportare?» domandò Avelan, sgranando perplesso gli occhi. «Cos’ha Norman di così fastidioso? È un discreto cultore d’opera, capisce poco di arte ma compensa con un’impeccabile conoscenza della pesca e delle tecniche di allevamento del bestiame. Mi spiace solo dover dire che non è poi il gran legislatore che tutti credono. Alle sue spalle c’è uno stuolo di apprendisti, galoppini e segretarie pronti a preparargli il brodo prima di entrare in aula. Per non parlare delle sue amicizie in Parlamento e al Governatorato. Temo non abbia mai preso davvero una decisione di testa sua. Il nostro Thomas ha una Laurea in Giurisprudenza presso una delle più prestigiose università britanniche e conosce a memoria tutti i commi esistenti nei libri di diritto e le relative applicazioni. E non si fa scappare un solo aggiornamento o una Gazzetta Ufficiale. Non per nulla l’ho assunto anche come mio avvocato. Se lo mettessimo al posto di Norman, farebbe senza dubbio una figura migliore».
«Ma riempirebbe le strade di giovani disoccupati. E Thomas non è tanto crudele» scherzò Charlotte.
La guardia del corpo fece un lieve inchino, a ringraziare dei complimenti.
«Touché, mia cara. Touché» rise Avelan accarezzando la barba. «Dietro questa montagna di muscoli si cela un cuore d’oro, che però teme il confronto con il tuo. Ti ho già detto quanto quest’abito ti doni?»
«Solo un miliardo di volte» sbuffò sottovoce Sandy.
Per una volta, i suoi consigli le si erano ritorti contro e anche se era felice di vedere Charlotte adottare uno stile più accattivante, la seccava sentirsi defraudata di gran parte delle attenzioni cui era abituata.
Doveva ammettere che pur non essendo firmato da un rinomato atelier di moda, quel vestito era veramente magnifico. Realizzato con innumerevoli strati di pizzo in diverse tonalità di verde, lasciava scoperte le spalle e dava l’impressione che non vi fosse alcun busto o crinolina al di sotto. Era animato da una lunga stola di seta color bronzo, che sul davanti scendeva dalla spalla sinistra fino alla grande balza della gonna, mentre sul retro ricadeva oscillando su larghi volant bianchi.
«Delizioso. Semplicemente superbo!» commentò entusiasta Avelan, attingendo per l’ennesima volta al caviale e porgendo un assaggio a Charlotte. «Grana grossa, giusto equilibrio tra sapidità e dolcezza, delicatamente persistente. E si spande sul palato come una carezza! È sicuramente Blu Beluga. Donat, devi assolutamente assaggiare questo malossol1, ragazzo mio. Si sente il sapore di casa, delle acque dei nostri mari. Mangiane un po’ e dopo vai e torchiare quelli del catering per conoscere il nome del fornitore. Voglio fargli un ordine al più presto» disse rivolgendosi all’uomo alla sua sinistra, che si limitò a lanciare un rapido sguardo alla costosa prelibatezza.
«Sono budella di pesce» borbottò schifato Clay, fingendo di grattarsi la nuca per mascherare un nuovo tentativo di allentare la cravatta.
«Uova, Clayton. Piccole, graziose, sopraffine perle nere del più raro storione che nuoti al mondo» corresse, servendosi nuovamente con il cucchiaino di madreperla. «Credimi, vale la pena azzardare un assaggio. Ti stupirà come delle cosine piccine e all’apparenza insignificanti, possano racchiudere un piacere tanto grande ed intenso, così inebriante e avvolgente che è difficile descriverlo a parole».
«Direi che a te riesce benissimo» sogghignò. «Preferirei una bella bistecca. Una di quelle costate di manzo che Cynthia ci serve all’“Archituono”. Alte tre dita, grigliate a puntino e belle succose. E, Avelan, puoi scommetterci quel che ti pare che non farebbero rimpiangere i tuoi ovetti viscidi» concluse, mascherando con un colpetto di tosse il gemito per l’ennesimo affondo nella coscia.
L’allusione alla procace e disponibile cameriera dell’“Archituono” era andata a segno, ma Sandy aveva giurato a sé stessa che non si sarebbe fatta rovinare la serata dai dispetti di quel pachiderma.
«Qui le bistecche non sono previste, quindi taci e fai come ti si dice: assaggia!» rimbrottò indispettita allungandogli una tartina punteggiata di nero.
