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Autore: Yoan Seiyryu    16/09/2013    2 recensioni
Red/Hook
Dopo la morte di Milah, Killian Jones tenterà di riportarla in vita, stringendo un patto con Cora. Si addosserà una maledizione che lo priverà dei suoi anni di vita e tenterà di vendicarsi in ogni modo. Sarà la vendetta a fargli incontrare qualcuno che come lui porta sulle spalle una maledizione, Cappuccetto Rosso.
***
-Non permetterò che muoia-
-Dovrai pagare un prezzo molto alto per salvarla- le labbra affusolate si arricciarono in un ghigno.
-Quanto alto?-
-Tanto quanto ciò che desideri salvare-
[...]
E Cappuccetto Rosso riuscirà ad accettare la sua doppia natura?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Killian Jones/Capitan Uncino, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Time '
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XXI. Milah






L’incubo peggiore che potessi vivere si stava avverando. Lì, davanti ai miei occhi, non vidi altro che colei che mi perseguitava da anni. Lei, a cui avevo donato i miei anni di vita. Lei, che amavo con tutto me stesso. Lei, che avevo dimenticato ed ora diventava sempre più reale.
Milah insieme alla mia vecchia ciurma ci accerchiò finché non fummo costretti a dare le spalle alla riva del mare. Era l’equipaggio a cui avevo dato tutto e che mi aveva tradito per seguire una donna senza cuore.
Quando i nostri sguardi si incrociarono, avvertii il cuore fare un balzo e lei sorrise.
Aggrottai le sopracciglia, conscio del pericolo che si stava avvicinando. Le lancette che si muovevano sul petto iniziarono ad accartocciarsi su se stesse, producendomi il tremendo fastidio di volerle strappare via con furore.
Lei si avvicinò lentamente, mentre la guardavo con occhi di ghiaccio, desiderosi di fuggire via. Non ci voleva proprio quell’incontro, non ora che avevo perso tutto ciò che amavo, un’altra volta. E lei era lì per rinfacciarmelo.

-Quando ho intravisto la Jolly Roger attraversare la mia stessa rotta, non ho potuto fare a meno di venire a trovarti- sorrise all’angolo della bocca, avvicinandosi a passi lenti.

-Potevi evitarmi questo immenso piacere- risposi alacremente, irrigidendomi per quella vicinanza a cui non ero più abituato.

-E per quale ragione? Volevo ringraziarti per il dono che mi hai fatto, non sono mai riuscita a dimostrarti la mia gratitudine- si lasciò sfuggire una risata sarcastica.

-Ammutinarti insieme al mio equipaggio la definiresti gratitudine? Lasciami in pace, Milah. Hai già fatto abbastanza- le ringhiai contro, sciogliendo il pugno della mano che si era serrato anche troppo.

La sua risata diventava sempre più gutturale, tanto da farmi innervosire maggiormente. Incontrai lo sguardo di Spugna che le stava accanto, con quel suo ridicolo cappello rosso, che mi guardava con fare vittorioso. Lo avrei stritolato a dovere, se si fosse azzardato ad avvicinarsi.
Compresi che le sue intenzioni erano quelle di divertirsi, quando la vidi sfoderare la sciabola e al tempo stesso tutti i membri del vecchio equipaggio che desideravano combattere contro colui che fu il loro Capitano.
Proteo non mancò di rimanermi fedele e sfoderò le sue armi, indicando a tutti gli altri di prepararsi allo scontro. Non avrebbero vinto, mai e poi mai.

-Credo proprio che ci sarà da divertirsi- continuava a sorridere Milah, prima di farsi avanti per sferrare un primo attacco.

