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Autore: Cass_Pepper    08/10/2013    4 recensioni
-Kadar!- il suo urlo era straziante –Kadar! Perché? Kadar! KADAR!-.
Si aggrappava spasmodicamente alle mie spalle, come se cercasse di non scivolare in un burrone.
Infilò la testa all'incavo del mio collo, con la faccia rivolta verso l’esterno, le ciocche rosse mi solleticavano la pelle del collo e le sue lacrime, scivolavano dalla spalliera per finire poi a bagnarmi la tunica.
-Perché, Altaïr? Perché lui...?- Non riuscì a finire la frase. Pianse ancora, singhiozzando, strinse più forte la presa, come se avesse bisogno di una prova che fossi lì, che non fosse sola.
Nella mia mente, la frase poteva avere un solo esito:
"Perché lui... e non tu?"
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Desmond Miles, Kadar Al-Sayf, Malik Al-Sayf, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Assassin's Creed: I'm With You'
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Salve a tutti!
Grazie mille per le recensioni, non mi aspettavo un così incuriosito seguito! Davvero, grazie mille :D
Ma ora passiamo alle cose serie, dunque, agli avvisi necessari per la lettura di questa storia!
LEGGERE ATTENTAMENTE: Come sapete, Desmond rimane sette giorni nella sede Abstergo, prima di fuggire con Lucy.
Per una questione di tempi, ho ridotto il tempo che ci mette a finire la storia di Altair a tre giorni.
Tenetelo a mente ;)

BUONA LETTURA!

 

Cass
 


Capitolo 1: Thin.


