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Autore: Anna Wanderer Love    08/10/2013    5 recensioni
Una ciocca bionda sfugge dal cappuccio che cela il suo volto e mi sfiora lo zigomo. I miei occhi guardano quei lisci capelli d’oro pallido, poi risalgono lentamente e per la seconda volta il mio sguardo si incatena a quello celeste, duro e inflessibile di lui.
-Chi sei?
Le sue dita si stringono con forza attorno ai miei polsi, con tanta forza che riesco a sentire il loro profilo segnare la mia pelle, con tanta forza che penso che me li spezzerà, i miei maledetti polsi. Mi esce una risatina dalla bocca, nonostante tutto, e i suoi occhi ne sembrano sorpresi.
-Se te lo dicessi non farebbe differenza.
-Ah sì?- Ribatte lui, scrollandomi con violenza. La mia testa batte per terra.
Trattengo il respiro quando la vista mi si annebbia per un’istante.
-Sì- sibilo fissandolo con astio.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Diciassette:
Gimli

 


Mi rotolo nel letto senza forze, cercando disperatamente di non sentire le domande pressanti di mio padre. Dio, Dio, Dio! Non ce la posso fare. Mi schiaccio il cuscino sopra alla testa e respiro a fondo l’odore leggero di lavanda delle lenzuola.

-Savanna! Sono tuo padre, rispondimi!

Mi viene da piangere dalla disperazione.

-No! Non ti dirò niente! Ho risposto a tutto quello che hai voluto, ora LASCIAMI IN PACE!- Strillo con tutto il fiato che ho in corpo. Per tutta risposta lui scoppia a ridere. Già, a ridere. Come se non stessi morendo di imbarazzo. E lui se la ride bellamente!

Vendetta.

Voglio vendetta.

In un secondo mi alzo a sedere facendo del mio meglio per ignorare il fastidio pungente alla ferita e lancio il cuscino in faccia a mio padre. Lo prendo in pieno e scoppio a ridere, prima di vedere la sua espressione vendicativa.

-Oh no, Ronim...- cerco di salvarmi mettendo le mani davanti a me, ma è inutile. Mi afferra e mi spinge lunga distesa sul letto, sdraiandosi sopra di me.

E allora inizia la tortura.

Inizia a farmi il solletico, e io dopo qualche minuto sono già a corto di fiato. Probabilmente Gandalf o mio padre devono avermi fatto un incantesimo che tiene a bada il dolore della ferita, altrimenti non riuscirei proprio a spiegarmi come faccia a non contorcermi dal dolore invece che dalle risate.

Dopo qualche minuto di tortura, in cui Ronim non accenna a voler smettere, sentiamo bussare alla porta. Mio padre si interrompe e si alza sui gomiti per permettermi di riprendere a respirare senza il suo peso addosso, e guarda la porta.

-Avanti- dice allegro.

Dalla porta fa capolino il volto di Aragorn. E’ sereno; entra nella stanza, e dopo di lui entrano Gandalf e Legolas. Sbuffo sollevata.

-Grazie al cielo- sospiro, comprendendo che finalmente la tortura è giunta alla fine. Ronim mi fulmina con un’occhiata, ma ha un sorriso dolce dipinto in volto. Si alza senza sforzo da me e mi aiuta a mettermi seduta e ad appoggiare la schiena contro il cuscino.

Gandalf punta alla sedia a dondolo, mentre Legolas ed Aragorn restano in piedi. L’Elfo non sorride, ma i suoi occhi sono fissi nei miei. Purtroppo adesso è vestito; indossa una casacca bianca che gli sta molto bene e fa risplendere i suoi occhi. Mi ricorda il suo io-bambino del sogno. Anche lui era vestito di bianco.

Con somma fatica riesco a distogliere lo sguardo da lui e mi concentro su Aragorn. Il re è serio, ma mi rivolge un breve sorriso. Ha le sopracciglia aggrottate, e sembra preoccupato.

Possibile che Ronim o Legolas abbiano raccontato la verità?
A questa prospettiva mi sento sollevata, anche se non è detto che sia giusto.

C’è silenzio, e all’improvviso mi accorgo che tutti stanno fissando me. Arrossisco, ma una domanda fa capolino nella mia mente e spazza via tutto l’imbarazzo.

-Ma... Haldir?

Sento Gandalf sospirare, poi il vecchio stregone parla fissandomi pensosamente negli occhi. Ha sempre gli stessi abiti bianchi, ma sono coperti da un mantello grigio.

