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Autore: elyxyz    25/03/2008    32 recensioni
Un’interpretazione alternativa al finale dell’episodio n°13, ‘Fuoco contro Acciaio’.
“Cos’è?! Oggi piovono cani e gatti?” ipotizzò, tra il polemico e il divertito. “E’ la Giornata del Randagio e nessuno me l’ha detto?!”
(Roy x Ed)
Storia partecipante al Contest 100 Prompts! indetto da Fanfiction Contest ~ {Collection of Starlight since 01.06.08}
Dopo quasi 5 mesi d’attesa, ecco postato il nuovo capitolo. Avviso comunque i lettori che i futuri aggiornamenti saranno più frequenti ma ancora irregolari.
Genere: Romantico, Malinconico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi

Il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, compreso il titolo, vi rimando alla conclusione della fic, dopo la lettura.

 

 

Ed eccomi nuovamente con voi, miei cari lettori.

Qualcuno avrà letto il mio avviso, e avrà saputo del drammatico tracollo del mio pc, giovedì scorso, e della traumatica attesa, con l’incubo di aver perso tutto.

Per fortuna invece siamo ancora qui, io e lui, a tenervi compagnia. Capirete che questo ritardo non era previsto, ho scritto il cap ieri, lavorandoci quasi 10 ore, tra ricerche varie nel web e stesura.

 

Vorrei dedicarlo a Shatzy, Tao, Ed92, Setsuka e Chamaedrys,

                                                                                  per il supporto morale. Vi voglio bene, ragazze.

 

E poi a tutti gli altri, che hanno gioito del mio ritorno.

 

 

 

Another Rainy Night (Without You)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

I’m all alone.
It’s just another rainy night, without you.
Waiting by the phone. Alone.
It’s just another rainy night, without you.

 

[Queensryche, Another Rainy Night (Without You)]

 

 

 

 

 

 

Il Colonnello Mustang rincasò, imprecando sottovoce contro la sua geniale idea.

Quasi due ore addietro, aveva chiesto al Tenente Hawkeye di lasciarlo all’incrocio tra Green Avenue e Carlton Road, per farsi quattro passi in santa pace.

Riza gli aveva saggiamente fatto notare che il tempo non era dei migliori, e che di lì a poco sarebbe scesa una copiosa precipitazione (come ogni notte da quasi un mese, del resto); ma egli non aveva voluto sentir ragioni: quel mercoledì sera era tutto suo - purtroppo per lui -, e lo avrebbe gestito come meglio credeva. E se allungare di un po’ il suo ritorno alla residenza e smaltire l’inquietudine camminando poteva essere una buona soluzione, era benvoluta.

D’altra parte… ritardare un pochino non avrebbe fatto male a nessuno. Quell’ammasso di ciccia e pelo di Tora non sarebbe certo morto di fame, ne era sicuro.

 

Eppure, dopo neanche cinque minuti, da che la familiare auto nera aveva svoltato in fondo alla via, lasciandolo solo a crogiolarsi nel suo malumore, aveva sentito l’infausto ‘plin plin’ delle gocce sull’asfalto secco.

Si era rifugiato sotto ad un porticato, valutando se fosse una pioggerellina passeggera o un acquazzone fastidioso. Disgraziatamente per lui, non era né l’una né l’altro. Cadeva lieve, ma fitta fitta, ed era indecifrabile. Una di quelle piogge che potevano durare all’infinito, o cessare dopo dieci minuti.

Aveva atteso un po’, e poi s’era deciso a rintanarsi in una caffetteria; e dopo il terzo caffè sembrava quasi sul punto di smettere, invece…

Alla fine, s’era rassegnato ad una bella lavata, perché di chiamare il Quartier Generale e di farsi venire a prendere proprio non se ne parlava.

 

Si sfilò l’impermeabile zuppo, gocciolando generosamente sul tappeto in entrata. Tora gli venne incontro, ma al primo schizzo umido che colpì le vibrisse fece una veloce retromarcia, ritenendo più saggio mantenersi a distanza di sicurezza da un bagno fuori programma.

