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Autore: Panenutella    27/09/2013    3 recensioni
Lo guardai meglio: era un angelo….
Aveva il viso cordiale e aperto. Gli occhi neri e profondi come due pozzi guardavano attenti il mondo e risplendevano come la luna. I suoi lineamenti era fini e eleganti, proprio come quelli di un Elfo. La sua stretta era gentile, la sua pelle calda. I capelli corti e neri erano pettinati in modo sbarazzino. Indossava una maglietta bianca a maniche corte e mi salutò con un largo sorriso.
Nella mia mente contorta cominciai a sbavare come un mastino.
ATTENZIONE: la protagonista interpreta il ruolo della figlia di Galadriel – ovviamente inventata da me -, Hery, che ha una storia d’amore con Legolas e segue i protagonisti nel loro viaggio.
La maggior parte degli avvenimenti narrati in questa fic sono realmente accaduti, ma sono raccontati dal POV della protagonista.
Divertitevi, leggete e recensite in tanti! :)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lesley's World'
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La mia vita sul set – Cap. 30

Entrai in macchina così velocemente che per poco non uscii dal finestrino opposto. Orlando mi seguì saltellando su un piede solo per riuscire a infilarsi la scarpa che ancora gli mancava.
- Ti prego, dimmi che non farai così tutte le volte che sarai prima attrice – disse chiudendo la portiera.
- È la prima volta! Potrò finalmente dimostrare quanto sono brava!
- Perché, lo sei?
Gli rifilai un’occhiata in tralice e un coppino sulla nuca. Sghignazzò.
- Sarai bravissima, ci scommetto. Ma non crederai che Peter ti lascerà fare da sola!
- Che intendi dire?
- Peter ti fa fare le cose come vuole lui; se non gli dai quello che vuole, ti farà rifare le scene all’infinito finché non ti verrà un crollo emotivo e ti ritroverò rintanata in un angolo dietro le telecamere a piangere a dirotto e a dire “voglio la mamma”.
Lo guardai sconvolta. – Non sei incoraggiante!
- Ti sto mandando in paranoia?
- Sì!
- È esattamente quello che voglio fare – annuì serafico tenendo gli occhi fissi sulla strada.
Evitai di rispondere e rimasi in silenzio fino a che non arrivammo sul set e scendemmo dalla macchina. Orlie aveva canticchiato tutto il tempo, contento di starsene tranquillo seduto su una sedia a vedermi sgobbare. Maschilista!
- Ci vediamo dopo amore! – mi salutò Orlando scompigliandomi i capelli.
Mi diressi a passo svelto verso la sala trucco, sapendo che qualcuno mi avrebbe gentilmente portato il mio caffelatte, e aprii la porta.
- Buongiorno! – mi salutò Emma. – Siediti e rilassati.
Per attaccare le orecchie ci volle lo stesso tempo del solito, ma a me sembrarono secoli. Emma attaccò subito a chiacchierare sugli ultimi pettegolezzi della crew, di come lo stunt Merberg si fosse preso una cotta colossale per l’aiuto-luci Lucienne, e di come lei ci fosse andata a letto senza neanche sapere il suo secondo nome. Il suo allegro cicaleccio venne interrotto dall’arrivo del mio prezioso caffelatte, ma ricominciò subito dopo come se niente fosse accaduto. Io mi limitavo a guardarla nel riflesso dello specchio e pensavo non avrebbe smesso più, quando finalmente Peter bussò alla porta.
- Ciao Les! Pronta per il grande inizio?
Gli sorrisi determinata.  – Sono nata pronta!
- Ok! – Mi passò un blocco di fogli. – Questo è il tuo copione di oggi. Fra venti minuti cominciano con la scena insieme a Gandalf.
Guardai con terrore il blocco che stringevo fra le mani. Erano almeno trenta fogli! E avrei dovuto impararli tutti entro venti minuti? Deglutendo, lo aprii.
- Oh, cazzo. Ma è elfico!
Emma posò il pennello intinto di colla e preso quelle da precisione, sbirciando da sopra la mia spalla.
- Dovresti iniziare in ordine d’importanza! – Suggerì.
- Emma, questo è il Signore degli Anelli. Tutto è importante!
- Non hai capito. Inizia dalla scena con Gandalf, forza! Impara poco alla volta!
Giusto. Esatto. Esattamente quello che dovevo fare. Lessi i primi due fogli. Ok, sarebbe stato facile. Emma girò la mia sedia verso l’uscita e m’indicò la porta con un pollice.
- Fuori di qui – ordinò. Obbedii. Quando stavo per richiudere la porta e scendere le scale, Emma mi chiamò.
- Lesley! – Infilai la faccia nella fessura e sbirciai dentro: Emma mi guardava sorridendo. – Ricordati di respirare e arriverai a fine giornata.

