Capitolo Dieci
Ci
vollero settimane per mettere a punto un piano efficace per trarre Baelfire in
salvo.
Durante
questo lasso di tempo Ariel e Killian trascorsero
molto tempo insieme, lavorando gomito a gomito nella cabina di lui, chini sulla
scrivania a studiare la mappa dell’isola che non c’è che il capitano aveva
tracciato sulla base dei propri ricordi e di alcune perlustrazioni a largo di
essa.
Anche
John e Flounder vennero coinvolti nell’elaborazione di quel piano, seppure il
primo avesse avuto delle rimostranze a riguardo, all’inizio. Quando Ariel si
era rivolta lui e gli aveva chiesto di intensificare i loro allenamenti
portandoli a tre volte la settimana, il ragazzo si era insospettito e aveva
capito subito che c’era sotto qualcosa, così aveva fatto il terzo grado alla
sirena, che si era trovata costretta a rivelargli l’intenzione di liberare
Baelfire. Immediatamente John si era infuriato e l’aveva rimproverata,
dicendole che non capiva come mai tenesse così tanto a quel pirata e non gli
stesse alla larga, onde evitare di cacciarsi in affari che non le competevano e
che le avrebbero causato solo guai.
Ariel
si era infuriata a sua volta, tenendo per sé il vero motivo per cui teneva
tanto a Killian poiché non era ancora pronta a
parlarne con qualcuno, e lei e John avevano finito per litigare. Qualche giorno
dopo però quest’ultimo le aveva chiesto scusa e aveva accettato di aiutarla,
ponendo come condizione il fatto di farsi includere anch’egli in quella
pericolosa missione. Essendo stato prigioniero di Peter Pan conosceva l’isola e
Felix, per cui poteva tornare utile.
Vedendo
John reso complice, anche Flounder aveva insistito per farsi coinvolgere nell’elaborazione
del piano, adducendo come motivazioni le stesse dell’amico.
Infine
anche Hercules e Spugna erano stati convocati da Killian,
il primo perché era il membro dell’equipaggio fisicamente più forte, perciò il
suo aiuto risultava fondamentale, e il secondo perché, nonostante fosse a bordo
della Jolly Roger da poco, era l’unico con cui il capitano si confidava e dal
quale accettava consigli. (1)
L’unica
assente era Pocahontas, alla quale la sola idea di tornare sull’isola che non
c’è metteva i brividi, e perciò aveva preferito restarne fuori. Riteneva nobili
i propositi di Ariel e la volontà di John di aiutarla, ma non se la sentiva di
fare altrettanto perché la sua paura l’avrebbe solo resa d’intralcio, e non
voleva compromettere l’intera riuscita della missione.
In
quelle settimane Ariel imparò a gestire i propri sentimenti nei confronti di Killian e a celarli, o almeno ci provò.
Era
grata del fatto che più persone fossero state coinvolte nel salvataggio di Bae, perché così i momenti da trascorrere da sola con il
capitano erano ben pochi e dunque le possibilità di tradirsi con qualche frase
equivoca notevolmente ridotte.
Le
rare volte in cui lei e Killian restavano da soli,
infatti, le immagini del sogno rivelatore che l’aveva messa di fronte alla realtà
si affacciavano vivide nella sua mente e la facevano arrossire e balbettare,
così che doveva trovare al più presto una scusa e fuggire.
Quando
invece insieme a lei c’erano anche John, Leonard, Hercules e Spugna riusciva a
pensare più lucidamente, concentrandosi solo sul trovare un modo per approdare
sull’isola che non c’è e salvare Baelfire.
Aveva
paura dei sentimenti che provava per Killian, così
come temeva che lui li venisse a scoprire in qualche modo. L’avrebbe di sicuro
rifiutata, se così fosse stato, e l’avrebbe allontanata da lui, e quella era
un’eventualità a cui Ariel non voleva nemmeno pensare, perché inevitabilmente
le ricordava che l’intenzione del pirata era quella di andarsene da Neverland, lontano da lei. Il solo pensiero le causava un
vuoto all’altezza dello stomaco e le mozzava il respiro in gola. Non era pronta
a perderlo di nuovo, per l’ennesima volta da quando lo conosceva, specie ora
che si era resa conto di ciò che provava per lui.
Doveva
fargli cambiare idea, doveva distoglierlo da ogni proposito di vendetta prima
che tornasse nella Foresta Incantata, prima che si mettesse sulle tracce del
Signore Oscuro, prima che firmasse con le proprie mani la sua condanna a morte.
Trascorrendo
del tempo con lui aveva imparato a conoscerlo meglio, anche se ancora non aveva
trovato la giusta chiave per farlo ragionare e farlo desistere. Ancora non
aveva idea di come aiutarlo, e non era certa che lui glielo avrebbe permesso,
se avesse saputo.
Doveva
essere molto cauta.
–
Forse ho la soluzione! – esclamò John, un giorno, mentre insieme agli altri
compagni stava studiando la mappa dell’isola, nella cabina di Uncino. – Stiamo
sbagliando approccio, cercando di introdurci di soppiatto sull’isola che non
c’è. Verremmo scoperti subito e catturati, come continuo a dire dall’inizio.