 

Maaaooo…” protestò, per una serie di buonissime ragioni: aveva fame, la ciotola era vuota, quel disgraziato del suo padrone moro lo aveva lasciato a bocca asciutta e ora pensava ad asciugarsi il proprio pelo corto anziché occuparsi di lui, che lo attendeva da ore. Quando c’era Treccialunga, questi inconvenienti non capitavano mai! La prima cosa che faceva sempre era salutarlo con una carezza e poi riempirgli le scodelle. E solo successivamente si occupava delle proprie necessità!

 

Maaaooo…” ripeté, impostando il suo miglior tono infastidito.

 

“Ho capito che hai fame, smettila!” si sentì rimproverare, mentre lo osservava scettico ammucchiare strati di abiti all’ingresso. Lo vide andare verso il bagno e gli zampettò dietro, curioso. Da quando tenevano il suo cibo lì?

 

Purtroppo per lui, venne solo aperto il getto d’acqua della vasca, quindi considerò più assennato andarsene da quel luogo pericoloso e assai spiacevole per i suoi ricordi felini.

 

Mustang s’infilò l’accappatoio sulle membra intirizzite, credeva seriamente che l’umidità fosse penetrata fin nel midollo, o ci mancava poco.

E poi si diresse, scalzo, in cucina, dove il micio tigrato lo attendeva, muovendo la coda spazientito. Lo aveva capito da come sferzava l’aria: avanti e indietro, avanti e indietro. E lo fissava malevolo.

 

Perfetto!, ci mancava solo un gatto incavolato con lui, adesso!

 

“Senti… mi dispiace, ok?” si rammaricò, aprendo l’anta del frigo e agguantando la bottiglia del latte. Tora non mosse un pelo. “Ti sto chiedendo scusa, ok?! Vedi di fartela passare!” sbottò irritato.

 

Maaoo…”

 

“Ecco, appunto!” afferrò i croccantini, versandone una generosa porzione. “E poi devo ancora cenare anch’io, sai?”

 

La bestiola saltò giù elegantemente dal ripiano e trotterellò verso il suo agognato pasto.

 

“Buon appetito!” gli augurò, sarcastico.

 

Il gatto si leccò i baffi. “Miao.”

 

Roy sbuffò, addentando i resti di un sandwich avanzato il giorno addietro. Uscendo dall’ufficio, aveva preventivato di acquistare dal negozio all’angolo qualcosa di veloce e già pronto da portar via, ma la pioggia aveva scombinato tutti i suoi piani.

Ingoiando le briciole, si avviò in bagno, prima che l’acqua tracimasse.

 

Cercò di rimanervi il meno possibile, perché non voleva darsi modo di pensare troppo.

Tuttavia, la camminata aveva consumato solo le sue energie fisiche, non quelle mentali.

 

Sorrise triste. Persino in ufficio si era dimostrato stranamente solerte e laborioso. Certo, ma solo dopo aver regolarmente alzato lo sguardo dalle scartoffie, ad intervalli cronometrati di 40 minuti, per fulminare un telefono che non squillava, che non portava notizie - che non portava sue notizie -, crogiolandosi in un’attesa sterile e logorante. Aveva deciso di reagire, per ingannare l’attesa; e proprio per questo aveva letto e firmato una quantità incalcolabile di arretrati, mettendosi praticamente in pari. Cosa inaudita, a dir poco. Il suo Primo Tenente non credeva ai propri occhi, davanti a quell’improvviso stato di grazia in cui erano intercorsi.

Fury si era persino preoccupato, credendo che stesse male. Perché… non era da lui lavorare così tanto, senza scantinare, e per più giorni consecutivi, gli avevano detto i suoi sottoposti.

 

La verità era solo una, semplice e chiara.

Voleva impedirsi di pensare ad un certo Fagiolino di sua conoscenza, o sarebbe semplicemente impazzito.

 

Fullmetal era partito per svolgere una missione top secret per conto del Generale Hakuro. Ed era tutto ciò che sapeva.

Pur essendo un suo superiore, purtroppo il Flame Alchemist non conosceva alcun particolare dell’ingaggio, ma era ormai ovvio che sarebbe stata una cosa che andava per le lunghe.