Orlando ci aveva visto giusto, almeno solo in parte. Non stavo ancora invocando la misericordia del Signore, ma sullo stare seduta dietro ad una telecamera ci aveva azzeccato. Avevo imparato le battute della prima scena e continuavo a farle girare nella mia mente come un giradischi rotto. Jessie mi avrebbe detto che stavo andando alla grande.
A un certo punto avevo visto passare lontano da me i quattro Hobbit, Viggo e Orlando, per una volta senza costume, chiacchierando e ridendo. Cosa ci facevano lì?
- Non sarete lì per vedermi! – Esclamai, e un cameraman poco più in là sobbalzò e si girò a guardarmi stupito. Concentrazione, Dalton. Concentrazione. Oddio, dovevo ancora cominciare e già parlavo da sola! Entro fine giornata avrei miseramente sfociato nella schizofrenia.
La voce di Philippa tuonò attraverso un megafono e mi fece scattare in piedi come una marionetta.
E se non fossi brava, o pronta?
No! No. Concentrazione.
- Bene signori, pronti per cominciare! Siete pregati di spegnere le suonerie dei cellulari e di spegnere le videocamere e le macchine fotografiche durante le riprese!
Ancora prima di accorgermene mi ritrovai accanto alla sedia di Peter, a guardare la folla di operatori. La paura cedette lo spazio alla determinazione e all’ansia da prestazione.
Sir Ian mi affiancò silenzioso come una nuvola. Sembrava proprio una nuvola, con quel suo nuovo costume da Gandalf Nuova-Versione-Biancaneve.
Solo allora notai la mia sedia.
Quella nera col mio nome scritto sullo schienale.
- Uuuuuuh! Bella! – Esclamai indicandola. Gli occhi della maggior parte del personale seguirono la punta del mio indice, prima che lo ritirassi e lo nascondessi dietro la schiena arrossendo come una bambina di sei anni. I membri della Compagnia, mischiati alla folla, si sforzarono di nascondere le risate soffocate nelle maniche delle magliette.
Peter sospirò, scosse la testa e ordinò: - Cominciamo!
Io e Sir Ian ci scambiammo un’occhiata.
- Ti ricordi le battute? – Mi chiese.
- Ci puoi scommettere.
- Lesley! – La voce di Peter. Il cuore ricominciò a martellare. Tump tump tump. Peter mi si avvicinò e mi prese per un braccio, invitandomi a seguirlo.
- Ti spiego tutto – disse. – Dovete scendere da quel pendio, in mezzo a quelle case di Rohan, vedi? Tu ti avvii verso la stalla – mi mostrò i passi – e la scena finisce. Quella dopo sarà girata dentro: devi attraversarla, andare dal cavallo, salirci sopra e galoppare fuori. E intanto non devi smettere di parlare. Tutto chiaro?
- Trasparente.
- Perfetto allora. In posizione!
Tump tump tump. Più in basso cercai lo sguardo di Orlando: lui mi vide, mi sorrise, mi fece il segno dell’Ok e poi tirò un sorso di caffè.
Guardandolo mostrarmi quel gesto d’incoraggiamento, sentii levarmi di dosso le vesti di Lesley e diventare Hery. Un cambio drastico, a mio parere. Orlando notò qualcosa e mi sorrise. Ricambiai in un lampo.
- Azione!
Io e Gandalf cominciammo a camminare. Lui procedeva con passo sicuro, io lo seguivo indietro di un passo, diretta verso l’entrata della stalla.
- Non possiamo evitare questa battaglia. – Disse. – Theoden è convinto di potercela fare da solo.
- I suoi sforzi saranno vani se un aiuto non giungerà dall’esterno. Gli uruk-hai sono troppi, dobbiamo andare contro il suo volere.
- Va fatto.
Arrivammo davanti alla grande porta della stalla di Rohan. Mi voltai a guardarlo con rammarico.
- Che io vada in battaglia non è un suo desiderio – dissi mentre due cavalieri davanti a noi aprivano il portone. – Farai finta di non saperne niente?
Gandalf mi fece l’occhiolino. Silenzio.
- Stop!
Con una rapidità raccapricciante mi trovai di nuovo a essere me stessa. Espirai pesantemente e mi grattai la cicatrice sulla fronte, mentre Ian mi diceva che ero andata bene ed Emma mi raggiungeva con un batuffolo ricoperto di cerone. Cominciò a far girare con decisione la mia faccia di qua di là di su di giù per mettere in mostra le parti del trucco da ritoccare, mentre Peter, Fran e Philippa guardavano la scena nello schermo di una telecamera. Stavo quasi per avvicinarmi, quando Peter ordinò di farne un’altra.
Così io e sir Ian ci ritrovammo a risalire il percorso di scena. Quando chiesi a Peter che cosa non gli era andato a genio, mi rispose senza mezzi termini che non rendevo abbastanza bene l’urgenza della situazione. “Non sembra che tu stia facendo qualcosa di nascosto, sembra che stia andando a fare la spesa!”.
Quindi nella ripresa successiva cercai di dare l’impressione di essere un’antenna: andavo avanti spedita dietro a Gandalf, con le gambe rigide e l’aria tesa. Recitai le mie battute senza sbagliare, ma Peter non fu contento neanche stavolta. Dovevo essere più flessibile.
Sir Ian ogni volta mi incoraggiava dicendomi che stavo andando bene. Certo che sto andando bene, sono solo prossima a una crisi di nervi!
Gli andò bene solo alla dodicesima volta. Peter disse la sua frase di fine ripresa e si complimentò con me e sir Ian. Poi mi si avvicinò.
- Ok, Lesley. Questa deve venire bene alla prima ripresa, non possiamo ogni volta riportare dentro il cavallo. - Ah.
 - Ti spiego quello che devi fare: entri, dici le tue battute… – “ma non mi dire”, pensai – Sali a cavallo e corri fuori.
- Quindi entro, dico quello che devo dire…
- Solo la prima battuta. Poi sali a cavallo, dici la seconda ed esci. Galoppi fino a quel punto e poi ti fermi. Fine della scena.
Annuii. Non avevo il coraggio di guardare l’ora, ma cominciavo ad avere fame. Sorrisi tra me e me: chissà cosa ne avrebbe detto Jess?
- Prepararsi alla ripresa! – Urlò Fran dentro il megafono. Fu di nuovo un brusio di telecamere, poi “Azione” di Peter.
Entrai nella stalla, superai i cavalli nei box e mi diressi verso Calliope superando una telecamera accanto al suo recinto.
- Farò il più in fretta possibile – dissi.
- Sei sicura? – Mi chiese Gandalf.
- Cavalco veloce.
Aprii il cancello e mi avvicinai al cavallo, salendo di slancio in sella. Guardai di nuovo Gandalf.
- Tornerò con…
Ci fu uno scoppio accanto a noi e Calliope s’impennò, lanciando un nitrito spaventato. Dovetti stringermi con forza sulle gambe per non cadere in terra. Sir Ian si appiccicò al muro per non essere colpito dallo zoccolo del cavallo.
- Cos’è successo? – Domandai cercando di riprendere fiato, una volta che Calliope tornò con gli zoccoli a terra. Degli operatori stavano già andando a prendere la telecamera esplosa per allontanarla dalla paglia secca. Diedi qualche pacca sul collo a Calliope che ancora scalpitava, per tranquillizzarla.
- Tranquilla Callie, non è successo niente.
Sbuffò.
Scesi e uscii dalla stalla. Mahaffie era proprio lì dall’entrata. Mi sorrise e disse:
- Piccoli problemi tecnici! Approfittane per fare una pausa.
Sorrisi di rimando e mi avviai verso la mia sedia nera nuova di zecca, che forse per caso o perché l’aveva spostata con le sue manine, era proprio tra quella di Orlando e quella di Dom. Mi sedetti sbuffando e passandomi una mano sugli occhi. Orlie mi fece un grattino sulla schiena e Dom mi passò una bottiglia d’acqua.
- Stai andando alla grande, sorellina! – Mi tranquillizzò Dom.
- È estenuante! Adesso so che cosa provi tutti i giorni, Woody.
Elijah si sporse dalla sua sedia e mi sorrise. – C’è chi è abituato alla fama, ormai!
Gli feci una linguaccia. – È solo questione di abitudine, Les – rise.  
- Dai piccola, sei bravissima ed è quasi ora di pranzo. Fai questa e andiamo tutti a mangiare – mi rassicurò Orlie. Mi appoggiai nell’incavo del suo collo e sospirai. Poi presi la bottiglia e ne bevvi metà. Diedi un bacio al volo a Orlando, salutai gli altri e tornai alla stalla, dove mi accolsero i tecnici.
- Siamo pronti.
Sfoggiai un sorriso e poi mi calai di nuovo nei panni di Hery.
- Dai ragazzi, ricominciamo! – Esclamò Peter battendo le mani.
Ed eccoci di nuovo a recitare come se nulla fosse stato.
Entrai di nuovo nella stalla, seguita da Gandalf.
- Farò il più in fretta possibile.
- Sei sicura?
- Cavalco veloce. - Salii in sella e guardai Gandalf. – Andrò a Lorien. Radunerò i guerrieri. Haldir tornerà con me.
Gandalf annuì. Spinsi il mio cavallo fuori dal box.
- Non penserai di fare tappa a Dol Guldur. – Dedusse. Mi voltai a fulminarlo.
- Non pensare che io sia così debole, Gandalf il Bianco.
Senza attendere risposta, piantai i talloni nel ventre del cavallo e quello si lanciò fuori, superando in un balzo il portone e fiondandosi nel campo.
Tirai le redini, mentre le telecamere montate sui binari si fermavano e registravano la scena. Peter rideva.
- Stupefacente! – Mi corse incontro mentre scendevo e mi batté il cinque. – Perfetta! Non ti avevo mai visto così!
- Chi sei tu, che ne hai fatto di Peter?
La crew rise.