Clay la inghiottì con una smorfia disgustata, trattenendosi dal farle notare che l’unico modo per rendere davvero appetibile quella robaccia, fosse che lei poggiasse il crostino sulla generosa scollatura dell’abito. Il corpetto la strizzava a tal punto che i seni somigliavano ai cupolini dei fari sulla Fortion, altrettanto perfetti ed abbaglianti nel loro emergere da una conturbante carrozzeria.

***

«È l’una e mezza. Ne avremo ancora per molto? Non abbiamo già visto abbastanza “simpaticoni” per stasera e per il prossimo secolo?» sbadigliò Clay, dondolando sulle gambe posteriori della sedia.
«Lo spero. Sono sfinita e quasi senza voce» ammise Charlotte, sorridendo stanca al bouquet.
Era stata la sua ancora di salvezza per tutta la serata, quando i complimenti di Avelan e la sua galanteria non erano state in grado di riscuoterla. Di tanto in tanto vi immergeva le dita, scivolando distrattamente tra i petali, cercando di trovare traccia delle dita di Odrin fra le pieghe della stoffa.
«Finitela di lamentarvi! Ci vorrà quel che ci vorrà! Se Avelan riesce a portarci Hernández o Cross o anche solo un membro del loro staff, avremo fatto bingo! Assicurarci l’interesse di un politico sarebbe un enorme colpo pubblicitario!» si augurò Sandy, risistemandosi per l’ennesima volta sulla sedia.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma quell’abito la stava uccidendo. I lacci che Junior aveva criticato minacciavano di segarla in mille pezzi, le stecche del busto la bloccavano dalle spalle ai fianchi, costringendola a stare allungata su un fianco, e la voluminosa coda di ruche le impediva di sedere comoda. Per non parlare degli ampi inserti in pelle, che le si erano incollati addosso e, uniti al tepore afoso della serra, le stavano facendo fare una sauna imprevista.
Si sentiva una delle bambole di Bonnie: rigida, impacciata e totalmente dipendente da qualcuno per potersi muovere. Il problema stava nel fatto che quel qualcuno fosse Clay: era assolutamente certa godesse nel sorreggerla ad ogni passo, perché poteva allungare le mani con la scusa di aiutarla. Un piccola vendetta per averlo trascinato lì.
«Ma che bella compagnia. Quasi quasi mi unisco» gracchiò qualcuno.
Charlotte impallidì, irrigidendosi. La voce proveniva dal tendaggio alle sue spalle.
Non ebbe bisogno di voltarsi per vedere il naso schiacciato che spiccava sul volto oblungo di PigTail. I capelli erano raccolti così strettamente da sembrare disegnati sulla sua testa. Quello che ore prima doveva essere stato un elegante completo era ridotto ad un insieme di indumenti stropicciati e abbottonati sommariamente.
«Chi ha ti fatto entrare?» sibilò Sandy, preoccupata dall’orrore suo volto di Charlotte.
Non l’aveva mai vista così sconvolta.
«Sempre un piacere vedervi, ragazzi. Permettete?» ma prima di ricevere risposta, si lasciò cadere sulla sedia vuota accanto a Charlotte, cui passò un braccio attorno alle spalle per impedirle d’allontanarsi.
«Vattene con le tue gambe se non vuoi farlo strisciando» minacciò Clay, facendo per alzarsi.
Quello emise un sospiro che puzzava terribilmente di alcol e tabacco rancido, facendo una boccaccia.
«Sempre il solito cattivone» ghignò artigliando la mano di Charlotte e portandola alle labbra, dopo averle leccate. «E tu, bel bocconcino, me lo vuoi dire sì o no il tuo nome? Le altre volte Scorch non è stato così carino da presentarci. Dice solo che glielo fai andare in tiro da mattina a sera. Permetti, bellezza? Paul Br…»
PigTail non riuscì a terminare la frase: il grosso pomo di un bastone da passeggio si schiantò sulla sua spalla, strappandogli un mezzo grido. L’attimo dopo ruzzolò a terra e ricevette un calcio nelle costole che gli mozzò il respiro. Istupidito, gattonò fino all’aiuola, dove un cespuglio gli sbarrò la strada.
«Clench, non ti pago per importunare i miei ospiti con la tua faccia da cane rognoso» tuonò l’aggressore, mentre gli pungolava la schiena. «Sparisci immediatamente!»
