Anisotropia
apri le finestre
Le
pareti dei corridoi e delle sale sono coperte di scaffali, da terra sino quasi
al soffitto, e il soffitto si perde in altezza.
Zexion
raccoglie libri su ogni mondo. Raccoglie anche altri oggetti, ma i libri hanno
la priorità.
L’immensa
costruzione, in realtà più simile a una base spaziale fluttuante, ma
che suona molto meglio con il nome di castello, non rende certo un problema
avere spazio. C’è n’è più di quanto ognuno di loro possa occuparne, anche
con la più sfrenata fantasia e se alcuni mantengono un’ascetica austerità
nei propri locali, o si accontentano di poche stanze spoglie, altri sembrano
avere deciso che, se non hanno Cuore né diritto di esistere, almeno possono
godersi tutte le comodità materiali degli universi.
Negli
anni, l’ala del castello di proprietà di Zexion si è trasformata in un
incrocio tra una biblioteca e un labirinto, qualcosa di cui Vexen ha cercato più
volte di imparare la pianta, ma Zexion cambia spesso la disposizione delle
pareti e la configurazione del dedalo, quindi studiarla è inutile. Solo lui può
fare da guida nel suo intricato regno.
E’
buio, anche. C’è solo il chiarore della neve esterna, che riflette e diffonde
e rimanda attraverso le finestre le luci stesse del castello, e la debole
fosforescenza del pavimento e del soffitto bianco latte. Nemmeno
quella delle pareti, perché le pareti sono ricoperte dalle librerie.
La
luce non è necessaria a nessuno, meno di tutti a Zexion, con i suoi
sensi innaturalmente acuti persino per un nobody e le percezioni psichiche. E’
solo una questione di abitudine, il ricordo di un tempo in cui la luce era
indispensabile alla vista, almeno per alcuni di loro. Ma, anche allora, Ienzo
preferiva la penombra.
La
neve si scaglia contro le vetrate.
lascia entrare l’inverno
Zexion
è seduto per terra, di fronte a una delle librerie.
Tira
fuori un libro dal piano più basso, quello a livello del pavimento. Lo studia
per alcuni secondi. Guarda la copertina, lo sfoglia qualche minuto. Lo chiude con attenzione e se lo posa sulle ginocchia. Tiene le mani appoggiate
sul volume, delicatamente, sfiorandolo appena, togliendo inesistenti e
impossibili granelli di polvere. Sembra quasi che abbia paura di rovinarlo solo
toccandolo, ma che si rifiuti di tagliare il contatto fisico con esso.
Vexen
non sa che genere di libro sia. La copertina è una lastra di metallo verdastro
senza alcun simbolo.
Non
importa. Potrebbe essere una raccolta di spartiti musicali, il testo unico e
originale di qualche pianeta scomparso, un libro di ricette. Il suo
atteggiamento non cambierebbe.
“Non
hai mai avuto alcun rispetto delle persone, eppure veneri i libri, che sono opera loro. Alla resa dei conti, solo un loro derivato.” gli ha chiesto un
giorno.
Zexion
gli ha sorriso con quel suo sorriso da ragazzino, spontaneo e innocente.
“Perché
sono la fonte più ricca da cui attingere. Qui dentro trovo tutto quello di cui
ho bisogno per sapere come trattare con loro. Qui c’è tutto quello a cui
riescono a pensare, a immaginare, a sognare, a temere. Questa è la loro anima,
trascritta e messa a disposizione per chi è in grado di decifrarla.”
Da
quella volta, Vexen ha capito. Zexion non ama i libri in quanto tali. Essi sono
solo il suo territorio di caccia, e i predatori sono i custodi e i protettori
del loro territorio.
Non
gli ha più chiesto nulla, ma è stato attento a non lasciare mai che leggesse i
suoi scritti, e non gli sembra strano che Zexion celi i suoi archivi con un
codice indecifrabile. La sua anima non la scopre.
Il
giovane estrae un libro da una delle file superiori e al suo posto inserisce
quello con la rilegatura di metallo verde che tiene sulle ginocchia.
Ricomincia
a esaminare il nuovo libro, sereno
e infinitamente metodico nel suo modo di agire.
La
scarsa pazienza di Vexen comincia ad agonizzare.
“Aspettiamo
anche Lex.” mormora Zexion, del tutto consapevole dello stato d’animo del
suo compagno.
“E
quando si degnerà di farsi vedere?”
“Non
lo so. Ha detto che doveva terminare un lavoro di manutenzione all’impianto
termico di una serra.”
Anche
se per Lexaeus la parola di Zexion è sempre stata prioritaria su qualsiasi
altra cosa e se gli avesse detto di arrivare all’istante, sarebbe già qui. Ma
entrambi hanno mantenuto abbastanza buon senso da rendersi conto che non è il
caso di abbandonare il lavoro proprio in questa stagione e Zexion non dà
ordini. Mette solo le persone di fronte a scelte e fa in modo che esse scelgano
quello che lui desidera.
Allora perché con me…
Ma
non gli ha ordinato di raggiungerlo subito. Non gli ha ordinato niente.
Tutto
considerato, la colpa di dover attendere è solo sua.
Indispettito,
Vexen si allontana. I primi passi risuonano fragorosi in mezzo a tutti i libri,
ma si smorzano quasi subito. Dopo un po’, non provocano più alcun rumore.
Perde anche l’orientamento.
I
corridoi non sono cambiati, ma non ha idea di quale strada imboccare né dove
dirigersi. Avanti, indietro, lateralmente. Il suo cervello non riesce più a
elaborare una mappa. Dove si trova, dove deve andare, quale direzione seguire.
Mancano completamente i punti di riferimento cognitivi.
Non
può neppure pensare di aprire uno dei sentieri delle ombre, perché non ha la
minima idea di quale sia la sua attuale posizione spaziale, di dove si trova
rispetto a qualsiasi cosa.
Sarebbe
curioso o spaventoso, in qualsiasi altro posto, con chiunque altro. Qui, è
solo irritante.
Perlomeno,
distingue ancora l’alto dal basso, o si troverebbe per terra. No, gli ha solo
tolto l’orientamento, non l’equilibrio.
Di
una cosa deve proprio dar credito a Zexion. E’ sempre stato un ragazzo pieno
di fantasia. Niente di nocivo o doloroso. Gli ha solo reso del tutto impossibile
andarsene.
Fissa
l’attenzione a uno dei disegni del pavimento e, usandolo come riferimento,
retrocede di alcuni passi.
Come
previsto, è subito di nuovo accanto a Zexion. Non si è mai allontanato più di
un metro o due.
Il
giovane non ha battuto ciglio, come inconsapevole della tentata fuga del suo
ospite.
Un
altro libro, uno dalle pagine colorate, un colore diverso per ogni pagina.
“Ho
del lavoro da fare.” esclama Vexen, esasperato.
Aprire
il libro, sfogliare il libro, chiudere il libro.
“Aspettiamo
Lex.” ripete.
Aspettiamo
Lexaeus, allora.
Riporre
il libro, scambiandolo di posto con un altro.
Ricominciare
tutto da capo.
Talvolta,
Vexen ha dubbi su chi sia il più pazzo fra loro. Di sicuro, Zexion è un buon
candidato ai primi posti.
I
tratti caratteriali di ognuno di loro si sono fissati in ossessioni. Lui stesso
non ne è risparmiato, se ne rende conto, e la sua passione per la ricerca è
diventata compulsione, così come l’immaginazione sfrenata di Xehanort si è
trasfigurata nella natura sognante e irrealistica di Xemnas. Come la leggerezza
di Braig è ora l’incosciente indifferenza di Xigbar. Come la dedizione
e la disciplina di Aeleus si sono mutate in protettività omicida.
La
mente di Zexion è rimasta intrappolata in una rete di complessità.
E’
impossibile per chiunque capire quello che Zexion è in grado di percepire e
come lo percepisce, perché nessuno ha un sistema di riferimento.
Con
loro comunica ancora con i mezzi umani, eppure, Vexen ha la quasi certezza che
per Zexion quella sia ormai una lingua straniera, una che conosce alla
perfezione, ma che non è la lingua con cui pensa. Che il suo linguaggio, il suo
vero linguaggio, sia uno schema cifrato di cui sembra che nessuno abbia la vera
chiave di codifica.
E’
convinto che anche gli assurdi rompicapo e i complessi disegni che traccia con le
librerie siano un sistema di comunicazione, ma diretto a chi, non lo sa. E non sa
neppure chi sia in grado di decifrarlo. Lui, no di sicuro.
Il
polso sinistro di Zexion è avvolto da quello che sembra un ornamento metallico,
un ibrido tra un bracciale e un guanto. Un terminale biomeccanico innestato che
gli permette di interfacciarsi a svariati apparecchi. La pelle intorno
all’impianto è lievemente arrossata, indizio che non lo estrae da tempo,
abbastanza da superare anche l’adattabilità fisiologica di un nobody.
Alcune
delle macchine a cui si connette incrementano il suo potere di proiettare il
pensiero. Senza aiuto artificiale, può sfondare le pareti dei Mondi più
attigui. A mente potenziata, può spingersi in buona parte dei
Mondi della rete dimensionale per trovare altri nobody, vagliare pianeti,
esplorare, prima di mandare sonde e investigatori.