Mangiare fu rigenerante. Mi ingozzai di pasta asciutta fino a farmela uscire dalle orecchie e poi attaccai a mangiare una banana dietro l’altra, ignorando le continue allusioni di Billy e Dom. A sentire loro, mi scusava solo il fatto che fossero piene di zucchero. A parte quello, comunque, nulla impediva loro di considerarmi una temporanea pervertita. Io.
Ngila mi chiamò e uno dei suoi tanti aiutanti mi fece cambiare costume. Non avevo mai visto una cosa simile, almeno non su di me: era ampio, bianco, con dei ricami verdi e d’argento a forma di fiore. I miei capelli furono pettinati e intrecciati con un diadema di perle. Mi aiutarono a indossarlo mentre come una pazza ridacchiavo e ripetevo le frasi in elfico come un mantra.
- È difficile camminare con questo… affare!
- Si chiama “vestito”, Les. È diverso dai pantaloni, più femminile ed elegante, non sporca, non mangia, non beve, non lo devi portare fuori a fare i bisogni. È un ottimo accessorio, in confronto ai tuoi soliti pantaloni aderenti. – Rispose Ngila facendomi rimanere letteralmente di stucco. Lei se ne accorse e mi fece l’occhiolino. – Sei molto più donna così, e per camminare ci farai l’abitudine!

