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Autore: Clarrie Chase    17/10/2013    6 recensioni
La storia di Otani e Risa non resiste a causa dell'incompatibilità dei loro sogni, così i due si separano... ma lei gli nasconde un segreto.
Si incontreranno cinque anni dopo, in occasione del matrimonio di Nobu e Nakao.
Ci sarà un ritorno di fiamma? Il segreto di Risa verrà finalmente a galla?
**** Aggiornato al 2° Capitolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Atsushi Otani, Risa Koizumi, Sorpresa, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Otani chiuse il rubinetto con un gesto seccato, uscì dalla doccia e si strinse in un accappatoio.
Prese ad asciugarsi i capelli con aria distratta, mentre osservava con sguardo vacuo il vetro appannato dello specchio.
Era pomeriggio inoltrato ed erano ormai trascorse alcune ore da quando aveva rivisto Risa.
Ovviamente, Nobu si era dileguata immediatamente dopo quell’incontro.
Otani poteva intuire che gli avesse volutamente nascosto il fatto che Risa avesse un figlio e un fidanzato, perché… Beh, da quando la conosceva aveva imparato che ogni sua azione aveva un perché, anche se per il momento non sapeva quale fosse.
Ma si sentiva comunque preso in giro; visto che la biondina non sembrava intenzionata a parlargli, Otani aveva scritto un sms a Nakao.
Quando Otani scese nella Hall, trovò Nakao già ad aspettarlo al bancone.
Il ragazzo fece un cenno nella sua direzione, quindi gli andò incontro: « Ti va di farci un giro? ».
« Certo. »
 
***
 
Tornarono in Hotel che era notte inoltrata. La Hall era deserta –f atta eccezione per il triste cameriere in piedi dietro al bancone – e scarsamente illuminata.
I due amici avevano bevuto qualche bicchierino di troppo in un pub che avevano incontrato dopo aver camminato per quasi due ore e in cui si erano rintanati un po’ per il freddo e un po’ per la noia.
Nakao ridacchiava sommessamente: « Perché ci siamo visti così poco, in questi anni? ».
Otani fece spallucce. « Non me lo ricordo. Mi pare avesse qualcosa a che fare col fatto che sono un insegnante precari sottopagato con due sole settimane di ferie l’anno…  ».
« Sottopagato… ma che parola strana, Otani. Ma la cosa più strana… », la voce di Nakao andava abbassandosi gradualmente mentre attraversavano la Hall diretti all’ascensore.
« Qual è la cosa più strana? », chiese Otani, strofinandosi gli occhi per il sonno.
Nakao prese a ridere più forte: « La cosa più strana è che mi sembrate più bassi del solito, per essere in due e mezzo! ».
Otani alzò gli occhi al cielo e si alzò in punta di piedi per dare un frontino all’amico, che lo accettò senza ribellarsi. L’ascensore tintinnò e si aprì, e Otani spinse Nakao dentro.
« Sei capace di trovare la tua stanza da solo, vero? », gli chiese a un certo punto, mentre le porte dell’ascensore si richiudevano. « C-certo! ».
Otani attese che l’ascensore in cui aveva lasciato Nakao raggiungesse la sua destinazione e poi andò a sedersi al bancone, barcollando un pochino. Il cameriere – un ragazzetto annoiato e mezzo addormentato – gli lanciò un’occhiata infastidita e gli si avvicinò: « Cosa le servo? ».
« Un caffè, grazie. ». Otani si stropicciò gli occhi e represse uno sbadiglio: saltò su dallo sgabellino, quando si sentì tirare un lembo della maglietta. Guardò giù e si specchiò negli occhi castani di Akeru: il bambino indossava un pigiama su cui erano disegnati alcuni coniglietti, aveva i capelli tutti arruffati e sotto un braccio teneva Alice, la piccola Bocca di Leone a cui doveva badare.
« E tu? », gli chiese Otani stupidamente, dando un rapido sguardo alla Hall preoccupato di vedere anche Risa. Non c’era. « Voglio il latte. » affermò il bambino, sbuffando.
Otani aggrottò la fronte confuso sul da farsi, quindi tirò su Akeru adagiandolo sulle sue gambe. Fece un cenno al cameriere, perché assieme al caffè portasse anche del latte, quindi entrambi sbadigliarono, assonnati. « Koizumi lo sa che sei qui? ».
« Si è addormentata. » confessò il piccolo, rimirando le foglie tristemente arricciate di Alice, sul bancone. Otani rise a mezza voce, con la bocca a pochi centimetri dai folti capelli castani del bambino. « E’ rimasta la solita dormigliona, allora. » mormorò il ragazzo, con voce trasognata. Akeru assentì in silenzio, mentre il cameriere portava loro il latte e il caffè.
Otani fece aderire una mano alla superficie calda della tazzina, Akeru invece afferrò poderosamente il bicchiere di latte caldo e lo portò alle labbra con decisione. Bevve alcuni piccoli sorsi – sgocciolando un po’ sul bancone – quindi rilasciò il bicchiere e si pulì le labbra col dorso della mano. Otani non riuscì a trattenersi dal sorridere, nel guardarlo.
Era un bambino che voleva comportarsi da adulto, ma restava pur sempre un marmocchio.
« Posso assaggiare il caffè? » chiese il piccolo, con voce angelica.
« No. », rispose immediatamente Otani con voce ferma, bevendone un primo sorso bollente.
Akeru alzò il viso verso il suo, immusonendosi: « Eddai. », lo supplicò, protendendo leggermente il labbro inferiore su quello superiore. Otani inarcò un sopracciglio e si costrinse a guardare altrove: si ritrovò a pensare a quando Risa metteva su con lui la stessa identica espressione, e la sua espressione si addolcì. « … Questo rimane tra noi, marmocchio. » precisò Otani, mentre versava nel latte una microscopica goccia di caffè. Akeru sorrise soddisfatto ed osservò la piccola goccia di caffè spandersi nel latte bianco per poi scomparire, quindi lo riportò alle labbra carico di aspettative e, circa mezzo secondo dopo, si rovesciò sul pigiama l’intero contenuto del bicchiere – macchiando anche il pantalone di Otani. Il ragazzo sbuffò sconfortato e scese dallo sgabello, sostenendo Akeru a mezz’aria come se volesse che “sgocciolasse” sul pavimento senza sporcare ancora.
« Ma che pasticcione… tale madre, tale figlio. » commentò ironicamente il ragazzo, mettendo giù il bambino. Lui gli fece la linguaccia: « Il caffè fa schifo. » dichiarò lui, con espressione vagamente disgustata. Quant’era curioso! Otani gli carezzò la testa: « Non si dice “che schifo”. » lo corresse, per via di una strana forma di deformazione professionale.
Akeru alzò gli occhi al cielo: « Ma lo dice anche la mamma! » protestò, incrociando le braccia al petto. Otani sospirò: « Koizumi non sa gran parte di quello che dice. », borbottò a bassa voce, evitando che il bambino lo sentisse.
« Non ti ho sentito, che hai detto? Parla a voce alta, che diamine! ».
« Non dovresti dire neanche “che diamine”! », lo istruì il ragazzo, divertito, portandosi le mani dietro la nuca. Akeru batté un piede sul pavimento con forza, e a quel punto Otani decise di lasciar perdere: con quel ragazzino l’avrebbe avuta persa, esattamente come con Risa.
« Andiamo, ragazzino. Ti accompagno al tuo piano. », dichiarò il moretto, spingendo il bambino verso l’ascensore con una piccola pacca sulla schiena.
Akeru si stiracchiò e seguì obbediente l’adulto verso l’ascensore aperto; mentre le sue porte si chiudevano, Otani notò Alice abbandonata sul bancone e piegata in modo un po’ innaturale.
Lanciò uno sguardo preoccupato ad Akeru, che però canticchiava tra sé e sé del tutto dimentico delle sue responsabilità. Gli pareva di conoscere la canzoncina che stava intonando il bambino, anche se non sapeva dire con certezza dove o quando l’avesse già sentita.
« Ti ricordi in che piano è la tua stanza? », gli domandò Otani, improvvisamente preoccupato.
Akeru si scoprì il braccio destro dalla manica del pigiama: sopra aveva scritto con una penna rossa “Akeru Koizumi, 12° piano, stanza 310.”. « Poco ortodosso, ma ingegnoso. » commentò Otani stranito, scuotendo la testa incredulo. Aveva ormai capito che Koizumi fosse una madre un po’ fuori dal comune, ma non riusciva a comprendere come un padre potesse permettere a una donna di ridicolizzare in quel modo il figlio. « Tuo padre non ti difende dalle pazzie di Koizumi? », chiese Otani diviso tra la curiosità e la preoccupazione per quel simpatico piccoletto.
« Mio padre è un astronauta, perciò a casa non c’è mai. », rispose meccanicamente Akeru, abbassando lo sguardo e smettendo improvvisamente di canticchiare.
Otani non aveva mai visto quell’espressione ferita e consapevole su nessun bambino appartenenti alle classi a cui aveva insegnato in tutti i suoi cinque anni di insegnante.
Si chiese che cosa stesse nascondendo un bambino apparentemente così spigliato e spensierato.
 
