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Autore: AnneC    06/10/2013    5 recensioni
Si può abbandonare il proprio Paese e una volta all’estero cercare qualsiasi cosa che ti tenga aggrappato ad esso?
Si può ripartire da zero, iniziare una nuova vita, creare una nuova versione di te senza sentirsi spaesati e soli in una metropoli che ti attende oltre le finestre?
Riuscirai a ristabilire l’ordine o andrà tutto a rotoli?
Resterai o tornerai indietro?
In ogni battaglia serve qualcuno che ti copra le spalle nei momenti di difficoltà e che esulti con te della vittoria. Ma puoi trovarlo in mezzo ad una folla sconosciuta?
C’e chi riesce nel suo intento e chi invece rimane sconfitto.
Cos’è successo a me? Stavo precipitando, ma qualcuno mi ha portata in salvo.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16

~•~

And the only chance we have of moving on was trying to take it back before it all went wrong.


“Mi dici che cavolo ti è preso?” mi chiede Marisol non appena entriamo nello spogliatoio.
“A cosa ti riferisci?” le domando non capendo le sue parole.
“Eri ad un passo dalla verità e non hai voluto ascoltarla” sbotta aprendo il suo armadietto.
“Non hai visto ciò che ho visto io... i suoi occhi mi hanno fatto cambiare idea. La luce che li caratterizza li ha abbandonati e sono rimasta senza fiato. Erano spenti e mi hanno fatta sentire vuota, incapace di ascoltare ciò che aveva da dirmi. Ma la prossima volta che tirerà in ballo l’argomento, sarò pronta ed all’altezza di quel vuoto”.
“Quando sarà la prossima volta?” mi domanda guardandomi storto.
“Non farò passare altro tempo, non preoccuparti” la rassicuro.
“Sicura? Potresti approfittarne anche adesso, dato che ti sta aspettando” conclude.
Sospiro e mi siedo sulla panca che ho di fronte. Sono pronta ad affrontare tutto questo? Perlomeno saprò cosa gli è davvero passato per la mente in quei giorni in cui non ho avuto sue notizie. Finalmente avrò le risposte che volevo, ma se la verità sarà dura da accettare?
Beh, credo che a questo punto la situazione non possa peggiorare più di tanto.
“Sei ancora sulla Terra?” domanda sarcastica la spagnola sventolando una mano davanti ai miei occhi, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
“Sì, sono ancora qui. E’ meglio se usciamo però”
“Prima che cambi idea” aggiunge Marisol tirandomi per un braccio, costringendomi ad alzarmi.
Quando torniamo nella sala principale, al bancone ci sono Paul e Leslie, che non appena mi vede, mi fa l’occhiolino, simbolo che ha capito tutto anche lei.
Qui tutti hanno capito tutto tranne me, e Josh, ma questo è un bene per ora.
“Non vogliamo sconvolgere i vostri piani” esordisce Mark quando ci avviciniamo.
“Cosa fate di solito dopo che avete finito di lavorare?” aggiunge Danny sorridente. I suoi occhi sono esattamente come quelli che hanno affollato i miei ricordi: luminosi e liquidi.
“Ognuno va a casa sua” rispondo senza accorgermene, ricevendo una gomitata dalla spagnola al mio fianco.
“Andiamo a casa mia” mi corregge la mia amica.
Ma si è bevuta il cervello? E se Josh dovesse rientrare prima? La guardo di traverso, ma lei sembra non accorgersene.
“Vi dispiace se ci uniamo a voi?” chiede Mark, ma è già a conoscenza della risposta.
Ci incamminiamo lungo la strada che separa la caffetteria dalla metro e quando passiamo davanti all’entrata del pub dove abbiamo trascorso la scorsa serata, un brivido mi sale lungo la schiena.
“Ancora non ti sei abituata al freddo londinese?” mi domanda Danny sussurrando.
“Non ancora” mento spudoratamente.
“Dobbiamo rimediare allora” afferma pensieroso.
“Il Below Zero non ha funzionato al cento per cento” interviene la spagnola, che non si fa i fatti suoi.
“Ah, eppure pensavo che stare quaranta minuti sotto zero avrebbe reso questo clima più dolce” dice incrociando il mio sguardo.
“Per un po’ ha funzionato, ma ogni tanto mi viene in mente l’inverno italiano, che è decisamente meno freddo” affermo reggendo il suo sguardo.
“Allora troveremo qualche altro modo” interviene Mark facendomi l’occhiolino.
 