–
E come continuo a dire io, se così fosse i Ragazzi Sperduti ci porterebbero dai
Bimbi Sperduti (2), tra questi troveremmo Bae e poi
fuggiremmo – ribatté Hercules, con tono annoiato. – Non ci metterei molto a
forzare qualsiasi prigione in cui ci mettessero – aggiunse, con un’alzata di
spalle.
Hercules
proveniva infatti da un tempo molto lontano, quando ancora sulla Terra
prosperava la civiltà greca con il suo sapere e la sua arte, e gli uomini si
affidavano a quelle che nei secoli a venire sarebbero state definite divinità
pagane. Hercules era il figlio del capo di questi dei, Zeus, che pur essendo
sposato con Era, si era concesso parecchie libertà con diverse donne mortali, e
tra queste vi era stata anche Alcmena, sua madre.
Hercules era dunque un semidio, e in quanto tale era dotato di una forza
sovrumana che presto lo aveva reso celebre in tutta la Grecia, ma inviso ad
Era, la quale non poteva sopportare che il frutto del tradimento di Zeus fosse
così amato dal popolo, perciò aveva fatto del distruggerlo il suo scopo
principale e lo aveva messo alla prova ben dodici volte, con dodici imprese
estenuanti e a volte rischiose. Hercules le aveva intraprese tutte senza
remore, ma Era non era soddisfatta e aveva ancora in mente la peggiore di
tutte: ucciderlo. Zeus, non appena lo aveva scoperto, si era recato dal figlio
e gli aveva offerto una via di fuga: se solo avesse voluto, lo avrebbe mandato
in un altro mondo, dove sarebbe stato al sicuro dalle ire della matrigna e dove
avrebbe potuto dimostrare il proprio valore. Hercules aveva accettato e si era
ritrovato nella Foresta Incantata, dove poi si era imbarcato sulla nave di Killian, rimasto colpito dalla forza sovraumana che aveva
dimostrato aiutandolo in una rissa da taverna. (3)
–
Sì, ma come Killian, John e Leonard hanno ribadito
più volte la prigione è magica – lo contraddisse Ariel, roteando gli occhi. –
La tua forza bruta non servirebbe a nulla, temo.
–
Sono un semidio – volle precisare Hercules. – Riuscirei a liberarci da
qualsiasi prigione.
–
Ho già detto che è troppo pericoloso farsi catturare, quindi smettiamola di
riconsiderare questa eventualità – mise fine al battibecco Uncino. – Siamo ad
un punto morto. A furia di fissare questa maledetta cartina ci stiamo facendo
sanguinare gli occhi – sbottò, passandosi la mano sul viso, esausto.
–
Stiamo sbagliando approccio, è quello che stavo dicendo – sbuffò John,
risentito. – Se solo mi ascoltaste…
–
Ci servirebbe la magia! – s’intromise Spugna, illuminandosi. Ricevette
un’occhiataccia da John all’istante, ma non vi badò. – Con essa potremmo
affrontare i Ragazzi Sperduti senza paura e liberare Baelfire.
–
E dove la trovi la magia, sentiamo? – lo sbeffeggiò Leonard, inarcando un
sopracciglio. – Hai della polvere di fata a portata di mano, per caso?
–
No, io… no – rispose Spugna, abbassando lo sguardo.
–
Tu no, Spugna, ma io so chi ne ha! – esclamò Killian,
colto da un improvviso lampo di ispirazione. – Trilli, il braccio destro di
Peter Pan! Lei è una fata! (4)
–
Che diavolo c’entra Trilli, ora? – domandò Ariel, perplessa. – Che diavolo vuoi
fare, rapirla e rubarle la polvere di fata per imparare a volare e andare così
sull’isola? Mi sembra un’idea un po’ infantile.
–
No, certo che no! – ribatté Killian, risentito. –
Però potrebbe tornarci utile, in qualche modo.
–
Già – fu d’accordo John. – Ascoltatemi, questa volta – intimò dunque, prima di
prendere un respiro profondo. – Prima che Hercules e Spugna mi interrompessero,
stavo per dire che sbagliamo a pensare che dobbiamo essere noi ad andare da
Peter Pan. Stavo per dire che possiamo fare in modo che sia lui a cercare noi,
e proporgli un accordo, uno scambio. Non sapevo come fare, finché non avete
nominato Trilli. Tutti sappiamo che è il suo braccio destro e che è lei che qui
a Neverland prende i bambini – si interruppe per
riprendere fiato e vide che tutti pendevano dalle sue labbra. – Non ci resta
che aspettare che vada in cerca del prossimo bambino e rapirla, per poi
proporre a Peter Pan uno scambio: riavrà la sua fatina in cambio di Baelfire –
dichiarò dunque. – Che ve ne pare?
–
Devo ammettere che hai avuto un’ottima idea, Smith – approvò Killian, con un sorriso soddisfatto. Finalmente avevano un
piano, un punto da cui partire. Bae sarebbe stato
libero e lui avrebbe potuto trovare un modo per ottenere la propria vendetta. –
Mettiamoci al lavoro.
Trilli
agiva sempre di notte, come l’ombra di Peter Pan. Laddove questa cercava bambini
da rapire negli altri mondi, la fata si occupava di Neverland.
