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Autore: PeaceS    18/09/2013    4 recensioni
« Ogni volta che penserai che ti ho abbandonato, ti basterà guardare questo segno per ricordarti che tornerò. Non so’ quando, Draco, e nemmeno se mi vorrai ancora quando lo farò, ma io tornerò sempre da te » gli promise, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
Draco abbozzò un sogghigno placido, quasi dolce e in contrasto con i suoi occhi… tristi.
« Certo che tornerai sempre da me, Mezzosangue. È così che deve andare » mormorò con voce roca, sbilanciandosi appena quando lei gli buttò le braccia al collo, impetuosa.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Pansy, Luna/Ron
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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 Capitolo XXI –
Because


 
 
 
Conoscete la sensazione che si prova quando il mondo ti crolla contro? Quando si riceve una brutta notizia – del tutto inaspettata – e la bile ti inacidisce così tanto lo stomaco da procurarti crampi e spasmi, che si estendono fino alle viscere – attorcigliandole senza pietà – e risalgono verso il cuore, stringendolo così tanto da farti temere un infarto?
A Ginny sembrava di soffocare.
L’infermeria era gremita e a malapena c’era spazio per i feriti, ma lei rimase immobile contro quel letto macchiato di sangue – che a stento riusciva a contenerlo e che al contempo sembrava inghiottirlo – fissando ad occhi sgranati il ragazzo che non aveva fatto altro che causarle guai.
Il padre di suo figlio.
« Dove sono? » la voce di Theodore – al suo fianco – tremò.
Era impallidito e fissava Blaise riverso su quel lettino senza fiato, temendo una risposta. Temendo la verità.
« Mi dispiace » bisbigliò Draco, spostandosi verso destra e mostrando due lettini uniti e due mani congiunte – strette anche nella morte. –
In quel sonno eterno sembravano entrambe serene, felici, quasi dolci ed erano due magnifici angeli con quei capelli biondi macchiati di sangue e l’incarnato pallido, sporco in più punti. E a Theodore sembrò di morire insieme a loro.
Con loro.
Ginny, al suo fianco, cadde in ginocchio accanto a Blaise, ma lui si limitò a fissarle. Si limitò a guardare i loro occhi chiusi, le loro bocche chiuse e le fossette sui visi prettamente uguali, come se prima di dormire avessero sorriso.
E – conoscendole – probabilmente l’avevano fatto.
Theo s’infilò una mano nei capelli neri e si morse le labbra fino a sentire il sapore acre del sangue nella bocca. Indietreggiò, tremando, senza mai distogliere gli occhi dai suoi angeli.
Erano morte… e probabilmente l’avevano fatto per lui. Se Daphne non avesse dovuto uccidere sua sorella, non si sarebbe lasciata andare – non avrebbe mai permesso che qualcuno la colpisse, per poi lasciare Asteria sola.
Con le spalle toccò lo stipite della porta e senza guardarsi indietro scappò; corse lontano da tutto e tutti… probabilmente, per non fare mai più ritorno.
Per non rivedere mai più quella scena, per non sentire la colpa attenagliargli le viscere e divorargli il cuore.
Per lasciarsi morire, magari, insieme a loro.
Con loro.
« Non è colpa tua, Draco » sussurrò Hermione dal suo lettino, fissandolo tra il determinato e il moribondo.
Era così stanca, dopo aver combattuto così tanto e con tanta tenacia… che Draco si sedette accanto a lei, accarezzandole con dolcezza i capelli ricci e crespi « Perché non dormi, hm? » bisbigliò con voce carezzevole, baciandole le nocche escoriate delle mani con riverenza.
L’infermiera era gremita di gente, dolore, ansia… e a stento conteneva i feriti.
A malapena tratteneva lo strazio.
Draco si allontanò da Hermione solo per aiutare Ginny ad alzarsi dal pavimento gelido, prendendola facilmente tra le braccia e depositandola sul lettino di Blaise che – facendolo sorridere – anche dal coma sembrò rimpicciolirsi per farle spazio.
« Non stressarti, d’accordo? Il bambino ne risente e l’ultima cosa che vogliamo tutti è far star male il mio figlioccio. Blaise starà bene » sussurrò a bassa voce, asciugandole le lacrime che le stavano solcando il volto pallido e coprendola con un lenzuolo.