L’appartamento di Marisol è vuoto, quindi per ora sono salva. Quando entriamo in salotto, noto che accanto alla vetrata che da su Londra c’è la poltrona che sistematicamente sposto per sedermi a venerare quella vista fantastica e che al suo fianco ne è stata aggiunta un’altra. Alla fine la mia amica si è decisa ad appoggiare la mia idea di sfruttare di più quell’angolo della casa.
“Vi offro qualcosa?” chiede la spagnola ai due irlandesi. “Se tu vuoi qualcosa, ti alzi e te lo vai a prendere” mi dice, dopo che mi sono accomodata sulla mia poltrona preferita.
“Un tè” dice Danny sorridente, sedendosi sull’altra poltrona.
“Per me un caffè” le risponde Mark.
“Non bevi troppa caffeina?” gli domando, preoccupata davvero per la sua salute. Non mi risponde, ma si dirige in cucina con Marisol, lasciandomi sola con l’altro irlandese.
“Sol? Prepari un tè anche a me?”. La sento sbuffare pesantemente e il chitarrista mi risponde che ci penserà lui.
“Questa vista è fantastica”.
“Dovresti vedere quando la città si illumina, è uno spettacolo mozzafiato” aggiungo guardando fuori a mia volta.
“In ogni caso non reggerebbe il confronto con qualcuno di mia conoscenza” confessa e sento il suo sguardo posarsi su di me.
“Anche questa frase funziona con le altre?” mi lascio sfuggire. Cavolo. Ma la sua espressione non cambia, anzi, un sorriso affiora sulle sue labbra.
“La smetti con questa teoria assurda? Non esistono altre adesso”
Me la sono cercata, l’ammetto.
“Ma vuoi una spiegazione lo so” mi dice, mentre torna a fissare l’orizzonte fuori la finestra. Questa volta i suoi occhi non sono scuri e vuoti, ma appaiono velati da qualcosa, forse nostalgia, ma non ne sono sicura.
“Non avevo programmato di tornare in Irlanda” aggiunge incrociando il mio sguardo. “Da dove inizio?” chiede più a se stesso che a me. “Forse non lo sai, dato che non conoscevi i The Script” continua accennando in sorriso. Io lo ascolto, non voglio interrompere il suo discorso, anche se è lui stesso a fermarsi ad ogni frase.
“Circa sei mesi fa sono uscito da una relazione che durava da un po’ e non sono rimasto indenne”.
“Mi dispiace” gli dico interrompendolo.
“Beh, ho promesso a me stesso di non farmi coinvolgere emotivamente da qualcuno, soprattutto perché tra la musica e il tour, non mi rimane molto tempo per il resto. Ammetto che mi è capitato di concedermi qualche rapporto occasionale” aggiunge con un sorriso malizioso.
“Quindi non era tanto assurda quella teoria!” lo accuso sorridendo a mia volta.
“D’accordo, sono colpevole vostro onore. Ma questa volta era diretta ad una persona nello specifico e a quanto pare non ha funzionato a pieno”.
“Mi stai dicendo che vuoi portarmi a letto?” chiedo sbigottita.
“Vacci piano, non saltare subito alle conclusioni” mi canzona. “Sono scappato da Londra nella speranza di dimenticarmi di te, dato che sentivo che saresti diventata il mio chiodo fisso, poi hai deciso di rifarti viva ed ho capito che non avresti mollato l’osso facilmente. Allora sono tornato qui, ma tu ti sei tirata indietro all’ultimo minuto”.
Quindi se n’è andato perché non voleva che diventassi la sua ossessione? E soprattutto perché non cerca un rapporto occasionale, ma qualcosa in più... Cavolo, mi sto agitando. Nessuno mi ha mai detto apertamente una cosa del genere.
“Ma cosa ti ha spinto realmente a chiamarmi?” chiedo, nella speranza che dalla mia voce non si capisca la mia agitazione.
“Semplice. Ogni volta che provavo a chiudere occhio o che lasciavo vagare la mia mente, la tua immagine mi appariva chiara, come se ti avessi realmente davanti ai miei occhi. Il più delle volte avevi l’espressione sorpresa, quasi incantata che hai avuto quando mi hai visto la prima volta in caffetteria, e che hai anche in questo momento” mi risponde sorridendomi, spezzando l’incantesimo sotto il quale mi ha sottoposto.