Niente
di strano nell’uso dei dispositivi di magnificazione mentale. E’ il fatto
che abbia deciso di rendere permanente l’innesto a impensierire Vexen. Quelle
unità sono molto fastidiose. Non rimuoverla significa che ha cominciato a fare
un uso delle sue apparecchiature tanto continuo e frequente da rendere poco
pratico o inutile l’estrazione.
Perché
e a quale scopo, Vexen non lo sa, ma spesso si è trovato a pensare che Zexion
sia più a suo agio a comunicare con le sue macchine che con chiunque.
Dipendenza dai suoi poteri?
In
quasi dieci anni, ha avuto modo di scontrarsi con problematiche sanitarie in
precedenza sconosciute, perché comparse con la loro specie neonata. I nobody
sembrano immuni da gran parte delle situazioni cliniche che affliggono gli
esseri completi. In cambio, ne hanno di proprie e caratteristiche, per di più,
di solito, individuali, visto che la maggioranza di loro appartiene a specie
diverse e la loro natura di origine si mescola alla comune natura acquisita e
alla particolarità degli elementi a cui sono legati.
Dal
punto di vista del ricercatore, un sogno. Da quello del medico, una follia.
La
possibilità di una dipendenza dai propri poteri è tutt’altro che
trascurabile, e potrebbe trattarsi di una problematica limitata a un solo
soggetto, o una tendenza generale e Zexion solo il primo a manifestarla.
Valuta,
infastidito e irritato, la possibilità di quell’eventuale, ulteriore emergenza
da fronteggiare, riproponendosi di analizzarla in seguito e cercare eventuali
segni comparativi in altri individui, anche più irritato con sé stesso per
essersi convinto subito della peggiore delle ipotesi, anche senza la minima
evidenza a supporto, quando forse il giovane è solo occupato in qualche
progetto di cui non ha discusso.
E’
che lui è quello rimasto più legato alle conseguenze della loro materialità,
e la realtà non gli viene ricordata con sofismi e questioni, ma a colpi di ossa
frantumate e sangue perso e muscoli strappati. E’
a lui che tocca sanare gente così incoscientemente noncurante della propria
stessa incolumità da superare abbondantemente l’insano. E’ a lui che tocca
vegliarli quando non sono gli inumani padroni degli elementi, ma solo grovigli
di carne e sofferenza, rigettati sulla terra dalla vulnerabilità dei loro
corpi.
E’
a lui che tocca riportarli alla perfetta efficienza solo per vederli lanciarsi
verso nuove forme di autodistruzione, certi di non potere provare nulla, di non
essere esposti a quello che colpisce i mortali, per poi trovarsi ad annegare nella più basilare pulsione di sopravvivenza, quella che è più forte
in loro che in qualsiasi altro essere degli universi, quella che li ha tenuti e
li tiene in vita. E allora strisciano da lui, per essere riportati in questa esistenza che
sembrano così decisi a disprezzare, solo per accorgersi, quando sono sul punto
di perderla, che non possono farne a meno.
E
nessuno si rende conto che, ogni volta, deve lasciare un po’ di sé stesso in
loro, perché nulla si ottiene senza pagare qualcosa in cambio e lui non è
Marluxia, che può usare, plasmare, indirizzare la vita altrui, dovunque la
trova. Lui può usare solo la sua.
Non
se ne rendono conto o non importa loro o tutte e due le cose.
Non
c’è nessuno a cui, negli anni, non ha donato almeno una volta un frammento di
esistenza.
Vorrebbe
odiarli, solo che non riesce. Cerca dentro di sé e quello che trova è una
rabbia torpida e senza sfogo.
Facile.
Lui è ghiaccio e il ghiaccio forma barriere invalicabili.
Così,
si aggrappa ai dati materiali. Pianeta, età, specie, cultura, caratteristiche
fisiche
e ambientali. Non vuole nulla di personale, nulla di individuale.
Non
li conosce. Non vuole conoscerli. Non vuole sapere nulla di quello che sono
stati.
Per
sapere con chi ha a che fare, dice.
Per
nutrire il suo masochismo, rotolarsi nel cordoglio e avere una buona ragione
per barattare quelle vite con un infinito numero di altre vite, è convinto Vexen.
“Vexen…”
Quasi
non si è accorto che Lexaeus li ha raggiunti e lo osserva quietamente
interrogativo, al fianco di Zexion che ha finalmente abbandonato i suoi libri.
Il telepate ha sul volto una specie di mezzo sorriso che intacca pesantemente i
nervi di Vexen.
E’
cosciente di essere il più facile a leggere, fra tutti loro. Si tradisce
sempre. Quando non sono le parole, che a volte sembrano formarsi spontaneamente
suo malgrado, sono i pensieri, e i pensieri non può neppure sperare di
controllarli.
Probabilmente,
Zexion è del tutto consapevole di essere stato studiato fino a quel momento, e
anche delle conclusioni prive di senso a cui lui è arrivato.
Probabilmente,
non ha fatto che ridere per tutto il tempo.
Vexen
si scuote e fa cenno agli altri due di muoversi. Alla fin fine, può sempre fingere che quello che Zexion, o chiunque
altro, pensi di lui sia trascurabile.
Il
giovane fa loro strada fra i passaggi del labirinto, fino allo studio
che, invece, non cambia mai, se non per l’aggiunta di qualche nuovo oggetto. Appena
arrivati, si dirige alla scrivania e si mette ad armeggiare con uno dei computer.
Quasi
un’intera parete dello studio è formato da una vetrata aperta sulla notte e
sulle corti del castello.
I
vetri vibrano sotto l’assalto della bufera.
Vexen
chiude gli occhi e abbraccia l’inverno, vola con ogni fiocco di neve sopra la
città, oltre la città, fino alle rive bianche. Al ghiaccio che ha ricoperto le
acque costiere, che allunga lingue e propaggini verso le distese oceaniche. Alla
banchisa che ha cominciato a solidificare il mare.
Sorvola
le faglie geotermiche disseminate sul mondo, oasi di vita stentata
sopravvissuta alla catastrofe che ha strappato il pianeta all’orbita della sua
stella. Ogni anno il freddo guadagna qualche passo, ogni anno riduce lo spazio a
disposizione dell’esistenza.
Fino
a quando non sono arrivati loro, che hanno riempito quel mondo della loro specie
scacciata da tutti gli altri mondi. Hanno incanalato il calore residuo. Hanno
purificato le acque dai veleni. Hanno mutato la vita per renderla più forte e
resistente. Hanno illuminato la notte.
Per
la prima volta in milioni di anni, il freddo ha perso terreno.
“Cosa
è successo alle serre?” chiede a Lexaeus.
“Il
freddo ha irrigidito i polimeri isolanti delle condutture idriche nella serra
delle colture r-isomeriche.”
apri la finestra apri
Aprire
le porte all’inverno. Lasciarlo entrare in quel castello ai confini del nulla,
che da tanti anni gelo e oscurità stringono d’assedio.
porta l’inverno
Cristallizzare
i suoi abitanti, che sfidano con il loro calore e la loro vitalità la lenta e
fredda morte del pianeta.
toccali tutti, dal solitario re nella sua torre all’arrogante bambino che osa giocare con la tempesta
poi, solo immobilità e pace e silenzio
Congelare
quegli alieni che hanno osato prendere possesso di un mondo agonizzante che non
li vuole, che si ostinano a combattere per restare in vita in un universo che
non li riconosce.
Follia!
Folle
come gli altri, anche lui.
Il
vento non ha voce. Ha rumore.
La
neve non ha voce. Ha silenzio.
E’
solo aria e acqua e il risultato di anni di oscurità.
“Ci
sono state infiltrazioni?”
“No.
Me ne sono reso conto in tempo.”
“E’
presto per un freddo simile.”
“Sì.
Peggiorerà.” mormora Lexaeus.
Peggiorerà,
certo che peggiorerà. L’inverno è iniziato da poco più di un mese. Sono
solo al principio.
Un
nuovo inverno, ad aggiungersi a tutto il resto, al lavoro interminabile e
incessante per restare vivi giorno dopo giorno il ghiaccio ricopre il mare e
lui potrebbe ricoprirlo in un battito di ciglia
L’inverno
non è buono, non è fonte di piacere.
Sopravvivere
nel loro mondo è un impegno a tempo pieno. Ottenere acqua, energia, cibo.
Conservarli, distribuirli. Rimediare alla continua usura dei loro sistemi di
sostentamento. L’attività geotermica permette la vita, ma rilascia elementi
tossici che contaminano le faglie idriche e acidi che corrodono gli isolanti.
Gli organismi nativi hanno una biochimica incompatibile a quella di quasi tutti
loro e hanno dovuto importarne da altri pianeti, o modificarli drasticamente e
tenere sotto controllo le mutazioni.
Inverno
vuol dire solo altro pericolo, altre difficoltà. Vuol dire prepararsi a
prevenire il disastro e prepararsi a rimediare al disastro che capiterà in ogni
caso. Per quanto siano pronti e forti, il pianeta è sempre più forte di loro e
infinitamente più paziente e costante, ed erode tutte le difese che innalzano
contro di lui.