Harry – a pochi metri da lui – alzò gli occhi verdi intrisi di lacrime e abbozzò un sorriso riconoscente in netto contrasto con lo sguardo umido e la bocca screpolata in più punti, morsa con una ferocia inimmaginabile.
Dietro le sue spalle, Terry giaceva morto.
Era strano come la vita voltasse improvvisamente le spalle anche ai più valorosi… i puri di cuore e faceva male la consapevolezza di essere niente – nessuno – tra le braccia della cupa Signora con la falce.
« Siete stati tutti coraggiosi » mormorò la Mcgranitt, prendendo parola e sorridendo tremula.
Ma cos’era il coraggio quando tutto crollava e il cuore sprofondava?
Che significato aveva il coraggio quando si moriva a diciannove anni per una colpa che non si ha?
Ogni singolo morto, Draco, se lo sarebbe portato sulla coscienza; i nomi dei deceduti, le loro urla, le loro lacrime… Draco le avrebbe portate per sempre nel cuore – segnate col sangue – segnate per la vita.
James strinse la mano di Harry, ingoiando le lacrime e lasciando che Pansy gli accarezzasse il capo, accorta.
Cos’era il coraggio quando si lasciava un bambino così piccolo? Un bambino che ora avrebbe guardato la vita diversamente, con una coscienza maggiore.
Con un dolore nel cuore.
« Bravi, bambini » sussurrò Molly, affiancando la preside e guardandoli con uno sguardo dolce e materno.
Sospirò nel vedere i loro sguardi distrutti e passò per i vari letti; accarezzò il capo di Hermione, quello delle sorelle Greengrass. Strinse la mano di Harry, quella di Ron, che aveva una gamba ingessata e il volto più pallido del solito.
Quante persone avevano perso ancora? Quante?
Baciò la fronte della sua piccola Ginny e quella del suo fidanzato, riverso in un coma profondo e – ad apparenza – quasi irreversibile.
Quanti ne dovevano perdere ancora, prima che tutto finisse? Quanti?
« Bravi » ripeté, stringendo la mano di Dean Thomas, che con un braccio rotto e una gamba malridotta stringeva le labbra per non singhiozzare.
A volte Harry desiderava essere morto in quella stanza, in quella culla dove aveva sentito morire suo padre e visto morire sua madre; avrebbe preferito che quell’anatema avesse funzionato… e lui – forse – non avrebbe sopportato quello che era costretto a sopportare da anni.
Pansy strinse lui e James in un abbraccio, di slancio, ed Harry capì anche che altre volte non aveva senso quello che formulava in giorni in cui era angosciato… perché senza essere il prescelto non avrebbe conosciuto Ron, Hermione, la famiglia Weasley, Pansy.  E il mondo sarebbe stato solamente un bozzolo buio sottoposto alla cattiveria di Voldemort.
« Siamo vivi » disse Draco, guardando Hermione con quella solita luce che appariva nel suo sguardo quando la fissava.
Erano vivi.
Ed era così inutile che lo fossero. Così inutile.
L’infermiera era gremita di persone, quel giorno, e lo spiazzato di Hogwarts era stato bruciato e raso al suolo.
Il Ministero della Magia fu avvisato proprio in quel momento e la Mcgranitt dovette fare la conta dei morti.
Sul campo erano scesi ventidue studenti, quindici erano morti insieme a cinque componenti dell’Ordine della Fenice, il resto erano in infermeria con qualche arto rotto.
E faceva così maledettamente male.
L’infermeria era gremita di dolore e morte.
« Andrà tutto bene » mormorò Ron, accarezzando il capo di Luna e fissandoli determinato, come se fosse l’unico rimasto integro in quel momento.
L’unico a cui ci si potesse aggrappare.
E Luna annuì energica, stringendo la mano del ragazzo e sorridendo dolcemente.
« Sopravvivremo »
E quella era l’unica soluzione.
 
***
 
Passarono due giorni e tutta la Gran Bretagna seppe quello che era successo: ai funerali degli studenti – svolti sotto richiesta dei genitori o tutori nella scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – metà Ministero e comunità magica era presente per rendere onore e omaggio a chi, ancora una volta, aveva sacrificato la propria vita per il bene di migliaia di persone.
Per il bene di tutti.