Le avevo insegnato io a maneggiare una spada, perché potesse difendersi e aveva appreso piuttosto bene ogni movimento e ogni tecnica da usare nei momenti adatti. Lo scontro iniziò quando tentò di staccarmi la testa, parai a dovere e da quel momento non ci fermammo nemmeno un attimo. Le nostre lame si incrociarono, ma vi era qualcosa che non mi permetteva di duellare seriamente, qualcosa che mi faceva sentire incompleto.
Potevo davvero rischiare così tanto? Potevo farle del male quando volevo salvarla? Non avevo idea nemmeno del come.
Tentai più volte di farla ragionare e di raggiungere un accordo, che motivo aveva di distruggermi se mancava poco al compiersi della mia maledizione?
Lei non lo faceva per questo, il suo era solo divertimento. Come chi è guidato da qualcosa di irrazionale, di diverso, di sconosciuto ed incomprensibile.
Fermarla non sarebbe stato facile. Più volte tentai di disarmarla ma quando era il momento adatto per farlo, mi tiravo indietro. In cambio ricevo altre risate che compromettevano la mia posizione. Mi indebolivo ad ogni fendente che ricevevo, tanto da iniziare a farmi indietreggiare senza nemmeno difendermi.
Non potevo ucciderla, non potevo. Non. Potevo.
Mi resi conto che Proteo e gli altri erano in difficoltà, nessuno dei due equipaggi aveva la meglio sull’altro.
Io  non riuscii ad andare avanti, non riuscii a compiere quel passo. Senza rendermene conto, mentre indietreggiavo, lasciai scivolare la sciabola a terra, arrendendomi.

-Risparmia loro e prendi me- dissi con voce mozzata.

-No, Capitano! Non dovete arrendervi per nulla al mondo, combatteremo fino alla fine!- gridò Proteo quando udì quelle parole, mi aveva tenuto d’occhio tutto il tempo, per essere certo che non facessi sciocchezze.

-Sarebbe superfluo prendere solo la tua vita, Capitano…- mugugnò Milah con un falso broncio, mentre si avvicinava pericolosamente, con la sciabola puntata verso il basso in posizione di riposo.

Non sapevo più come comportarmi. Amavo più lei o il mio equipaggio? Desideravo salvare loro o uccidere definitivamente la donna a cui avevo dato tutto? Non riuscivo a scegliere. Mi sentivo ingabbiato e privo di forze, morire sarebbe stata la soluzione più sbrigativa.
E fu allora che la lama della sciabola brandita da Milah si conficcò nel fianco, torturandomi la carne fino a farne uscire il sangue. Il dolore fu lancinante, ma non quanto vedere che proprio lei era stata ad infliggermi quella ferita.
Nel momento in cui la lama perforò la pelle, si udì un ruggito, un grido spaventato.

-Killian!- fendette l’aria, fino a darmi la forza di voltarmi ed incontrare Red che portava le mani alle labbra per coprire paura e stupore.

Mentre mi inginocchiavo sulla sabbia, con la sciabola conficcata in corpo, lei correva verso la mia direzione con il suo mantello rosso.
Era quella l’ultima immagine che avrei visto? Il mantello rosso. Quello che avevo squarciato per salvarle la vita. Quello di cui aveva bisogno per mantenere il controllo di se stessa. Un’immagine che mi riempì il cuore in quel momento. E sorrisi, quando la vidi precipitarsi verso di me. Dunque mi aveva seguito, non era rimasta al Palazzo di Biancaneve, non aveva scelto Graham. Aveva scelto me.
Quando mi raggiunse mi avvolse tra le sue braccia, inginocchiandosi accanto a me. Rivolse gli occhi chiari e liquidi verso quelli di Milah, imperanti su di lei.

-Ti prego, non infliggergli altro dolore- sussurrò nella speranza di farla cedere e cambiare idea.

Se accennava al dolore al fianco, esso  era forte. Se si riferiva a quello che provavo, riuscivo a sentirlo molto più in profondità e faceva più male di una sciabola conficcata nella carne. Parlare sarebbe stato uno sforzo inutile, avrei  solo biascicato qualcosa di incomprensibile.

