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Autore: Oldwhatsername_24    19/09/2013    0 recensioni
In questa storia non arriverà una ragazza dal nulla per cambiare la vita di tutti. No, questa è la storia di Billie. La storia di Mike. La storia di Trè. La storia di Whatsername. Si, perché lei c'è sempre stata.
[dal testo] "E tu, Billie Joe? cosa hai scelto di fare?"
"Farò l'unica cosa che so fare, musica! E viaggerò per il mondo, voglio vedere qualsiasi cosa valga la pena vedere! E tu...verrai con me. Vivremo in un furgone e ogni notte ti prometto che ascolteremo Ramones e Elvis fino alla nausea. Faremo capire che anche noi dei bassifondi abbiamo una possibilità...un po' come Gesù, un Gesù di periferia!"
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tré Cool, Whatsername
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Wake me up when september ends.
 
16\09\82
-W-
 
“Billie Joe Armstrong, smettila di spazzolarti I capelli come una femminuccia e vieni subito qui!” urlo da oltre lo steccato. Dal terzo piano della casa, la soffitta, una testa scura e sgangherata sbuca fuori dalla finestra circolare e mi fa la linguaccia. Billie Joe, dieci anni, sette strumenti musicali, cinque fratelli, una matassa infinita di capelli e un milione di idiozie. Il mio migliore amico, insomma. Mi passo una mano tra i capelli, li ho tagliati quattro mesi fa eppure sono ancora a malapena lunghi fino alle orecchie, oltretutto ricci come sono sembro la versione femminile di Jimi Handrix. Ma va bene così, a Billie e a me va bene così, tra pochi giorni ricomincia al scuola e sarà l’ultimo anno prima delle medie. E per me, un anno avanti rispetto agli altri, alta, piatta e italiana, senza di lui sarebbe stata peggio di una gabbia di squali. Mi guardo le converse rosse per un po’, poi alzo lo sguardo e sul porticato ci sono Olly e Anna che parlano a bassa voce, lanciando occhiate verso l’entrata della casa.
“Ciao ragazze!” le saluto sorridendo, loro fanno un cenno con la mano e tornano assorte nei loro pensieri. È una magnifica giornata di sole. Billie Joe esce di casa con la custodia di Blue sulle spalle, da quando Andrew gliel’ha regalata per il suo compleanno, non se ne separa mai.
“Un giorno mi spiegherai la tua ossessione nel chiamarmi col mio nome completo”
“Solo quando tu la pianterai di chiamarmi ‘rebel’ !”  Billie aveva cominciato a chiamarmi così quando, un anno prima, avevo avuto la spiacevole idea di farmi i buchi alle orecchie, e avevo costretto Billie a tenermi la mano per tutto il tempo perché avevo paura. Un atto da vera ribelle, insomma. Con un gesto inconscio porto le mani alla catenella che ho al collo, dove pende un semplice cerchietto azzurro di plastica e brillantini.  Era l’anello con cui Billie Joe mi aveva chiesto di sposarlo alla veneranda età di cinque anni, ancora oggi ne ridevamo, e io avevo conservato l’anello per ricordo. Billie mi fa la linguaccia e sale in bici, io lo seguo a ruota e cerco di stargli dietro mentre pedala verso il porto.
“Coraggio! Goditi questi ultimi giorni di estate!” urla lui svoltando verso la zona balneare. Arrivati lì lasciamo le bici e stendiamo dei teli sulla spiaggia. Billie rimane subito in costume godendosi questa assurda giornata di caldo. Io sfilo la camicetta lentamente, controllando che in giro non ci sia nessuno, ma niente, ci siamo solo noi.
Il mio costume intero e rosso, considerata la totale assenza di forme, non è adatto all’esposizione al pubblico.
Billie nemmeno lo nota, considerando i cinque anni in cui siamo letteralmente cresciuti insieme, tra campeggi e spiagge e tutte le volte in cui l’abbiamo portato con noi in Italia, mi avrà vista mezza nuda (se non totalmente) almeno un centinaio di volte.
“In Italia c’è un mare più bello” dice prendendo Blue dalla custodia e poggiandola sulle sue gambe. Già da qualche mese avevamo cominciato a decorarla con adesivi vari.
“Sento come se mancasse qualcosa per renderla davvero mia “ Io ci penso su, poi prendo alcune strisce di carta adesiva bianca e comincio a ritagliarle e appiccicarle fino a quando non ottengo le lettere “BJ”.
“Ecco” dico “ora è perfetta”.
 