 

Il buonsenso popolare amava ripetere ‘Nessuna nuova, buona nuova’. Forse perché le disgrazie volano veloci di bocca in bocca, si sa.

E non ricevere chiamate significava sicuramente che tutto stava andando come previsto, liscio come l’olio. Eppure… eppure quell’idiota reazionario era sempre stato allergico a seguire i regolamenti, perché cazzo si era messo a fare l’osservante scrupoloso proprio adesso?!

Che gli costava fargli sapere che era ancora vivo e vegeto?

 

Da quando Acciaio era finito sotto al suo comando, il Colonnello aveva fatto di tutto affinché quella testa calda evitasse di cacciarsi nei guai, ma erano i guai – a quanto sembrava – a cercare lui.

Per questo valutava sempre scrupolosamente quali incarichi affidargli: compiti veloci, possibilmente non pericolosi. Era da un pezzo che non si assentava per quasi due settimane.

Però non poteva disubbidire ad un ordine diretto del Generale Hakuro, a cui serviva uno State Alchemist per un lavoro particolare e aveva scelto Fullmetal, senza neppure consultarlo.

D’altra parte, essendo un Cane dell’Esercito, Mustang sapeva bene che ingoiare rospi faceva parte del gioco. Ma lui c’era abituato, l’aveva messo in conto quando aveva deciso di compiere la sua scalata verso i vertici del Potere di Amestris… ma la cosa era assai differente, se non era riferita a se stesso… se invece riguardava il giovane Elric.

Non poteva certo tenerlo sotto una campana di vetro, questo no. Parte considerevole del loro accordo prevedeva scambi di informazioni, viaggi e studi alla ricerca della Pietra Filosofale. Edward era diventato un Cane per quello; Roy non se lo scordava. Non avrebbe mai potuto.

Ma allo stesso modo non poteva impedirsi di preoccuparsi per lui. Non solo perché era un suo sottoposto, e per il Taisa ogni uomo della sua truppa era come un familiare, ma perché amava il suo Mame-chan, lo amava di nascosto, incommensurabilmente. Un amore impossibile e univoco. Un amore che, lo sapeva bene, prima o poi gli avrebbe fatto sbattere il naso contro una dolorosa realtà. Eppure lui continuava, con la caparbietà e la testardaggine che gli erano proprie, e viveva in attesa di piccoli attimi condivisi, viveva per un suo sorriso tutto per sé, per un gesto di gratitudine rivolto a lui.

 

Ad un estraneo, avrebbe detto che, semplicemente, lui odiava la monotonia.

Ed Edward Elric era quella mina vagante che gli permetteva di movimentare le sue giornate senza annoiarsi mai.

Un legume indigesto che gli complicava la vita.

 

In parte era vero, ma non era tutto lì.

Perché quello che sentiva dentro non si poteva raccontare a parole, e non perché fosse qualcosa di troppo privato e prezioso, ma unicamente perché non ne sarebbe mai stato capace. Nessuna parola avrebbe mai avuto quell’intensità, che percepiva crescere interiormente.

 

Ma a volte, in momenti come quello, si sentiva anche infinitamente patetico.

In nome di quell’amore impossibile aveva cambiato le proprie abitudini, aveva arginato i propri vizi. Temprava il suo spirito, mortificava gli istinti.

 

Un tempo… un tempo che a lui parve una vita precedente – ma era davvero così? – avrebbe saputo più che bene come riempire le proprie serate. Non si sarebbe ritrovato a cenare con un panino avanzato o a badare ad un gatto lunatico, o ad attendere una telefonata di un Fagiolo indisponente, che non sarebbe mai giunta. Avrebbe cenato in qualche lussuoso locale, in compagnia di qualche procace signorina conosciuta per caso… un incontro galante e poi a godere tra le lenzuola, ancora e ancora, fino a crollare, piacevolmente esausti.

 

E adesso?

Cos’era rimasto del celebre rubacuori, invidiato da tutta la popolazione maschile e adorato dalla sua controparte femminile?