-Non ha preso la faccenda così bene come mi aspettavo, a differenza di Aragorn- dice con un sorriso obliquo, un po’ triste.

-Davvero?!- Sposto il mio sguardo su Aragorn, che mi sorride debolmente incrociando le braccia.

-Non ho avuto la stessa esperienza con Smaug, quindi credo di non essere stato troppo di parte. Ovviamente mi rendo conto del perché l’avete fatto... anche se mi sto ancora abituando all’idea di avere un drago poco vicino.

Resto in silenzio, poi ci pensa Ronim a sciogliere il silenzio.

-C’è un problema- lo guardo interrogativa, e lui con un sospiro si sfila qualcosa dalla tasca e me lo porge. E’ un pezzo di pergamena sgualcita.

Lo liscio e i miei occhi corrono sulle lettere minute e oblique, scritte di fretta ma con una spaventosa precisione. Il foglio è sporco di terra, ma l’inchiostro non è sbavato.

Preparatevi.

Arriviamo.

Morirete.

Con voi il mostro.

Alzo lo sguardo su mio padre, sbalordita. Adesso ogni traccia di vitalità è scomparsa dal suo volto e mi guarda serio. Il mio sguardo scivola su Gandalf, che ha la medesima espressione preoccupata, poi su Aragorn e infine Legolas. Appena incrocio i suoi occhi azzurri e penso che ci sarà una battaglia mi sento cogliere dal panico.

-Ma non avevano mai avvertito!- Esclamo.

Ronim si passa una mano tra i capelli con un sospiro.

-Lo so. Quando fanno così vuol dire che dobbiamo preoccuparci... arriveranno in gran numero. Ma non possiamo permetterci che questa casa vada distrutta. Dobbiamo fare in modo di spostare la battaglia da un’altra parte- dice ansioso.

Lo capisco.

Questa casa è l’ultimo rifugio dei Custodi.

Intrisa di magia.

Nessuno dice una parola, finché dopo qualche minuto sentiamo la porta aprirsi e voltandomi vedo Haldir entrare nella stanza con sguardo cupo. Le sue labbra sono strette, ma ha l’espressione decisa, come quella di chi farà quello che vuole, non importi cosa pensino gli altri.

Dietro di lui scorgo Merida, che è pallida come un cadavere.

-Io ho un’idea- dice lui.

 

-D’accordo, allora. Faremo come dice Haldir- acconsente Gandalf, dopo varie decine di minuti passate a discutere.

Istintivamente guardo il volto di Merida, al mio fianco. E’ rigida e pallida come gesso, ma ha una maschera neutrale che nasconde i suoi sentimenti. I suoi occhi verdi sono fissi cupamente sull’Elfo, che in quel momento si volta e incrocia il suo sguardo.
Lei si alza e se ne va senza dire niente. Haldir, dopo una piccola esitazione, la segue in silenzio. Torno a guardare gli altri. Sono tutti rinchiusi nei loro pensieri, con facce pensose.

Gandalf fuma la sua pipa nell’angolo della stanza, vicino alla finestra aperta. Ha le braccia incrociate e sembra stia riflettendo rapidamente. Ronim è seduto su una sedia e fissa il muro, mentre Aragorn cammina avanti e indietro davanti al letto. Legolas... Legolas è stato sorpreso dalla proposta di Haldir, ma da quando abbiamo deciso continua a fissarmi senza mostrare le sue emozioni.

↜↝↜↝↜↝↜↝

L’Elfo si appoggia al tronco dell’albero, guardando la sagoma dritta e composta dell’Elfa davanti a lui. Non sa cosa le passa per la testa, ma in questo momento darebbe di tutto per sapere cosa sta pensando.

Lei avverte la sua presenza, anche se non sente i suoi passi leggeri. Facendo finta di scostarsi dal volto pallido una ciocca dei suoi lunghi e lucenti capelli neri si asciuga le lacrime che inumidiscono le sue guance. Riesce a parlare con voce ferma, senza mostrare la tristezza che le gonfia il cuore.

-Vattene.

E’ una sola parola, ma per pronunciarla le ci è voluta tutta la forza di volontà che ha.

Haldir, comunque, non la ascolta. Scende le pietre che portano alla sporgenza liscia e rocciosa dov’è seduta la giovane donna. In pochi secondi torreggia su di lei.

Ma l’Elfa si rifiuta di voltarsi e incrociare i suoi occhi grigi; continua a fissare testardamente la superficie del lago davanti a lei, liscia e senza increspature sotto alla luce del sole.

-No. Dobbiamo parlare.