Foto incorniciate furono messe sotto le arcate dell’entrata principale, drappeggiate da grossi drappi di velluto nero: foto, dediche, pupazzi e candele, furono messe ai piedi di ogni pagella.
Harry chiese la completa adozione di James, in quanto maggiorenne e unico che fosse disposto a prendersi cura di lui: non ci volle molto o chissà che, essere il prescelto – per una volta – andò a suo favore.
Gli esami si avvicinavano ed Hermione faceva ancora uso della sedia a rotelle per muoversi da un posto all’altro, accompagnata perennemente da Draco – che non la lasciava mai – come se potesse scappare.
Come se dovesse andar via da un momento all’altro.
E Blaise era ancora in coma.
« Sono andata dal Medimago, oggi pomeriggio » sussurrò Ginny, seduta accanto al suo letto e sorridendo dolcemente con una mano sul ventre.
Blaise non si mosse.
Ginny si riavviò una ciocca di capelli rosso fuoco dietro l’orecchio e strinse la mano del ragazzo, continuando a sporgere la bocca in quel sogghigno divertito.
« Dice la mamma che è normale in una famiglia con dei precedenti… e, beh, all’inizio sono rimasta un po’ scioccata.
Insomma, due gemelli! » rise, asciugandosi una lacrima birichina che le era sfuggita dagli occhi castani.
Si portò una mano di lui sulla guancia, stringendo gli occhi con forza e continuando ad accarezzarsi il ventre; non erano passati nemmeno tre giorni e Blaise le mancava come l’aria.
Le mancavano le sue sciocchezze, il suo sorriso, la sua dolcezza e la sua strafottenza. Lui era sempre così gentile con lei e Ginny non l’aveva mai accontentato in niente.
« Porco Salazar… due gemelli? Dimmi che uno lo vendiamo e giuro che non scappo ai Caraibi » bisbigliò una voce roca, facendola sobbalzare violentemente sulla sedia.
Ginny scoppiò a ridere quando vide che Blaise aveva aperto gli occhi di poco e la guardava con un sorriso pigro sulle labbra.
« Oh santissimo Godric! » urlò la ragazza, buttandogli improvvisamente le braccia al collo e facendolo gemere dal dolore.
« ‘Gioorno, bimba. Anche io mi sono mancato, tranquilla » ridacchiò Blaise, mentre lei gli afferrava il viso tra le mani e lo baciava dappertutto, dalla bocca – alle palpebre – ad ogni parte del viso.
E piangeva. Lo stringeva e nello stesso tempo beveva le proprie lacrime, stringendoselo al petto come se non ci fosse un domani.
« Sei sveglio… sei sveglio » gemette senza fiato, strappandogli un sorrisetto irritante.
« Ma sono veramente due gemelli o l’hai detto per sconvolgermi dal coma e farmi svegliare? » borbottò, guardingo, mentre lei rovesciava il capo all’indietro e scoppiava a ridere.
« Diciamo che la notte che mi hanno detto che il trauma cranico ti aveva portato in un coma protettivo, ho ricevuto una brutta batosta, così tua madre e mia madre hanno pensato bene di portarmi dal Medimago per una visita di controllo… forse sapere il sesso del bambino mi avrebbe aiutato a stare meglio » spiegò Ginny, afferrando la borsa a tracolla accostata ai piedi del letto e tirando fuori una fotografia.
Era al terzo mese di gravidanza e nel mondo Magico le visite erano diverse: il Medimago poggiava la bacchetta sul ventre e un ologramma mostrava il feto. E la sua borsa era un po’ stretta, perché ne conteneva due.
« Ne sono due. Un maschietto e una femminuccia » sussurrò Ginny e ora il suo volto era solare, così dolce da far sorridere anche lui dalla gioia.
« Beh, Hope era già assodato, tuo fratello George ci ha soffiato il nome di suo fratello… come vuoi chiamarlo? » domandò Blaise, facendole brillare gli occhi.
« Io avrei un idea » mormorò vaga, mordendosi le labbra e aspettando che Madama Chips si accorgesse che Blaise – oramai – era sveglio.
Blaise lo guardò curioso e lei gli scoccò un bacio sulla bocca.
« Noah, praticamente “pace e luce” » bisbigliò, facendo sorridere il ragazzo steso sul letto.