-Che situazione di merda!-
La dottoressa rise, mentre armeggiava ancora con il computer del secondo Animus, impostando chissà quale datazione e profilo genetico. Il rumore delle sue dita che battevano sulla tastiera era l’unico nella stanza, insieme al sottile suono che facevano ogni tanto gli ingranaggi dell’Animus.
Il posto dove mi avevano portato tre giorni fa non era cambiato molto, anche se ormai l’avevo scoperto più "umano".
Scoperta inutile, la cosa non mi calmava per niente.
Purtroppo.
Volendo vedere la situazione positivamente, beh, Lucy mi aveva salvato la vita.
I ritmi non erano mai serrati come nel primo periodo, in altre parole avevo dei tempi precisi da passare nell’Animus, sempre che non fosse un ricordo particolarmente importante ai fini della ricerca.
Avevo una maggior sincronia con il mio antenato, il lavoro era sempre più scorrevole.
Inoltre ero anche diventato amico della dottoressa.
-Continuo a pensare che sia una situazione di merda!- esclamai, rendendomi conto che ormai preferivo essere il mio antenato più che me stesso. Lui sì che aveva una vita.
Ero anche ingrassato a furia di stare chiuso lì dentro.
No, non ero diventato un ciccione, ciò non toglieva che Altaïr Ibn L’Ahad, il mio antenato, fosse più magro di me.
Soprattutto, era molto più muscoloso. E dannazione, quella donna, Maria...
Sospirai, camminando verso i grandi vetri del grattacielo, che davano sulla strada poco affollata.
Quel giorno c’era un sole tiepido, che però illuminava del tutto la stanza bianca, facendola sembrare ariosa, nonostante fosse stipata di computer e apparecchi elettronici.
Poggiai la fronte sulla finestra, rilasciando un altro sospiro.
La mia speranza era che con l’aver trovato la mappa dei frutti dell’Eden il mio compito fosse finito.
Speravo che la fine della storia corrispondesse alla mia libertà, che tutte le informazioni che servivano alla Società fossero state raccolte. Gli imprint mnemonici erano stati tutti soddisfatti, ormai i ricordi che stavo rivivendo erano solo, come dire, passatempi!
Evidentemente, le mie speranze erano state disattese. Forse mi sfuggiva qualcosa?
Guardai il secondo Animus e la porta che portava all’uscita ancora con la spia rossa.
Possibile che quell’affare servisse a me?
-A cosa serve? Pensate che chiudermi dentro due Animus tipo stampino mi faccia scoprire altro?- chiesi, ironico, puntando il dito verso il nuovo marchingegno, sistemato accanto al mio.
La dottoressa alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi azzurri contro di me, mettendomi in grande soggezione. Non l’avrei mai ammesso, ma ogni tanto mi faceva paura.
Aveva la calcolata freddezza di un robot, per quanto fosse stata lei a trattenere Doc dal farmi fuori questa mattina e fosse l’unico contatto con gli Assassini che avevo al momento. Ragionandoci, mi sorpresi anche della velocità con cui gli agenti Abstergo avevamo montato il secondo Animus.
Lei ancora non mi rispondeva, sembrava mi stesse studiando data l’intensità del suo sguardo e dalla piccola fossetta che si era formata tra le sue sopracciglia. Cominciai a sudare freddo.
Sembrò soppesare la possibilità di non rispondermi, come spesso faceva, ma forse la sua coscienza le ricordava che ero segregato qui da un sacco di tempo e che qualche risposta la potevo anche avere, dannazione!
Girò, lentamente, la testa verso il secondo Animus, premette un pulsante e i sensori tondi di quello s'illuminarono come il primo. Poi parlò senza degnarmi di un’occhiata:
- Il direttore della casa farmaceutica ha condotto studi "paralleli", in un certo senso, ai nostri. Sembra che il tuo profilo genetico non sia stato analizzato del tutto. Che possano esserci molte più informazioni di quello che noi potessimo sperare, ai fini della Società, s’intende. Ma, come ben sai, il nostro Animus non riesce a rilevare nient’altro su Altaïr-.
Annuii, increspando le labbra e prendendo a muovermi nella stanza.
La situazione mi lasciava un po’ scettico, visti i fatti. –Non può esserci nulla da vedere. Sempre che l’Aquila di Masyaf non abbia deciso di procreare! Ma in quel caso… -
-L’avremmo rintracciato solo vivendo tutta la storia- m'interruppe. Rise. –Hai studiato, Desmond-.
La scimmiottai, poi mi battei le mani sulle gambe – Quindi quell’Animus è più potente? Serve a "scavarmi più a fondo"?- ipotizzai avvicinandomi alla macchina.
Lei scosse la testa, facendo poco oscillare il suo chignon biondo. – Non riguarda esperimenti su di te. Serve per un se… -
La dottoressa non poté continuare, dato che lo scienziato pazzo e un energumeno che portava in braccio un ragazzino svenuto, col cappuccio tirato fin sopra gli occhi, al mo’ di qualche mio amico assassino, avevano fatto irruzione nella stanza.
-Oh mio Dio, non restate lì impalati! Nella camera di Desmond c’è un letto. Forza!- disse agitata la bionda, mentre, prima di seguire i due uomini nella mia camera, prendeva un kit del pronto soccorso e delle strane fialette contenenti un liquido trasparante.
-Ehi, certo! Potete usarla!- urlai sarcastico (Poiché non avevo nessun diritto su quella camera, dato il mio status di prigioniero) quando, dopo averli seguiti, mi ritrovai la porta chiusa in faccia.
Come sempre molto gentili, borbottai tra me e me.
Mi massaggiai il naso e cercai di origliare qualcosa, ma purtroppo quella volta non avevo a disposizione nessun condotto dell’aria ad aiutarmi. La vista di quel ragazzino mi aveva sconvolto, sembrava l’avessero ripescato dal mare dopo un naufragio.
M’incamminai verso la scrivania e mi sedetti sulla sedia girevole di pelle nera; i miei pensieri erano tutti rivolti al nuovo arrivato, non sembrava star particolarmente bene, avevo notato qualche ecchimosi sulle mani e sul quel poco di collo che era visibile, per non parlare della macchia rossa sul fianco. Anch’io avevo quell’aspetto, quando ero arrivato qua?
Non mi ricordavo molto, in realtà, del mio primo giorno. Ero solo… arrabbiato e confuso. C’era tanta voglia di scappare, ma quella c’è sempre, non mi stupirei se mi dicessero che l’avevano ridotto in quello stato perché aveva opposto resistenza o tentato la fuga.
Il pensiero mi fece rabbrividire e chiudere gli occhi, quel ragazzino era davvero minuto e magrolino, sembrava piccolo, poteva avere al massimo sedici anni.
Perché l’avevano portato qui? Anche lui aveva "un passato ereditario"? Ed era in qualche modo collegato al mio, forse?
Beh, spiegherebbe la presenza del secondo Animus, ma non il mio profilo genetico non del tutto compatibile con la macchina. Tutto sembrava dipendere da quel ragazzo.
Eppure, quale antenato poteva avere, così piccolo e smilzo? Forse non era un assassino, non era possibile che Al Mualim avesse sicari così poco "piazzati". Quante domande, Desmond…
Mi girai con la sedia verso i vetri, dando le spalle alla stanza, dalla quale provenivano voci concitate e rumori dalla dubbia provenienza.
Cosa diamine aveva scoperto il direttore?



 
  
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