Fanfic su artisti musicali > David Bowie
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Autore: MadnessInk    27/09/2013    1 recensioni
-Mi spiega come faccio a truccarle l'occhio se non lo chiude? Vuole che le trucchi il bulbo oculare?-. E David si limitò solamente a dire:-Trevor, dopo lo show provvedi a licenziare questa dipendente inutile-. -Ma mr. Bowie, che sta dicendo? È la m...- e lui, sbraitando letteralmente: -Taci, fa' quello che ti ho detto!-. A quel punto Mya non resse più.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un bel giorno, mentre il sole splendeva nel cielo e gli uccellini cinguettavano allegri, nella sua lussuosa camera da letto dai muri rossi Mick Ronson si svegliò tra le lenzuola bianche stropicciate e le braccia di due stupende donne, una bionda e una rossa, ancora addormentate. Ci mise un po' a capire cosa era successo la notte precedente. Si tirò su, facendo attenzione a non svegliarle, scese silenziosamente dall'enorme letto matrimoniale, si infilò le sue pantofole dall'aspetto di un coniglietto bianco e andò in bagno. Si osservò davanti allo specchio: aveva gli occhi ancora semichiusi e non riusciva ad aprirli completamente ma erano distinguibili due macchie scure che ricoprivano il contorno occhi per intero, delle macchie di rossetto rosso e rosa chiaro gli ricoprivano il corpo, soprattutto il collo e i suoi biondi capelli sembravano aver perso la loro piega e parevano una massa informe di spaghetti.
Alcool, di nuovo. Festino, di nuovo.
Mick si strofinò gli occhi arrossati. Cavoli, doveva essere molto tardi quando si era addormentato! Si passò entrambe le mani sul viso e dopo qualche minuto gocce di acqua fredda scivolavano su di lui portando via la schiuma della saponetta dal suo corpo. Ci voleva proprio una bella doccia dopo tutto il casino della sera prima.
Uscito dal bagno, sul tavolo del soggiorno della sua suite c'era ad aspettarlo una colazione completa. Le due donne erano sparite e avevano probabilmente avvisato il servizio in camera che il signor Ronson si era svegliato. Mick si abbottonò il secondo bottone della camicia e si sedette a tavola accendendo la TV che avrebbe portato via, almeno così sperava lui, tutta quella confusione che aveva in testa.
“Il nuovo album di David Bowie, lo shock-rocker col rossetto, si intitola Low. Il disco è un flop ”
Un flop? Un disco di Bowie? No, non era possibile. Non per come la pensava Mick Ronson che lo conosceva per quello che era da molti anni. Uno con così tanto talento e sale in zucca come lui non poteva fare un flop.
-Diamine... chissà come l'avrà presa...- pensò Mick, divorando pezzo dopo pezzo la sua seconda salsiccia di maiale -Conoscendolo se ne sarà fregato però... è passato tanto tempo da quando non vedo quel figlio di puttana, quindi...-.
Dopo aver finito di fare colazione ed essersi lavato i denti Mick uscì dalla porta della sua camera di albergo. Scese le due scalinate che lo portarono fino alla hall e poi proseguì verso l'uscita.

-Beh, considerando la posizione dell'immobile, i dettagli e i comfort che vi sono, il prezzo è modesto-
-Ma a dir la verità... non è che mi ispiri molto...-
Papà, papà prendiamola! È bella, mi piace!-
-Zowie, non tirarmi!- disse Bowie, rivolgendosi al figlio di cinque anni che aveva i suoi stessi occhi azzurri.
-E poi piace anche a suo figlio come può vedere, mr. Jones- osservò l'agente immobiliare con aria di chi ormai l'aveva vinta.
-Diciamo che ci devo pensare... la contatterò appena mi sarò deciso-
-D'accordo signor Jones, alla prossima-
E fu così che Bowie e il suo piccolo figlioletto uscirono mano nella mano dall'immobile che avrebbero comprato fra non molto. Perché sì, David l'avrebbe comprato. Piaceva al suo Zowie e questo bastava per fargli uscire di tasca i franchi necessari ad acquistare quella casa situata nella fredda e triste Berlino dell'anno 1977.
-Papà, papà, la compreremo, vero?- disse il piccolo Duncan che guardava il padre con gli occhioni da gatto, dal basso verso l'alto.
-A te piace davvero?-
-Sì, mi piace troppissimo! È grande e c'è una stanza tutta per me! E poi è anche vicino a dove tu lavori, quindi è perfetta!-. Zowie era così entusiasta e felice che David non poté resistere:
-D'accordo allora- fece retro-front -Andiamo a comprarla!-.
-Papà, ma dici sul serio?- chiese il bambino con un sorrisone pieno di gioia.
Bowie annuì e il suo figlioletto gli saltò addosso, riempendolo di baci.
Zowie... il suo piccolo era l'unica persona che non lo aveva abbandonato nel corso degli anni.
<> pensò Bowie, non conscio forse di quanta gente fosse realmente ai suoi piedi, pronta a eseguire alla lettera ogni suo ordine. E che volete... la vita da superstar rende pazzi.