Lei sbuffa, incapace di trattenere ancora il pianto che le risale su per la gola; si asciuga gli occhi con la manica della maglia. Nonostante l’Elfo abbia capito da tempo che stava piangendo ne rimane comunque stupito. Sul suo volto balena per un’attimo il dispiacere, prima di venir soffocato dalla freddezza apparente che così spesso domina i suoi atteggiamenti.

-Non voglio- dice Merida, trattenendo un singhiozzo.

Le pesa comportarsi così con lui, probabilmente perché sa che potrebbe non rivederlo più per molto tempo, o anche per sempre. Ma adesso Haldir è l’ultima persona con cui vorrebbe parlare.

Lui però non è dello stesso pare e si china, afferrandola per il braccio e tirandola su di peso.

Lei si dimena, improvvisamente ritrovando le forze che parevano averla abbandonata fino a pochi secondi prima. Gli tira un pugno sul letto, ma lui le impedisce di picchiarlo ancora schiacciandola contro il suo corpo forte.

Si ritrovano con i volti, e le labbra, a pochi centimetri di distanza. Entrambi sono in silenzio e si fissano negli occhi, mentre nell’aria si propaga la tensione. Le guance dell’Elfa si tingono lentamente di rosso, e lui ne rimane incantato.

-Lasciami- sussurra lei con il volto in fiamme, dandogli una spallata.

Lui si riscuote sentendo il dolore per la botta irrigidirgli le spalle.

-No! Dobbiamo parlare!- Ripete con più forza, ma comunque la lascia libera dalla sua presa. Lei non si allontana e resta lì a fissarlo, con il viso arrossato.

-E di cosa vuoi parlare?- Urla.

-Di te! Ti comporti come una bambina! Prima vieni a cercarmi per convincermi a perdonare Savanna e Legolas che, tra parentesi, non hanno niente da farsi perdonare se non avermi umiliato! Poi quando finalmente faccio la cosa giusta diventi intrattabile e scappi via! Dimmi cosa devo fare con te, perché io non lo capisco proprio!

Lei resta spiazzata dal suo sfogo, ma i suoi occhi grigi sembrano bruciare in quelli verdi di lei.

-Ah, è così? Quindi il tuo orgoglio vale più di tutto?- Mormora, sentendo di nuovo riaffiorare il pianto.

Lui la guarda improvvisamente calmo.

-No, non è così, e lo sai.

-No che non lo so!- Scatta lei, furiosa all’improvviso. -Non lo so perché non me lo dici! Ogni cosa che fai sembra essere dettata dal tuo bisogno di essere comandante, di renderti ammirevole! Non si capisce cosa è importante per te, se solo il combattere o anche se hai qualcuno a cui tieni, se hai una moglie o dei figli o una stupida e bellissima fidanzata! Sai perché scappo via? Perché non voglio vederti mentre rischi di morire per una stupida, probabile e imminente guerra! Perché, a differenza tua, io ci tengo a te e non riuscirei a vederti morire! E sì, sono gelosa! Sono gelosa dell’amicizia che hai con Savanna, perché con lei sei gentile e con me no! Sono gelosa perché è evidente che le vuoi bene e hai qualcosa che ti brucia dentro, e non posso fare a meno di pensare che ti sia innamorato di lei!

Haldir la fissa e lei non può che sperare di morire in quello stesso istante. Poi un sorriso appare lentamente sulle labbra dell’Elfo.

-Stai dicendo che sei innamorata di me, quindi.

Lei scuote caparbiamente la testa, sebbene la sua non sia stata una domanda.

-Non è vero!

-Sì invece- insiste lui.

Lei sospira abbassando le spalle, sconfitta, e lui allunga una mano a sfiorarle i lisci capelli neri.

Merida resta senza fiato al tocco delicato dell’Elfo, che la osserva attentamente, notando le sue labbra schiudersi e le guance arrossire al suo tocco. Sorride e la prende tra le braccia, restando piacevolmente sorpreso dall’Elfa, che lo asseconda.

-Bene, perché anche io ti amo- sussurra lui, e mentre gli occhi di lei si colorano di gioia la bacia con passione, consapevole che forse è l’ultimo giorno che potrà starle così vicino.

↜↝↜↝↜↝↜↝

Savanna:

La guancia di Legolas è fresca al contatto con la mia pelle bollente. E’ sdraiato al mio fianco, e mi abbraccia. Ha la testa posata sul mio petto, ma sta attento a non avvicinarsi alla ferita, non ancora cicatrizzata per bene. I suoi capelli biondi sono morbidi come seta, e ci immergo le dita, giocandoci come se fossi una bambina.

