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Autore: Fear    08/10/2013    8 recensioni
{ STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA }
[Angst; H/C, storico, dark; whump ― Rein!centic, introduzione di nuovi personaggi, hints!various pairings]
C'è tanta felicità a questo mondo; in futuro ce ne sarà abbastanza anche per noi.
Se un giorno qualcuno ti chiamerà bugiardo, se cercheranno di farti del male con quelle parole senza cuore, se il mondo non crederà più in te, se cercheranno di metterti su una corona di spine, io sarò il tuo unico e solo alleato. Conosco la solitudine e il dolore. Quindi, tutto ciò che mi è stato dato, offro tutto a te.
Sono tua.
Cit/: Si aspettava di poter avere il mondo, ma era diventato fuori dalla sua portata, così scappava via durante il sonno. E sognava il paradiso.
La sua pelle era di porcellana, avorio e acciaio.
[...]
Prima o poi la mia mano le raggiungerà, ma siccome l'orizzonte è eccessivamente lontano, le tue parole sono come un cielo di primavera; anche se so che non arriverà, oggi sto di nuovo pregando.
• {ispirata alla saga "Cronache del Ghiaccio e del Fuoco" di George R. R. Martin}
Genere: Dark, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Rein, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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{Note dell'autrice: è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d'autore, dell'opera 'Come il cielo di primavera'. Alcuni personaggi non mi appartengono e la storia non è stata scritta a scopi di lucro.

Canzone consigliata per leggere il capitolo: Le Tasche Piene di Sassi di Jovanotti.
Salve lettori, è un piacere ritrovarvi qua anche in questo capitolo! Questo è - finalmente, eh? - l'ultimo capitolo che avevo già pubblicato precedentemente, quindi ora posso iniziare a scrivere anche io.
'Le tasche piene di sassi' di Jovanotti (che adoro particolarmente) è una canzone incredibilmente piena di significato e sentimento, e se apprezzate Jovanotti tanto quanto lo apprezzo io, mettete la canzone citata sopra e non ve ne pentirete; io l'amo dato che mia sorella è una fan sfegatata di Lorenzo (se devo dirla tutta sono anche andata ad un suo concerto e ho pure il suo cappelo, ma dettagli).
Comunque, mia vita privata a parte, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e vi informo che ho anche fatto un secondo trailer per questa storia proprio per dimostrarvi quanto tengo a quest'ultima. Davvero. Tutte le mie storie sono come le mie bambine, un po' come i draghi per Daenerys Targaryen, avete presente?
E prima di lasciarvi alla lettura: questa storia avrà a che fare con Game of Thrones, cioé, diciamo che solo alcune ambientazioni e alcuni caratteri di alcuni personaggi saranno simili e... indovinate un po': per chi non lo sapesse, il mio Joffrey sarà presente in tutta la sua bellezza e crudeltà e ce ne saranno delle brutte belle con Rein! Per chi non sapesse chi è il caro Joffrey Baratheon, è quel pezzo di figo ragazzo biondo presente nel trailer che picchia e uccide con la balestra la ragazza - prima con i capelli rossi e poi la ragazza dai capelli ricci, legata al letto. Non vi lascio nessuno spoiler però potete già immaginare come sarà il suo personaggio di cui vado pazzamente innamorata.
La citazione all'inizio è della poesia 'Winter's eyes' di un autore sconosciuto.
Ah, prima di andare, lo so che non centra niente, ma domani diventerò zia di due gemelli: un maschio e una femmina, non vedo l'ora.
Auguro a tutti una buona serata.
Un abbraccio da Rebecca Arya Baratheon
 

 

Come il cielo di primavera
I giorni di sole e delle risate che non sentiamo più


Capitolo II - Secondo petalo
Un paio d'occhi di cielo dispersi in una collezione di stelle.

 

Si guardò nello specchio, dritto negli occhi.
Scrutò attentamente ogni minimo particolare della sua nudità interiore, con coraggio, senza la solita barriera che la isolava dal resto del mondo.
Quegli stessi occhi cerulei che aveva ereditato da suo padre, quel volto che tanto ricordava Venere, la dea dell'amore. Rein stessa sapeva che sotto quel corpo perfetto, quei lineamenti da bambola, c'era il vuoto.