DIN DON.
-Sì?- disse la donna, aprendo la porta.
-Ciao- fece un uomo sulla trentina.
Dopo qualche secondo, un'esclamazione:
-Amias!- disse Mya, facendo entrare il suo amico di vecchia data nella sua casa di Londra.
-Oh, Mya, temevo che non mi avresti riconosciuto ma grazie al cielo mi sbagliavo-
-Che sorpresa meravigliosa! Come avrei potuto non riconoscerti?-
-Sai, è passato così tanto tempo dall'ultima volta che ci siamo visti... siamo cresciuti e non poco-
-Già, adesso abbiamo più o meno il doppio dell'età che avevamo l'ultima volta che ci vedemmo! Ma dimmi, come mai da queste parti?- disse Mya, prendendo il cappotto di Amias e appendendolo all'appendiabiti in legno di ciliegio.
-Sono tornato da un sito archeologico in Africa, e appena ho saputo che eri tornata mi sono fatto vivo. A proposito...- Amias le porse un mazzo di freschissime e delicate camelie bianche -... un piccolo pensiero per te. So che non è molto, ma ho avuto davvero pochissimo tempo, pensa un po' che ho saputo due ore fa al bar che eri tornata... quindi ho dovuto fare tutto in fretta e furia-
-Ti ringrazio, sono stupende. Ma non era necessario... ti perdi sempre dietro queste formalità- entrambi sorrisero. Mya indicò con la mano il salotto, alla sinistra dell'entrata: -Vieni, accomodati pure. Posso offrirti qualcosa? Un drink, non so... ricordo che eri un amante del whisky-
-E lo sono ancora. Non preoccuparti, va bene così. E poi voglio rimanere lucido-. Mya sorrise divertita e felice che il suo vecchio amico non fosse cambiato quasi per niente da quando erano ragazzi. Adesso era più alto, aveva un lavoro e sembrava molto meno spaventato dal mondo ma dentro, Mya ne era sicura, era rimasto l' Amias di tanti anni fa.
-D'accordo-. Mya si sedette, accavallò le gambe e si appoggiò allo schienale della poltroncina in pelle color avorio. I due si fissarono per una decina di minuti, muti, senza aprir bocca, come se avessero paura di rompere il silenzio che li avvolgeva.
-Allora, non vorremmo passare tutto il tempo così... avanti, hai così tante cose da raccontarmi, Amias!-. Amias aveva la testa tra le nuvole, si suppone, e quando Mya parlò sembrò come se si fosse appena svegliato da un sogno:
-Eh? Come?-
-Amias, va tutto bene?-
-Sì, certo. Vedo che ti sei sistemata bene: il salotto, la cucina... hai arredato tutto tu?- Mya annuì, Amias continuò, sorridendo -Ah, ci avrei scommesso. E tuo marito? È al lavoro?-
-E tua moglie dov'è?-
-Beh... io non sono sposato, Mya, lo sai-
-E allora perché dovrei esserlo io? Non sono sposata, non credo di essere un tipo da bacetti e marmocchi- disse Mya. Amias le lanciò un'occhiata maliziosa, sorridendo lievemente:
-Oh, beh, certo... se lo dici tu... Ma dimmi- e ritornò serio -il lavoro come va? Sei in ferie?-
-No, sto lavorando qui e lì come pianista. È una delle mie passioni la musica, lo sai. Tu invece... hai deciso di seguire le orme di tuo padre?-
-Già, alla fine mi sono deciso a fare il medico. E, con mio grande stupore, mi piace anche. Ti capitano certe bellezze di pazienti a volte... -
Entrambi risero e la serata passò in un attimo, tra risate, vecchi ricordi, nuovi progetti e un bicchiere di buon vecchio whisky.
Amias e Mya erano sempre stati ottimi amici, forse anche più di quanto lo erano lei e David.
-Sai, sono tornato più volte qui a Londra durante questi anni. A volte zia Mary mi permetteva di venire qui a respirare un po' di aria di casa. Ogni volta che chiedevo di te mi sentivo dire che eri andata via da poco o che saresti venuta fra pochi mesi, quando io sarei già ripartito. Questa è la prima volta che riesco a trovarti qui in tutti questi anni-