Nessuno sapeva perché Peter Pan si affannasse tanto a cercare quei bambini,
nemmeno chi era stato sull’isola. Tutti ricordavano di aver ricevuto una rapida
occhiata da un Ragazzo Sperduto con un foglio di pergamena in mano, e dopo che
questi aveva scosso la testa erano stati portati al quartier generale di Peter
Pan, al centro dell’isola.
Ariel
sperava che la cattura di Trilli andasse a buon fine.
John,
tornato a Pandora per qualche tempo, aveva trovato un bambino di sette anni che
ancora non era stato portato sull’isola che non c’è, ed era solo questione di giorni
prima che ciò avvenisse. Tutti i bambini nati a Neverland
dovevano subire quella sorte, prima o poi.
Ogni
notte John, Ariel, Killian, Leonard, Spugna ed
Hercules montavano di guardia nei pressi della casa del bambino, alternandosi a
gruppi di due. John si era procurato una pozione che sarebbe stata in grado di
immobilizzare la fata (5), se scagliata contro di lei.
Killian era di guardia
con Spugna, la notte in cui finalmente la pozione venne utilizzata.
–
C’è una cosa che non capisco, capitano – esordì Spugna, rompendo il silenzio
che si era instaurato fin dall’inizio del turno di vedetta.
–
Dimmi, Spugna – lo incoraggiò Killian con voce
rassegnata. Ormai non si stupiva più di come il compagno ragionava e degli
improbabili quesiti che gli si affacciavano alla mente. – Sono tutto orecchie.
–
Se è vero che qui a Neverland il tempo non scorre,
perché il bambino che dorme in quella casa cresce? – domandò il marinaio,
titubante. Temeva che il tempo sarebbe trascorso anche per lui, facendolo
invecchiare. – È da un po’ che me lo chiedo.
–
Solo chi nasce qui a Neverland cresce, Spugna –
rispose Killian, sollevato che il dubbio del marinaio
fosse così semplice. – Chi arriva qui da un altro mondo non invecchia. Il tempo
si ferma, per quelli come noi, e non lascia segni del suo passaggio, se non nel
nostro animo, s’intende.
–
Oh, e quindi… – fece
per chiedere di nuovo Spugna, ma la domanda gli morì sulle labbra non
appena da lontano udì l’inquietante suono di una campanellina
che tintinnava.
–
È lei? – chiese dunque il marinaio bisbigliando, e il capitano annuì.
Killian e Spugna si
misero all’erta; era giunto il momento.
Trilli
arrivò, e man mano che si avvicinava lo scampanellio che le sue ali producevano
sbattendo divenne più forte. Quel rumore era sinonimo di sventura, a Neverland, e tutti lo conoscevano e lo temevano.
Non
appena la fata comparve nel raggio di vista del capitano, questi le scagliò
contro la pozione e Trilli si immobilizzò ancor prima di entrare dalla finestra
della casa.
–
Che diavolo…? – tentò di dire la fata, ma subito
Spugna la afferrò e la mise in una gabbia all’interno della quale non era
possibile fare magie, così che la piccola prigioniera non avrebbe più potuto
fuggire. Killian aveva sempre usato quella gabbia
ogni qualvolta doveva catturare una creatura magica da barattare al mercato di
Tortuga, e ogni volta si era rivelata efficace. Sperava che lo fosse ancora,
anche contro la magia di Trilli. Neverland era
imprevedibile in ogni suo aspetto, compresi i suoi abitanti magici e le loro
abilità.
–
Chi siete voi? – domandò quest’ultima, infuriata, dopo che Spugna ebbe
consegnato la gabbia a Killian.
–
Capitan Uncino – rispose quest’ultimo, mostrandole l’oggetto che sostituiva la
sua mano sinistra. – Non avete sentito parlare di me, mia piccola fatina? –
domandò poi, con una nota derisoria nella voce.
–
No, e non mi interessa niente di voi! – ribatté Trilli. – Non appena Peter Pan
scoprirà che mi avete imprigionata…
–
Oh, non temete – la interruppe Killian. – Lo scoprirà
presto, molto presto – le promise. – Stiamo andando proprio da lui – decretò,
prima di dirigersi con Spugna alla nave, ormeggiata al porto.
Quando
Ariel salì a bordo della Jolly Roger trovò tutto l’equipaggio in subbuglio.
Killian l’aveva chiamata
grazie alla conchiglia, così lei si era svegliata di soprassalto e subito era
accorsa da lui.
–
Che succede? – domandò, non appena fu sul ponte, dove il capitano l’attendeva.
–
Vieni, te lo mostro – rispose Killian, con un sorriso
soddisfatto. Le passò un braccio attorno alle spalle e la condusse nella sua
cabina. Ariel a quel tocco si sentì avvampare e sperò che Killian
non lo notasse.
Non
appena furono nella cabina, il capitano si separò da lei per dirigersi alla
scrivania, e la sirena poté tirare un sospiro di sollievo. Quei contatti fisici
naturali e occasionali la scombussolavano sempre e le facevano venire il
batticuore.
–
Guarda, l’abbiamo presa! – annunciò Killian
trionfante, sollevando per qualche istante una gabbia dorata nella quale
riluceva una figura alata di piccole dimensioni.
