Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Anna Wanderer Love    06/10/2013    5 recensioni
Una ciocca bionda sfugge dal cappuccio che cela il suo volto e mi sfiora lo zigomo. I miei occhi guardano quei lisci capelli d’oro pallido, poi risalgono lentamente e per la seconda volta il mio sguardo si incatena a quello celeste, duro e inflessibile di lui.
-Chi sei?
Le sue dita si stringono con forza attorno ai miei polsi, con tanta forza che riesco a sentire il loro profilo segnare la mia pelle, con tanta forza che penso che me li spezzerà, i miei maledetti polsi. Mi esce una risatina dalla bocca, nonostante tutto, e i suoi occhi ne sembrano sorpresi.
-Se te lo dicessi non farebbe differenza.
-Ah sì?- Ribatte lui, scrollandomi con violenza. La mia testa batte per terra.
Trattengo il respiro quando la vista mi si annebbia per un’istante.
-Sì- sibilo fissandolo con astio.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo Sedici:
Sarà Terrificante.




Legolas:

Taglio con il coltello l’estremità delle bende che avanza dalla fasciatura. La ferita è migliorata molto rispetto a ieri... all’altro ieri, visto che abbiamo passato due giorni a dormire. Ma comunque ci vorrà molto tempo perché guarisca.

Savanna ha lo sguardo basso, e il suo volto è purpureo. Mi dispiace di causarle tanto imbarazzo, ma è necessario.

Non ha più detto una parola. Con un sospiro le alzo la testa e la bacio piano. E’ così rigida...

-Mi dispiace- mormoro affondando il volto nelle onde scure dei suoi capelli.

Lei non mi risponde, ma si muove con cautela e mi abbraccia, posando la testa sul mio petto.

-Scusa- dice con voce mogia.

Aggrotto le sopracciglia, confuso, ma prima che possa aprir bocca un rumore violento e sordo mi fa trasalire, e con me Savanna, che ha una fitta al petto. Geme e si accascia contro di me. Imprecando in elfico la stringo e alzo contemporaneamente lo sguardo, restando senza fiato.

Athma è appollaiata sulla cresta di rocce che delimitano l’entrata della grotta, e sotto di lei, steso a terra, c’è Haldir. Si rialza imprecando.

-Haldir?!

Si volta alla mia esclamazione e sgrana gli occhi.

Un altro gemito di Savanna distoglie la mia attenzione da lui, e mi accorgo che s sangue si sta rapidamente allargando sulle bende bianche.

-No!! Oh, avanti!- Sbotto esasperato, per afferrare la ragazza e stenderla di nuovo sul letto. Lei si contorce in preda alle convulsioni, e faccio del mio meglio per tenerla ferma. Sento dei passi dietro di me e Haldir spunta al mio fianco.

Torreggia minaccioso su di noi. Fissa la mia amata con uno sguardo rovente.

-Cosa significa?- Sibila minaccioso, livido in volto.

Lei cerca di prendere fiato e rispondergli, ma non riesce a respirare. Scanso Haldir e mi inginocchio accanto a lei, mettendola seduta contro di me per aiutarla. Haldir ci fissa gelido.

-Dannazione, Haldir, sta male, aiutami! Dopo ti spiegherò tutto!- Urlo esasperato.

Con un sospiro lui si riscuote e afferra bruscamente Savanna. La guarda negli occhi, e le parla con tono rassicurante.

-Savanna. Guardami. Resisti, non devi svenire. Se svieni non ti sveglierai più. Guardami.

Continua a parlarle, tenendola tra le braccia. Le fa reclinare la testa sulla sua spalla e la fa mettere seduta dritta contro il suo petto. Li guardo, e osservo Savanna riprendere lentamente a respirare con più calma e tornare a colorarsi sulle guance.

Appena sono sicuro che è tutto a posto la strappo dalle braccia del mio migliore amico, mio malgrado geloso, e la adagio sul letto.

Appena lei chiude gli occhi mi sento afferrare per il braccio in una stretta d’acciaio e Haldir mi trascina a qualche passo di distanza.

-Che diamine significa, Legolas?- Si trattiene a stento dall’urlare, e i suoi occhi grigi mi inchiodano lì dove sono.

-Haldir... mi dispiace, ma non lo sapevo...

Lui mi interrompe furioso.