-Eh già. Sai com'è, no? Il lavoro...-
-Ehi, a proposito! Ma tu non lavoravi come truccatrice una volta?- chiese Amias, osservando il whisky nel suo bicchiere.
-Sì, fino a maggio dell'anno scorso-
-Ah, ecco, mi ricordavo bene... e poi?-. Mya tagliò corto. Lo disse senza mezzi termini:
-E poi mi sono licenziata-. Amias sgranò gli occhi, incredulo:
-Come? Perché?-
-Ah, non era più vita quella... venivamo trattati come schiavi. Non ce la facevo più-. Amias mise un braccio intorno alle spalle di Mya:
-Mi dispiace. So che ci tenevi a David. Era un tuo amico. Coraggio, amica mia, coraggio...-
-Sì, non preoccuparti... non facciamo di un granello di sabbia una montagna... sto bene. Ho una casa mia, ho un lavoro... non mi manca niente-.
Amias sorrise. Mya non glielo avrebbe mai detto. Non gli avrebbe mai detto che era felice, triste, preoccupata, nervosa, contenta... non avrebbe mai ammesso che in quel momento non se la stava passando propriamente benissimo, ma faceva parte di lei e a lui Mya piaceva così com'era.
-Piuttosto, parliamo di cose serie- proruppe Mya, non prima di aver sbadigliato e aver messo educatamente la mano davanti alla bocca -Dimmi che non hai già pernottato-
-Ho già pernottato-
-Ah, testa di quiz! Ero disposta a farti stare qui-
-Pazienza... sarà per la prossima volta- disse Amias, facendo spallucce.
-E quando sarebbe la prossima volta? Chi ti dice che riuscirai a beccarmi?-
-Oh, beh, ma se insisti tanto posso disdire-
-Insisto, insisto. Dai- Mya gli fece l'occhiolino -se sei fortunato e trovi una ragazza alla reception può darsi che ti rimborsi le notti che hai pernottato!-. Amias sorrise, quasi offeso. Ma che idea aveva Mya di lui?
-D'accordo. Allora vado in albergo e torno- disse l'uomo, cercando le chiavi della sua macchina nelle tasche dei pantaloni.
-Aspetta, Amias, puoi sempre telefonare!-
-No, ho le valigie in albergo-. Mya si mise una mano a coprire gli occhi:
-Oh mio Dio... allora mettiamo la tua macchina in garage e prendiamo la mia, così guido io-
-Ih... e perché?-
-Perché hai bevuto tre bicchieri di whisky, ecco perché...-
-Ma non sono ubriaco- esclamò Amias, mentre Mya gli metteva il cappotto.
-Beh, insomma... diciamo che sei allegro... ma se ti beccano poi passi la notte al fresco...-
-Uh... no, no... va bene, guida tu...-
-Bene- Mya sorrise. Si assicurò di aver preso la borsa e poi prese Amias per mano -Andiamo, vieni-
-Sì- rispose l'uomo, mettendosi gli occhiali da sole. Era notte, ma gli occhiali da sole lo rendevano più affascinante... almeno secondo la sua personale opinione di medico.
Mya e Amias uscirono dalla porta di casa, misero l'Audi rossa del medico nel garage. Poi entrarono nella macchina di Mya e partirono.

 

ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti miei cari lettori. Vi prego di non uccidermi. Sono passati due mesi dall'ultima volta. Avrei dovuto pubblicare a fine agosto ma abbiamo avuto problemi di linea internet e pertanto ho deciso di pubblicarlo oggi. Chiedo scusa per questa lunga assenza (e pensare che mi avevano detto di pubblicare più spesso... sono mortificata) e spero che con questo mini-chapter possa farmi perdonare almeno un po'. Buona lettura e (se non succede qualche altra cosa) al mese prossimo!

MadnessInk

  
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