Non proferisco parola, gli sorrido semplicemente. Lui non lo sa, ma anche i suoi occhi mi hanno tormentata. Nessuno dei due è riuscito a dimenticare l’altro, solo che lui è scappato per dimenticarmi, io ho preferito utilizzare qualcun altro per rimpiazzarlo.
“Che fine ha fatto il nostro tè?” chiedo sentendo improvvisamente la bocca secca.
“Non ce lo porteranno finché non avremmo finito di parlare” mi dice appoggiando i gomiti sulle sue ginocchia. Dopotutto Marisol e Mark ci hanno lasciati soli proprio per questo.
“C’è anche un’altra cosa che mi ha spinto a tornare” aggiunge, appoggiando la schiena alla poltrona e cominciando a tamburellare le dita sulla sua gamba.
“Di cosa si tratta? Dato che hai cominciato, mi devi dire tutta la verità”.
“Nient’altro che la verità” mi appoggia, scimmiottando un giudice.
“Dica lo giuro” concludo sorridente. “Su, dimmelo”.
“E’ stata la tua insicurezza”. Come scusa?
“Il tuo non sentirti all’altezza di ripartire da zero in una nuova città, il tuo voler mollare tutto, il bisogno di un incoraggiamento e di qualcuno che ti facesse sentire a casa, al sicuro, che ti difenda da questo mondo sconosciuto. Ho promesso a me stesso che avrei fatto sì che i tuoi occhi brillassero costantemente di gioia, come è successo quando ti ho ceduto il taxi. All’inizio volevo anche aiutarti ad accettare la tua nuova vita qui, ma a quanto pare sono arrivato tardi per questo” aggiunge con un sorriso malinconico.
 “Beh, a dire il vero, mi hai aiutata più di quanto tu creda. Stavo per mollare tutto ed invece mi hai incoraggiata a restare” confesso sistemandomi una ciocca di capelli. “Senza quel discorso probabilmente sarei rientrata in Italia oppure, quantomeno, sarei diventata apatica e depressa”.
“Non cercare di attribuirmene il merito. Hai fatto tutto tu, hai scelto tu di rimanere ed integrarti in questa caotica città” controbatte.
“Potrebbe anche essere, ma le tue parole mi hanno ricordato perché avevo scelto di trasferirmi e non potevo mandare tutto all’aria” insisto.
“Ciò non toglie però che qualcun altro ha occupato il mio posto” conclude, alzandosi e cominciando a camminare disegnando una linea retta davanti la finestra.
“Posto? Qui nessuno ha un posto in questo momento, neanche tu” ammetto, alzando leggermente la voce.
“Quello che era ieri sera con te non occupa nessun posto?” chiede con un tono duro fermandosi di fronte a me.
“No, nessuno” sbotto alzandomi, colmando la distanza tra di noi.
“Quindi ho semplicemente immaginato che si comportasse come se stesse insieme?”
“Non stiamo insieme, ma anche se fosse, cosa te ne importa? Te ne sei andato, mi hai lasciata sola quando avevo bisogno di te”. Merda, non posso averlo detto davvero.
“Che me ne importa?” si interrompe con un mezzo sorriso. “Che cosa hai detto?” mi domanda alzando un sopracciglio, mentre un sorriso a trentadue denti si fa largo sul suo volto.
“Non te le ripeto” controbatto, incrociando le braccia al petto.
“Ho sbagliato a lasciarti sola, ma sono qui per rimediare e recuperare il tempo perduto” afferma, avvicinandosi di più a me e stampandomi un bacio sulla fronte.


 

~•~

Salveee! Come va?
In questo capitolo vengono svelate le
motivazioni della lontananza del
nostro caro Danny e diciamo che anche
Anna si è “sbottonata” un po’.
Cosa accadrà adesso? E soprattutto cosa ne
sarà del rapporto tra la nostra protagonista e Josh?
Lo scopriremo nei prossimi episodi capitoli!
Grazie di cuore a tutte voi che seguite
la storia e che continuante a sopportarmi! Vi adoro :*
Alla prossima,

~ AnneC


   
 
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