 

Si diede dell’idiota, aprendo il getto freddo per lavar via tentennamenti e rimpianti.

 

Uscì dal bagno, asciugandosi in fretta e infilando il suo comodo pigiama. Arrivato in salotto, trovò Tora appollaiato a destra dei suoi abiti smessi e fradici, il muso puntato verso il legno della porta.

 

“Mi spiace, vecchio mio. Ma non verrà neppure stasera.” Lo avvisò, facendogli una carezza e raccattando i vestiti appallottolati, con l’intenzione di portarli nel cesto della biancheria sporca.

 

Quando ritornò in sala, il micio si stava stiracchiando sopra al divano, e s’immobilizzò, osservandolo attento.

 

Roy afferrò un calice dalla vetrina e prese il pregiato vino da meditazione che aveva aperto la sera precedente. Sospirò, sedendosi accanto al suo coinquilino, col bicchiere in mano.

Il micio gli si stese addosso, strofinando il muso contro di lui.

 

Il sorriso che fece sapeva di amaro.

“Manca anche a te, eh?”

 

Miaoooo…”

 

“Quando lui non c’è, abbiamo troppo silenzio in questa casa. Confessò, osservando il focolare spento. I resti dei ciocchi bruciati e la cenere. Niente vivaci fiamme calde, niente sorrisi felici.

Se ci fosse stato Edward, invece, si sarebbe preso la briga di accenderlo per lui, di sentire la legna crepitare allegra, l’odore buono di resina aleggiare nell’aria. Così, quando sarebbe arrivato, infreddolito, si sarebbe accucciato lì davanti, a riscaldarsi, a leggere o a chiacchierare insieme.

Avrebbe goduto della sua contentezza, della sua infantile voglia di giocare con gli alari.

 

Sospirò, appoggiando sul tavolino il bicchiere ancora intonso e afferrando con gentilezza il gatto, per coccolarlo. Fu presto ricompensato da un deliziato ‘ron ron’, che lo mise di buonumore, almeno per un po’.

Quando gli grattò il pancino, le fusa crebbero d’intensità.

 

“Non sono bravo quanto Ed, ma me la cavo, no?” gli chiese, compiaciuto.

 

La leccata ruvida che ricevette sulla sua pelle gli sembrò una risposta affermativa, una discreta dimostrazione di gratitudine.

 

“Si è fatto tardi. Che ne dici di andare a dormire, mh?” propose, sollevando la bestiola all’altezza del suo naso.

 

Meeeoooowww.”

 

“Oh, suvvia! Non fare i capricci! Io domani devo andare al lavoro!” chiarì ragionevole, trasportandolo nella cesta.

 

Tora si sedette sull’imbottitura, ma invece di acciambellarsi come faceva di solito rimase lì, a scrutare le mosse del suo padrone.

 

Roy fece finta di niente, e si premurò di controllare che tutto fosse spento e chiuso, prima di andare a letto. Soprattutto il lucernario e le finestre, perché fuori pioveva ancora, e avrebbe continuato – con buona probabilità – per tutta la notte.

Quando uscì dal bagno, il micio tigrato sostava davanti alla sua camera. Non era entrato, certo, ma sembrava non attendere altro che un invito a farlo, o un permesso, quantomeno.

 

Mustang ponderò per qualche istante la situazione. Non era così accomodante come Edward, che soccombeva inesorabilmente di fronte a qualsiasi capriccio del loro gatto.

Ci teneva alle regole, lui.

E Tora aveva dormito sul suo letto solo in rare ed eccezionali occasioni ben delimitate. Ragion per cui…

 

“Di là, hai una bellissima e comodissima cesta che ti aspetta, vecchio mio. Esordì, in tono da paternale. Poi inspirò ed espirò lentamente. “Vieni. Ma non ti ci abituare!” lo avvertì, offrendogli la possibilità di varcare la soglia. E l’altro non se lo fece ripetere due volte, zampettando lesto verso il tappeto e saltando baldanzoso sulle coperte, in direzione dei cuscini.