«S-Sì. S-su… subito capo!» biascicò arretrando a tentoni.
«Charlotte!» chiamò Avelan, sbucando da un sentiero, alla testa di un codazzo di ospiti.
La donna boccheggiava e sembrava sul punto di svenire. Le fece aria con un tovagliolo e la prese per mano.
«Thomas, aiuta il tuo collega per cortesia. Mi pare ne abbia alquanto bisogno» ordinò Ostap, senza perdere il solito sorriso gentile.
«Non è necessario» bofonchiò PigTail trovandosi di fronte a Lomann che lo fissava in tralice, mostrandogli l’enorme pugno.
«Insisto» fece perentorio Thomas, agguantandolo per un braccio.
«Sì, ma non insistere troppo, Tom» latrò il capofficina afferrandolo dall’altra parte e rimettendolo in piedi con un violento strattone. «Lascia qualcosa anche a me. Vorrei tanto dargli un paio di mani anch’io. Quelle che ho tenuto da parte l’ultima volta».
Nel frattempo, Sandy era caracollata goffamente verso l’amica e aveva preso posto al suo fianco.
«Va tutto bene. Non preoccuparti, passerà presto» cercò di tranquillizzarla.
Charlotte emise un rantolo, scrutandola con la coda dell’occhio. Sembrava domandarle come potesse fingere di comprendere la sofferenza che l’attanagliava.
«Respira con calma, cara. Con molta calma» scandì Ostap accarezzandole i capelli.
«Peter, va’ a prenderle un coriale, sbrigati» ordinò il capo di PigTail e un’ombra si eclissò tra la folla.
Lei lasciò cadere indietro la testa, le labbra livide e il respiro irregolare. Teneva le mani premute sul petto, quasi temesse che il cuore fosse lì lì per schizzare via.
Alcuni invitati cominciarono ad allungare il collo nella loro direzione, dandosi di gomito. Dei giornalisti cercarono di farsi largo, dittafoni e macchine fotografiche alla mano, ma ospiti, camerieri, guardie del corpo e persino le piante intralciarono l’avanzata, dando modo al nuovo venuto di far chiudere le tende.
Il colore tornò lentamente sulle guance di Charlotte e il respiro riprese un ritmo normale.
«Sono dolente per le maniere di Clench. È un animale ottuso e volgare, ma conto di ridurlo all’obbedienza entro breve» esordì il principale di Pigtail.
«Non ci contare» bofonchiò a denti stretti Clayton, fissando rabbioso la ex-moglie, che trasalì.
L’accusa era plateale: non poteva non conoscere il nome di chi aveva indetto la festa e inoltrato gli inviti. Quella presa in giro non gli sarebbe andata giù tanto presto, Sandy lo sapeva fin troppo bene. Aveva tirato troppo la corda: anche se tutte le persone con cui avevano parlato si fossero rivolte a loro, Clay non le avrebbe perdonato un simile sgarro. Portarlo a sua insaputa ad un party organizzato dalla persona che più odiava al mondo, era qualcosa che non poteva lasciar correre.
Sandy rabbrividì e tornò ad occuparsi di Charlotte, ormai ripresasi quasi del tutto.
«Avelan, porgo le mie più sentite scuse a te e alla tua signora per quanto accaduto. E, per inciso, mi scuso d’aver smarrito la comunicazione delle vostre nozze. Avrei avuto piacere di parteciparvi, o si è trattato di una cerimonia per pochi intimi? I giornali non l’hanno menzionata».
«Oh… ti ringrazio Aris, ma temo sia sorto un curioso, piccolo equivoco» balbettò imbarazzato, grattandosi la testa con tanta foga da rendere inutile il copioso strato di brillantina. «La signorina non è mia moglie. Sono ancora infelicemente celibe, anche se potrei ritenermi immensamente fortunato ad impalmare una donna di tale levatura. Permettimi di presentarti Charlotte Vernet, responsabile amministrativa della “Legendary Customs” e mia carissima amica, oltre che la donna cui devo la mia vita. Non avrei sopportato di restarmene a casa, sarei morto di noia e le tue feste sono imperdibili. A proposito, voglio il nome di chi ti fornisce quell’eccellente caviale».
«Ogni cosa a suo tempo, Ostap, ma ti ringrazio dei complimenti» replicò, degnandolo a malapena d’uno sguardo. «Domando nuovamente perdono, signorina Vernet. La stupidità di Clench dev’essere contagiosa».
