SETTE
ANNI DOPO.
Era
una domenica di
maggio.
Il sole splendeva alto nel cielo e faceva davvero caldo per gli
standard
primaverili di Londra.
Quella giornata l’avremmo passata tutti insieme, con i
ragazzi come ai vecchi
tempi, nella nostra villetta situata nella periferia di Londra.
Ero in cucina armata di grembiule e padelle per provvedere al pranzo ed
Elena,
che era arrivata prima con Tom, mi stava dando una mano.
Chiacchieravamo in completa tranquillità del più
e del meno, quando
improvvisamente sentimmo bussare al citofono, segno che era arrivato
qualcuno.
Visto che la piccola cucina rustica era situata proprio sul giardino
potei
notare che era appena arrivato James. Salutò i suoi due
amici con delle pacche
amichevoli sulle spalle e si diresse verso la piccola rampa di scale
per
salutare anche noi.
“Buongiorno,
signore.” Ci salutò sorridendo e diede un bacio
sulla guancia sia a me che ad
Elena.
Dando una controllata alle varie pietanze che stavano cuocendo
rubò
furtivamente una patatina che era appena uscita dal forno.
“Ehi,
quelle sono
per dopo. Tieni giù le mani!” Lo rimproverai
ridacchiando e lui rise con me.
Aprii il frigorifero da cui estrasse tre birre e si avviò in
giardino dai suoi
amici.
Io
ed Elena
continuammo a parlare mentre riprendevamo a cucinare.
“Ma
tu sei stata
tanto male?” Mi chiese con la sua solita voce ansiosa e
preoccupata che si
portava dall’adolescenza e ne frattempo si rigirava la fede
posta all’anulare
nervosamente.
Si, perché Elena esattamente un anno prima era diventata la
signora Parker.
Due inverni fa Tom aveva deciso di fare il grande passo,
così nell’estate
immediatamente successiva si erano sposati.
“Ma
no, non
tantissimo. Certo, i primi mesi andavo praticamente avanti e indietro
dal bagno
a causa delle continue nausee e del vomito, ma per il resto della
gravidanza è
andato tutto bene.” Gli spiegai cercando di rassicurarla.
Si, perché Elena esattamente tre mesi prima aveva scoperto
di essere incinta.
Improvvisamente
sentii un trambusto in giardino seguito dal pianto di un bambino, del
mio
bambino.
Alzai istintivamente gli occhi al cielo e lasciai gli utensili che
stavo usando
sul bancone per poi precipitarmi in giardino a vedere cosa era successo.
“Ehi
piccolo Dylan,
non piangere!” Esclamò Thomas cercando di zittire
il piccolo.
“Questa
volta
Martina non ce lo perdonerà, Tom.”
Sussurrò mio marito.
“Perché
Martina
deve per forza venire a sapere che Dylan si è fatto male, di
nuovo?” Domandò
all’amico di sempre.
Io
per tutto il
tempo della conversazione ero rimasta dietro di loro con le braccia
conserte ed
un’aria arrabbiata e Jay, che mi aveva vista arrivare, se la
stava
letteralmente spassando.
Jay tossii ed indicò con un cenno del capo verso di me, ed i
due si girarono.
Incominciarono a parlare entrambi cercando di giustificarsi.
Io mi avvicinai al mio piccolo e lo accolsi tra le mie braccia.
“Non
preoccuparti,
tesoro. Non è successo niente.” Sussurrai
all’orecchio del mio bimbo di appena
tre anni cercando di rassicurarlo “Adesso andiamo di sopra e
mettiamo un bel
cerottino su questa brutta bua che ti sei fatto.” E lo presi in braccio.
“E
voi due,
imparate a diventare più responsabili. Non vi
lascerò giocare con lui una volta
di più.” Mi rivolsi a mio marito e al mio migliore
amico.
La maggior parte delle volte in cui Dylan era con quei due si faceva
male,
chissà per quale motivo.
Mi girai e mi avviai verso la cucina, e notai con la coda
dell’occhio che Max
mi seguii.
Feci sedere Dylan sul tavolo mentre presi dal mobiletto in altro un
batuffolo
di ovatta con la bottiglietta di acqua ossigenata per disinfettare il
piccolo
taglietto.
“Mi
dispiace, è
solo che è caduto dove c’è la ghiaia e
non sono riuscito a prenderlo in tempo.”
Si giustificò il padre di mio figlio.
Si, era avvicinato a noi due e carezzava i capelli a Dylan per
tranquillizzarlo.