-Come facevi a non saperlo se adesso sei qui?! E poi lei com’è finita in quelle condizioni? E tu? Perché sei ferito? E che diamine c’entra il drago con voi?!

Vago con lo sguardo sul suo volto, confuso, per qualche istante. Come fa a sapere che sono ferito? Poi lui, come se avesse intuito i miei pensieri, mi indica con un cenno della testa e io abbasso lo sguardo. Ah, me n’ero dimenticato. Non ho più la maglia addosso.

Chissà dov’è finita.

Haldir posa una mano sulla mia spalla e stringe con veemenza per farmi tornare alla realtà. Trasalisco e lo guardo con aria colpevole. E’ davvero arrabbiato, accidenti.

-E’ una storia lunga, te la racconterà Savanna... siamo stati attaccati, lei si è ferita e anche io... è merito di Athma se siamo vivi- Haldir mi interrompe scuotendo la testa incredulo.

-Athma? Intendi il drago?

Dragonessa, prego, signor Elfo insopportabile, borbotta lei nelle nostre menti. Soffoco un sorriso, ma il mio amico non ci trova niente di divertente.

-Ah, e ci parli pure? Ti sei dimenticato di Smaug, per caso?

-Lei non è come Smaug!- Esclamo con forza. Haldir stringe gli occhi fino a ridurli a due fessure.

-Sono tutti uguali!

-No! Lei non è avida, non custodisce un tesoro, non cerca l’oro! Lei è l’ultima della sua razza! E’ una cucciola, Haldir!

Ehi!

Continuo a parlare senza prestare ascolto alla protesta di Athma.

-Ha pochi anni! E’ piccola! E la sua storia è già grondante di sangue! Lei ci protegge... e ha bisogno di essere protetta. Savanna ha questo compito, e non ti permetterò di intralciarla.

-E come pensi che possa fare qualcosa, lei, che se ne sta lì, in quelle condizioni? L’hai vista? Non sai neanche se sopravvivrà!

-Lei sopravvivrà, Haldir!!! Non osare anche solo pensare di no!! HO VISTO CON I MIEI OCCHI LA FERITA, HO DOVUTO SPOGLIARLA E PULIRE IL SUO SANGUE, CERCARE DI CURARLA CON NIENT’ALTRO CHE STOFFA ED ERBE! IO LA AMO, E HO DOVUTO VEDERLA ODIARSI PER NON ESSERE RIUSCITA A NON VERGOGNARSI DAVANTI A ME, E PER NON ESSERE STATA CAPACE DI DIFENDERE SE STESSA E ME! Quindi non osare più chiedermi se ho visto in che condizioni è, perché ti giuro che ti pianto una freccia nella spalla!!

Guardo il mio amico con il respiro pesante. Ho i pugni serrati per impedirmi di fare sciocchezze, ma davvero, solo per stavolta, sarei felice di fare a botte con lui.

Chiudo gli occhi e cerco di calmarmi. Sento la gola bruciare; a quanto ricordo, non ho mai perso la calma in questo modo.

 

Savanna:

Stringo i pugni sotto le coperte, rannicchiata su me stessa, in attesa che le urla di Legolas finiscano. Ho le lacrime agli occhi e sto piangendo. Lacrime calde solcano il mio volto, mescolandosi ai miei capelli e al bruciore insistente della ferita. Strano a dirsi, ma in questa posizione mi dà l’impressione di far meno male.

La voce dell’Elfo mi rimbomba nella mente; trattengo l’impulso di tapparmi le orecchie, non servirebbe a niente, le sue parole continuerebbero a tormentarmi.

“Ho dovuto vederla odiarsi per non essere riuscita a non vergognarsi davanti a me, e per non essere stata capace di difendere se stessa e me”.

Ha ragione.

Mi odio.

Quella frase è stata una pugnalata; il tono con cui l’ha gridata è stato il colpo di grazia. Amareggiato. Triste.

Trattengo un singhiozzo e affondo le unghie nei palmi delle mani. Mi odia. Legolas mi odia. No, non è esatto. Odia se stesso per colpa mia. Perché mi vergogno, perché sono debole.

BASTA!!!!

Il ruggito di Athma mi fa sussultare. Rimbomba nella caverna con un’intensità tale da farmi male alle orecchie. Me le tappo, ma sento comunque il ringhio infuriato che segue.