 

“Ci terrei a precisare che – tra noi due – sono io, quello coinvolto sentimentalmente con Edo, non tu! Che ti manchi posso capirlo, visto e considerato che ti vizia in modo vergognoso, e – beninteso! – non aspettarti lo stesso trattamento da me! Tuttavia… lo ammetto: anche io faccio fatica a riposare bene… ad un tratto, questo letto mi sembra improvvisamente enorme… cazzo, sarà pure un Fagiolo piccolo, ma hai presente quanto spazio si prende? A volte credo lo faccia apposta per farmi un dispetto…” sfilò da sotto le lenzuola il cuscino dell’ospite, perché Tora non ci perdesse il pelo sopra, e un lungo filo dorato  si staccò dalla federa. Lo raccolse tra le dita.

 

“Non riesco più a dormire. Mi rende dipendente da lui, e poi se ne va. Confessò, stringendo il capello e guardando il micio con un’espressione affranta.

 

Meeooww!”

 

“Diamine!, Come sono caduto in basso… Forse sto impazzendo, sto conversando con un gatto!!” si diede dell’idiota, spegnendo la luce e infilandosi sotto le coperte.

 

“Buonanotte, Tora…”

 

Il pelo soffice incontrò la sua mano destra, mentre il peso della bestia gli scaldava il fianco, oltrepassando le coltri.

 

Sbadigliò, cercando di svuotare la mente.

Forse era stata una buona idea, quella di far dormire il gatto con lui. Forse si sarebbe sentito meno solo. Forse sarebbe addirittura riuscito a dormire una notte intera, si augurò.

E mentre stava varcando il confine col mondo dei sogni, il telefono squillò.

 

Erano le undici passate, che fosse successo qualcosa di grave?

A... Ed? Ed?! ED?!

Delle mille ipotesi più improbabili, Ed. Il suo unico timore era rivolto a lui. Ed.

Perché cazzo era andato in missione? Ed. Perché cazzo non gliel’aveva impedito? Ed.

Al diavolo anche l’ordine diretto di Hakuro! Ed.

 

Col cuore in gola, corse ad accendere la luce in salotto e a rispondere. Ed.

Il percorso dalla camera alla sala gli parve infinito, per poco non inciampò, rovinando a terra. Ed.

 

Era così agitato che mancò la cornetta per due volte, prima di riuscire ad afferrarla. Ed.

 

Pro-pronto?” balbettò, la voce roca dall’ansia e da qualcos’altro che non voleva neppure prendere in considerazione.

 

Taisa?”

 

“Ed?”

 

“Sì.”

 

“E’ successo qualcosa? Ed, stai bene?!” lo aggredì a parole.

 

Taisa, si calmi! Sto bene, sì.” Lo tranquillizzò. “Non volevo spaventarla.”

 

“Razza d’idiota!, mi chiami nel cuore della notte, dopo quasi due settimane che non ho più notizie e come vuoi che mi senta! Ho il diritto di spaventarmi!” urlò, artigliando il ricevitore fin quasi a romperlo.

 

“Io… mi dispiace, non ho pensato di controllare l’ora…” si scusò, mortificato. “Ho camminato per quattro ore, per raggiungere il primo telefono disponibile, non credevo fosse così tardi...

 

“Ma sei sicuro di stare bene?!” richiese, apprensivo. Cercò quindi di impostare un tono burbero. “E cosa volevi dirmi di così urgente?”

 

“Ho concluso la missione con successo, ma mi ci vorranno almeno due giorni per ritornare a East;

lo riferisca al Generale, per favore.”

 

“D’accordo.”

 

“Lì, da voi… è tutto ok?” chiese, titubante.

 

“I ragazzi stanno benissimo.”

 

N-no… mi riferivo a lei e a Tora…” precisò, con un velo d’imbarazzo.

 

Roy sorrise. “Stiamo benone, davvero.” Lo rassicurò.

 

“Me lo passa?”

 

“Aspetta...” allungò il ricevitore verso il muso del micio che era seduto sul tappeto ai suoi piedi, incuriosito. Evidentemente lo aveva seguito dalla camera. “Chiamalo!”