«Lurido lecchino» mugugnò Clay rivolgendogli uno sguardo omicida, che venne ricambiato con sdegno.
«Permetta che mi presenti. Aris Theodoros  Goundoulakis, per servirla» disse inchinandosi profondamente.
Solo allora Charlotte poté vederlo bene. Lunghi boccoli biondi incorniciavano il volto abbronzato dove spiccavano liquidi occhi scuri. Le sue mani tuttavia sembravano quelle di un vecchio, tanto erano ossute e martoriate dalla vitiligine. Il fisico magro era fasciato da un sobrio smoking blu, quasi banale se paragonato a quello di Avelan, dalle maniche guarnite di stampe ton sur ton e cosparso di pagliuzze dorate.
«Ma per favore!» grugnì il capofficina, senza più nascondere il proprio disappunto.
«Clayton Lomann. È parecchio che non ci si vede. Almeno tre o quattro anni, se non erro. Qual buon vento ti ha condotto qui?»
Era una domanda retorica, Clay lo sapeva. E se pure non l’avesse capito, il sorriso che Aris rivolse alla sua ex-moglie avrebbe chiarito tutto. Lui era l’artefice di ogni cosa. Era certo che l’avesse fatto col preciso intento di farsi bello agli occhi di Sandy, di mostrarle ancora una volta il suo potere e il mondo di sfarzi in cui viveva, tentando di attirarla un’altra volta a sé.
Spiacente, figlio di puttana. Ci sei riuscito una volta, la seconda non te lo permetto, urlò dentro di sé.
«Per te e il tuo nuovo amichetto, Aris, nessuno. Solo tempesta» dichiarò, tornando a dondolarsi.
Avelan tentò di intromettersi per distendere gli animi, ma Goundoulakis si rivolse altrove.
«La mia cara Alexandra Stuart. Affascinante come sempre» e si chinò a baciarle la guancia.
«Aris. Che piacere rivederti» mentì ricambiando timidamente.
In quel momento, avrebbe preferito avere Scorch nudo e ubriaco seduto sulle ginocchia piuttosto che lui e Clay a pochi passi di distanza. Averla chiamata con il suo nome da nubile era stato un colpo basso.
«Giù le mani» intimò il capofficina.
Il padrone di casa l’ignorò con plateale noncuranza, dandogli le spalle. Clayton scattò, facendo sobbalzare Charlotte e Ostap per la rapidità con cui raggiunse Aris. Inutile domandarsi cosa volesse fare.
Le guardie presenti tuttavia non ebbero il tempo d’intervenire.
«Buona sera a tutti!» ululò Mac Gregor, proiettandosi all’interno seguito dalla sua accompagnatrice, una giovane siamese abbigliata da danzatrice.
Pareva fresco come una rosa, quasi che la festa fosse appena cominciata. Solo le labbra sembravano appartenere ad un'altra persona, così rosse e screpolate da lasciar cadere piccole gocce di sangue sulla barbetta caprina.
«Ostap carissimo! Non ci si vede mai abbastanza noi due! Ho delle proposte che potrebbero interessarti parecchio sai? Hai tempo da dedicarmi prima di rinchiuderti nel tuo castello di ghiaccio e vodka? Oh, e chi vedo qui? Le algide signorine della “Legendary”! Vi presento Phailin. Anche lei è una tutta d’un pezzo come voi, sapete? Visto che unghie? Però non spiccica una parola, accidenti. Non aiuta per gli affari una che sta zitta, no? E c’è anche… ehm… Lu… Leeeem… Lomann! Sì, Lomann, giusto! Ah, non smetterò mai di andare in giro con quel trabiccolo! È comodissimo. Ci ho anche dormito, sai? Vivian non ne è stata molto felice, ma pazienza. La cosa lì è mia. E… quale onore! Il nostro anfitrione in persona! Aaa… Aris Goluu... Goddul… Gonun… ta… cakis? Al diavolo. L’eccellentissimo Aris, re dei ricevimenti! Lietissimo d’incontrarti!»
«Adam Mac Gregor. Quale entusiasmo» mormorò mellifluo questi.
Il giovane industriale guardò intorno strabuzzando gli occhi, rendendosi conto solo in quell’istante dell’atmosfera che regnava nel gazebo.
«Mi sono perso qualcosa?» ridacchiò fregandosi la mani.


1 malossol: caviale fresco, poco salato.
   
 
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