–
È lei? Trilli? – domandò Ariel, incredula. Si avvicinò e osservò meglio la
prigioniera: i capelli biondi erano raccolti in una piccola crocchia, e l’esile
corporatura era fasciata in un abito verde dai bordi neri. Dalla schiena le
spuntavano un paio di ali grigie che risplendevano di una luce argentata grazie
alla polvere di fata presente su di esse. L’espressione era visibilmente
imbronciata e infastidita, il che era comprensibile, vista la situazione.
–
Me l’aspettavo più minacciosa – commentò Ariel, con un sopracciglio inarcato. –
E più… grande.
–
Attenta a come parli, tu! – ribatté la fatina, piccata. – Non appena sarò
libera aumenterò le mie dimensioni e ve la farò pagare a tutti, dal primo
all’ultimo!
–
State già contribuendo abbastanza così – borbottò Killian,
annoiato. Da quando era tornato a bordo della nave, Trilli non aveva fatto
altro che ricoprirlo di insulti e minacce, lamentandosi della propria cattura.
Avrebbe tanto voluto imbavagliarla, ma temeva che, se avesse aperto la gabbia
per farlo, la fata sarebbe fuggita, ora che l’effetto della pozione
immobilizzante era svanito. – Torniamo sul ponte – decretò poi rivolto ad
Ariel, che subito lo seguì. Non voleva ricevere un’altra dose di improperi.
–
Non vedo l’ora di sbarazzarmene – rivelò, non appena ebbe ripreso posto al
timone.
–
Da quel poco che ho visto, è fastidiosa – gli fece eco Ariel. Si aspettava che
il braccio destro di Peter Pan fosse più temibile, eppure aveva l’aria di
un’innocua fatina come tante altre. Peccato che invece, per via delle azioni
malvagie che compiva, fosse una fata del tutto fuori dal comune.
–
Stiamo andando verso l’isola, ora? – domandò poi, pur sapendo già la risposta.
Secondo il piano stabilito, una volta catturata Trilli, la tappa successiva
sarebbe stata infatti l’isola che non c’è.
–
Sì, esatto – confermò Killian. – Spero solo che le
sirene non ci attacchino – aggiunse poi, con espressione preoccupata. Le sirene
al servizio di Peter Pan erano appunto solite assalire chiunque osasse avvicinarsi
all’isola che non c’è e trascinarlo con loro in fondo al mare, nei più profondi
abissi.
–
Non succederà – cercò di tranquillizzarlo Ariel. – Il nostro arrivo è
inaspettato, e a quest’ora della notte sono solite godersi la luce della luna
sugli scogli della laguna, che…
–
Che si trova dall’altra parte dell’isola, lo so – concluse per lei Killian. Loro sarebbero approdati dal lato opposto, sulla
spiaggia in cui i Ragazzi Sperduti erano soliti accogliere i bambini rapiti da
Trilli e dall’ombra. – Avevo solo bisogno di sentirmelo dire – dichiarò. – Non
mi fido delle sirene.
Quella
frase per Ariel fu un colpo al cuore. Abbassò lo sguardo per celare il
turbamento che aveva provocato nel suo animo, ma Killian
dovette accorgersene lo stesso perché si affrettò ad aggiungere: – Oh, beh… Tu sei un’eccezione, ovviamente.
Ariel
era preziosa per lui e non le sarebbe mai stato abbastanza grato per l’aiuto
che gli aveva fornito da ragazzino e per quello che nonostante tutto continuava
a fornirgli. A volte ammetteva di essere un po’ troppo burbero nei suoi
confronti, ma spesso non se ne rendeva nemmeno conto se non a cose fatte, come
in quel momento.
–
Certo – confermò Ariel, con un sorriso spento. – John è qui? – domandò dunque,
nel tentativo di andarsene. Non voleva restare con Killian
a lungo, non le andava di stare a sentire altre frasi contro la propria specie.
Certo, le sirene al servizio di Peter Pan erano decisamente temibili, ma non c’era
bisogno di generalizzare così. Da lui si sarebbe aspettata un atteggiamento
diverso, credeva di avergli ormai provato le proprie buone intenzioni da tempo.
–
Sì, è sottocoperta insieme a Flounder – rispose Killian.
–
Vado a svegliarli, nel probabile caso in cui dormano – si offrì dunque la
sirena. – Devono essere più che svegli, per ciò che ci aspetta – aggiunse,
prima di scendere sottocoperta dai due amici.
La
parte finale del piano prevedeva infatti che lei, Leonard e John andassero con
una scialuppa sulla spiaggia dell’isola che non c’è, recando con loro Trilli,
per proporre a Peter Pan uno scambio. Hercules, Spugna e Killian
li avrebbero seguiti da lontano, su un’altra scialuppa, e sarebbero rimasti al
largo quel tanto che bastava per tenerli sotto’occhio e poter intervenire nel
caso in cui qualcosa fosse andato storto. Killian
aveva deciso così perché era certo che se Bae lo
avesse visto non sarebbe mai venuto con lui.
Avrebbe
scoperto del suo coinvolgimento solo una volta lontano dall’isola che non c’è,
quando ormai non avrebbe più potuto fuggire.
Killian sospirò,
mentre osservava Ariel allontanarsi.
Il
loro piano sarebbe riusciuto?
John
era al centro della scialuppa, intento a remare, e Leonard lo aiutava.
Ariel
era seduta a prua e teneva tra le mani la gabbia di Trilli, sforzandosi di
restare calma.