L’inverno
è ogni anno più lungo, ogni anno più freddo il ghiaccio spegne il cuore
ardente del pianeta e lui potrebbe spegnerlo in un respiro
Zexion
si alza e lascia la poltrona della consolle a Vexen.
“Vieni,
siediti.”
A
malavoglia, abbandona la finestra e si siede di fronte allo schermo dove scorre
un tracciato colorato.
Riconosce
subito quello schema.
Sono
le stimmate della loro dannazione. La prova della loro precarietà nel mondo.
Eppure,
questo è diverso.
Valuta
la possibilità che appartenga a un essere completo, ma non presenta le
strade cieche, le deviazioni e la struttura omogenea e amorfa di quelli umani.
No,
indubbiamente è lo schema mentale di un nobody. Un alto nobody. Uno di loro.
Però
manca delle tipiche dislocazioni e delle bizzarre
distorsioni che costellano gli schemi mentali di tutti loro. Le celle elementari
della struttura sono perfettamente simmetriche. Nessuna linea di indebolimento. I
tracciati sinaptici sono i più efficienti possibili, privi di qualsiasi
ridondanza.
E’
una vera e propria opera d’arte e anche qualcosa di più.
L’irritazione
per essere stato strappato al suo lavoro sparisce.
Zexion
si è appollaiato sull’angolo della scrivania. Stringe
in mano un piccolo oggetto lucente e ci giocherella pigramente e aspetta.
“A
chi appartiene?” gli chiede Vexen.
“E’
Roxas.”
“Sei
stato tu?”
Il
giovane annuisce quasi impercettibilmente.
Per
un attimo, Vexen ha la paradossale idea che si tratti di uno scherzo. Una strana,
contorta forma di beffa ideata dal telepate.
Ma
no. Non può credere che scherzerebbe su una cosa simile. Non perderebbe mai
l’occasione di sbattere ancora una volta in faccia a tutti la sua genialità.
No, quello
mai.
Zexion
apre altre schermate. Una serie di grafici comparativi e cascate di
dati numerici.
Questa
volta le proietta con ologrammi direttamente al di sopra della scrivania, in
modo che siano visibili da tutti e tre i presenti.
“Questi
sono i dati relativi all’evoluzione mentale di Roxas. Qui è
all’inizio, appena trovato. La sua struttura psichica non mostra nessuna
inconsueta differenza rispetto a quella comune a tutti noi. Qui dopo tre
settimane di permanenza fra noi, il momento in cui ho cominciato a lavorare su
di lui. Come vedi, ci sono cambiamenti piuttosto limitati, anche se non ha mai
mostrato una particolare tendenza alla degenerazione. Questi sono monitoraggi
settimanali da quel momento, sino a quello finale, rilevato all’ultima visita
di controllo, ieri. A distanza di cinque mesi dalla sua nascita, poco più di
quattro mesi da quando ho cominciato a lavorare su di lui.”
“E’
stabile.”
“Né
più né meno di un qualsiasi essere completo.”
“Non
è più sensibile a fenomeni di degenerazione.”
“No.”
“Come
ci sei riuscito?”
“Ho
invertito i termini del problema.”
Zexion
ha pronunciato quelle parole con noncuranza e quanto a Lexaeus,
non è particolarmente sorpreso. Non che sia un individuo facile a lasciar
trasparire quello che pensa, ma Vexen è sicuro che almeno questo caso lo avrebbe scosso. Lui è
scosso, lo ammette.
Forse,
Lexaeus sapeva già cosa Zexion voleva mostrare.
Il
ladro e il suo complice, come sempre.
Ci
sono stati altri, oltre a loro tredici. Persino altri riportati vivi nel mondo
nero. Eccetto loro, nessun alto nobody è riuscito a mantenere la
propria forma e coscienza per più di qualche settimana o qualche giorno o,
addirittura, qualche ora. Tutti sono degenerati in una forma inferiore.
Avere accanto un uomo o una donna, pensante e razionale, e sapere con
certezza che quella condizione non durerà. Avere davanti i loro schemi mentali
e vedere le prime linee di cedimento. Piccole, quasi impercettibili, dapprima.
Ma quelle linee cominciano a correre, come crepe su una superficie di ghiaccio.
Vedere quelle fratture propagarsi, unirsi l’una all’altra, allargarsi, senza
poter fare nulla per fermarle.
E nessun
segno esteriore del cambiamento in atto. Nessuna alterazione nel comportamento e
nella forma. Una trasformazione che si innesca solo secondo il principio del
tutto o niente.
E’
solo quando le crepe si sono diramate in tutta la struttura che la mutazione si
attiva. Allora bastano pochi minuti, in una totale indifferenza, e al posto
dell’uomo o della donna c’è solo una sagoma distorta e pallida e nemmeno il
rimpianto di quello che ha perso, perché non c’è neppure più la capacità di rimpiangere.
Ogni giorno,
da anni, immancabilmente, monitorizza gli schemi
suoi e dei suoi compagni, in cerca dei segni di cedimento che precedono
l’inarrestabile mutazione.
Un’altra cosa da mettere in conto per non legarsi a nessuno.
Perché
il ghiaccio forma barriere, ma si scioglie e si spezza alla minima crepa.
Zexion
solleva la mano e la orienta verso il lampadario. L’oggetto trasparente che
stringe fra le dita cattura la luce e proietta macchie colorate sulle pareti.
Un
prisma, dunque?
No,
non un prisma. Non ha la forma di un prisma. Sembra più un cubo di vetro, ma è
così piccolo che la mano di Zexion quasi lo nasconde e Vexen non può essere
certo della sua forma.
“Ho
commesso un errore.” mormora il giovane.
“Una
novità.” brontola Vexen. Spera che la sua ironia non si perda.
“Ho
commesso un errore con Roxas. Non avevo capito chi fosse.”
“Sei
stato proprio tu a scoprire da chi è stato originato.”
“Questo
rende solo l’errore più grave. Sono entrato nella sua mente quando era priva
di difese. Ho visto il momento della sua nascita, ancora fresco nella sua
memoria. Ho visto come è nato e da chi, lui e Naminé, una dualità. Ho toccato
la mente di Sora, in quell’istante in cui sono stati una sola mente. Ho visto
quello che era capace di fare e non mi sono interessato ad altro. Non l’ho
più degnato neppure di uno sguardo. Un nobody privo di memoria consapevole, nato con
un gemello ombra. Se qualcuno mi avesse chiesto di ipotizzare un caso simile,
prima di documentarlo in concreto, avrei considerato molto probabile che non
potesse svilupparsi oltre al livello di un crepuscolare. Di certo, che non
potesse mantenere la stabilità. Ho sbagliato. Ero talmente convinto che sarebbe
degenerato che non mi sono neppure preoccupato di effettuare su di
lui un’analisi approfondita e, così, ho perso tempo.”
“Eri
preso da un altro lavoro e chiunque avrebbe commesso il tuo errore.” mormora
Lexaeus.
“Fossero
stati anche tutti gli abitanti di tutti universi a sbagliare, non toglie che io
ho sbagliato.”
Lo
stesso tono che l’adolescente Ienzo usava per tiranneggiare Ansem e tutti gli
abitanti del palazzo reale, quando non bastavano lusinghe e ostinazione.
Quel
tono che dice chiaramente che sta affermando l’ovvio e che solo uno stupido
non sarebbe in grado di accorgersi di una cosa tanto evidente e tu non sei
stupido quindi sei d’accordo con me, giusto?
“Eppure,
alla fine ti sei accorto della sua peculiarità.”
“E’
stato Luxord a portarmelo, circa tre settimane dopo. Aveva notato alcune
alterazioni nel suo solito comportamento. Esiste un limite alle sollecitazioni che un
essere vivente, umano, nobody, heartless, può sopportare. Immaginiamo le
tensioni a cui qualsiasi creatura è potenzialmente sottoposta come un dominio.
All’interno del campo degli stati tensionali, il comportamento è elastico,
quindi la struttura psichica torna alla forma originale una volta cessata la
causa della tensione. Superata la frontiera, il punto di snervamento, la
struttura incorre in fenomeni non-lineari, nel caso di una psiche umana la
frattura fragile, con conseguente rottura e morte, in quello di un nobody una
deformazione plastica, ossia irreversibile.”
“La
degenerazione in una forma inferiore.”
“Esatto.
La mente di un nobody ha tenacità, duttilità ed elasticità molto
superiori a quelle di un essere completo, ma una durezza e un limite di
snervamento molto minori al loro carico limite di rottura. Quindi, il carico
di tensione dopo del quale la psiche di un nobody si deforma è inferiore
a quello superato il quale la mente umana si spezza. Quando
Luxord me lo ha portato, ho analizzato Roxas e mi sono accorto che era
straordinariamente stabile rispetto a quanto avevo previsto per lui. Lo stato tensionale del suo continuo
psicologico era ancora elevato, ma il dominio elastico si era dilatato e si erano
formati nodi dove si distribuivano e disperdevano gli stress di struttura.
Inoltre, mancava di una buona componente di tensioni interne rispetto a tutti
noi. E’ stato poco dopo aver cominciato a lavorare su di lui che mi sono reso
conto che non solo Roxas non provava quel senso di incompletezza che abbiamo sempre considerato la costante, praticamente la
condizione necessaria, per essere nobody, ma che, per quanto si sforzasse, non
riusciva e ancora adesso non riesce a capire cosa intendiamo.”