“Non
preoccuparti,
sono cose che succedono.” Lo rassicurai “Stavo
scherzando, il mio rimprovero
era rivolto a Tom. Insomma, tra sei mesi arriverà il suo di
bambino, deve
imparare a responsabilizzarsi.” Dissi mentre tamponavo la
piccola ferita sul
ginocchio e nel frattempo il mio bambino mi guardava con gli occhi
umidi.
“Beh,
si è sposato,
questo è un grande passo. Penso che Tom si responsabilizzi
un passo alla volta.”
Ridacchiò e lo feci anch’io.
“Ecco
fatto,
tesoro.” Dissi mettendo il cerotto colorato sul taglio e con
un piccolo balzo
lo feci scendere giù dal tavolo.
“Mamma,
adesso
posso andare a giocare con lo zio Jay, per favore?” Mi chiese
con la sua vocina
infantile.
“Certo,
tesoro. Va’
dallo zio Jay.” Gli carezzai i capelli e gli diedi un bacio
sulla testa.
Dylan presa la rincorsa e cominciò a correre verso il
giardino.
“Ehi
campione, non
correre quando scendi per le scale!” Alzò la voce
Max per farsi sentire da
nostro figlio.
Max si avvicinò ancora di più a me e mi
circondò la vita con le braccia, posò
il suo mento sulla mia spalla e mi diede un rumoroso bacio sulla
guancia.
“E’ diventato già così
grande.” Sussurrò.
“Già,
tre anni sono
così tanti. Sembra adesso che è nato.”
Sorrisi al ricordo di quell’emozione.
“Pensi
che se Tom
ed Elena abbiano una femminuccia potremmo farla fidanzare con il nostro
Dylan?”
Chiese ridendo.
“Max,
è solo un
bambino!” Esclamai e gli diedi un buffetto sulla mano
“Però pensandoci, non è
che sia male come idea.” Risi.
Mi
prese la mano e
ci recammo in giardino dove ci accomodammo sulla poltroncina a dondolo.
Max mi circondò le spalle con un braccio per farmi stare
più comoda ed io me ne
approfittai accoccolandomi al suo petto.
Beh, il quadretto al quale stavamo assistendo era davvero stupendo: Tom
ed
Elena erano seduti sulle poltroncine e lui aveva la mano sulla sua
piccola pancia.
“Tom,
ha solo tre
mesi. Non lo sentirai mai scalciare adesso, non si sono nemmeno formati
i
piedini!” Esclamò Elena alzando gli occhi al cielo
con fare esasperato ed io e
Max a quella battuta ridemmo come matti.
A quanto pare Tom negli ultimi tre mesi era diventato abbastanza
paranoico su
questa storia della gravidanza e seguiva Elena come un’ombra.
E
poi intenti a
giocare con una palla di spugna c’erano James e il mio
piccolo Dylan.
Jay faceva il portiere alla piccola porta e quando Dylan
calciò la palla per
farla entrare, si spostò facendolo vincere. E allora Jay
urlò e prese il
piccolo Dylan facendogli fare l’aeroplano.
Da come vedevo come stava ridendo Dylan, capii che se la stava
spassando un
mondo.
All’improvviso
sentimmo bussare il citofono e intravedemmo dalle sbarre del piccolo
cancelletto Siva che era accompagnato dalla bella Nareesha e Nathan.
Io e Max ci alzammo ed andammo ad aprirli.
Il primo che entrò fu Nathan che dopo aver salutato
frettolosamente sia me che
Max ci domandò “Dov’è il
piccoletto?” scrutando con lo sguardo il giardino per
trovarlo.
“Beh,
fino a
qualche secondo fa stava giocando a calcio con Jay.” Gli
dissi indicando dietro
di me “Ma…ehi ! Sei venuto qui per me o per il mio
bambino?” Gli domandai
fingendomi offesa.
“Quel
piccoletto mi
ha rubato il cuore, scusami.” Fece spallucce e mi diede un
frettoloso bacio
sulla guancia per poi precipitarsi a salutare il piccolo Dylan.
“Ehi,
signora
George!” Mi salutò Siva allargando le braccia per
abbracciarmi.
Mi feci coccolare dall’abbraccio di quel ragazzo altissimo, e
a ruota
abbracciai Nareesha che non vedevo da parecchio tempo.
Era mancata a tutti, quella ragazza era meravigliosa!