Mentre torniamo a casa un sacco di nuvole nere cominciano a coprire il cielo, qualche goccia ci cade addosso.
“Sarà meglio rientrare prima che cominci un diluvio”
“Vuoi venire da me a suonare un po’?” chiede Billie accennando a casa sua, da quando lo avevo assunto come maestro personale di chitarra aveva preso il suo compito molto sul serio. Annuisco ed entriamo a casa Armstrong, ma già nell’ingresso la temperatura sembra scendere di venti gradi.
Nel salotto, sul divano, Olly, Anna, Marcy e Hollie piangono l’una abbracciata all’altra, mentre Alan e David guardano fuori dalla finestra, impassibili.  Il sorriso di Billie scompare in un secondo e io ho paura di quello che stiamo per scoprire.
“Che succede?” chiede Billie. Tutti lo guardano e istintivamente io capisco che la risposta riguarda l’unica persona assente nella stanza, un brivido mi blocca tutti i muscoli.
“Billie Joe…” comincia David prima che Olly lo interrompa per continuare la sua frase.
“…tuo padre è morto, Billie”
BUM.
Un colpo di proiettile dritto al petto.
Veloce, fatale.
Mi tremano le ginocchia e sento di stare per crollare, Andrew era una persona eccezionale, mi volto verso Billie Joe appena in tempo per vederlo fuggire via verso camera sua. Nessuno muove un muscolo, rimaniamo solo fermi a guardarci negli occhi. Torno in me e salgo al piano di sopra per bussare alla porta della camera di Billie.
“Billie…”
“Vai via!”
“Billie, ti prego, apri…”
“No! Svegliami quando finisce settembre”
 
Arrivata la sera, Billie non era ancora uscito da camera sua, ma a nessuno sembrava importare. In casa Armstrong erano tutti rinchiusi nella loro piccola bolla di sapone. Arrivate le undici, quando ormai tutte le luci della casa dei miei vicini erano spente da un po’, decido di agire. Prendo una giacca, un’intera scatola di biscotti e il pigiama e spalanco la finestra. Dal balcone di camera mia, un’enorme quercia collega la mia finestra da quella di Billie Joe. Scavalco la ringhiera e sono sull’albero, cercando di mantenere l’equilibrio. Faccio qualche passo e mi appoggio al tronco, per poi saltare sul ramo che collega l’albero a camera di Billie. Cercando di mantenere l’equilibrio noto con gioia che la finestra è aperta. Con un salto mi appoggio alla finestra, guardando all’interno. Nella stanza la luce è spenta ma grazie alla luna e ai lampioni riesco a notare che la camera è totalmente sottosopra e una figura quasi immobile rimane stesa a pancia in giù sul letto.
Entro piano, cercando di fare il minor rumore possibile.
“Billie?” chiamo piano, nessuna risposta.
“Billie, dormi?” c’è un secondo di silenzio, poi lui mi lancia un libro contro urlando: “vattene via!”
Lo scanso per un centimetro e mi avvicino a lui, inginocchiandomi ai piedi del suo letto. Ha il viso soffocato nel cuscino e le nocche bianche per quanto lo sta stringendo.
Gli accarezzo piano i capelli, lui non si ritrae, all’improvviso capisco che non so cosa dire.
“Billie…” non posso dire che mi dispiace. Lo odierebbe. Lui non cerca la pietà di nessuno e dire che mi dispiace non cambierà le cose.
“Io…io sono qui, Billie, sempre. Puoi lanciarmi contro tutti i libri che vuoi ma io non me ne vado”
Lui solleva leggermente la testa dal cuscino.
“Non ho neanche potuto dirgli addio…” mi siedo accanto a lui sul materasso e gli carezzo la guancia molto piano.
“Non devi dire addio, dire addio vuol dire dimenticare, e tu non devi dimenticarlo. Tu sei una parte di lui, Billie”
Billie Joe alza il viso dal cuscino, mi guarda, si alza, prende Blue in mano e comincia a suonarla.
 
Quasi un’ora dopo siamo stesi sul suo letto l’una di fronte all’altro, guardandoci senza dire nulla. La sveglia batte un colpo e tutti i numeri tornano al capolinea.
00:00
“E’ finita…” gli sussurro stringendo forte la sua mano. Lui chiude gli occhi e mi abbraccia, fa freddo ma so che più che riscaldare me, Billie sta cercando un punto d’appoggio con il mondo.
“Non andare via…” mi sussurra in un orecchio.
“Io non vado da nessuna parte” rispondo, e torno ad accarezzarlo. Mi stringe ancora e lo sento singhiozzare.
“Billie…?” chiedo senza preavviso.
“Si?” dice piano.
“Ti va di cantarmi qualcosa? Mi aiuterebbe a prendere sonno”
La verità è che so che, oltre a Blue, cantare è il sedativo naturale di Billie Joe. Lui annuisce e, con un filo di voce, comincia a cantarmi qualcosa dei Beatles, poi di Elvis, e infine ‘Baby I love you’ dei Ramones.
“Oh I’m so glad I found you…I want my arms around you…Tell me that you feel the same…” e piano la stanchezza prende il sopravvento su entrambi.
  