“A
me sembra…”
“Finge.
Ci dice quello che noi aspettiamo di sentirci dire.”
“Perché
dovrebbe farlo?”
“In
parte perché lui stesso è convinto di provare quello che noi proviamo, in
parte perché non vuole essere notato e crede che conformarsi sia il modo
migliore per mimetizzarsi, come Luxord. Conosco i suoi pensieri e le sue
sensazioni meglio di lui. Non c’è traccia di desiderio per la condizione
umana. Adesso, per quanto Roxas non sia fisicamente dissimile da noi altri,
è differente per due condizioni. La prima è che non ha consapevolezza della
sua umanità. Non ha un sistema di riferimento conscio di confronto fra la sua
situazione attuale e quella passata. A prescindere dalla nostra possibile
differenziazione dall’identità precedente, tutti noi riteniamo comunque coscienza
di essere stati qualcosa di diverso. Lui no. Il secondo fattore che lo differenzia è Naminé,
e lei è un discorso ben più complesso di quanto non ci siamo permessi di
credere.”
“Ero
rimasto al tuo rifiuto di avere a che fare con Naminé.”
“Mi rifiuto di avere contatti mentali con lei, non certo di studiarla. Naminé è
peculiare e non umana, indubbiamente, ma non è un nobody. Di sicuro, non è il
nobody di Kairi.”
Questa
notizia, almeno, non sorprende Vexen.
Naminé
non è stata generata da Kairi, il cui corpo giaceva in coma, ma dallo stesso
Sora nel momento della nascita di Roxas.
No,
nessuna sorpresa in questa notizia.
Naminé
che non è come loro, non lo è mai stata, non lo sarà mai. Nata diversa.
E
chissà fino a che punto la presenza di Naminé ha influito sul cosiddetto errore
di Zexion. Se la paura - sì, paura - che il telepate prova per la ragazza lo
abbia accecato al punto da fargli rifiutare anche i primi contatti approfonditi
con il suo gemello, fino a quando l’azione di Luxord non lo ha messo di fronte
alla realtà.
Gli
arcobaleni proiettati sulle pareti sono percorsi dalle ombre riflesse della neve
esterna. Chiazze scure che scorrono verso il basso, per sparire non appena
escono dalla zona illuminata del muro.
Alcune
delle piccole ombre si fermano, tornano indietro, si uniscono, compongono
minuscole figure umanoidi, si prendono per mano e cominciano un girotondo.
“Nel momento della morte,” seguita Zexion “alcuni individui hanno una tale volontà di continuare a
esistere e una tale capacità di manipolazione, che riescono a plasmare le
Forze in un nuovo Corpo, a dargli vita e originare un nobody. La memoria,
conscia e inconscia, diventa la matrice su cui viene impresso.
Siccome il processo non esula dal principio universale della massima
disponibilità delle Forze e del minimo dispendio di energia, il nuovo essere è
formato, basilarmente, delle stesse Forze che costituivano il corpo origine,
anche se la perdita della componenti di Luce e Oscurità è notevole. Il nobody
è generato dalla volontà. Inconsapevole, ma nondimeno dalla volontà, cioè da
un’elaborazione mentale. La Mente è affine al Crepuscolo, di conseguenza, la
Mente sostituisce la massa persa dal corpo origine con equivalente quantità di
Crepuscolo. L’heartless, invece, non nasce da un atto volitivo. E’
un’entità individuale che si ritrova privata in modo traumatico del suo
ambiente naturale, quello per cui si è evoluta e adattata, che gli permette la
sopravvivenza. Quando viene strappato dal corpo, l’heartless sottrae alla
massa origine la sua massa propria, ma questo non gli basta per esistere, così
sostituisce la componente mancante con equivalente massa di Oscurità, che è la
Forza più affine alla Vita. Anche se noi diciamo di essere il corpo originale,
in realtà dovremmo definirci come parte di esso rimaneggiato e ricombinato.
Purtroppo, sembra che la volontà necessaria a imprimere le Forze in una forma
stabile e vitale sia possibile solo inconsciamente e in punto di morte,
probabilmente a causa della spinta motivazionale, che è la più pressante
concepibile, soprattutto per creature dotate di forte volontà, ossia proprio
quelli che danno origine ai nobody.”
“Hai
provato a creare duplicati materiali.” esclama seccamente Vexen.
“Ci
sono riuscito, se è per questo, solo che la loro esistenza è effimera. Il mio
risultato migliore, finora, è durato poco più di due secondi. Naturalmente, io
non ho la motivazione dell’estrema sopravvivenza e la matrice che adopero è
uno schema di pensiero razionale e cosciente e non un intero continuo mnemonico,
e l’elaborazione di un pensiero cosciente e razionale,
persino il mio, ha comunque un ritardo, con conseguente perdita di segnale.”
“Potresti
provare a scendere in prima linea. Magari, trovarti in pericolo di vita ti
fornirebbe dell’incentivo giusto.”
“Magari
sì. Per adesso, le mie repliche sono solo illusioni condensate in materia. Non hanno
esistenza autonoma perché non sono vive. Se riuscissi ad avere l’insieme
completo di tutte le informazioni che compongono un’entità, e sufficiente
volontà per imprimere le Forze, ne otterrei un perfetto duplicato, con tutte le
caratteristiche dell’originale. Se quello che voglio riprodurre fosse un essere
vivente, anche il duplicato sarebbe vivente, visto che la vita ne è un suo
aspetto, e gli esseri viventi autoalimentano la propria esistenza. Concretizzando
le mie illusioni, credevo di avere superato il problema dell’indeterminazione,
eppure il risultato è sempre incompleto, quindi non vivente, quindi instabile.
Io sono obbligato a mantenere fissata nella mente l’intera configurazione
di quello che materializzo perché, appena perdo concentrazione, la replica si
disfa. Colui che origina un nobody non deve farlo. Basta un istante in cui
esiste l’immagine perfetta dell’insieme di informazioni che
compongono l’essere vivente. Nel momento in cui questa immagine è completa, si
forma la sua matrice e questa imprime le Forze a formare il duplicato, o
meglio, la rielaborazione della versione precedente. Questo diventa concreto e,
siccome è perfetto, allora è anche vivente e, siccome è vivente, continua a
esistere, autonomo rispetto al suo creatore che, in effetti, cessa di
essere, perlomeno nella forma originale, in quanto la massa di Forze che
componeva la sua entità è scissa fra il nobody, l’heartless e, in parte,
dispersa.”
“Però
i nobody non sono copie identiche all’originale.”
“No,
non lo sono. Al di là delle differenze esteriori, che dipendono in buona parte
dalla percezione di sé, manca un elemento.”
“Il
Cuore.”
“Esatto,
il Cuore, che non è parte dell’organismo origine, ma un elemento estraneo.
Abbastanza estraneo che la mente inconscia dell’originale sa che è alieno.
Evidentemente, nel continuo psicologico degli esseri viventi ci sono gli schemi della
loro esistenza come esseri individuali, privi del Cuore, e sono quelli che
prendono concretezza. Così, quando il nobody è creato, non ha Cuore, perché
esso non è… compreso nel progetto primitivo. E’ solo un’aggiunta
successiva, che non viene considerata. La sua
mancanza è uno degli elementi che rende il nuovo essere differente, perché,
comunque, il Cuore contribuisce all’ambiente in cui si è sviluppato
l’originale, a cui si è adattato, che ha concorso a farne quello che è.”
“Il
problema che è sempre sorto con la clonazione. I cloni non sono mai la perfetta
replica dell’organismo madre, in quando non è possibile ripetere tutte le
variabili ambientali a cui esso è stato sottoposto durante la
sua vita. Basta la minima variazione a portare a un risultato differente.”
Zexion
annuisce. Cambia l’orientamento dell’oggetto di vetro e l’arcobaleno si
sposta sulla parete. Le piccole figure-ombra corrono per raggiungerlo, tenendosi
per mano.
“Qui
arriviamo a Naminé, nata insieme a Roxas nel momento in cui Sora ha liberato il
suo Cuore. Naminé non è effettivamente un nobody e, certamente, non il nobody
originato da Kairi, quanto piuttosto una proiezione secondaria della volontà di
Sora, influenzata dalla presenza contemporanea nel suo corpo del suo Cuore e di
quello di Kairi. Nel Cuore di Kairi potevano esser contenute parte delle memorie
di lei o, addirittura, il suo intero complesso mnemonico. Mescolate alle memorie
comuni di entrambi i ragazzi, sono servite da matrice secondaria. Quando Sora ha
liberato il suo Cuore, quest’ombra ha impresso un secondo essere, che
definiamo, non del tutto propriamente, nobody.”
“Sora
deve essere un individuo notevole, per essere stato capace di fare una cosa
simile.”
“Sora
è indubbiamente un soggetto notevole, ma conoscendo il potenziale mentale di
Roxas e di Naminé, la cosa mi stupisce relativamente. Continuo a pensare che
sia inconcepibile usarlo solo come sterminatore di heartless, senza poterlo
studiare. Dovremmo avere qui anche lui, soprattutto visto che abbiamo anche gli
altri due.”
“Dubito
molto che Xemnas approverebbe una cosa simile.”
“Immagino
proprio di no.”