“E
questo è per
dopo pranzo.” Mi disse porgendomi un vassoio incartato e con
vari fiocchetti.
“Ehi,
non dovevate
mettervi in cerimonie ma accetto questo dolce perché
effettivamente con tutte
le cose che ho per la testa ho dimenticato di prepararne
uno!” Esclamai
ridendo.
E
adesso il pranzo
domenicale poteva anche cominciare.
Io,
Elena e
Nareesha eravamo in cucina per finire di cucinare le ultime cose,
mentre gli
uomini erano in giardino a parlare della partita della sera precedente
a parte
Nathan e Jay che stavano facendo giocare Dylan.
Avrei dovuto assumerli come babysitter a tempo pieno, quei due.
“Allora
Nareesha,
non ci vediamo da parecchio tempo. Qualche
novità?” Domandò Elena che stava
condendo la pasta con il sugo.
“Beh,
a dire la
verità c’è una novità fresca
fresca di ieri sera.” Disse con un sorriso a trentadue
denti e mostrò la mano che era decorata con un enorme
brillante.
“Oh
mio Dio ! Siva
ha chiesto di sposarti !” Esclamai dalla contentezza e
l’abbracciai forte.
Era anche l’ora. Siva e Nareesha convivevano già
da parecchio tempo era
decisamente l’ora che il ragazzone facesse la fatidica
proposta.
“Si,
l’ha fatto
ieri sera. Credetemi, io non ci speravo più.” Ci
rivelò.
“Pensa
che io avevo
scommesso che tu e Siva sareste stati i primi a sposarvi!”
Esclamò Elena.
“Ed
invece sono
stati Max e Martina a farlo per primi.” Disse la ragazza con
la pelle color
cioccolato dandomi delle piccole gomitate scherzose nelle costole con
fare
malizioso.
“Non
abbiamo
proprio perso tempo. Ci siamo sposati, abbiamo avuto Dylan e tra un
po’ ci sarà
anche un nuovo arrivato.” Dissi con nonchalance, come se
aspettare un altro
bambino non fosse una notizia esaltante.
“Cosa?!”
Esclamò
Elena urlando, tanto che ne ero certa anche la villetta a due
chilometri da qui
l’aveva sentita.
“Shh,
fa’ silenzio.”
Le dissi “Non ho ancora detto niente a Max, lo sapete solo
voi due.”
“E
quando l’hai
scoperto?” Mi domandò Nareesha che ancora stentava
a crederci.
“Beh,
due settimane
fa mi ero resa conto che avevo un ritardo di due settimane,
così ho fatto il
test.” Dissi facendo spallucce.
“Quindi
hai un
mese.” Constatò sempre Nareesha.
“Si,
direi di si.
Giorno più, giorno meno.” Confermai.
“Oddio
sono così
felice per te, tesoro.” Mi disse Elena abbracciandomi e
all’abbraccio si unì
anche Nareesha.
E
dopo alcuni
girdolini di eccitazione per la mia nuova gravidanza, tutte e tre
prendemmo le
varie ciotole e i vari piatti e scendemmo in giardino, sotto il gazebo,
dove
avevo in precedenza imbandito la tavola.
Max aveva preso il seggiolone e lo aveva messo vicino la mia sedia e ci
aveva
messo dentro Dylan.
“Ehi,
ma tu sei un
giovanotto e sei ancora nel seggiolone!” Gli disse Nathan
prendendo posto
accanto a lui.
“Nathan,
non
mettergli cose in testa che poi dopo me li devo subire io i suoi
capricci.” Lo
rimproverai.
“Mamma,
ha ragione
lo zio Nathan. Io sono grande, voglio stare sulla sedia!”
Disse il bimbo
imbronciato.
“No
tesoro, sulla
sedia non vai bene perché non ci arrivi poi al
tavolo.” Gli dissi allacciando
la bavetta al collo minuto del piccolo.
“Ecco, mangia da solo. Fa’ vedere agli zii come sei
diventato grande!” Gli
dissi porgendogli il piatto di pasta e la forchettina.
Prendemmo
tutti
posto e cominciammo a mangiare, a ridere e a scherzare proprio come ai
vecchi
tempi. Solo che c’erano tre persone in più: il
piccolo Dylan, il bambino di
Elena e il piccolo che stava crescendo dentro di me.
In quel preciso istante mi sentivo felice, come non lo ero mai stata.
Tutto stava procedendo per il verso giusto nella mia vita.