From the river to the street.
-W-
 
 
Mi sveglio all’alba per riordinare camera di Billie, sperando che molti dei suoi dischi non siano irrimediabilmente compromessi. Nella mia mente risuona ancora “ Baby I love you”. Appena vedo Billie agitarsi tra le lenzuola, torno stesa accanto a lui e mi lascio abbracciare. Lui apre piano i suoi meravigliosi occhi verdi, due smeraldi irrimediabilmente tristi.
“Giorno…” sussurra piano, mettendoci qualche secondo ad elaborare perché sono lì e cosa è successo nelle ventiquattro ore precedenti. Senza preavviso, mi bacia. Nessun bacio da film, posa solo le sue labbra sulle mie per un secondo.
“Hey…” rispondo io abbracciandolo prima che abbia il tempo di dire o fare altro. Billie non è innamorato di me, suppongo che il bacio fosse solo bisogno di contatto, affetto.
“E’ tornato?” chiede lui all’improvviso.
“Come?”
“Mio padre, è tornato?” rimango con la bocca spalancata come un pesce for d’acqua senza sapere cosa dire, mi accorgo che Billie non è ancora totalmente sveglio.
“Lui non tornerà, vero?” chiede qualche secondo dopo. Scuoto piano la testa, incapace di dire o fare altro. Billie butta di nuovo la faccia nel cuscino: “allora torno a dormire”
Guardo l’ora, sono le sei e cinque, e mi ricordo dell’idea avuta la sera prima, e che forse potrebbe funzionare.
“Non se ne parla! Sveglia e sorgi, bel sole! Abbiamo un appuntamento”
“Tu non puoi dirmi cosa fare, non sei mio padre”
“Invece si, da oggi si, quindi non usare quel tono con me, giovanotto! Vestiti e andiamo!”
Billie mi guarda leggermente perplesso, ma alla fine ubbidisce. Usiamo l’albero per prendere qualcosa da camera mia e scendere in strada senza che nessuno facesse caso alla nostra presenza. Camminiamo sotto il sole per qualche isolato fino alla fermata dell’autobus, ci sediamo e Billie non fa domande. Per arrivare nel posto servono almeno venti minuti e Billie ne approfitta per riposare ancora un po’. Mentre lui dorme l’autista di ferma a fare rifornimento e io ne approfitto per fare una chiamata, organizzando le cose per la mattinata.
Dopo quindici minuti l’autobus si ferma e noi scendiamo. Siamo nella zona portuale di Berkeley, il profumo del mare ci invade e per qualche secondo mi sento più leggera. Billie non mi lascia la mano da quando siamo partiti. Lo conduco verso il molo dove sono ormeggiate le barche e comincio a cercare tra le centinaia ormeggiate lì, trovo la ‘Principessa Elena’ solo dopo venti minuti abbondanti.
“Che stiamo facendo?” chiede Billie.
“E me lo chiedi? Porto il mio giovanotto a pesca!”
“Cosa?”
“Come ogni buon padre che si rispetti, voglio insegnarti a pescare!” Billie rimane con la bocca semiaperta per un po’, ma alla fine non protesta.
“Okay, Daddy” mentre parliamo finalmente dalla barca esce l’uomo che cerco.
“Zio Tom!” urlo abbracciandolo forte.
“Ciao, principessa!”
“Tutto okay?”
“Non posso lamentarmi” lo zio si gira verso Billie, si erano già conosciuti due anni prima ad una cena di natale.
“Ciao, ragazzo” Billie fa un cenno per saluto e saliamo sulla barca prendendo subito il largo. Insegno a Billie come funziona una canna da pesca e qualche minuto dopo siamo seduti a piedi nudi sulla poppa della barca a cercare di procurarci la cena di quella sera.
“Grazie…” sussurra Billie all’improvviso. Gli sorrido piano.
“E’ il minimo”
Vorrei chiedergli come va, ma effettivamente suo padre è morto neanche ventiquattro ore fa, di certo non gli va una meraviglia. Billie, come al solito, sembra leggermi nel pensiero.
“ Mi manca, cerco di non pensarci ma col passare del tempo sarà sempre peggio, lui era il mio unico punto di riferimento” annuisco piano”Tuo padre era una brava persona, Billie. E tu gli somigli più  di quel che credi”
Billie accenna ad un sorriso e mi paralizza coi suoi occhi tremendamente verdi.
“Come farei se non avessi te?” alzo le spalle.
“Bhe, per adesso questa non è un’ipotesi di cui preoccuparsi”
Mio zio esce dalla stiva pulendosi le mani con uno straccio.
“Hay ragazzi, ho qualcuno da farvi conoscere” dietro di lui si materializzano un uomo e un ragazzo di circa la nostra età.
“Lui è Patrick Pritchard, lui è suo figlio Mike”
Il ragazzo è alto, ha i capelli chiari e gli occhi celesti e, cosa più importante, la custodia di una chitarra sulla spalla. Lo notiamo sia io che Billie.
“Hay” gli diciamo all’unisono.
 