 

La voce allegra di Edo uscì un po’ distorta dalla cornetta; il Colonnello rise a fior di labbra, quando il gatto si allungò per annusarla con circospezione, attirato però dal suono. Leccò la plastica con un paio di lappate veloci.

E, per un istante, Mustang ebbe l’impressione che stesse facendo le fusa al telefono.

 

“Credo ti stia salutando, di sicuro è contento di sentirti. Lo avvertì, interpretando i suoi gesti.

 

“Lo sta curando come si deve, vero?” s’interessò, accorato.

 

“Lo sto trattando con i guanti!” esclamò, convinto.

 

Una risata argentina, dall’altro capo del filo. Dio, quanto gli era mancata!

Coi guanti?! Basta che non gli dia fuoco!” scherzò.

 

“Cercherò…” rispose, stando al gioco. “’Notte, Acciaio.”

 

“Buonanotte anche a lei, Taisa.”

 

E finalmente lo sarebbe stata.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e la canzone citati e in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

‘Another Rainy Night (Without You)’ è dei Queensryche.

Io non la conoscevo, ma il testo era perfetto e ieri ho reperito anche la canzone che si sposa alla perfezione col capitolo. Se potete, ascoltatela.

Vi riporto il testo integrale e la traduzione (irreperibile nel web) gentilmente offerta da tre sante donne che mi sopportano. (Di nuovo, grazie!) (_ _)

 

 

Queensryche - Another Rainy Night (Without You)

 

Don't slam the door, on your way out.    

Non sbattere la porta, quando vai via.
Don't leave without saying goodbye.     

Non andartene senza dire addio.
Another long distance night alone,         

Un’altra notte da solo lontani,
You leave me wanting, always leave me wanting more. 

Mi lasci volere, mi lasci volere sempre di più.
Last word today, coming home to stay?   

L’ultima parola oggi, torni a casa per restare?
Wouldn't that be nice, for a while?          

Non sarebbe bello, una volta tanto?



But now my take-out food is growing cold,

Ma adesso il mio cibo da portar via sta diventando freddo,

And the candle's burned a hole in the floor. 

E la candela ha bruciato un buco nel pavimento.

And I'm still waiting for the ring of the phone.

E sto ancora aspettando lo squillo del telefono.



I'm all alone.    

Sono tutto solo.
And it's another rainy night, without you.

Ed è un’altra notte di pioggia, senza di te.
Guess I'll leave a light on for you. 

Penso che lascerò una luce per te.
It's just another rainy night, without you.

E’ solo un’altra notte piovosa, senza di te.


Listen, there's a foghorn blowing. 

Ascolta, c’è una sirena da nebbia che sta suonando.
From the coast tonight.

Dalla costa stanotte.
Remember making love in the rain?

Ricordi quando facevamo l’amore nella pioggia?
Strange how laughter looks like crying with no sound.

Strano come una risata assomigli al pianto senza alcun suono.
Raindrops taste like tears, without the pain.

Gocce di pioggia sanno di lacrime, senza il dolore.

I'm not much without you, can't leave if I wanted to.

Non valgo molto senza di te, non posso andarmene se non voglio.

 

 

Maybe that's why you stay around.

Forse è per questo che sei (qui) intorno.


But tonight I'll sit here tending the fire. 

Ma stanotte mi siederò qui a badare al fuoco.
And pace the floor one hundred times in an hour.

Facendo avanti e indietro sul pavimento cento di volte in un’ora.
And check the voice-mail for a message you've called.

E controllerò la segreteria per un messaggio (che mostri) che hai chiamato.


I'm all alone.

Sono tutto solo.
It's just another rainy night, without you.

E’ solo un’altra notte di pioggia senza di te.
Waiting by the phone. Alone.

Aspettando al telefono. Da solo.
It's just another rainy night, without you.

E’ solo un’altra notte piovosa, senza di te.
Guess I'll leave a light on for you.

Penso che lascerò una luce accesa per te.


I know I've said it before. 

So che l’ho detto prima.
Hate the sound of the closing door.

Odio il suono della porta che si chiude.
And your footsteps walking away.

E dei tuoi passi che si allontanano.