«Hai dormito bene ieri notte?», era un'abitudine giornaliera per Rein sentire quella frase. Non ci pensava mai su, non avrebbe sprecato un solo secondo a cercare di ricordare, odiava ricordare.
Automaticamente la risposta usciva dalla sua bocca in un tono freddo e distaccato: «Come sempre».

Mirlo, - sperando di ricevere una risposta diversa - delusa, sbuffò borbottando qualcosa di incomprensibile.
«Oggi ho gli allenamenti di nuoto, farò tardi, tu torna a casa. Se non faccio in tempo ad accompagnarti, ti passo a salutare prima che faccia buio» disse Mirlo senza guardare Rein negli occhi. Quest'ultima non rispose e la superò, continuando la strada verso la scuola da sola.
Mirlo sorrise rassegnata e per niente sorpresa della reazione della sua amica.

Le lezioni continuavano senza sosta da ormai... trenta minuti, constatò Rein. Posò lo sguardo fuori dalla finestra, i suoi occhi inseguivano due passerotti che si rincorrevano nel cielo eseguendo incredibili acrobazie.
Chiuse gli occhi.

Più o meno in mezzo al petto, c'era un “L” maiuscola.
«Papà, cos'è questa?» aveva chiesto Rein indicandola dubbiosa.
«Sta per Libertà» rispose Toulouse alzando gli occhi al cielo, un meraviglioso cielo limpido primaverile.
«Libertà?»
«La libertà: la condizione di non essere prigioniero, di non essere confinato. La libertà è un diritto. Credi sempre nei tuoi sogni, Rein, ma ricordati che la libertà è anche un privilegio, un privilegio che pochi riescono ad ottenere, ed io l'ho ottenuta, con te, con la mamma. Voi siete il mio infinito, la mia libertà».


La campanella della fine della prima lezione fece risvegliare Rein.
Si passò una mano sul viso, soffermandosi per un secondo sugli occhi: umidi, bagnati. Non doveva piangere, assolutamente, piangere per lei era come essere prigioniera; quando piangeva la sua libertà l'abbandonava. Non avrebbe mai pianto, mai. Glielo aveva promesso.
Si alzò in piedi, un po' traballante e si diresse verso il bagno.
Si buttò di peso sul lavandino e aprì l'acqua per poi buttarsene un po' sul viso, l'acqua fredda la faceva stare bene, al contrario del fuoco.
Alzò gli occhi verso lo specchio per guardarsi il viso sciupato, ma nel riflesso vide due occhi verdi chartreuse e un sorriso maligno che la guardavano scortesemente.
Si voltò di scatto con un tuffo al cuore.
«Che cosa vuoi, Altezza?» chiese Rein, riprendendosi dal piccolo spavento e riconoscendo la sgradevole compagna di classe.
«Ciao, Rein - o forse sarebbe meglio dire Assassina» rispose la ragazza dai capelli color miele e con occhi che ricordavano vagamente un praticello inglese. Ella calcò sull'ultima parola pronunciata, dando inizio al conto mentale di Rein. Lo faceva sempre - era quasi come una specie di delirio, non riusciva a farne a meno; le veniva una strana estasi al solo pensiero di una lama affilata.
Un taglio.
«Sono molto belli i tuo capelli lunghi, Strega» aggiunse Altezza provocando Rein, la quale cercò di scansarsi dalla prepotente ragazza per dirigersi fuori dal bagno - fallendo. Altezza la prese per il braccio, strattonandola malamente.
Due tagli, tre tagli. I numeri continuavano a salire velocemente, come le farfalle nello stomaco quando sei vicino al tuo innamorato.
«Lasciami in pace, per favore» supplicò Rein abbassando gli occhi sul pavimento. In tutta risposta Altezza la spintonò contro il muro, l'urto fu potente e Rein strinse gli occhi dal dolore provocatole alla schiena.
«Sai, sirenetta, lo sanno tutti, è inutile che continui a nasconderlo, non sei brava» sputò Altezza tenendo i polsi di Rein ben serrati sul muro freddo. «Cosa credi, che siamo stupidi? Dopo aver ucciso tuo padre, ora cerchi di far pena a tutti noi e ti fai del male da sola? Sai cosa credo? Che sei solo una fallita. Solo le persone ignoranti si fanno del male da sole, tu sei malata. Fai del male alla gente senza nemmeno accorgertene. Come fai a vivere con questi rimorsi, Rein? Come fai a guardare in faccia la gente sapendo che morirai da sola? Fai un piacere all'umanità e muori adesso, in silenzio».
Fu come se una bolla avesse circondato Rein. Morire? Non ci aveva mai pensato seriamente. Avrebbe davvero fatto un piacere a tutti quanti morendo? Non avrebbe mai voluto causare disagi, dolore nel cuore degli altri, il dolore era esclusivamente suo, suo e di nessun altro. Era lei quella che doveva soffrire.