La volete finire?! Avevo sentito che gli Elfi sono intelligenti, ma voi due non lo sembrate per niente! Siete come due cuccioli che si azzuffano per una mela e non prestano attenzione alla mamma che ne ha in mano un’altra! Ve ne state a urlare nella MIA caverna, sotto il MIO tetto, e date fastidio a ME quando state terrorizzando MIA SORELLA!!

Gemo piano. Cristo, no. Athma sta spostando la loro attenzione su di me. Dio, ti prego fa’ che m’ignorino. Sento dei rumori alle mie spalle e il silenzio cala nella caverna. Io non tiro fuori la testa dalle coperte. No.

Ma sento dei passi, alle mie spalle.

No. Per favore.

Una mano si tende e sposta le coperte dal mio viso. Socchiudo gli occhi lacrimanti e scorgo il volto serio di Haldir. Senza dire niente mi fissa per qualche secondo, poi con gesti aggraziati si sfila il mantello dalle spalle e mie lo avvolge attorno, facendomi mettere seduta. Legolas è qualche passo più indietro e i suoi occhi celesti sono fissi sulla mano di Haldir che stringe il mio fianco. Oddio, è geloso?

Non faccio in tempo a chiamare Legolas che mi sento sollevare dal letto, e mi scappa un lamento per una fitta alla ferita.

-Che fai?- Sento il mio Elfo chiedere, con un tono di voce pericolosamente calmo.

Haldir sbuffa, aggiustando la presa sul mio busto. Sento le sue dita premere sopra le bende, sulle costole, e il fatto di trovarmi in braccio a lui mi mette a disagio.

-Dobbiamo tornare a casa sua- risponde.

-Tu vestiti e muoviti, senza sforzare la ferita. Io ti aspetto fuori- aggiunge laconico.

Sento Legolas sbuffare, ma Haldir mi porta via arrampicandosi sulle rocce con un’equilibrio incredibile. Non sembra che si stia stancando a portarmi in braccio, eppure non peso certo come un gattino. Si sforza di farmi muovere il meno possibile, ma mi sento comunque avvolta in una vampata di fuoco.

Una volta fuori l’aria fresca migliora la situazione. E’ il tramonto, il che vuol dire che sono passati tre giorni da quando io e Legolas siamo scomparsi. Mentre lo aspettiamo Haldir mi sorprende; so che è arrabbiato, ma mi fa appoggiare con dolcezza la testa sulla sua spalla. Sento il suo cuore battere forte contro la mia spalla, e quel rumore tenue mi culla lentamente nel sonno.

 

Un bambino sta correndo in un prato verde. Davanti a lui c’è un ampio palazzo dalla forma strana: si intreccia con gli alberi, e vaste scalinate partono da terra e si arrampicano lungo i tronchi massicci. Il bambino corre su per le scale, e svolta in un  piccolo corridoio aperto: sopra alla sua testa minuta le fronde degli alberi lasciano intravedere il cielo sereno.

Il bimbo scende correndo alcuni gradini, dirigendosi verso una figura in piedi, al centro del piccolo giardinetto, davanti ad un ampio tavolo di marmo bianco. L’uomo è di spalle, ma una corona di rami gli circonda il capo, e lungo le sue spalle e la schiena gli scendono i capelli biondi e lisci.

-Papà, papà!

L’uomo si volta, e la veste argentata forma un piccolo cerchio davanti al bambino. Il volto dell’Elfo è severo, gli occhi grigi scintillano e i lineamenti del suo volto sono orgogliosi; ma appena vede il piccolo corrergli incontro il suo volto si apre in un sorriso luminoso.

Uno dei suoi ospiti, un’Elfo dai lunghi capelli neri, dice qualcosa in elfico, attirando l’attenzione del padre biondo, che si volta. Il bambino lo raggiunge e solo in quel momento si accorge dei sei Elfi che lo fissano. Si nasconde dietro al padre, mentre gli altri lo guardano  sorridendo dolcemente.

-Tuo figlio è uguale a te, Thranduil- dice l’elfo che aveva parlato prima, osservando la testolina bionda spuntare da dietro la veste del padre e guardarlo con aria curiosa.

Il visetto del piccolo è liscio e tondo, luminoso come tutti quelli dei bambini. I suoi occhi chiari spiccano contro le guance arrossate per la corsa. I suoi capelli lunghi, incredibilmente, sono in ordine.

-Lo so, Elrond- dice Thranduil, guardando con affetto il piccolo.