“Come può l’esistenza di Naminé influenzare Roxas?”
“Naminé
può essere una delle cause della sua amnesia. Il Sora originale ha subito
una doppia scissione e, accertato che la memoria ha una componente concreta,
quando di lui è stato portato via da Naminé? Naturalmente, questo vuol dire
poco. Le memorie possono essere duplicate, in modo che tutte le componenti le
posseggano. Oppure possono essere semplicemente suddivise, con tutte le
situazioni intermedie fra questi due estremi. Sappiamo che Xehanort ha
mantenuto, almeno in parte, memorie possedute anche da Xemnas. Purtroppo,
finora, possiamo limitarci a questo esempio e non siamo mai riusciti ad avere
Xehanort sotto controllo per approfondire la questione.”
“Nel
caso di Naminé, si tratta di una terza individualità, oltre a Roxas e Sora?”
“Forse
una quarta. Noi pensiamo sempre alla scissione in termini di due esseri,
heartless e nobody. In realtà, potrebbero essere tre, contando l’individuo
origine. La scissione avviene a un livello assai più basilare di quello
meramente spirituale. E’ una scissione fisica. Per questo non posso dire se
l’Anima d’origine permane e, in quel caso, chi essa sia, il nobody o l’heartless.
L’Anima è un aspetto inscindibile del Corpo e il Corpo originale è
suddiviso. Non sono in grado di stabilire se quello che resta della massa
origine è sufficiente per parlare di stesso individuo, oppure no. Anche se sono
sempre più incline a propendere per il no. Nei casi come il nostro, quando la
scissione origina un solo essere senziente, è più semplice comportarci come se
noi fossimo effettivamente gli individui che ci hanno originato. Roxas mi ha
detto che se ricordo di essere stato Ienzo, allora sono Ienzo. E’ una
presunzione del tutto scorretta se non viene dimostrata, ma al fine pratico
funziona. Quando però la scissione causa la nascita di due esseri senzienti,
diventa estremamente complicato definire i limiti della personalità. In questo
caso, ne sono coinvolti almeno tre, forse quattro. Roxas, Sora, Naminé e
il Sora originario, che non è necessariamente quello attuale. Paradossalmente,
questa condizione si è rivelata un vantaggio per Roxas. Gli esseri completi
fissano alcuni punti fermi della loro esistenza emotiva, i cosiddetti ancoraggi
motivazionali, e li usano come riferimenti e ammortizzatori di tensione. Nel
momento in cui Luxord me lo ha portato, Roxas stava cominciando a sviluppare
spontaneamente dei nodi di dispersione che sono l’analogo degli ancoraggi
motivazionali. Ognuno di questi nodi era rappresentato da combinazioni di
condizioni in cui si era trovato. In cui si era trovato come nobody, questo è
l’aspetto fondamentale. Mai riferimenti alla sua vita umana, quasi
completamente inaccessibile alla sua coscienza. Il meccanismo dei nodi è
teoricamente molto più efficace di quello umano, a causa della struttura a
reticolo cristallino della mente nobody. Inizialmente, in Roxas il sistema
perdeva gran parte della sua efficacia a causa di un’asimmetria di
distribuzione e dello sviluppo embrionale dei nodi di dispersione. La
potenzialità, comunque, era presente. Ho quindi cercato il modo di aumentare il
numero di questi nodi e di distribuirli uniformemente in tutta la sua
architettura psichica. Il risultato lo vedete. Il continuo psichico di un
nobody è in uno stato di metastabilità. Sufficienti sollecitazioni lo spingono a
una modificazione irreversibile verso una nuova condizione di equilibrio
con un’energia potenziale inferiore. La duttilità impedisce la frantumazione
e la conseguente morte, tuttavia le deformazioni plastiche sono più facili. Il
persistere
inconscio alla condizione umana fornisce, in determinate
concomitanze di tensione, l’energia minima bastante a sconvolgere il metaequilibrio. Ecco perché la degenerazione è più frequente nei primi tempi
come nobody. Superata la fase critica di adattamento, si allarga il dominio
degli stati tensionali, quindi diventa meno probabile raggiungere il limite di
snervamento, ma la possibilità è sempre presente e tutt’altro che
esigua. Nel caso di Roxas, invece, la condizione metastabile sarebbe qualsiasi
condizione diversa da quella di nobody superiore. Anche se mutato in umano, una
qualsiasi perturbazione lo riporterebbe allo stato di nobody.”
Vexen
si appoggia stancamente allo schienale. Per una volta, non sa che dire.
Tra
un po’ sarà in grado di chiedere spiegazioni. Esigere chiarimenti. Porre
obiezioni.
Tra
un po’. Forse.
Per
ora, qualunque commento sarebbe solo inadeguato.
“Adesso
cosa intendi fare?” si limita a chiedere.
“Adesso
devo trovare il modo di applicare la procedura a tutti noi. Con Roxas è stato
facile, avevo meno zavorra mnemonica a ostacolarmi.”
“Vuoi spazzare via i ricordi della nostra vita
precedente?”
“Non
ho certo intenzione di spingermi a tanto. La memoria funziona secondo complesse catene
associative. Eliminare i ricordi della vita umana significa cancellare anche
tutte le conseguenze di quelle memorie. Ci ritroveremmo con un pugno di dementi
fra le mani, in condizioni di gran lunga peggiori di quelle di Roxas al suo
arrivo. A ogni modo, ho provato a risvegliare in Roxas qualche ricordo. Non
incrinano la stabilità di sistema. Sembra che, una volta ottenuto
l’equilibrio, esso viene bloccato e sia autoalimentante, esattamente come
quello degli esseri completi. Nelle sue condizioni attuali, non solo non corre
il rischio di degenerare, ma non è neppure possibile provocare la sua
degenerazione artificialmente. Non sono i ricordi della vita umana a costituire
il problema. E’ l’usarli come sistema di riferimento. Ora la volontà di
Roxas è alimentata dal suo essere nobody. Se pure ricordasse cosa è stata la
vita umana, essa verrebbe semplicemente messa a paragone della sua esistenza
attuale, non l’inverso, come facciamo noi. Comincerò quindi col recidere i
legami emotivi con i nostri ricordi. Presumo che, al massimo, basterà non renderli
accessibili al pensiero cosciente.”
“In
questo caso, non ci troveremmo nelle condizioni iniziali di Roxas?”
“Roxas
è un caso spontaneo. Io mi accerterei di fare un lavoro mirato, offuscando solo le memorie necessarie.”
“Credi
che qualcuno accetterà di perdere i propri legami con il passato?”
“Non
vedo la ragione per rifiutarlo. E’ possibile che non siano neppure nostri
ricordi e, in ogni caso, se rappresentano una minaccia alla nostra vita, devono
essere rimossi. Vexen, se tu avessi tra le mani un paziente con un tumore che
minaccia la sua vita, eviteresti di operarlo perché il tumore fa parte di lui?
Adesso abbiamo i mezzi adeguati. Il castello Oblio è persino più efficiente di
quanto non sembrasse alle indagini preliminari. Noi ancoriamo la nostra volontà
a una situazione precedente a quella in cui viviamo, addirittura, forse a una
situazione che, in realtà, non abbiamo mai sperimentato direttamente, ma di cui
riteniamo i ricordi. Dobbiamo spostare la messa a fuoco della
nostra vita a un tempo successivo a quella della trasformazione.”
Cancellare
la loro vita passata. O cancellare il significato della loro vita passata.
Zexion
non capisce.
Eppure…
Vexen
è sempre stato contrario alla guerra contro i Mondi, fin dall’inizio. Altri
sono della sua idea, ma lui è stato il solo a opporsi apertamente, con
asprezza. Gli altri, più vigliacchi - più astuti - sono stati zitti.
Se
Roxas, il custode, colui che, grazie alla fantasia di Luxord, tutti chiamano la
chiave del destino, fosse realmente la loro salvezza, non per il suo potere e la
sua forza. Solo per il segreto racchiuso nel suo cervello. Quella piccola,
curiosa particolarità neurologica.
Può apprezzare una simile ironia.
La
porta del laboratorio si apre. Il rumore spezza la concentrazione.
“Roxas,
stiamo lavorando, non puoi entrare senza…” esclama Vexen, sorpreso
dall’arrivo inaspettato di Roxas.
“Lascialo
stare.” mormora Zexion.
Il
ragazzino degna Vexen appena di un’occhiata con cui sembra, più che altro,
concedergli di restare in sua presenza. Si dirige verso il divanetto
all’angolo del laboratorio, tira fuori un libro mezzo nascosto sotto un
cuscino e si mette a leggere, con la tranquilla sicurezza di chi è certo di
essere in pieno diritto al posto giusto.
“Perché è qui?”
“Si
nasconde. Immagino che qualcuno lo abbia infastidito.”
“E
tu gli permetti di restare mentre lavori?”
“Non
disturberà e se impara qualcosa, tanto di guadagnato.”
La
prima di innumerevoli volte in cui ha trovato Roxas nello studio o nei laboratori del telepate, intento a leggere, o ascoltare musica, od osservare, o
dormire, persino, mentre Zexion lavorava ad altro. Qualche volta, lo ha intravisto
anche nei corridoi della biblioteca.