-Credo di essere preoccupata- mormoro piano.

Legolas si muove e il suo braccio attorno alla mia vita stringe la presa con dolcezza. Si alza sul gomito e mi guarda, appoggiandosi anche lui ai cuscini e mettendosi seduto. Mi manca il suo calore, ma non protesto per il movimento improvviso.

-Perché?- Chiede con la sua voce dolce.

Sospiro e mi abbasso, posando la testa sul suo petto. Chiudo gli occhi e inspiro il suo profumo. Lui mi accarezza la schiena, rilassato, in attesa che io parli.

-Insomma... Haldir rischierà la vita, e io mi sento in colpa con lui... nonostante mi odi ha deciso di aiutarmi...

-Lui non ti odia- mi interrompe il mio Elfo.

Alzo lo sguardo e fisso i suoi occhi azzurri perplessa. Mi sorride dolcemente, accarezzandomi la guancia.

-Ti vuole bene, e ne vuole anche a me. Si deve solo abituare ad Athma, tutto qui. Lui... ha perso un caro amico a causa di Smaug- rivela dopo una piccola esitazione.

Lo fisso, attenta.

-Quando Smaug giunse ad Erebor, la città dei nani, incendiò villaggi, boschi, tutto quello che trovava sul suo cammino. Nella città degli uomini... il migliore amico di Haldir era lì, in visita da un suo fratellastro umano... non riuscì a scappare dall’incendio come la maggior parte delle persone. Morì per colpa del drago- gli occhi di Legolas si fanno assenti per un momento.

Non riesco a parlare.

Oddio.

Ecco perché si comportava così...

Legolas mi riscuote dalla paralisi con una carezza. Mi sorride dolcemente.

-Non devi preoccuparti. Sa quello che fa, e non è certe inesperto.

Mi sforzo di annuire. L’Elfo mi guarda per qualche momento, poi chiude gli occhi e sospira.

-Speriamo vada tutto bene- sussurra volgendo lo sguardo verso la finestra e osservando gli alberi. Non posso far altro che stringermi di nuovo al suo petto, preoccupata.

 

E’ notte. Haldir sta per partire. E’ nelle stalle e tutti l’hanno già salutato. Persino Merida è riuscita a staccarsi dal suo abbraccio e a non piangere. Manco solo io.

Prendo un respiro profondo ed entro nelle stalle. Lo vedo subito. Sta tenendo per le briglie il suo cavallo bianco, ma appena mi sente si volta e mi guarda.

Mi blocco sul posto e trattengo il fiato, senza avere la minima idea di cosa dire.

-Ehm...

Lui sorride, e mi sorprendo nel pensare che quando sorride in quel modo è proprio bello.

-Ciao Savanna.

-Ehm... ciao- ripeto con un filo di voce, arrossendo.

Lui sospira e lascia andare le redini, avvicinandosi.

Arrossisco mentre mi abbraccia. Senza pensarci allungo le braccia e mi aggrappo alla sua schiena. Mi sento un tantino in imbarazzo, ma lui non sembra esserlo. I suoi capelli mi accarezzano le spalle, e con grande sorpresa sento le sue labbra sfiorare la mia fronte, per poi essere seguite dalla sua guancia. Avvampo.

-Mi dispiace- sussurra. -Spero di riuscire a farmi perdonare in questo modo.

Resto zitta, senza sapere cosa dire, con le lacrime che mi gonfiano gli occhi. Poi lui si scosta, mi afferra per le spalle e mi fa voltare, spingendomi con delicatezza verso la porta.

-Vai da Legolas- sussurra al mio orecchio, per poi lasciare la presa.

Obbedisco senza neanche rendermene conto.

 

Apro gli occhi e mi ritrovo letteralmente accecata dalla luce. Li chiudo, ma macchie bianche illuminano ancora il buio dietro alla palpebre. Lentamente socchiudo gli occhi e mi abituo alla luce. sono sdraiata su un fianco, ma non sono nel mio letto. Mi volto sull’altro fianco per cercare di dormire ancora un po’, ma resto senza fiato.

Oh Cristo.

Che ci faccio a letto con Legolas?!

Avvampo, ma mi ricordo di essere ancora vestita, quindi non è successo niente. Allora probabilmente mi sono addormentata su questo poveretto di un Elfo. Anche lui dorme. Ah, no, lui non dorme. E’ in dormiveglia allora.

Il suo volto sembra quello di un angelo colpito dalla luce.