Poi si china e prende in braccio il bambino, che sorride. Poi si siedono a tavola e il figlio comincia a giocare con i capelli del padre, che, parlando tranquillamente con gli altri, ogni tanto si assicura con un’occhiata che non faccia danni irreparabili ai suoi capelli.

Un’Elfo con i capelli castani osserva il bambino con un sorriso, gli occhi che scintillano divertiti. Quando cade il silenzio il bambino sposta lo sguardo su di lui e lo guarda curioso.

-Hai dei capelli strani- dice con voce squillante all’adulto, che ride-

-Legolas, non essere maleducato- lo rimprovera Thranduil, e lui abbassa lo sguardo, aggrappandosi alla spalla del padre.

-Scusa- dice con voce triste.

 

Mi risveglio di colpo. Apro gli occhi, e la mia vista è perfetta. Non vedo sfumato grazie al cielo, e non mi gira neppure la testa. Sbatto le palpebre e respiro profondamente. Un intenso odore di tabacco e menta mi entra nei polmoni e sgrano gli occhi.

-Ronim!- Urlo.

Una risata alla mia destra mi annuncia la sua presenza. Volto la testa, ed eccolo lì, seduto sulla mia sedia a dondolo, una caviglia appoggiata al ginocchio. I suoi occhi azzurri scintillano, e sta sorridendo. Ha le mani che sorreggono la sua dannata pipa. Sbuffa una nuvola di fumo nell’aria.

-Spegni quella cosa!- Strillo con tutto il fiato che ho.

Lui ride ma mi accontenta. Si alza, e con la sua elevata altezza mi sovrasta. Lo guardo dal basso verso l’alto, mentre si mette le mani sui fianchi.

-Non azzardarti a farmi mai più una cosa del genere, signorina. Ti voglio un bene immenso, ma adesso vorrei prenderti a schiaffi. Hai la minima idea di che colpo mi sia preso quando ti ho vista inerme tra le braccia di Haldir, e poi quando ho visto che eri bendata? E meno male che c’era Gandalf ad aiutarmi con la ferita! Che diamine, come te la sei fatta, poi? No, non rispondermi, Legolas mi ha raccontato tutto- mi anticipa.

Con un sospiro si passa la mano sul volto abbronzato e si siede sul letto, curvando la schiena. Mi guarda, e non posso fare a meno di notare le occhiaie che compaiono sul suo volto stanco.

-Scusami papà- riesco a dire, mortificata.

Lui sorride, improvvisamente allegro.

-Non importa! Adesso sei qui, pronta per il mio interrogatorio.

Devo avere un’espressione inorridita, perché lui ride e si slancia in avanti, abbracciandomi. Mi ancoro alla sua schiena, stringendo forte mio padre. Mi è mancato un sacco. Inspiro il suo profumo e lui mi bacia i capelli.

-Sono stanca- mormoro.

Che cavolo, una scusa più banale per evitare le sue domande non la potevo trovare, no!

Certe volte vorrei prendermi a schiaffi da sola, senza l’aiuto di Ronim.

-Non puoi essere stanca, hai dormito tutta la notte!- Mi smaschera lui allegramente.

Oddio.

Si scosta e si siede a gambe incrociate accanto alle mie gambe. Inclina la testa e mi fissa con i suoi penetranti occhi azzurri. Trattengo il fiato, pronta a tutto tranne che alla domanda che gli esce di bocca.

-Avete fatto sesso?

Divento viola e con un gesto brusco mi nascondo sotto le coperte.

-PAPA’!!- Urlo a squarciagola.

Dio, sarà terrificante.

 
AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Sera a tutteee!! Come state?
Io bene, e vi assicuro che anche Vanny sopravviverà a Ronim. Forse. XD Allora, ditemi. Vi piace questo capitolo?
Stavo girellando su Internet cercando un'immagine, poi ho trovato quella. Me ne sono innamorata. 
E' il nostro piccolo tenero amorevole Legolas da bimbo, il nostro Leggy del sogno. ^^ L'avevate già vista? Vi piace?
E poi... mi sono divertita una sacco a scrivere questo capitolo. Eh sì.
Soprattutto l'ultima parte.
Spero piaccia anche a voi... fatemi sapere! ;)
Un'ultima cosa:
Questa è un'altra immagine che trovo adorabile di Thranduil e Legolas:


   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Anna Wanderer Love