E no, non c’era nome più perfetto.
 
Dall’altra parte del castello, Anastasija fissava con una smorfia due marmocchi quasi inorridita; i capelli rossi – che aveva tagliato il pomeriggio prima – ora sfilavano in un taglio maschile che, da lontano, la faceva rassomigliare ad un ragazzo.
« Aumentano a vista d’occhio » balbettò terrorizzata, mentre Vlad, alle sue spalle, ridacchiava divertito.
James e Teddy – il figlio di Ninfadora e Remus – la fissavano tutti paciosi e tranquilli, ma la luce diabolica che brillava nei loro occhietti, Ana la riconosceva benissimo… le sembrava quasi di poter fissare suo fratello Alek quando cercava di ucciderla.
« Ma dai, uno ha cinque anni e l’altro due, che ti potranno mai fare? » rise Vladimir, mentre Teddy si aggrappava sulle spalle di James e cambiava colore di capelli da un placido castano a un azzurro cielo.
« Sia ha paura? » cinguettò, gonfiando le guanciotte piene e incespicando nella z.
James alzò le spalle.
« Non le piacciono i bambini » ridacchiò, come se quella notizia lo divertisse esageratamente.
Teddy sbatté gli occhioni nocciola, sorpreso.
« Disce nonnina che io piascio a tutti » borbottò Ted, che sembrava amare la s più delle altre parole.
Harry, appena l’aveva sentito parlare – dopo nove mesi che non aveva potuto vederlo – era scoppiato a ridere: non aveva nulla dei genitori, se non gli occhi castani di Remus e il potere speciale di Tonks, ma era un delizioso connubio tra entrambi i genitori. Ed era adorabile… quindi perché non affiancarlo a James e vedere quanti disastri avrebbero combinato entrambi?
« Punto primo: non chiamarmi zia, mi mette i brividi.
Punto secondo: parla bene, sei un uomo oramai e quella esse mi fa attorcigliare le viscere » disse Ana, con le mani sui fianchi e un espressione autoritaria.
Teddy si corrucciò.
« Sia, mi fai vedere i dentini? »
Ana si schiaffeggiò la fronte e si chiese perché mai dovesse fare da babysitter a quei due mostri; non erano né figli suoi e né altro, quindi perché applicarsi?
« Falli fare un giro del parco, Ana. Noi dobbiamo studiare » borbottò Harry, girando l’ennesima pagina di Pozioni Avanzate e chiedendosi perché – con tutte le guerre che aveva affrontato – non potessero regalargli il diploma.
Che ingiustizia, cazzo!
« Non credevo che la guerra ti avesse causato danni celebrali, Potter… ma a quanto pare mi sbagliavo » sillabò Anastasija, guardandolo indignata, nemmeno le avesse chiesto di spogliarsi e ballare nuda la samba.
Non che fosse una cattiva idea, naturalmente.
« Blaise si è svegliato! » Draco aprì la porta di scatto, ansante, e tutti balzarono dalle sedie, spaventati da quello scoppiò improvviso.
Hermione sorrise dolcemente.
« Bene, pausa studio forzata! Andiamo da quel testone » cinguettò Harry, prendendo la palla al balzo.
Il fatto che Hermione non avesse lasciato passare nemmeno tre giorni per cominciare a studiare come un mulo – costringendo anche tutti gli altri – la diceva tutta. Era pazza, pazza da legale.
« Chi è Baise? » borbottò Teddy verso James, che si fece prendere in braccio da Harry.
« Un altro zio » spiegò tutto compito, mentre Hermione – visto che era leggero come una piuma – si sedeva Teds sulle gambe e azionava il “galleggiamento” della sedia a rotelle.
« Woah, ma ne sono un sacchiscimo! » cinguettò il bambino, battendo le mani entusiasta e accoccolandosi sul petto di Hermione, che gli accarezzò i capelli.
Non poteva affaticarsi tanto per colpa dello squarcio nello stomaco e la gamba malridotta, ma aveva detto il dottore che era un miracolo che fosse sopravvissuta… quindi non si lamentava e sopportava buona, sperando di poter ritornare presto alla sua “normalità”.
« Sì, ne siamo tantissimi » ridacchiò Hermione, mentre Draco, con la bacchetta, la indirizzava giù per le scale.