Non voglio svegliarlo, ma se Ronim mi trova con lui nella sua stanza mi ammazza. Mi metto seduta lentamente, impiegando circa un minuto. Non ho dimenticato che i suoi sensi sono sensibilissimi.

Però quando faccio per gattonare via lui sbuffa e si sposta a pancia in su, afferrandomi per il braccio e tirandomi sopra di lui. Gli crollo letteralmente sopra, ma la cosa non sembra disturbarlo. Apre gli occhi e mi sorride.

-Stai qui- così dicendo mi avvolge con le braccia e io cerco di sfilarmi dalla sua presa, o quantomeno spostarmi in una posizione meno imbarazzante, ma è inutile.

-Legolas, se Ronim mi trova qui mi uccide- sussurro.

Lui sospira.

-E allora lasciati uccidere. Non ti muovi di qui, ora- risponde a voce bassa.

Sospiro, ma so che è inutile. Poggio la testa sulla sua spalla e dopo qualche minuto di silenzio mi accorgo che riesco a sentire il battito del suo cuore contro il mio petto. Arrossisco, e serro gli occhi. Lentamente mi accorgo che la mano dell’Elfo traccia cerchi e figure immaginarie sulla pelle della mia schiena.

Ehi.

Frena.

Un momento.

Sulla pelle della mia schiena?!

Oddio.

Legolas mi bacia il collo e respira profondamente. Mi alzo e mi abbasso sul suo petto, ma stranamente il suo tocco delicato e familiare non mi dà fastidio. Pensavo di imbarazzarmi, ma non mi importa se mi accarezza sotto alla maglia. Mi rilassa.

Chiudo gli occhi.

-Haldir è partito da una settimana- sussurro. Lui si irrigidisce per un’attimo.

-Non ha ancora mandato una lettera, o qualcosa. Credi...

-Io credo- mi interrompe lui con calma -che Haldir sia arrivato e stia svolgendo egregiamente il suo compito.

-E quindi non dobbiamo far altro che aspettare- sospiro.

Lui ridacchia tra i miei capelli e si alza inaspettatamente a sedere. Mi ritrovo seduta su di lui, con le gambe che gli circondano la vita. Lo guardo stupita, con le mani sulle sue spalle, e lui mi sorride. La sua testa è più bassa della mia.

-Esatto, piccola- mi depone un piccolo bacio sul naso e io sorrido.

-Va bene, vecchietto.

-Vecchietto?!

Rido alla sua faccia basita.

-Sei vecchio, Legolas! Hai tremila anni!

Sospira teatralmente, afferrandomi la vita.

-Anche se sono vecchio, però, ho notato che non ti dispiace quando ti bacio- mormora malizioso. Arrossisco, ma mi sporgo e gli sussurro all’orecchio un “e allora?” convinto.

-E allora non ti bacerò più- dice fingendosi serio.

Poi, dopo un secondo, le sue labbra sono sulle mie, voraci.

Mi scappa da ridere, ma proprio mentre ci muoviamo e lui si sdraia su di me, senza più ombra di ilarità, solo fuoco al posto delle vene, qualcuno bussa. Legolas si scosta ansimando, e vedo dai suoi occhi che vorrebbe continuare disperatamente. Ma si rialza e mi aiuta a mettermi seduta. Io sono accaldata e soprattutto inappagata. Iniziavo a volerlo... sentivo il bisogno di lui.

-Sì?- Chiede l’Elfo.

-Legolas? Apri questa porta, dannato di un’Elfo! Mi hai fatto prendere un’accidenti! Si può sapere, orecchie a punta, perché non mi hai scritto? In queste settimane mi sono preoccupato per te, stupido imbecille immortale!- Brontola da dietro alla porta una voce burbera, roca.

Vedo Legolas sgranare gli occhi.

-Gimli!- Esclama.
 
AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Gionno! Cioé, sera.
Allora. Questo capitolo l'ho scritto tutto oggi, beneditemi.
Anche perché per voi ho trascurato un po' geostoria. Allora.
Sì, lo so. Perdonatemi quel pezzettino narrato in terza persona, ma non sapevo come fare.
Voglio dire, non potevo certo far spiare da Savanna Haldir e Merida!
Haldir si farà perdonare. Ve lo giuro.E qui c'è una new old entry...
Gimliiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!! Che ne pensate?
Lo so che l'img non c'entra un tubo col capitolo, ma mi piace troppo.
Ditemi, Leggy non è un figo pazzesco? XD
Ecco un'immagine di Gimli e Legolas per voi:


   
 
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