Non potrò mai dimenticarmi quando Max mi chiese di sposarmi
in diretta radio,
quando loro erano ancora i The Wanted.
Stavano facendo una normalissima intervista radiofonica e quando a Max
chiesero
di me, lui rispose che era felice e che visto che stavamo insieme da
quattro
anni voleva chiedermi una cosa e mi chiese di sposarlo.
Poi esattamente sei mesi dopo ci fu la cerimonia.
Io con il vestito bianco, lui con lo smoking.
La mia famiglia, la sua famiglia, i nostri amici, i paparazzi.
La chiesa addobbata, il fatidico ‘si’ di entrambi.
La villa dove tenemmo la cerimonia.
Il viaggio di nozze in Tailandia.
E poi ci eravamo sistemati, avevamo comprato casa:
un’adorabile villetta nella
periferia di Londra a due piani e con il giardino, come avevamo sempre
desiderato.
E poi il mio ritardo, il test di gravidanza positivo, la mia gravidanza.
Max pianse dalla gioia quando seppe che ero incinta e quella sera
festeggiammo
facendo l’amore.
E poi la nascita del piccolo Dylan, che adesso aveva tre anni e che
aveva preso
lo stesso colore castano dei miei capelli e lo stesso verde foglia
degli occhi
di suo padre, degli occhi di cui mi ero innamorata.
E poi anche i nostri amici avevano avuto delle novità.
Elena e Tom si erano sposati, e tra sei mesi avrebbero avuto il loro
bambino.
Siva aveva finalmente chiesto a Nareesha di sposarla e avrebbero messo
su famiglia
in breve tempo.
E poi c’erano quegli scalmanati di Jay e Nate che facevano
gli zii a tempo
pieno.
“Tesoro,
vuoi del
vino?” Mi chiese Max.
“Ehm
no, non mi va
grazie.” Risposi storcendo il naso.
Ci pensai prima due volte prima di accettare il vino che avrebbe potuto
far del
male al bambino.
Max mi guardò perplesso, sapeva che non rifiutavo mai del
buon vino, ma io gli
sorrisi.
“Mamma,
ho finito
la pappa!” Esclamò il mio bambino alzando le mani
e tutti quanti risero.
Quel bambino aveva fatto innamorare tutti noi.
“Ma
sei stato
bravissimo, Dylan!” Esclamai e gli pulii la faccia tutta
impiastricciata di
sugo.
“Papà,
adesso
voglio andare a giocare!” Disse il bambino sporgendosi con le
braccia verso
Max, che si alzò, lo prese e lo fece scendere a terra.
“Ehi,
non sotto il
sole. Prendi le macchinine e mettiti qui all’ombra,
d’accordo?” Gli disse Max
abbassandosi alla sua altezza.
“D’accordo,
papà.”
Gli sorrise il bimbo dagli occhi verde foglia.
“Bravo
il mio
campione.” Gli carezzò i capelli e gli diede un
bacio.
Finimmo
di mangiare
le numerose pietanze che avevamo preparato io ed Elena così
prendemmo il dolce
che generosamente ci avevano portato Siva e Nareesha.
Servii i piatti a tutti gli ospiti che apprezzarono e fecero i
complimenti alla
fidanzata di Siva per aver preparato degli ottimi dolcetti al
cioccolato e
pistacchio.
Io nemmeno il tempo di assaggiare, di assaporare e di mandare
giù il dolcetto
che tutto il pranzo della domenica mi risalì dallo stomaco.
Ed ecco che i sintomi della gravidanza si facevano risentire, di nuovo.
Mi coprii la bocca con la mano e mi precipitai verso il bagno ignorando
la
preoccupazione e le domande dei miei amici e soprattutto di Max.
E quando fui davanti alla tazza vomitai tutto quello che avevo ingerito
durante
il pranzo se non di più.
Max, che mi aveva seguito, aveva capito perché mi ero alzata
allarmata dalla
tavola e avevo corso verso il bagno e per tutto il tempo in cui vomitai
anche l’anima
mi tenne i capelli e la fronte.
Mi sciacquai la bocca e il viso impregnato di sudore e mi tamponai la
faccia
con l’asciugamano.
“Ehi
tesoro, ma cos’hai?
Secondo me hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male. Forse
è un’allergia, o
un virus influenzale oppure..” Disse a raffica senza nemmeno
darmi il tempo di
spiegare. E nel frattempo mi teneva il viso tra le mani, accarezzandomi.
“No
tesoro, non è
niente di tutto questo.” Dissi stoppandolo “Io,
ecco… io sono incinta!”