Zexion
si è sempre limitato ad accettare la presenza del ragazzo nel suo santuario
quasi inviolabile e quasi proibito per chiunque altro e Roxas va e viene a suo
piacere in quel regno labirintico.
Non
ha torto a cercare un rifugio, perché Vexen ha notato un progressivo interesse
da parte di Axel nei suoi confronti e lui è il primo a riconoscere quanto può
essere disturbante l’attenzione del pirocinetico. Per ricordarlo, basta il
ghigno spettrale sul volto di Axel, costante che chiude ogni seduta del
consiglio in cui si dispone di nuovi mondi da aprire all’Oscurità. Non lo ha
mai visto sorridere, quando le decisioni da prendere non riguardano stragi.
In
quale sconclusionato mondo onirico si trovava Xemnas quando ha affidato
l’incarico di sorvegliare un ragazzino adolescente - fra tutte le cose
- proprio ad Axel - fra tutti loro - non riesce neppure a concepirlo.
Adesso,
però, si spiega anche la tolleranza di Zexion. Si spiegano molte cose.
Durante
le prime settimane di permanenza fra loro, Roxas aveva vegetato in una
situazione di quasi completa alienazione, se si escludeva il campo di battaglia.
Se qualcuno gli metteva davanti del cibo, mangiava. Altrimenti, digiunava senza
chiedere nulla. Se lo portavano nei suoi alloggi, dormiva. Se non lo facevano,
dormiva anche per terra.
Prima
o poi, avrebbero dovuto decidersi a farlo diventare autosufficiente, a meno di non
volere sempre rifilargli una balia, ma c’era la possibilità che ne
uscisse da solo, tutto sommato a loro stava bene avere a che fare con un neofita
che, per una volta, non causava problemi, e chi aveva voglia di accollarsi il
peso di un bambino quasi demente?
Finché
Zexion non aveva reclamato il ragazzo.
Considerate le competenze di Zexion, molti l’avevano considerata la soluzione più logica. O, forse, erano solo sollevati che non fosse toccato a loro. A Vexen era sembrata una decisione bizzarra. Nemmeno Ienzo aveva mai voluto
esercitare
la professione medica, se non per il servizio obbligato a cui tutti i membri
della loro casta erano tenuti. Come nobody, non si è mai occupato dei novizi,
oltre quello che è bastato per schedarli ed erigere una chiara barriera fra
loro, molto più efficace di quella che cerca di erigere lui stesso. Eppure, tra
tutti, ha scelto proprio quello più bisognoso di cure, attenzione e pazienza.
Lo
ha fatto per noia, ha creduto all’inizio Vexen.
La
noia è mortale, nel loro mondo. I nobody nascono dalle menti più attive e
forti e le menti troppo attive e forti si annoiano in fretta, persino qui, dove
il lavoro per restare vivi non ha mai fine. Allora, cominciano a esplorare i
limiti dei loro poteri, così, per gioco, giusto per passare il tempo. E per
fortuna ci sono tanti universi a disposizione per sfogare la loro irrequietezza,
prima che si mettano a stuzzicare il fragile equilibrio del pianeta nero.
Quando
è Zexion a cadere preda della noia, nessuno è in grado di prevedere quale
mezzo può usare per distrarsi perché, come tutti, giocherella con il suo
elemento, ma il suo elemento sono le persone e non sempre si accontenta di
gingillarsi con gli abitanti dei Mondi.
Quella
specie di bambola animata capitata fra le loro mani, una tela bianca su cui
dipingere qualsiasi cosa gli passasse per la testa, deve essergli sembrata
un’occasione da non perdere.
Vexen
si aspettava che lo allontanasse quasi subito, una volta svanita la novità
o non appena trovato qualcos’altro che lo interessasse.
Invece
vanno d’accordo e il loro rapporto si è consolidato con il tempo.
Roxas
soddisfa le necessità primarie di Zexion. La curiosità e il bisogno quasi
spasmodico di risolvere incognite e questo, nel sistema di riferimento del
giovane,
è qualcosa che si avvicina molto all’amore. Quanto
al ragazzo, Zexion è stato il primo a trattarlo con considerazione superiore a
quella dovuta a un pezzo di mobilia o un bagaglio da trascinarsi dietro.
Vexen
non è stato così fortunato con il suo allievo.
Perlomeno,
Roxas ne ha ricevuto in cambio un’anima.
“Quindi,
quello che hai fatto a Roxas è stato fissarlo indissolubilmente allo stato di
alto nobody e la tua idea è di fare lo stesso a tutti noi. Una deviazione
radicale dalla strada seguita fino a questo momento.”
“Occorre
adattarsi alle condizioni presenti, non a quelle possibili, probabili, eventuali
o passate. Viviamo adesso e adesso, in questo momento, la nostra condizione è
questa. Ostinarci a fare riferimento a un sistema che era valido quando le
condizioni erano differenti potrebbe solo rappresentare la nostra fine. Roxas è
il primo nobody realmente adattato al suo stato. Sarebbe paradossale cercare di
riportarlo a una situazione che rappresenta un pericolo per la sua
esistenza, solo perché è la situazione che consideriamo giusta. Invece,
siamo noi a dover essere condotti alla sua. Ci siamo aggrappati alla nostra vita
umana, ed è quello che mette a repentaglio la nostra esistenza attuale. Abbiamo
nutrito con accanimento proprio la cosa che minaccia continuamente di distruggerci.
Non siamo umani, non lo siamo più da quasi dieci anni, se mai lo siamo stati. Credo
sia arrivato il
momento di accettarlo.”
Accettarlo,
e abbandonare la speranza di tornare a essere qualcosa di diverso. Abbandonare
la convinzione che li ha sostenuti fino a questo momento.
Ma
la speranza è illusoria e sterile e mortale, e la costruzione mentale di Roxas
si spiega davanti ai suoi occhi ed è splendida, bastante a sé stessa,
autoalimentante. Vitale.
Nessuna paura di degenerare. Nessun timore di allentare il controllo, il continuo, interminabile sforzo per esistere.
Si
protende verso l’esterno. Cerca il vento e la neve.
Questa
volta, c’è solo il sibilo di masse d’aria spinte dalla differenza di
pressione che incontrano ostacoli materiali. C’è solo acqua congelata senza
voce.
Sapere di permanere, di potere continuare la sua vita, le sue ricerche, non dovere più assistere ad altre degenerazioni.
E’ una buona prospettiva.
Buona abbastanza.
“Comincerò
su me stesso.” prosegue Zexion.
“Vuoi
provare su di te un’operazione di ristrutturazione mentale mai
sperimentata?” esclama Lexaeus, intervenendo quasi per la prima volta.
“Ho
l’esperienza accumulata lavorando su Roxas.”
“Esperienza
di un solo caso. Tu stesso sei sempre stato il primo a definire un caso unitario
non significativo.”
“Resterebbe
non significativo anche se lo sperimentassi prima su uno di voi, o anche
su tutti voi. I numeri sono, in ogni caso, troppo bassi. Quindi, non esiste
motivo logico per rischiare la vita di altri quando sappiamo tutti che, in ogni
caso, prima o poi proverò su me stesso e mi ritroverò nella stessa identica
situazione. La conoscenza del campo di lavoro è essenziale e non conosco
nessuna mente meglio della mia. Sono il soggetto più adatto.”
“Sei
in grado di essere contemporaneamente soggetto e agente?”
“In
questo caso, sì. Non è certo la prima volta che effettuo un’operazione di
auto manipolazione, anche profonda.”
“Non
così profonda.”
“No.”
ammette il giovane “Così profonda no.”
“Hai
valutato le conseguenze di un eventuale e possibile errore?”
“Sgradevoli.
Questo non cambia le condizioni.”
“E’
un tentativo che sa di disperazione.”
“Lex,
qualcuno potrebbe dire che il confine della disperazione lo abbiamo attraversato da un pezzo.”
“Non
mi sognerei mai di discutere la necessità dell’autosperimentazione, ma questo
è un caso particolare. Ti rendi conto che nessuno di noi è in grado di
assisterti? Nessuno può neppure monitorarti efficacemente.” obietta Vexen.
“Accetto
suggerimenti su come rimediare a una condizione naturale. Comunque, potete anche
valutare la situazione inversa. Le conseguenze di un eventuale successo.”
Nessuno
dei due muove altre obiezioni e quelli che hanno già fatto sono appunti
deboli, inutili e, alla resa dei conti, senza vera importanza. Zexion farà solo
quello che deve fare e nessuno dei due ha mai creduto sarebbe stato
diversamente.
Curioso
che, pur avendo ripudiato tutte le regole dell’umanità anche prima di
perderla, resti attaccato così tenacemente a quello che era il comandamento
principale del loro mondo. Essere disposti a subire le conseguenze del proprio
lavoro.
Il
giovane continua a parlare con voce precisa e indifferente e a giocherellare con
mani distratte e nervose.
Le
figure-ombra insistono a danzare sui muri.
“Le
vere difficoltà saranno successive. Guardate.”
Gli
ologrammi mostrano adesso due schemi differenti. C’è una somiglianza di base
con quelli precedenti, ma la somiglianza si ferma all’intelaiatura. Il resto
è del tutto differente.
Come
se, partendo da uno scheletro comune ai precedenti schemi, siano stati
schiacciati gli angoli, cambiate le proporzioni, distorto la prospettiva.