Poi un veloce pensiero le attraversò la mente come un fulmine.
Mirlo.
Anche lei stava soffrendo stando vicino a Rein? Sarebbe morta? Sarebbe sprofondata nell’oscurità?
Non poteva permetterlo, no. Altezza, dopotutto, aveva ragione.
Rein, con le gambe oscillanti uscì dal bagno sotto lo sguardo affilato di Altezza, uscì dalla scuola senza nemmeno accorgersene, come un fantasma.
Mille tagli.
Barcollava per la strada con gli occhi al cielo, nonostante tutto riusciva ancora a trattenere le lacrime.
Scusami, papà.
All'entrata del parco le sue gambe cedettero e, come una foglia secca, si afflosciò a terra in silenzio, ma questa volta non riuscì a chiudere gli occhi, dopotutto era inutile chiuderli ora; presto si sarebbero chiusi per sempre, come aveva desiderato così tante volte in ospedale.
Il sole si era oscurato e, come in un eco, sentì delle risate, risate che la fecero sorridere. Allo stesso tempo anche un leggero venticello si alzò cantando insieme al suo cuore. Così si mise a cantare anche lei, in silenzio - proprio come le aveva detto Altezza e come, dopotutto, aveva sempre fatto.
Le sembrò un'allucinazione quando un'ombra le passò davanti. D’improvviso si trovò un manto nero a pochi centimetri dal suo viso, un paio di occhi oltremare - che tanto ricordavano una notte d'estate senza stelle - la fissavano insistentemente. Sembrava un fantasma, un pezzo d'oscurità sceso dal cielo appositamente per farle un regalo. Ed era la cosa più bella che avesse mai visto.
Gli occhi di Rein erano aperti e la bocca socchiusa voleva parlare, ma era troppo stanca per farlo. Intanto, quegli occhi blu si alzarono al cielo e si chiusero lentamente in un ululato infinito: una canzone stupenda, triste, la più triste che avesse mai sentito. Si alzava e si abbassava, quel profondo suono che le fece arrivare le lacrime agli occhi.
Sentiva freddo, molto freddo e aveva sonno.
Quella creatura non era ancora scomparsa, anzi, si stava avvicinando ancora di più. Era bellissima.
Alzò una mano pallida verso quella folta pelliccia color ebano e quando percepì il naso umido sul palmo della sua mano, si sentì in pace con sé stessa.
Rein non voleva che distogliesse lo sguardo, e non lo fece. Voleva protendersi ad afferrare la sua gorgiera, ma la sua mano rimase serrata dolcemente attorno al suo muso.
In quel momento non c'era sole; non c'era luce. Si stava spegnendo. Non riusciva a ricordare com'era fatto il cielo.
I suoi occhi nei miei occhi. Il suo muso nel mio sangue.
Stavo andando a pezzi, dentro e fuori.

«Rein, ti prego! Svegliati, Rein!», riusciva a sentire la voce di Mirlo che le scrollava dolcemente il corpo inerme, spezzata dal pianto, in lontananza.
Non ti farò più del male, Mirlo, promesso.

E così, dopo aver perso il padre, fatto piangere la migliore amica, salutata dal vento e da un ululato, e lasciandosi alle spalle i rimpianti, la ragazza di fuoco, Rein, morì.

   
 
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