Il bambino la guardò con gli occhioni languidi e sorrise con qualche dentino mancante « Tu sei quella che mi piasce di più inscieme a sio Harry e sio Drago » disse tutto pacioso ed Hermione lo baciò sulla fronte.
« Se dici a zio Drago che a me piace di più Harry che lui, sputa davvero fuoco » bisbigliò con una mano sulla bocca, facendo spalancare gli occhioni del bambino dallo stupore.
Hermione sogghignò.
« Siooooooo Drago! Sia Hem mi ha appena detto che le piace sio Harry più di tutti, anche di te! » e con tutta l’innocenza del mondo, Teds sorrise tutto zuccheroso, facendo salire un traverso di bile a Draco.
« La Mezzosangue ha detto cosa!? » sbraitò, spettinandoli entrambi con la forza dell’ugola.
I suoi capelli biondi – che prima erano stati perfettamente pettinati e portati all’indietro – ora erano una massa scomposta sul cranio e le chiazze rosse sul suo meraviglioso visetto non gli donavano affatto.
« E dov’è il fuoco? » s’indignò Teddy, guardando lo zio acquisito con una smorfia delusa.
Draco guardò Hermione con gli occhi ridotti a due spilli e questa sorrise dolce come la melassa, sbattendo civettuola le ciglia scure.
« Fuma dalle orecchie, tesoro, non lo vedi? » sghignazzò perfida, beccandosi un ruggito a fondo gola dal fidanzato.
Fidanzato. Che suono dolce che aveva quella parola quando si riferiva a Draco; dolce, strano, ma giusto.
« Hermione, amore, vaff… »
« Ci sono dei bambini, Draco! » lo interruppe Hermione, canzonatoria.
Il biondo sbuffò.
« Blaise come ha preso la notizia dei gemelli? » domandò la Grifondoro una volta arrivata nei pressi dell’infermeria.
« “Dimmi che uno lo vendiamo e giuro che non scappo ai Caraibi” è stata questa la sua risposta » ridacchiò Ginny, aprendo le porte dell’infermeria con un sorrisetto sulla bocca e gli occhi che brillavano di una luce allegra.
« Come vedo il coma non ha mitigato la sua stupidità » commentò Harry, mentre Pansy correva verso il letto dell’amico, che aveva ancora il capo fasciato e lo tempestava di tanti piccoli bacetti sul viso.
« Potter, ne sono due. Due, non so’ se ti è chiaro » sibilò in risposta il moro, facendo ridere i presenti.
« Come ti senti, testone? » domandò Hermione e – quando Blaise rovesciò il capo verso di lei – sgranò gli occhi neri.
Hermione arrossì, mordicchiandosi le labbra: già era difficile farsi scorrazzare a destra e manca e farsi aiutare dalla Parkinson – insomma, dalla Parkinson! – quando doveva andare in bagno o farsi una doccia, poi essere fissata come un aliena non aiutava affatto.
« Un mese e torno come nuova, Blaise » abbozzò, mentre Draco le accarezzava dolcemente il capo.
Nessuno era mai stato così accorto come lui e purtroppo Hermione conosceva anche il motivo: non era tutto dato dalla situazione delle sue gambe, ma anche la partenza imminente, che pesava sulle loro teste come una spada di Damocle.
Più gli esami si avvicinavano, più la consapevolezza di dover andare via le portava via il respiro.
Stava per abbandonare la sua famiglia.
« Ehi, aspettate un secondo… e questo chi è? » sbottò il ragazzo di colore nel vedere Teddy saltare sul suo letto per guardarlo da vicino.
« Oooh, ma sio Blaise è come il scioccolato! » cinguettò ed Harry e Draco trattennero a stento una risata.
« Questo moccioso non ha mai visto un nero in vita sua? » sbottò Blaise, assottigliando gli occhi.
I capelli di Teds divennero di un rosa shocking.
« No, Andromeda sta invecchiando e non lo lascia uscire di casa molto spesso… ma con i due bambini in arrivo e James con noi, sarà nei paraggi molto spesso » spiegò Harry e Blaise – proprio in quel momento – proprio come Draco, capì che con Ginny e Pansy dalla parte di quel bastardo, sarebbero stati a stretto contatto con lui. E Weasley.
E santissimo Merlino!