“Sono,
rispettivamente, le strutture mentali di un nobody inferiore e di uno superiore
di basso rango. Per la precisione, di un crepuscolare e di uno dei guerrieri di
Roxas, la variante di basso nobody più complessa e mentalmente stabile.”
Le
immagini olografiche mutano lentamente e costantemente. Si ripiegano su sé
stesse, cambiano e assumono una conformazione che è, al tempo stesso, uguale e
del tutto differente.
Le
distorsioni si sono rettificate, gli angoli delle celle cristalline si sono
normalizzati e l’impalcatura, adesso, è geometricamente regolare.
“Capisco
a cosa vuoi arrivare.” esclama Lexaeus “Vuoi invertire il processo di
degenerazione.”
“Se
un alto nobody può mutare in una forma inferiore, forse è possibile anche il
processo inverso.”
“Farli
tornare umani?”
“Non
posso farli tornare umani, Lex, come non posso far tornare umani noi. Voglio
farli diventare nobody umanoidi.”
Zexion
mette giù la cosa con cui ha giocherellato ininterrottamente fino a questo
momento. Le chiazze di luce iridescente che ha proiettato sui muri si spengono,
inghiottendo le ombre viventi.
Incuriosito,
malgrado tutto, Vexen raccoglie il piccolo oggetto.
E’
proprio un cubo di cristallo, con un lato non più lungo di un pollice, eppure
piuttosto pesante. Un fermacarte, forse. E’ sbrecciato su uno spigolo.
Inglobata
nel cubo, c’è una farfalla d’argento, una specie di falena. E’ poco più
grande di un’unghia e ci sono disegni sulle ali. Grigio su grigio, sono quasi
impercettibili, come i disegni del raso, come le macchie sul pelo di una
pantera. Gli occhi microscopici sono sfaccettati e iridescenti e non ha una
proboscide, ma una bocca articolata in palpi seghettati. Sono stati riprodotti
persino i peli dell’addome e i segmenti toracici. E’ talmente perfetta che
dubita non sia un insetto vero.
Andhasangara.
Il
nome di una falena predatrice delle brughiere di Radiant Garden, dalle ali
esterne grigie e vellutate e quelle interne coperte di disegni fosforescenti e
variopinti. La farfalla caccia di notte, scoprendo le ali luminose. Gli altri
insetti sono attirati da quelle luci e da quei colori, e si avvicinano alla
falena, a portata delle sue fauci.
Ienzo
aveva chiamato così il suo amatissimo veliero.
Ma
questo oggetto non proviene da Radiant Garden, né lo ha mai visto prima, qui,
anche se lui è uno dei più assidui frequentatori dello studio di Zexion.
Presume che lo possieda da poco, ma di tutto quello che Zexion ha collezionato
nei Mondi, per curiosità, o interesse, o perché gliene piace l’aspetto,
questo potrebbe avere un significato diverso.
Le
ali della farfalla sono in tensione, riprodotte nel momento di maggior sforzo
del volo, all’inizio della battuta discendente, le costole delle ali
lievemente inclinate rispetto alla parallela del corpo, le antenne piumate
piegate all’indietro, come spinte dal vento.
Vexen
sa di non avere una grande immaginazione - a parte sentire ogni tanto voci
nella neve - eppure quell’insetto d’argento gli appare rabbioso e
disperato, congelato nella sua lotta interminabile e inutile per liberarsi dalla
prigione di cristallo.
Capisce
perché è piaciuto a Zexion.
“Vexen,
hai provato a ottenere nobody fin dalla nascita, estraendo il Cuore agli
embrioni.”
“Sì,
lo sai. Nessuno di loro ha mantenuto forma umana ed escludo una simile
evenienza. Logico. Se essere capaci di superare le tenebre è una questione di
volontà di sopravvivenza, cosa che anche un embrione può possedere, mantenere
forma e individualità è legato alla forza del riconoscimento di sé, e quello
è impossibile prima dello sviluppo di una personalità.”
“Hai
provato anche a ottenere embrioni da genitori nobody?”
“Non
insegnarmi il mio lavoro. E’ stato uno degli obiettivi che mi sono prefisso
fin dall’inizio, ma una serie di eventi sfavorevoli mi ha ostacolato. Se il
rapporto fra i sessi fosse stato invertito, il lavoro sarebbe stato molto più
semplice. Sfortunatamente, abbiamo una sovrabbondanza di gameti maschili, ma
fino a diciotto mesi fa, quando è arrivata Larxene, non avevamo a disposizione
quelli femminili. Prima di lei, nessuna donna è riuscita a
sopravvivere o a mantenere la stabilità più di qualche giorno. Il fatto che i nostri corpi non
permangono, non mi ha permesso neppure di conservare cellule riproduttive dalle
donne nobody prima della loro degenerazione o della morte. I tessuti isolati dal
corpo vivente si degradano rapidamente e, ancora oggi, tutte le nostre tecniche di clonazione
non consentono comunque di ottenere materiale germinale vitale. Ho tentato
l’incrocio, ma nobody e umani non sono reciprocamente fertili e questa è una
barriera che appare insormontabile a ogni metodo di fecondazione esospecifica.
Un meccanismo di difesa per impedire l’ibridazione di un’efficacia virtualmente
unica. Agli inizi, l’ho considerato incomprensibile, visto che, tecnicamente,
molti sono della stessa specie. Alla luce dei fatti attuali, non lo ritengo più così inspiegabile.”
“Dopo
l’arrivo di Larxene, hai fatto altri tentativi?”
“Ti
ricordo che questa incresciosa guerra occupa praticamente tutto il mio tempo.”
“E’
un no?”
“E’
un no.”
“E’ il momento di rispolverare
il tuo progetto. Vexen, ogni evidenza psicometrica comprova l’ipotesi secondo la
quale i Cuori sono elementi esogeni. Servono dati biologici, ora.”
“Sai
che Xemnas non ci permetterà di continuare con questa linea di ricerca. Tirerà
fuori qualche questione prioritaria con cui riempire il nostro tempo e dovremmo
rimandare a data a destinarsi.” obietta Lexaeus. “Se insistiamo, potrebbe
ricorrere a soluzioni più radicali.”
“Cosa
dovremmo fare? Fingere di non essere venuti a conoscenza di tutto questo?
Chiudere ancora gli occhi? I risultati ci sono e possiamo solo adeguarci. E
questo potrebbe risolvere la questione una volta per tutte, senza tutta
quell’assurda macchinazione.”
“La
sua assurda macchinazione, Vexen. Potrebbe non accettare soluzioni
alternative.”
“Abbiamo
rifiutato la censura e la repressione intellettuale di Ansem e del bastardo
alieno che lo manovrava, e Xehanort è stato tra i primi a ribellarsi. Credi che
proprio lui vorrebbe vestire i panni del tiranno?”
“Ansem
aveva decretato la pena di morte per noi e le nostre famiglie, se non ci fossimo
fermati. Credevamo di conoscerlo. Credevamo che non sarebbe mai stato capace di
una cosa simile.”
Zexion
stringe gli occhi scuri, però non interviene. China testa e si nasconde dietro
la massa dei capelli.
“Stiamo
parlando di Xemnas. Tutto questo porterebbe beneficio anche a lui. Contrastarci
sarebbe un comportamento del tutto irrazionale.” esclama esasperato Vexen.
“La
paura fa fare molte cose disperate e illogiche, alle persone.”
“Agli
esseri umani. Ma ai nobody?”
“Se
agiamo per essere coerenti alla costruzione di Zexion, dobbiamo essere coerenti
a essa in tutto, quindi accettare anche la capacità dei nobody di comportarsi irrazionalmente.”
Lex
sorride e appoggia una mano sulla spalla di Zexion. Il giovane si risolleva.
Non
ricambia il sorriso. Sembra quasi spaventato. Sembra quasi chiedere scusa.
Chiedersi cosa deve fare, adesso.
“Non
importa.” mormora Lexaeus “Il genio è fuori dalla bottiglia, ormai, e non
può essere ricacciato dentro.”
No.
Il genio non torna mai nella sua gabbia e quella di Lexaeus non è neppure
un’obiezione. E’ solo il riconoscimento di una condizione che, in ogni caso,
non li fermerà.
Per la seconda volta, contemplano la fine del loro mondo.
* * * * * * * * * * * * *
Poi mi si chiede perché non mi lamento mai delle recensioni ottenute ^___^
Ma
come anche solo potrei pensare di lamentarmi? Ragazzi, voi mi viziate.
Lux, addirittura, non solo si subisce i miei deliri da aspirante conquistatrice dell’universo (Non mondo. Qualsiasi scalzacani può fare il conquistatore del mondo), ma ha avuto il coraggio di scrivere una specie di cross-over fra una sua serie di fanfic e la mia ^__^
Ha mescolato magistralmente
il mondo di Kingdom Hearts con quello di Mai Otome, un anime poco conosciuto, ma
che merita davvero, e sta trattando benissimo i miei cari personaggi. Insomma,
andate a leggere:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=196691
Chris: Quello che mi dici, cioè che ora vedresti le cose con occhio diverso, non è solo un risultato lusinghiero. E’ fantastico.
Non so se è per qualcosa che ho scritto, qualcosa che ti ho suggerito, il modo di considerare qualche personaggio, ma credo che non sia possibile ottenere un risultato migliore. Grazie.