 
                                                    You got to hold on to yourself
 
-W-
Il ragazzo è forte, credevo che persone con una storia del genere esistessero solo nei film. “Io sono Billie Joe” si presenta Billie porgendogli la mano, lui gli batte il cinque.
“Michael, ma chiamatemi Mike, e lei è…” dice indicando verso di me.
Comincio a dire il mio nome ma Billie mi frena: “Lei è Rebel” Mike ci guarda perplesso.
“Come?” io ridacchio.
“Billie ha la strana abitudine di darmi soprannomi e, non appena anche le altre persone cominciano ad usarli, li cambia” Mike sorride, è molto calmo e rilassato.
“Suoni la chitarra?” chiede Billie indicando la custodia.
“Si, ma con il basso sono più bravo, e tu?”
“Billie Joe suona più o meno qualsiasi cosa” dico io. Billie mi da una spinta e fa la linguaccia.
“Sono un chitarrista”
“E canta divinamente” aggiungo io.
“Qualche anno fa mi chiese di insegnargli a suonare il piano, nel giro di due mesi io ero rimasta al livello terza elementare e lui era diventato un piccolo Mozart”
“E’ bello trovare ancora persone talmente legate alla musica”
Un secondo dopo cala il silenzio, Billie abbassa la testa verso l’acqua, so che sta pensando a suo padre.
“Che succede?” chiede Mike rompendo il silenzio, io cerco di inventare una scusa credibile ma, incredibilmente, Billie Joe dice la verità.
“Mio padre è morto di cancro ieri sera” Mike lo guarda con i suoi occhi celesti e fortunatamente non dice che gli dispiace.
“Ci si sente persi, vero? Non so se è la stessa sensazione, ma io sono stato adottato perché i miei erano tossicodipendenti , e a volte mi sembra di non appartenere a nessuno e mi dico che è solo colpa loro. Non so cosa di preciso dia successo, ma sono certo che la morte di tuo padre non sia colpa di nessuno, tanto meno colpa tua. L’unica cosa che puoi fare tu è non dimenticare e dire a te stesso di tenere duro.” Rimango a bocca aperta ascoltando le parole di Mike. Billie capisce di aver appena trovato un nuovo amico. All’improvviso la canna da pesca di Billie Joe ha uno scossone verso il basso.
“Che succede?!”
“Ha abboccato!”
“E ora che faccio?”
“Non lo so!”
“Ma pensavo che tu sapessi pescare!”
“Si ma non ho mai preso nulla!”
Mike interviene salvando la situazione e spiega a Billie cosa fare. Dopo dieci minuti di lotta un enorme pesce finisce dritto in faccia a Billie, tutti e tre scoppiamo a ridere.
Alla sera riporto Billie a casa, mio zio aveva avvisato mio padre che a sua volta aveva chiamato la madre di Billie Joe. La casa di Billie è scura e silenziosa, esattamente come il suo umore. Con Mike si era creato un bel rapporto, avevamo scoperto di vivere vicini e lui e Billie avevano deciso di voler suonare insieme qualche volta. Billie si ferma con le mani in tasca a guardare casa sua, mi avvicino e gli prendo la mano per stringerla forte.
“Vuoi che venga con te?” lui scuote la testa.
“No, è una battaglia che prima o poi avrei dovuto combattere da solo”
Annuisco e gli bacio una guancia.
“Tu non sarai mai solo, BJ”
Così, dopo la buonanotte, rientriamo in casa.
 


Angolo dell'autrice!
Eggià, due capitoli in un giorno! Ero in vena stasera.... *schiva i pomodori rimasti da prima*
Bhe,  sono consapevole che questo è un capitolo triste, ma andava messo assolutamente, e poi si capisce il profondo rapporto tra Billie e Whatsername! 
A presto!
Rage & Lol :3

 
  
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