-Non ricordo cos’è il dolore, poiché non posso provarlo- le rispose totalmente incurante di quello che stava provocando.
Tutti si fermarono per osservare quella scena. Io, tra le braccia di Red, che tentava di convincere una donna senza cuore a fare una scelta per lei inusuale.
Ma lei non era più Milah, si trattava solo di una bambola che poteva camminare e parlare, ma che non aveva in sé alcun sentimento o emozione. Una macchina che non poteva scindere il bene dal male.
Fu  allora che qualcosa di più forte, qualcosa di più grande di me prese il sopravvento. Milah tirò fuori un pugnale per poter colpire Red, così da concludere ciò che aveva iniziato, ma fui più veloce di lei.
Sollevai l’uncino e con tutta la restante forza che avevo lo scagliai nel petto di Milah, perforandolo fino in fondo, tanto da creare un vuoto irrecuperabile.
La sua espressione mutò, cadendo lei stessa in ginocchio, incredula per quel gesto. Credeva che non sarei riuscito a dimenticarmi di lei, di potersi prendere gioco di me fino alla fine e torturandomi con la sua presenza. Ma avrei protetto Red da qualunque cosa, da me stesso e dalle mie ombre, per sempre o almeno per il tempo che mi era rimasto.
Milah cadde. Morì davvero, come sarebbe dovuto succedere tempo fa, quando il destino ci fu avverso e non volle farci vivere insieme. Sentii scivolare una lacrima sul viso di fronte a quella visione: ora ero stato io ad eliminare dalla terra colei che avevo amato.
Poco dopo quella considerazione mi resi conto che qualcosa in me stava cambiando, avvertii la pesantezza che mi portavo dietro iniziare a sgretolarsi poco a poco. Portai una mano sul petto e quando sbottonai con furia la camicia, mi avvidi che il sigillo dell’orologio iniziava a svanire.
Le lancette raggiunsero l’ultimo stadio del quadrante e scomparvero in una nebbia viola che si annullò completamente, lasciando un vuoto leggero alla medesima altezza.
Tornai a respirare e poi mi sentii vorticare la testa, tanto da crollare tra le braccia di Red.

-E’ strana la vita, non è vero? Riesco a spezzare la maledizione eppure sto andando incontro alla morte lo stesso- riuscii a mormorare quelle parole, prima di sorridere con quel briciolo di forza che riuscivo a mantenere, anche se un rantolo di tosse mi provocò una fitta dolorosa al fianco.

-Non dire così, ti prego- sussurrò Red mentre mi accarezzava la guancia –ora che so dov’è la mia casa, ora che l’ho trovata, non devi andartene via. Non te lo permetterò!- le lacrime scivolarono fino a raggiungerle il mento.

Non riuscii a rispondere a quello che diceva, ormai le parole uscivano senza una vera e propria razionalità.
-Sai, avevi ragione… non sono bravo a mentire- avevo consumato tutte le mie energie, per questo non fui in grado di dire altro e i miei occhi si chiusero fino a farmi sprofondare nella più totale incoscienza.

Milah era morta. Le grida di Red continuavano a risuonare nella mia testa, dunque ero davvero morto? Avevo spezzato la maledizione, l’orologio non mi affliggeva più ed ero libero di riprendermi i miei anni di vita. Ma non avevo previsto che quella ferita al fianco potesse essere così grave, mi stava trascinando via e non avrei più rivisto Red. Lei, era lei quella che amavo. Lei, quella che mi aveva liberato dalla maledizione.
Sarei morto con l’immagine del suo mantello rosso e del suo abbraccio mentre mi chiedeva di restare.
Aveva scelto me e al tempo stesso non potevo darle ciò che desiderava, ancora una volta non avevo potuto renderla felice.
Fu solo un particolare a farmi ricordare che potevo salvarmi: io ero Killian Jones. E Killian Jones non si sarebbe potuto arrendere così facilmente, neppure davanti alla morte, così come non si era arreso per la maledizione auto inflittasi.
Inoltre avevo dimenticato che i miei amici, i miei veri amici, avevano ancora qualche asso nella manica. Proteo era riuscito a curare la ferita alla perfezione, estraendo la lama senza apportare alcuna problematica interna e a ricucire perfettamente la parte lesa, somministrandomi una buona dose di ferro riscaldato.
Fortunatamente non ero cosciente, altrimenti non mi sarei fatto sfiorare con un dito. Ed è così che mi risvegliai qualche giorno dopo, febbricitante, a bordo della Jolly Roger in rotta verso una meta che avevo intuito essere una sola possibile.
Avvertivo una stretta intorno alla mia mano, un calore inconfondibile che avrei riconosciuto tra mille. Quando fui in grado di sollevare le palpebre incontrai gli occhi di Red che erano rimasti a vegliarmi a lungo, con amorevolezza.
Non appena comprese che ero davvero salvo, si slanciò su di me per abbracciarmi e stringermi a sé, anche se quel gesto mi provocò un mugugno di dolore per la fitta al fianco.