Regnava
il silenzio più assoluto, sulla barca. L’unico rumore che si udiva era il
pianto dei Bimbi Sperduti, che si faceva più acuto man mano che la scialuppa si
avvicinava all’isola che non c’è.
–
Che cosa credete di fare? – domandò Trilli, sprezzante. – Credete davvero che
il vostro piano funzionerà?
–
Sta’ zitta! – sibilò Ariel, dando uno strattone alla gabbia. I propri timori
riguardo la riuscita del piano erano già fin troppi, non aveva bisogno che la
fata rincarasse la dose.
–
Sto solo cercando di darvi un ultimo avvertimento – proseguì Trilli,
indisturbata. – Se mi lasciate andare ora, avrete ancora qualche possibilità di
salvezza. Liberatemi e tornate alla vostra nave, e faremo finta che non sia
successo niente – suggerì, aggrappandosi con le mani alle sbarre della gabbia.
–
Se ti liberassimo ora, il nostro piano andrebbe in fumo – le tenne testa Ariel,
con gli occhi ridotti a due fessure. Non vedeva l’ora di sbarazzarsi di quella
fata insolente.
–
Questo è vero, ma avreste salva la vita.
–
L’avremo salva comunque – s’intromise John, senza troppe cerimonie. – Quindi
sta’ zitta – le intimò dunque, stanco di sentirla blaterare.
Poco
dopo, la scialuppa giunse sulla spiaggia, e i tre scesero.
Subito
furono accolti dai Ragazzi Sperduti, che non appena li videro uscirono dai loro
nascondigli e li circondarono.
–
Chi è così stolto da venire qui senza il permesso di Peter Pan? – domandò
quello che tra essi doveva essere il capo, Felix, riconoscibile da una
cicatrice che gli segnava il volto scavato.
–
Non importa chi siamo, ma cosa vogliamo – rispose John. – Siamo qui per
proporre uno scambio.
–
Uno scambio? – chiese una voce, lontana. Nell’udirla, i Ragazzi Sperduti si
fecero da parte per fare largo a colui che aveva formulato la domanda, ovvero
un ragazzo biondo che indossava un cappello verde sormontato da una piuma
rossa.
–
Peter Pan – sussurrò Leonard, mentre un brivido gli corse lungo la schiena, al
ricordo della prigionia che aveva vissuto anni prima.
Ariel
lo osservò, per la prima volta in tutta la sua vita. Aveva tanto sentito
parlare di Peter Pan e di quanto fosse malvagio e temibile, e quindi si era
fatta un’idea ben precisa di chi avrebbe dovuto affrontare. Averlo di fronte,
però, era tutta un’altra cosa: sembrava un ragazzo come tutti gli altri,
esattamente come quelli che erano al suo servizio, e proprio per questo
incuteva più timore. Se era riuscito a guadagnarsi il loro rispetto, un motivo
doveva esserci.
–
Sì, in persona – confermò il ragazzo, con un mezzo sorriso freddo come il
ghiaccio. – Che genere di scambio avete in mente?
–
Ti ridaremo la tua fatina – esordì Ariel, mostrando la gabbia in cui Trilli era
tenuta prigioniera. – In cambio però vogliamo uno dei tuoi Bimbi Sperduti –
decretò infine, con voce ferma. Aveva paura, ma doveva mantenere una parvenza
di sicurezza che non sentiva.
–
Avete rapito Trilli? – tuonò Peter Pan, spostando lo sguardo sulla gabbia,
mentre l’ira deformava il suo viso in una smorfia terribile. – Come avete
osato?
–
E tu come osi rapire tutti quei bambini? – ribatté John, avanzando di qualche
passo. – Come osi strapparli alle loro famiglie per portarli qui, dove il
terrore regna sovrano?
–
Non ho certo intenzione di rispondere – sibilò Peter Pan. – Non capireste, e
non sono così stupido da sbandierare a tutti i miei obiettivi.
–
Rispondi a questa domanda, allora – s’inserì Leonard. – Rivuoi la tua
fastidiosa fatina oppure no?
–
Certo che la rivoglio, lei è preziosa per me! – rispose Peter Pan, le mani
strette a pugno.
–
Bene, allora libera Baelfire – decretò Ariel, risoluta.
–
Siete qui per Bae, avrei dovuto capirlo – disse Peter
Pan, con uno schiocco di lingua. – Quel ragazzino non è ciò che cerco ma è
comunque speciale, non è così?
–
Liberalo – gli intimò John, stufo di quelle chiacchiere inutili. Peter Pan era
abile, con i trabocchetti verbali. Ad Ariel quella caratteristica ricordò un po’
Oscar, ma si impose di non pensarci. Non doveva agitarsi inutilmente ricordando
il proprio passato.
–
Va bene, va bene – annuì Peter Pan, alzando le braccia rassegnato. – Felix, vai
a prendere il ragazzino – ordinò dunque, e subito il ragazzo sparì oltre la
boscaglia.
–
Liberatemi, ora! – esclamò Trilli, parlando per la prima volta da quando erano
approdati sull’isola. Il timore reverenziale che nutriva nei confronti di Peter
Pan doveva essere molto forte, se non aveva osato intromettersi nel discorso
prima di quel momento.
–
No – ribatté John, in tono secco. – Ti liberemo solo quando saremo tornati al
sicuro, insieme a Baelfire.