Esclamai
“Cosa,
incinta? Di
nuovo?” Mi chiese conferma ed io annuii sorridendo.
“Oddio, amore mio è
stupendo!” Esclamò e mi baciò sulle
labbra. “Avemmo un altro bambino, non posso
crederci. E’ meraviglioso, davvero!” Disse ancora
con le lacrime agli occhi e
mi mise la mano sul ventre ancora piatto.
E
dopo aver festeggiato
la notizia con altri baci, carezze e coccole, tornammo in giardino dai
nostri
amici. Capii dalle loro facce che Elena e Nareesha avevano detto anche
agli
altri della mia gravidanza e ci vennero incontro congratulandosi e
abbracciandoci.
“Mamma,
ma allora
avrò un fratellino?” Mi domandò il
piccolo Dylan tirandomi la maglietta per
attirare l’attenzione su di lui.
“O
una sorellina,
tesoro.” Gli dissi dolce, prendendolo in braccio.
“Sarebbe
fantastico
se sarebbe una femminuccia.” Disse Max che si era avvicinato
a noi. “Dallo in
braccio a me, tu non sforzarti.” Mi sorrise mio marito e io
passai Dylan tra le
sue braccia.
E rimanemmo tutta la giornata a festeggiare la gravidanza mia e di
Elena, il fidanzamento
di Siva e Nareesha.
E
venne la sera e
gli ospiti se ne andarono.
Io e Max trovammo il piccolo Dylan che si era addormentato sul divano
con la
televisione accesa che stavano trasmettendo ancora i cartoni.
Max lo prese in braccio con delicatezza per non svegliarlo e lo mise
nel
piccolo lettino ed io gli rimboccai le coperte.
Rimanemmo nella stanzetta pittata di blu a guardare nostro figlio
dormire per
minuti interi.
Ero accoccolata a Max che mi carezzava la schiena.
“Ti
amo, piccola.”
Mi sussurrò con la sua voce roca, a bassa voce.
“Ti
amo anch’io,
amore.” Rivolsi la testa verso di lui cercando le sue labbra,
che trovai in un
attimo.
Quello
era il mio
piccolo angolo di paradiso.
EHI GIIIIIRLS !
vi ricordate di me? Dai, spero proprio di si.
ed eccomi qui con l’epilogo di questa storia.
si, avevo detto che avrei diviso l’epilogo in tre parti ma
non l’ho voluto più
fare. Lol
ed ecco qui che finisce questa storia, la mia prima fanfiction.
non so descrivermi come mi sento, mi sento vuota.
mi ero davvero affezionata alla storia, ai personaggi e adesso che
l’ho
finalmente finita mi viene da piangere.
sono così fiera di me, è la prima cosa che ho
portato a termine.
vorrei ringraziare prima di tutto i the wanted, che se non fosse stato
per loro
io non avrei mai scritto questa fanfiction.
AND I JUST
WANNA SAY A MASSIVE THANK YOU TO ALL MY
FANS !
AHAHAHAHAHAHAH
scherzo, ovviamente. lol
vorrei ringraziare ovviamente voi che avete seguito questa fanfiction
fino all’ultimo
senza stancarvi mai, anche se aggiornavo ad ogni morte di papa.
voglio ringraziare ogni singola fottuta persona che ha messo questa
fanfiction
tra le segute/ricordate/preferite.
voglio ringraziare coloro che hanno letto in silenzio, e coloro che
hanno
recensito.
soprattutto quelle che hanno recensito perché mi hanno
invogliato a continuare
a scrivere e a non fermarmi grazie alle loro belle parole di supporto e
ai
complimenti per il mio modo di scrivere.
DAVVERO, GRAZIE DI CUORE. <3
ED E’ QUI CHE
FINISCE, IN UN SABATO POMERIGGIO DI SETTEMBRE ‘I WANT YOU
INTO MY LIFE’.
È stato un piacere
pubblicare in questo sito, quindi ringrazio anche erika la fondatrice
di questo
sito, ovviamente.
Non so con quale
coraggio metterò la crocetta a
‘completa’, giuro che sto piangendo come una
cogliona. lol
*non se ne vuole
andare*
ok, basta adesso vado.
non so, forse
scriverò un’altra fanfiction sui the wanted,
chissà.
ok, adesso vado per
davvero.
CIAO BELLE RAGAZZE !
VI VOGLIO BEEEEENE !
<3
baci, martina. <3