-Perdonami- sussurrò staccandosi immediatamente per lasciarmi respirare.

Tentai di sollevarmi per mettermi a sedere, ma non ne ebbi la forza e sprofondai di nuovo sul cuscino, avvertendo un dolore lancinante al fianco.

-Non muoverti, ancora non sei guarito e Proteo mi ha detto di tenerti d’occhio. Non devi fare cose stupide- mi rimproverò con un velo di preoccupazione nella voce.

Per quanto mi fu possibile riuscii a sorriderle, prima di avere un rantolo di tosse che allungò ancora il silenzio.
-Io faccio sempre cose stupide- riuscii a dire alla fine, una volta ripreso.

-Per una volta sono d’accordo con te- disse lei assolutamente convinta.

Non seppi resistere, dovevo farlo, dovevo farlo molto prima di allora. Raccolsi parte delle mie forze rigenerate e le avvolsi il collo con la mano sana per sospingerla verso di me, così da strapparle un bacio fugace e leggero, come tra due amanti che possono permettersi solo brevi momenti in solitudine. Le sorrisi continuando a baciarla, avvertendo la sua risposta che non tardava, assaporammo quel momento a lungo, desiderosi che non finisse mai.
Ero sopravvissuto. Avevo spezzato la maledizione dell’orologio, riprendendomi gli anni di vita pugnalando Milah, la quale li custodiva in sé. Se anche l’avessi saputo, non avrei mai compiuto un atto simile di mia spontanea volontà. Colpirla non fu una scelta facile, mi sarei lasciato uccidere se solo non avessi dovuto proteggere Red. Lei era più importante di qualunque altra cosa e non avrei permesso a nessuno di farle del male.
Allontanai a malincuore le labbra dalle sue, racchiudendola nei miei occhi, tenendo ancora la mano dietro al suo collo ed accarezzandolo lentamente.
Non riuscivo a credere di averla davanti, al mio capezzale, pensavo di averla persa per sempre. Invece mi aveva seguito, nonostante non ci potesse essere futuro per noi, almeno dal mio punto di vista.

-Perché non sei rimasta al Palazzo di Biancaneve?- le domandai, tentando di sollevarmi di nuovo, per poterla guardare meglio in viso.

-Non era quello il mio posto- sussurrò a denti stretti, prima di narrarmi la vicenda.



 
 
 
 