–
Che cosa?! – tuonarono Trilli e Peter Pan, in coro.
–
Non siamo stupidi, Pan – lo informò John. – Se liberassimo Trilli ora, tu ci
cattureresti. O peggio. La libereremo solo quando saremo al sicuro, così potrà
tornare da te.
–
Sai volare, del resto – disse Leonard con un’alzata di spalle, rivolto a
Trilli.
–
Siete più furbi di quanto pensassi – dovette ammettere Peter Pan, incrociando
le braccia al petto. – E sia: Trilli sarà libera quando voi sarete al sicuro –
concesse dunque, con un sibilo. – Sappiate che non finisce qui, però – decretò
infine, in tono di minaccia, che tuttavia ricordava una promessa.
Tutto
era andato secondo i piani, per fortuna.
Baelfire
era ora al sicuro sulla scialuppa, insieme ad Ariel, John e Leonard. La sirena
era seduta accanto a lui, che aveva un’aria decisamente spaventata e triste.
Doveva averne passate proprio tante.
Quando
Felix lo aveva consegnato a loro, sul suo volto si era dipinta un’espressione
di puro terrore, ma poi John lo aveva tranquillizzato dicendogli che non
volevano fargli alcun male. Evidentemente doveva aver pensato che quello fosse
solo il passaggio da un aguzzino all’altro.
Non
appena la scialuppa giunse in prossimità della Jolly Roger, Trilli fu liberata
e volò verso l’isola che non c’è senza nemmeno voltarsi indietro.
–
No! – esclamò Bae, riconoscendo la nave e agitandosi.
– Io non ci torno lì sopra, non ci torno da lui! Vi ha assoldati per liberarmi
e costringermi a tornare con lui, vero? – proseguì, con voce carica di
risentimento.
–
No, non è come credi – tentò di calmarlo Ariel. – Non siamo stati assoldati per
liberarti, ma abbiamo collaborato con lui per elaborare un piano efficace. Lui…
–
Non mi interessa! – la interruppe Baelfire, alzandosi in piedi. La scialuppa
iniziò ad oscillare pericolosamente, e Ariel lo afferrò per un braccio,
tirandolo nuovamente accanto a sé. Se fossero caduti in acqua, lei si sarebbe
trasformata in sirena, e il risultato sarebbe stato quello di spaventare Bae ancora di più.
–
Aspetta di salire sulla nave e sentire quello che ha da dirti, prima di dire
che non ti interessa – gli suggerì. – Credo che la sua proposta non ti
dispiacerà.
–
Io non voglio stare con lui su questa nave, ha ucciso mia madre! E vuole uccidere
mio padre! Ha rovinato la mia famiglia e non si fermerà finché non avrà finito!
– proruppe il ragazzino, pieno di rancore, che la permanenza sull’isola che non
c’è doveva aver aumentato.
Ariel
non voleva intromettersi in questioni che riguardano lui e Killian,
per cui preferì non dirgli nulla riguardo l’intenzione del pirata di aiutarlo a
tornare dai Darling grazie a lei e alla sua collana.
–
Per favore, ascoltalo. Non vuole farti del male – gli disse dunque. – Se così
fosse, io non glielo permetterò – dichiarò dunque, sperando di guadagnarsi la
sua fiducia.
–
Va bene – assentì infine Baelfire, rassegnato, dopo aver riflettuto qualche
istante. Non aveva nulla da perdere, del resto.
Poco
dopo la scialuppa giunse accanto alla carena della Jolly Roger e venne calata
una scala di corda intrecciata. Il ragazzino si issò sopra per primo, seguito
da Ariel e John. Flounder restò sulla scialuppa per permettere di fissarla con
delle cime per poi issarla a bordo.
–
Ce l’avete fatta! – esclamò Hercules, contento di rivederli. Insieme a Killian e Spugna era tornato da poco sulla nave, lieto che
il loro intervento non fosse stato necessario.
–
Perché l’hai fatto, pirata? – domandò Baelfire con gli occhi ridotti a due
fessure, rivolto al capitano, che si era fatto avanti per accertarsi che i
compagni fossero giunti sulla nave sani e salvi.
–
Nella mia cabina, ora – decretò Killian, risoluto. Per
un attimo era stato felice di rivedere Bae, di
constatare che stava bene ed era stato quasi tentato, di nuovo, di mettere da
parte la propria vendetta per lui, di dimostrargli che si sbagliava a
giudicarlo così malvagio, ma lo sguardo d’odio che il ragazzino gli aveva
rivolto non appena lo aveva visto lo aveva fatto tornare sui propri passi.
–
Solo se viene anche lei – gli tenne testa il ragazzino, facendo cenno ad Ariel.
–
Va bene – assentì Killian, prima di scendere
sottocoperta, seguito da Bae e dalla sirena.
–
Mi dispiace averti consegnato a Peter Pan – disse il capitano, non appena fu
nella propria cabina. Nonostante tutto, ci teneva che Bae
lo sapesse, che non lo considerasse senza cuore così come aveva fatto dal
giorno in cui aveva scoperto la verità riguardo lui e Milah.
–
Non mi importa – sibilò Bae. – Spero che tu non mi
abbia liberato per propormi di nuovo di restare qui, su questa nave – aggiunse,
in tono duro.