But now my take-out food is growing cold,

Ma adesso il mio cibo da portare a casa si sta raffreddando,

And the candle's burned a hole in the floor.

E la candela ha bruciato il pavimento facendo un buco.

And I'm still waiting for the ring of the phone.

E sto ancora aspettando lo squillo del telefono.

 


I'm all alone. 

Sono tutto solo.
It's just another rainy night, without you.

E’ solo un’altra notte di pioggia, senza di te.
Waiting by the phone. Alone.

Aspettando al telefono. Solo.
And it's another rainy night, without you.

Ed è un’altra notte piovosa, senza di te.
Guess I'll leave a light on for you.

Penso che lascerò una luce accesa per te.


It's just another rainy night, another rainy night,

E’ solo un’altra notte di pioggia, un’altra notte di pioggia.
Another rainy night without you.

Un’altra notte di pioggia senza di te.

 

 

Bellissima, non trovate? *__*

 

 

Note varie: beh... il titolo è già stato sviscerato a sufficienza, questo capitolo s’incastra un tempo imprecisato dopo la Grande Nevicata.
L
a scena di Tora al telefono con Edo-kun è tratta da un fatto realmente accaduto.

La frase “Non riesco più a dormire. Mi rende dipendente da lui, e poi se ne va. Non mi appartiene, è presa dal telefilm Grey’s Anatomy, detta da Christina Young, riferita al suo uomo.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: Ely abbraccia la politica NO-Spoiler. Tutto ciò che posso dirvi è che, in tre recensioni, avete azzeccato il contenuto di tre futuri capitoli già scritti, ma che arriveranno col tempo. ^^

 

Roy non vuole e non può dire a Ed che si è sacrificato per lui. Nella mia testa c’è più di una ragione: ve l’immaginate le sue scenate centuplicate? Del tipo:Io mi so arrangiare da solo, idiota! Pensa alla tua, di pelle, che alla mia mi arrangio io’ ecc…

Senza contare l’aggressione avvenuta nel cap. 8, di cui Shatzy ha fatto menzione nel suo commento:

“Prima di tutto, a suo tempo Ed era rimasto quasi traumatizzato, si era preso colpe che non aveva e via dicendo, mentre almeno adesso non sa la verità (forse è per questo che Roy non glielo dice? Memore di ricordi passati?)”

Sì, noi sappiamo che il Fagiolino tende a sobbarcarsi sensi di colpa a iosa, anche quando non dovrebbe. Se sapesse che il suo uomo ha rischiato di morire per lui… non la finirebbe più di farsi pare inutili. Roy ha fatto bene a tacere.

Comunque c’è da dire che il suo stratagemma è più sottile, perché si limita a non dargli spiegazioni, a non correggerlo quando Ed lo assale, arrabbiato per aver salvato Bradley.

Non è bugia, è verità omessa! ^__=

 

Altre spiegazioni: Ed rimarrà così, con gli auto-mail. In realtà ha i guanti, visto che è in divisa. Per questo ho sorvolato sui particolari tipo il freddo al contatto con il viso, o lo scricchiolio della protesi.

Al, invece… Beh, lo scoprirete presto! ^^

 

No, Hokori, no. Roy NON perderà occhi in questa raccolta. Ma può sempre perdere qualcos’altro! Hi hi hi *__*

Non è nelle mie intenzioni mandare Edward all’ospedale… ma non escludo ispirazioni future.

Ma poi finisce che voi vi preoccupate troppo!

In realtà, sono stata buona. Cioè… la scena, in sé era seria e drammatica, ma avrei potuto renderla ben peggio, con Roy descritto più seriamente di quel che è nella realtà.

Se mi ci metto, potrei renderla ben più tragica di così… Rukawa e anche i lettori di vecchia data sanno bene cosa intendo dire… *_*

 

 X Yumi: I capitoli saranno 100, se ce la farò. >.< ( e se mi sosterrete fino ad allora! ^^)

 

 

Do il benvenuto a Panssj e a Beautiful_disaster tra i lettori! E ringrazio di cuore Sary per il suo full-immersion di commenti, che mi hanno fatta commuovere. Grazie!!

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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