Di sicuro mi sarei trovata meglio a camminare sui trampoli in mezzo a una palude di alligatori, ma dovevo ammettere che facendo un certo effetto perfino a me stessa. Mi sentivo buffa e mi presentai davanti alla telecamera ridacchiando. L’operatore, che in quel momento stava riprendendo, mi disse “Ciao, Les!” e io sorrisi alla telecamera, sollevai il vestito e cominciai a saltellare esibendomi in una specie di tiptap, facendo ridere la gente di passaggio. Fu allora che la vidi.
- Cate! – Salutai. – Cate Blanchett!
- Ciao ciao, Lesley! – Mi abbracciò. – Sei una favola! Come stai?
- Va tutto bene. Sto ancora ripetendo le battute elfiche.
Cate sfiorò la sua lunga parrucca bionda, sorridendomi materna. – Tranquilla, se non te le ricordi te le suggeriscono… almeno per le prime riprese. Se poi arrivi alla tredicesima che non sei ancora riuscita a farne una buona, allora sì che ci si spazientisce.
- Non sbaglierò così spesso – la rassicurai.
- Brava – mi disse in elfico.
- Hannon le. – Risposi. Grazie. – Quanto manca all’inizio delle riprese?
Cate si guardò intorno.
- Non molto.
Dio, che invidia bruciante! Quella donna era troppo bella per essere vera. Troppo bella e troppo brava. Troppo. Doveva avere un qualche difetto! Se Jess fosse stata lì insieme a me in quel momento, ero sicura che avrebbe detto “Di sicuro è una testa di cavolo”. Quasi scoppiai a ridere da sola.
Le misi una mano sulla spalla. – Ci vediamo dopo, Galadriel!
- Ciao, Giradischi!
…Giradischi?
- Dai ragazzi, si comincia! – arrivò il solito vocione di Peter.