Ariel
restò in disparte, osservando come l’isola che non c’è togliesse ai bambini e
ai ragazzini ogni traccia di innocenza, facendoli crescere in fretta e
bruscamente, rendendoli diffidenti e duri verso chiunque. Ricordava bene la
sera in cui aveva salvato Killian e il modo in cui
lui all’inizio si era rivolto a lei, e notò delle somiglianze nel comportamento
che Bae aveva in quel momento. Il ragazzino, inoltre,
aveva già i suoi motivi per essere duro con Killian,
la permanenza sull’isola non aveva potuto che aumentarli.
–
Non mi aspettavo tu avessi cambiato idea – ribatté Killian,
in tono altrettanto duro. In realtà un po’ ci aveva sperato, ma aveva preferito
non farsi troppe illusioni, e di certo non avrebbe mostrato a Bae il proprio dispiacere.
–
E allora perché sono qui?
–
Perché posso farti tornare dai Darling, se vuoi – rispose Killian.
Quelle parole gli costavano fatica; sapere Bae in un
altro mondo sarebbe stata dura, ma per lo meno sarebbe rimasto al sicuro,
lontano dalla magia che tanto odiava. – Mentre tu eri sull’isola, ho trovato un
modo – aggiunse, facendo un cenno ad Ariel.
–
Io posso aiutarti, Bae – s’intromise allora la
sirena. – Posso creare un portale che ti permetta di tornare nel mondo da cui
sei venuto.
–
Davvero? – domandò Bae, cauto. Avrebbe potuto tornare
dai Darling? Non c’era cosa che desiderava di più al mondo. Gli unici pensieri
felici che lo avevano aiutato a sopportare la prigionia sull’isola che non c’è
erano legati ai Darling, a Londra, a Wendy, a coloro
che l’avevano accolto senza remore e lo avevano fatto sentire parte integrante
della loro famiglia.
–
Sì, con questa collana posso creare un portale – confermò Ariel, mostrandogli
il gioiello.
–
Fallo, allora! – la esortò Bae, impaziente davanti
all’idea di poter riabbracciare Wendy, Michael e John.
Ancora stentava a crederci, ma voleva approfittarne. Non voleva che Uncino
cambiasse idea e lo tenesse prigioniero sulla Jolly Roger.
Ariel
si voltò verso Killian in cerca di una conferma, e
lui annuì.
–
Devo avvertirti, però – disse la sirena. – Qui il tempo scorre diversamente
rispetto agli altri mondi. E dato che sei stato qui, invecchierai più
lentamente rispetto agli altri abitanti del mondo in cui vuoi andare. (6)
–
Non mi importa, voglio tornare dai Darling – decretò Bae,
senza esitazioni, con il cuore che batteva a mille.
–
Bene, allora chiudi gli occhi e focalizza la sua mente su quel luogo – disse
Ariel, stringendo la collana in una mano mentre con l’altra creava un portale
su una delle pareti della cabina di Killian.
–
Apri gli occhi, ora – disse, non appena terminò di creare il portale, che
iniziò a rilucere d’azzurro. – Puoi andare – lo invitò dunque. – Tieni però
bene a mente la tua destinazione – lo avvertì infine.
–
Addio, Bae – lo salutò Killian,
rivolgendogli un ultimo sguardo carico di un affetto che mai sarebbe stato
completamente ricambiato, funestato dalla presenza del Coccodrillo. Quell’essere
aveva il potere di rovinare la vita di Killian anche
indirettamente, grazie alle bugie con cui aveva riempito la testa di quel
ragazzino.
–
Addio, capitan Uncino – si congedò Bae, dopo aver
rivolto un cenno di saluto ad Ariel. – Grazie – mormorò dunque, con la voce
carica d’emozione, prima di chiudere gli occhi ed entrare nel portale, che
subito si richiuse dietro di lui.
–
È finita – disse Killian, con un sospiro.
–
Ti dispiace che sia andato via? – indagò Ariel, cauta. Ormai aveva capito che
con alcuni argomenti doveva usare molta delicatezza.
–
Un po’ sì – ammise il pirata, con una scrollata di spalle. Gli dispiaceva aver
detto addio a Bae, al figlio di Milah,
a quel ragazzino a cui non avrebbe mai creduto di affezionarsi così. Gli
mancava, eppure sapeva che farlo tornare dai Darling era stata la cosa più
giusta da fare. Bae sarebbe stato felice, e lui non
avrebbe più avuto debolezze. – Però ora che è al sicuro posso concentrarmi
meglio sulla mia vendetta. Bae era solo un ostacolo –
aggiunse, in tono duro. Dicendolo ad alta voce, forse, se ne sarebbe convinto.
–
Vuoi ancora vendicarti di Tremotino? – domandò la sirena, con un sospiro. –
Speravo che…
–
Speranze vane, non rinuncio alla mia vendetta! – la interruppe Killian, tuonando. – Ora che Baelfire è tornato dai
Darling, posso di nuovo pensare ad un modo che mi permetta di andarmene da Neverland. Non c’è più nulla che mi trattenga, qui –
decretò.