« Oh no… » gemette Blaise, sprofondando il capo nel cuscino di piume pallido quanto e come il lenzuolo.
« No, Salazar, no » gli diede man forte Draco, piagnucolando come un bambino e sprofondando il capo tra i ricci di Hermione.
« Perché? » continuò il ragazzo di colore, mentre Teddy saltellava tutto cinguettante sul suo letto, facendolo gemere per il dolore alle costole.
Draco represse un singhiozzo, depresso.
« Perché a me? » bisbigliò Draco, finendo la frase che Blaise aveva iniziato.
« Ma che avete da lamentarvi? » borbottò Harry, sedendosi sulla poltroncina accanto al letto e spaparanzandosi con le gambe sul lettino.
Blaise lo guardò schifato.
« Averti a contatto ventiquattro ore su ventiquattro per il resto della mia vita, ecco di cosa ho da lamentarmi »
Harry soppesò quello che gli disse e quando cominciò veramente a capire, sbiancò: guardò prima Ginny, poi Pansy e infine Draco e Blaise.
« Ma porca putt… »
« I BAMBINI! » sbraitò Hermione, incrociando le braccia al petto e fissandoli con astio.
« ana » finì James, facendo calare un silenzio inquietante nell’infermeria.
« Alla faccia, questo le conosce meglio di me » disse Blaise, alzando il pollice verso il ragazzino e venendo ricambiato con una risata.
« No, James, no! Porco Merlino, non si dicono le parolacce! » lo rimproverò Pansy e Ginny si schiaffeggiò la fronte.
« Porco Merlino è una bestemmia, Parkinson »
« Cazzo »
« Che Morgana ci aiuti… » sospirò Hermione, scuotendo il capo.

 
***
 
Maggio arrivò impetuoso e lo studio travolse completamente i ragazzi.
Gli esami si avvicinavano e con Hermione che aveva ripreso funzione di sé e delle proprie gambe, non avevano un attimo di pace; tra gli attacchi d’ansia di Ginny e le sue maledizioni su tutta la stirpe dei Zabini, le fughe di quest’ultimo per l’ira della fidanzata, l’attaccamento morboso – che faceva saltare le coronarie sia a Ron che ad Harry – di Draco verso Hermione, non si stava un attimo tranquilli.
E oltre agli esami, si avvicinava la partenza di Hermione.
La sera prima – chiusa nella stanza di Ana – quando credevano che tutti fossero a cena, le aveva sentite discutere: la vampira aveva contattato alcune Ignis tramite Abgail e le aveva messe in contatto con Hermione.
Aveva sentito nominare Santo Domingo, la Siberia, l’America e persino l’Italia e ora sentiva un ansia a fondo stomaco che stava divorando qualsiasi cosa.
Erano tutte così lontane… e l’avrebbero portata via da lui.
No, Draco non era un tipo morboso ed eccessivo e l’avrebbe lasciata andare, come lei desiderava. Magari avrebbe aspettato, magari no.
Oppure lei sarebbe tornata con qualcun altro… oppure lui stesso – quando lei avrebbe fatto ritorno – sarebbe stato con qualcun'altra.
E faceva male.
« Theodore non è più tornato, vero? » Blaise spezzò il silenzio, alzando gli occhi neri dal libro di Trasfigurazione avanzata e posandoli sui presenti.
Draco quasi spezzò la piuma che teneva tra le dita.
« No, la Mcgranitt ha detto che ha superato le barriere della scuola e non si è visto più » mormorò Pansy, guardando fuori dalla finestra con una strana malinconia nello sguardo.
« Si farà vivo quando se la sentirà » bisbigliò Draco, sfogliando il libro di Artimanzia senza osare alzare lo sguardo su di loro.
Stava per finire ogni cosa e metà era già finita.
« Torneremo tutti, un giorno » sussurrò Luna, con gli occhi un po’ vuoti e troppo grandi per il suo volto pallido e smunto.
E poi sorrise, di uno quelli grandi e sinceri, gioiosi, che in parte riscaldarono i presenti.
Perché tutti, un giorno, sarebbero ritornati alle origini.

 
***
 
Il sole, l’erba, le risate, il Lago.