Graham raccolse le frecce e fece ritorno al Palazzo, camminando nelle ombre dell’ultimo stadio della notte, poco prima che sorgesse l’alba. Mentre rientrava, si soffermò sulle scale notando la figura di Red seduta su di esse, con lo sguardo perso nel vuoto.
Il cacciatore sospirò, sedendosi accanto a lei, tenendo le braccia appoggiate alle ginocchia.
-Un pirata, alla fine- esordì cercando di non indagare nei suoi occhi, basandosi solo sul tono della sua voce –è questa la tua scelta?-.
-Non ho compiuto nessuna scelta, Graham- sussurrò Red chiudendosi in un abbraccio solitario.
-Ma allo stesso tempo lo hai lasciato andare. Perché ti fidi di lui? Perché credi che non ritornerà per compiere la sua vendetta?- domandò cercando di capire.
-Non lo farà, ne sono certa. So leggere nei suoi occhi e so riconoscere quando mente, questa volta non farà più errori- spiegò brevemente.
Graham si morse il labbro inferiore, prima di alzarsi in piedi e porgerle una mano per aiutarla a fare lo stesso. Lei accettò e strinse la sua mano con forza, per cercare conforto.
-Dovresti seguirlo, qui stai solo perdendo tempo- le parole del Cacciatore erano colme di rammarico, ma la sua maturità e il bene che voleva a Red erano più forti dei suoi stessi desideri.
-Che vuoi dire?- si voltò stupita.
-Detesto ammetterlo, soprattutto perché non mi piace per niente. Ma lui ti ama, Red. Se così non fosse sarebbe ancora qui. Ed io so perfettamente che tu desideri la stessa cosa, quindi non rimanere qui a torturarti quando puoi seguirlo- questa volta la voce risultò opaca e scura.
Red sgranò gli occhi, si sentì avvampare per ciò che aveva appena sentito.
-Graham, io non posso andare da lui, il mio posto è questo accanto a Biancaneve e a tutti voi- non credeva nemmeno lei a ciò che diceva.
Il Cacciatore sorrise, stringendole con dolcezza la mano.
-Se così fosse non te ne saresti andata via tempo fa. Hai scelto una vita diversa, non sprecare quest’occasione e vivi nel modo in cui desideri. Parlerò io a Biancaneve- così sciolse la mano, spezzando il lieve legame che si era creato tra i due.
Red tentennava ancora, non era certa di voler seguire Killian, aveva timore di essere rifiutata ancora. Ma avrebbe dovuto rischiare, nonostante lo detestasse per ciò che aveva fatto, non poteva tirarsi indietro di fronte alle sue speranze.



 
 
 
 
 
-Mi stai dicendo che dovrei ringraziare il Cacciatore?- sputai le parole con veemenza, ora davvero avevo iniziato a detestarlo ancora di più.

Non solo aveva rischiato di essere una minaccia, ma aveva anche consigliato a Red di tornare sui suoi passi e di lasciare andare via il rancore che serbava nei miei confronti.

-Saresti troppo orgoglioso per farlo- si morse il labbro, guardandomi negli occhi in cerca di una risposta –allora, c’è posto per me sulla Jolly Roger? O vuoi cacciarmi via, di nuovo…-.

Scossi lievemente la testa, portando lentamente la mano sana a sollevarmi la nuca.
-Solo se accetterai alcune condizioni. Ad esempio non prenderai iniziative strane senza il mio permesso; non cercherai di salvarmi la vita tutte le volte che ne avrò bisogno, non posso permettermi una cattiva reputazione; devi essere pronta a subire la mia compagnia per molto tempo, ora che ne ho a disposizione e non puoi lamentartene. In più… dovrai trasferirti nella cabina del Capitano, se lo vorrai- dettai la proposta che sicuramente non avrebbe rispettato, ma mi piaceva dare l’idea di essere un vero capo che viene seguito fino in fondo.

Red sorrise allegramente, mentre le ciocche di capelli scuri le ricaddero sul viso, coprendo una parte della guancia bianca.
Più i miei occhi si fermavano nei suoi, più comprendevo quanto non potessi fare a meno della sua compagnia.
Avevo viaggiato tutta una vita in luoghi e mondi diversi, ma mai mi ero sentito a casa come in quel momento.
Le strinsi la mano, per sentirla accanto e perché non rischiassi di perderla di nuovo. Avevo fatto la mia scelta, non l’avrei abbandonata mai. Se mi ero convinto di non essere l’uomo più adatto a lei, in quel momento compresi che non spettava a me la scelta di decidere del suo destino. Se entrambi desideravamo di stare l’uno accanto all’altra, non avrei più remato contro di noi.
Red sarebbe divenuta la mia compagna. Era strano, però, ricreare un nuovo piccolo mondo. Non ero più abituato a vivere sapendo di dover proteggere qualcuno, ma ora avevo una missione più importante di tutto il resto, avrei ricominciato da capo cercando di tirare fuori ciò che Red aveva visto in me.
Non sarei diventato un santo e non avrei lasciato la Pirateria, ma i miei valori sarebbero leggermente mutati.
Il tempo per ristabilirmi fu lungo, trascorsi giorni interi sdraiato sul letto in attesa che la ferita guarisse del tutto. Proteo spesso mi canzonava, dicendomi che ero lento a tornare sano e robusto come un tempo ed io ogni volta gli rimbrottavo contro, dimenticava spesso il rispetto per il proprio Capitano. Chiesi notizie riguardo il mio vecchio equipaggio, Proteo aveva dato l’ordine di lasciar andare via tutti, compreso Spugna. Era più preoccupato di trarre in salvo me che non rincorrere una vendetta che ormai non aveva più alcun senso.
Inoltre, eravamo ormai in rotta verso Siracusa, avevo detto lui di dirigersi verso il suo regno per poter concludere quell’avventura e risistemare tutti i pezzi che si erano frantumati, per creare qualcosa di nuovo.
Proteo non sembrava essere soddisfatto, forse era solo spaventato, ma meritava di combattere per il suo passato ed era l’unico modo in cui lo avrei potuto aiutare.
Mi ritrovai sul ponte della nave, con una fasciatura a circondarmi il fianco, senza il soprabito che indossavo di solito.
Osservavo l’orizzonte, alla ricerca del luogo in cui ci stavamo dirigendo. Red si avvicinò, appoggiando una mano sulla balaustra, piegando il viso per cercare i miei occhi.