Ariel
deglutì a fatica, a quelle parole. L’animo di Killian
era troppo intaccato dalla vendetta perché riuscisse a guardarsi intorno in
modo obiettivo, e ciò la feriva. Se solo avesse aperto gli occhi, si sarebbe
reso conto che avrebbe potuto rimanere a Neverland e
ricominciare da zero, accanto a lei. Per quanto Peter Pan incutesse timore
ovunque, c’era la possibilità di vivere una vita felice e tranquilla, bastava volerlo.
Invece era cieco, come lei lo era stata quando aveva desiderato vendicarsi di
Oscar, e se nemmeno Bae era stato in grado di farlo
ragionare, nient’altro sarebbe valso a fargli cambiare idea.
–
Proprio nulla? – le uscì spontaneo, in tono carico di dolore e dispiacere. Rendersi
conto di quanto Killian fosse perduto faceva male e
la faceva sentire impotente.
Killian alzò lo
sguardo, sorpreso. – Perché, cosa dovrebbe esserci? – chiese, sorpreso.
Ariel
fu colta da quella consapevolezza come un lampo.
Forse
un modo per far desistere Killian dai proprio
propositi di vendetta c’era!
Era
una possibilità che non aveva mai preso in considerazione fino a quel momento,
per paura, eppure doveva tentare, doveva agire. Non c’era nulla da perdere,
nient’altro che potesse fare per lui, e tanto valeva tentare. Forse lui non
avrebbe trovato pace, ma probabilmente l’avrebbe trovata lei.
Ariel
si fece avanti e lo baciò. Premette le proprie labbra sulle sue e chiuse gli
occhi, per poi posargli le mani sulle spalle. Era certa che da un momento
all’altro Killian l’avrebbe rifiutata, che l’avrebbe
bruscamente spinta via per poi cacciarla dalla sua nave e dalla sua vita,
perciò voleva godersi ogni istante di quel bacio che tanto aveva agognato e che
mai avrebbe pensato di potergli dare. Voleva solo dare un po’ di pace al
proprio animo tormentato, capire se per Killian c’era
ancora qualche speranza di tornare quello di un tempo, se nel suo cuore c’era
ancora spazio per qualche sentimento nobile.
Qualche
istante dopo, accadde qualcosa che la sorprese. Avvertì le braccia del capitano
avvolgerla, per avvicinarla di più a sé, e la mano sana premerle sulla nuca per
invitarla reclinare la testa e approfondire il bacio, cosa che Ariel non esitò
a fare, schiudendo le labbra e dando così facile accesso alla lingua del pirata
che immediatamente si fuse con la propria.
Poco
dopo, senza smettere di baciarla, Killian sollevò
Ariel da terra e la portò verso il letto, dove la fece stendere.
Forse c’è
ancora speranza, per lui, pensò Ariel, felice, prima di lasciarsi andare
completamente alla passione, lasciando dietro sé ogni traccia di lucidità.
Note
(1) Così mi è
parso di capire dalla 2x11 a Storybrooke e dalla 2x22 a Neverland.
(2) Ho voluto fare
questa distinzione; i Ragazzi Sperduti sono Felix e compagnia bella, ovvero i
tizi al servizio di Peter Pan, mentre i Bimbi Sperduti sono i bambini che Peter
Pan rapisce.
(3) Ho rielaborato
un po’ il mito di Eracle, in modo da poterlo incastrare con i personaggi delle
fiabe. Sì, probabilmente ho calcato un po’ la mano, lo ammetto, ma mi piaceva
l’idea di collegare il mondo delle fiabe con i miti pagani. xD
(4) So che Trilli
comparirà nella terza stagione, ma così come Peter Pan, non mi atterrò agli
spoiler rilasciati finora, perché ho plottato questa
storia dopo la 2x22 e dunque sapevo poco o nulla di quello che gli autori
avevano intenzione di fare con Neverland e con questi
personaggi.
(5) Un po’ come
con Regina quando viene catturata da Biancaneve e il Principe nella 2x10.
(6) Tentativo di
spiegare come Bae abbia potuto tornare dai Darling
per poi incontrare Emma indisturbato, quando invece avrebbe dovuto essere già
anziano, se non addirittura morto. xD
Finalmente
eccomi qui con il decimo capitolo, che spero vi sia piaciuto.
Ho
un po’ di dubbi a riguardo, come sempre, specie riguardo al salvataggio di Bae, ma non sapevo come fare altrimenti.
Finalmente
Ariel e Killian si sono dati una mossa, e spero non
mi odierete per aver interrotto tutto sul più bello, ma non mi ritengo in grado
di scrivere scene rosse e perciò ho preferito evitare.
Che
succederà, ora? Cambieranno le cose? Killian
rinuncerà alla sua vendetta, per Ariel? Prova qualcosa per lei, o è solo un
passatempo?
Riflettete,
gente, riflettete…
Colgo
inoltre l’occasione per dirvi che d’ora in poi i ritmi di pubblicazione saranno
un po’ rallentati, dato che domani riprendo i corsi all’università e in più ho
iniziato a lavorare sulla tesi, quindi riesco a scrivere solo di sera, se non
sono troppo stanca. Per aggiornamenti, spoiler, curiosità e altro vi rimando al
gruppo face book che ho creato per le mie storie nel fandom
di Ouat: https://www.facebook.com/groups/329640027182871/
Ringrazio
infine chi ha recensito lo scorso capitolo, i lettori silenziosi e chi mi ha
aggiunta alle seguite/preferite/ricordate.
A
presto! :)
Sara