Hermione sorrise verso Draco,  che afferrò James di peso e se lo caricò in spalla, correndo per lo spiazzato di Hogwarts e facendo ridere il bambino spensieratamente – come, in fondo, non faceva dalla morte di Terry. –
Si portò una mano al ventre, mordendosi le labbra con forza e scuotendo il capo, provando pena per se stessa; quattro giorni prima si era accorta di un ritardo mensile, che non le era mai capitato, e aveva esultato dalla gioia.
Aveva esultato.
Cosa voleva? Incastrare Draco? Magari tenerselo stretto e vicino con un figlio, un erede, per fare in modo che… che non la lasciasse per qualcun altro?
Perché Hermione lo sapeva, prima o poi sarebbe successo: niente dura per sempre e in special modo l’amore tra un Purosangue e una Mezzosangue.
Per due persone così diverse… e lui avrebbe trovato di meglio; magari una Purosangue con i capelli domabili e il sorriso migliore, la mente sgombra dallo studio e il voler salvare perennemente il mondo.
Il ciclo, comunque, era arrivato e si era scoperta ancora più delusa.
Quello non era il suo posto e non poteva attaccarsi visceralmente ad una persona, nemmeno se questa era Harry. Nemmeno a Draco.
Aveva scoperto che le streghe rosse non si legavano sentimentalmente: dopo l’ascesa, il loro potere accresceva in un modo così spropositato da escluderle dal resto del mondo.
Le Ignis uscivano solo di notte, per distruggere… per sfogare il loro istinto sessuale, con il quale avevano scoperto quel potere. Con il quale era avvenuta l’ascensione.
Ed era quello il suo destino: allenarsi fino a combattere il suo potere, renderlo suo – renderlo immortale – e magari cercare qualcuno occasionale… diventare ciò che aveva sempre odiato.
Nessun matrimonio, nessun figlio, nessun Draco.
« Hermione, stai bene?  » James le venne vicino, con le guance arrossate e i capelli sconvolti.
No, affatto.
« Sto bene, piccolo » mormorò, chiudendo il libro di Trasfigurazione e sorridendogli dolcemente.
« Non è vero » sussurrò James ed Hermione sobbalzò, distogliendo immediatamente lo sguardo.
Aveva ragione.
E lei aveva paura.
« Va a giocare, Jamie » rise Hermione, sospingendolo verso Draco che – questa volta – invece di afferrare il bambino alzò lei di peso.
Se la caricò in spalla, strappandole un grido di pura sorpresa e cominciò a correre verso il lago.
« Draco! Draco, fermati! » strepitò, colpendolo sulle spalle con pugni leggeri e ridendo nello stesso momento.
La lasciò andare nel lago, insieme a lui.
Affondarono nell’acqua, i vestiti divennero pesanti, i capelli grondandi d’acqua: quando cercò di riemergere lui la trattenne, afferrando il suo viso tra le mani e baciandola con forza.
Con violenza. Con l’anima.
Hermione si aggrappò a lui e continuò a tenere quel contatto anche quando riemersero – insieme – attaccati. Bagnati. Senza fiato.
Le sue mani tra i capelli, sul viso, con i pollici ad incavargli le guance, la sua lingua tra le labbra; i vestiti incollati al corpo e lui pure, che s’incastrava alla perfezione con lei.
Che s’incastrava con forza, insistenza – a volte non ci stava – altre volte non poteva starci, ma lui continuava. Era sua e la marcava, lo urlava, le strappava la vita e il fiato, l’anima.
Era sua e lo sapeva.
E non se ne vergognava.
Durante la battaglia gli aveva sussurrato ti amo, perché era così che doveva andare… perché così era e così sarebbe rimasto.
Lo amava quando sorrideva, camminava, sbuffava e le ripeteva che era fastidiosa; lo amava quando l’abbracciava e il suo profumo diventava il proprio ed era la cosa più bella del mondo.
Lo amava quando dormivano assieme e le sue braccia la cullavano. Lo amava quando si svegliava e i suoi occhi l’osservavano.
Amava come e quanto amava lei e come e quanto si facesse amare.
E non glielo avrebbe ripetuto mai più, perché era così che doveva andare, perché così sarebbe rimasto: un sussurro portato via dal vento, ma che lasciava echi… strascichi, cicatrici.
Un impronta che nessuno dei due avrebbe mai più cancellato.
   
 
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