-Se hai dei dubbi in proposito, stai facendo la cosa giusta- mi sorrise come solo lei sapeva fare.

-Perché dovrei avere dei dubbi?- scrollai le spalle –Sono solo preoccupato per ciò che potremmo incontrare. Sinbad è ancora vivo-.

Red si distaccò dalla balaustra, avvolgendomi il braccio con il proprio per poi sistemare la tempia sulla mia spalla e osservare la stessa infinità del mare.
-Riusciremo a farla franca anche questa volta, sei il Capitano Hook, dico bene?-.

-Impari in fretta a quanto vedo- dissi soddisfatto, mentre mi voltavo completamente verso di lei per avvolgerle la vita tra le braccia.

Le accarezzai la guancia, saggiandone la morbidezza, prima di perderci in un bacio che avevamo tanto atteso, forse fin dall’inizio del nostro viaggio.
Questa volta non avevo catene che mi impedivano di tenerla stretta a me, non vi era nulla che mi costringesse a rimanerne lontano.
Dunque non mi tirai indietro, assaporando fino in fondo le sue labbra rosse senza avere l’intenzione di abbandonarle presto, tutt’altro, desideravo che non si allontanassero mai.
Nessuno dei due si era mai scambiato una dichiarazione d’amore esplicita, nessuno dei due si era rivolto un qualsivoglia ti amo, eravamo perfettamente consapevoli di ciò che provavamo l’uno per l’altra.
La disperazione, il desiderio di rimanere insieme, la volontà di non andare via ci rendevano uniti e le parole non avrebbero aggiunto nulla di diverso a qualcosa che già conoscevamo.
Erano stati altri a mostrarci i nostri sentimenti e preferivamo conservare qualcosa di così prezioso dentro di noi, senza che potesse perdersi nell’aria, che avrebbe agguantato parole volanti con il rischio che potessero perdersi. 







// Nda: 

Arrivati a questo punto, vi svelo la mia idea iniziale riguardo la storia. In realtà la trama apparteneva ad una originale che avevo in mente di scrivere un anno fa, ma rendendomi conto della vicinanza dei personaggi alla storia di Hook, Proteo e Red, ho preferito fare questo tentativo e ne sono piacevolmente soddsfatta. 
L'idea iniziale inoltre era che alla fine Killian sarebbe morto, perchè? Per il semplice fatto di aver compiuto un sacrificio e come tale non poteva tornare indietro, calpestando l'orgoglio. Ma alla fine la voglia di vivere era troppa, inoltre non poteva morire rischiando di portarsi dietro anche Red, visto quello che Milah stava per fare. 
Dunque alla fine si è salvato, siete più contente? Io sì xD perchè in effetti dopo quello che ha passato ci mancava solo questa!
Ad ogni modo ringrazio sempre tutte coloro che mi seguono, ormai mancano due capitoli alla fine. 
Alla prossima! 
 
   
 
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