Grazie anche per l’apprezzamento alle mie costruzioni tecniche. E’ che prima di tutto devo capire come funziona una cosa o, nel caso di mondi virtuali, a cercare di immaginarmi un meccanismo possibile per quello che succede, e devo inquadrare l’ambiente e le sue ‘leggi’. Mi viene naturale pensare a certe cose. Tipo, ma ‘sti accidenti aprono portali dimensionali col pensiero e poi ci possono trasportare qualsiasi cosa, dal sacchetto di patatine alla portaerei? Senza fatica? Cioè, non consumano energia oppure la rimpiazzano in continuazione? Ma allora portatene uno qui, che saprei bene cosa farne (No. Non quello che pensate!).
Zexion e Roxas sono adorabili, vero? Fanno quasi tenerezza. A guardarli da molto lontano ^___^
So che nel gioco non hanno nessuna relazione, ma c’è una motivazione vagamente logica per averli messi insieme. Zexion è una specie di psicologo e Roxas ha problemi di amnesia. L’alternativa era mandarlo in cura da Larxene. Gli faceva terapia a colpi di elettroshock.
Mi fa molto piacere che tu, e anche un’altra persona, troviate interessante la loro relazione.
Cercare di sviluppare i rapporti fra le persone coinvolte nella storia è quello che cerco di fare fin dall’inizio. Oltre alle spiegazioni tecniche e ai massacri ^___^
Il problema è che per qualche ragione, quando si parla di relazioni si finisce per pensare subito a relazioni sessuali e/o sentimentali. Ma fra le persone si formano molti tipi di relazioni. Tra l’altro, costoro non sono umani, non è detto che fondino i loro legami sulle ragioni umane. Questo non vuol dire che siano meno importanti, vincolanti e articolati dei rapporti umani. Potrebbero persino esserlo di più.
Ovviamente,
il legame tra Roxas e Zexion è quello che cerco di sviluppare maggiormente, ma
ce ne sono anche altri, a parte Marluxia e Larxene che sì, sono
‘innamorati’ o il corrispettivo nobodico di un innamoramento, che spero di
riuscire a rappresentare decentemente, senza usare dichiarazioni o comportamenti
troppo espliciti.
Comunque, può anche non sembrare, ma le motivazioni di Zexion non sono esclusivamente egoistiche. E’ capace di fare cose spaventose, ma non è ‘malvagio’. Non compie cattiverie immotivate solo per fare vedere quanto è carogna e, se non ha ragione di fare altrimenti, non esita ad agire a favore di altri. Non è neppure vero che per fare qualcosa deve per forza ricavarne un beneficio. Può agire semplicemente perché, agendo, non ne ha alcun svantaggio. Essere privo di emotività non vuol dire solo essere incapace di volere bene, ma anche essere incapace di volere male.
Per Lalami il merito va anche ad Atlantis Lux. Per la verità, la sua idea era che se i 13 volevano cuori senza sbattersi tanto, avrebbero dovuto trovarsi qualche pianeta primitivo, presentarsi come dei in mezzo a lampi, pioggia di fuoco, terremoti e inondazioni, e a quel punto sarebbero stati i nativi stessi a fare sacrifici umani e offrire loro cuori un giorno si e l’altro pure ^___^
In un modo o nell’altro, l’umanità non ne esce con un’immagine molto edificante.
Infatti, Lux mi aveva suggerito di fare di Lalami un’aliena, ma ho preferito evitare. Mi piace legnare la pretenziosità umana di essere il centro morale dell’universo. Devo dire che l’universo di Kingdom Hearts, così ambiguo, sfumato e ipocrita, con coretti Disney che stendono copertine rosa su un mondo grigio scuro tendente al nero, si presta particolarmente bene a questo ^___^
Krisalia:
No, dai,
come fai a confondere? E’ Roxas che ha gli occhi fosforescenti. Se li hanno
anche gli altri nobody, non lo so. Immagino Saïx. Roxas ne sono sicura. Si vede
bene.
Così
ti piace questo mondo? Grazie. Adoro progettare mondi. Sai, in realtà non ho
ancora deciso cosa farne. Non è detto che lo distrugga. E’ ancora tutto nel
limbo.
Quanto
a Demyx, io te lo metterei anche, ma non ho la più pallida idea di che fargli
fare, al momento. Un concerto? Per me è un personaggio piuttosto difficile. Se
mi sento a mio agio con gente come Zexion, Roxas e Riku, va da sé che trovo un
pelo difficile immaginare come può pensare uno come Demyx. E poi sono davvero
tantissimi. Finora non ho neppure introdotto Saïx, che pure adoro, e ho dato
pochissimo spazio a Larxene e Marluxia che si giocano con Roxas e Zexion il
posto di preferiti.
Facciamo
così. Se distruggo questo mondo, Demyx avrà una parte nel macello. Se no, devi
aspettare. Cosa scegli? ^___^
Ma
come? Non vorresti uno come Zexion? Un ragazzo così intelligente, bello,
educato. E ricorda che ha anche potere sulle percezioni e sui sensi. E’ una
dote eclettica, sai? Molto utile, in certe situazioni che non sono
necessariamente ostili. Pensaci, prima di rifiutarlo come marito.
D’accordo,
ha forse qualche piccolo problema di affettività, ma secondo me nel cambio non
perdi molto. E poi, la mancanza di emozioni avrà i suoi difetti, ma anche i
suoi pregi. Niente colpi di testa ^___^
Io
gli ho dato una moglie per una ragione semplicissima. Sto progettando la storia
su come è iniziato il tutto, con i sei apprendisti, Ansem, Radiant Garden. E’
una cosa che mi intriga tantissimo, molto più della faccenda dei keyblade etc,
ma è anche molto più complessa. Sto costruendo una vita ai sei e Ienzo mi
serve sposato ^___^
Ti
chiedi perché è andato verso le Ombre? Beh, aveva tre scelte. Morire di fame e
di sete, gettarsi da una finestra e sfracellarsi al suolo, o aprire la porta e non
mi sembra proprio il tipo con un desiderio di morte. Ha valutato le probabilità
di sopravvivenza. Per quanto minima, era meglio quella che la certezza di
morire.
Kuroro: Mi spiace disilluderti, ma il cordoglio di Sora avrà vita breve, e non perché lui sia particolarmente insensibile alla morte di Kairi. E’ che… No. Qui te lo leggi ^___^
Accetto critiche, non preoccuparti. Dimmi pure quello che pensi e non ti sbrano.
Semmai ti spedisco i sicari a casa ^__^
Atlantis
Lux:
Lux, cara. Calma. Sei sicuramente più in gamba di Xemnas come tattico, ma lui ha dalla sua
argomenti che tu non hai e non potrai mai avere ^O^
Si gioca con Sephiroth il podio come personaggio virtuale più sexy. Solo che Xemnas è un po’ meno ingombrante e rumoroso di Sephi e non ha l’abitudine di fare le sue apparizione con il pieno d’orchestra e le ammonizioni in latino.
Purtroppo,
come condottiero fa davvero schifo. Qualsiasi cosa fa, si risolve in un
disastro. Quelli
degli attacchi in solitaria è la prima cosa che è venuta in mente anche a me.
E’ un concetto talmente ridicolo, che credo di non averlo mai applicato
neppure io quando a cinque anni giocavo a fare la guerra. Occorre cercare di
frantumare l’unità del nemico, poi, una volta che le sue forze sono
frammentate, gli fai il culo, possibilmente in venti contro uno. Ma se già ti
frammenti tu da solo di tua volontà, è lui che il culo lo fa a te e gli rendi
pure il lavoro facile. Soprattutto un nemico che sai è individualmente
potentissimo e il cui punto debole sono le capacità intellettuali e/o di
valutazione.
La strategia più sofisticata a cui Sora riesce a pensare è ‘Lanciati come un toro infoiato, pesta come un fabbro ferraio e chissenefrega di tutto il resto, compresa eventuale gente che sta intorno’. Non un finissimo pensatore, come vedi. Gli bastava incontrare un avversario un pelo più scafato di una bambina di cinque anni, ed era morto da un pezzo. E invece di fare giocare lui alle loro condizioni, i nostri glaciali e logici nobody giocano ai suoi livelli. Grazie che poi li ammazza.
Quanto
a Zexion, renderlo contraddittorio sarebbe l’errore peggiore da fare su di
lui. E se si contraddice, è perché mente con intento di mentire. Ecco, da non
prendere per oro colato quello che dice, perché se la cosa gli torna utile,
mente senza pensarci un istante ^___^
Adesso
voglio vedere se riuscirò a mantenere l’andazzo cinico/asettico/egoista
quando arriverà Topolino. Ho intenzione di fare almeno un capitoletto con il
sorcio. Che se fosse per me lo chiuderei in una stanza sigillata con un Saïx a
digiuno stretto da una settimana. Purtroppo, ho anche deciso di seguire gli
eventi canon, quindi non posso fare opera di derattizzazione. Almeno, non nel
passato ^___^
Intanto
ho cominciato con un lavoro di desorizzazione e, come si dice, chi ben
comincia…
Il
solo custode di keyblade buono è il custode morto. Salvo Roxas, ovviamente
^___^