Promise che quella sarebbe stata l’ultima. Facile, era la ventiseiesima! Non era mai contento. Aveva detto che andava bene già alla terza, ma che potevo dare di più. Da parte mia, stavo perdendo le energie.
- Ancora una. – Disse Peter.
Sospirai e tornai per l’ennesima volta nella mia posizione e appena urlarono il consueto “Azione!”, cominciai a recitare.
Cominciai a salire lentamente gli scalini che portavano ai due troni, avvicinandomi alla figura di Galadriel volta di spalle. Appena fui abbastanza vicina mi fermai.
- Sapevo che saresti venuta.
Rimasi in silenzio. Galadriel si voltò.
- Benvenuta, figlia mia.
Indugiai, lottando tra la gioia dell’essere di nuovo a casa e l’urgenza di tornare indietro.
- Non starò qui a lungo. Ho un compito da portare a termine.
Galadriel sorrise amaramente. – Mia figlia. Sempre uguale ai tuoi fratelli. Sempre desiderosa di combattere.
- Dimmi dov’è Haldir.
Galadriel non rispose. Mi voltai e scesi i gradini.
- Hery. – Mi voltai e lei si avvicinò. – Sai che se te ne vai ora… non tornerai mai più a Lorien. Non andare incontro al tuo destino. – Mi prese una mano. – Resta, figlia mia. 
Per un attimo fui tentata di restare. Di restare a Lorien per il resto dell’eternità. Ma il richiamo di Legolas era troppo forte, dovevo portare a termine la mia missione.
- Addio, madre.
E me ne andai.
- STOP! BUONA! – Urlò Peter entusiasta.
Alzai le braccia al cielo in segno di vittoria e battei il cinque a Cate, contenta per avercela fatta.
- Bene, signori, per oggi abbiamo finito! Grazie a tutti! Ci vediamo domani, buona serata!
Mi ritrovai immediatamente fra le braccia di Orlando.
- Sei stata FANTASTICA! – Saltellò, sballottandomi da tutte le parti.
- Ti prego, OB! Il vestito!
Lui rise e, tenendomi per mano, mi accompagnò fino al camper costumi.

Una volta cambiata uscii. I ragazzi mi aspettavano seduti fuori a fumare una sigaretta o a bere birra.
- Ehi, Les! – Elijah alzò la bottiglia in segno di saluto.
- Brava, Giradischi! – Fece Dom soffiando il fumo dalle narici.
- Ti va di andare a bere qualcosa, attrice di successo?
Sospirai. – Mi piacerebbe moltissimo, ragazzi, ma facciamo un’altra volta. Sono sfinita.
Si guardarono e si espressero in ampi cenni di comprensione.
- Non vi preoccupate, torno da sola in albergo!

Me ne stavo seduta sui gradini della roulotte trucco, da sola, a bere birra da una bottiglia. Non ero ancora tornata in albergo e tutti ormai se n’ero andati in città o a casa. Ero completamente sola. Avevo l’occasione di ripensare alla giornata appena trascorsa. Sorrisi tra me e me: quanto avrei voluto avere Jessie accanto in quel momento, per scroccarle patatine e canticchiare le sigle dei cartoni animati.
Chissà cos’avrebbe detto di me.
- Senti, devi smetterla.
La voce arrivò all’improvviso, facendomi prendere un colpo. Rimasi a fissare il terreno sotto i miei piedi anche se conoscevo quella voce. Non perché non avessi voglia di parlare, non perché non avrei saputo come rispondere a quell’ordine, non perché non avrei saputo neanche spiccicare parola. Ma perché non avevo motivo di sentire quella voce. Non era possibile che la sentissi.
Passarono un paio di minuti, e lentamente mi convinsi di essermela immaginata. Tornai a vagare con la mente ai ricordi della scuola.
- Davvero, devi smetterla.
Cominciai a tremare nonostante l’aria tiepida e il cuore cominciò a battere forte. Alzai lentamente gli occhi.
Poco lontano da me, Jessie restituiva il mio sguardo.

Chiedo umilmente perdono per la lunga attesa, ma è stato un capitolo davvero difficile da scrivere! Non so perché, ma è stato difficile e spero di essermi sdebitata con voi per la lunghissima attesa!
Sempre vostra,
Panenutella
   
 
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