***
 
« Akeru non ha mai conosciuto suo padre. »
« Che cosa??? »
« Otani! Diamine, abbassa la voce! Ci stanno guardando tutti. »
Otani diede una rapida occhiata alla sala ristorante dell’Osaka Hotel e immediatamente abbassò lo sguardo, imbarazzato: Nakao aveva ragione, li stavano guardando tutti.
« Che cosa?? », ripeté quindi Otani, a bassa voce. Nakao si passò una mano nei folti capelli castani con espressione frustrata.
« E’ come ho detto! Akeru non sa chi sia suo padre. », ribadì il ragazzo, addentando il suo cornetto alla crema con voracità.
Otani aggrottò la fronte, ripensando alle parole mormorate dal bambino a testa bassa la sera prima, in ascensore. Posò il mento sul palmo della mano e strinse l’altra in un pugno, fino a far sbiancare le nocche. Nakao, con il viso sporco di zucchero a velo e la bocca piena, lo indicò e bofonchiò: « Che stai pensando? Hai una faccia! ».
« Penso a quel cretino che ha lasciato Risa incinta e se n’è andato. » farfugliò Otani, con voce arrabbiata. Nakao inarcò un sopracciglio e aprì bocca una volta, quindi la richiuse per poi riaprirla ancora e sigillarla nuovamente.
Otani lo bruciò con lo sguardo: « Allora, ti muovi a mangiare quel cornetto o no? Dobbiamo essere in chiesa per le prove tra mezz’ora. » precisò amaramente, indicando l’orologio da polso.
Nakao diede un ultimo morso al cornetto, quindi prese a masticare velocemente. Ingoiò ed iniziò a tossire, ed Otani gli versò frettolosamente un bicchiere d’acqua.
« Certe volte, » iniziò Nakao, in tono confidenziale, « mi domando come fai ad essere così ottuso. Ma poi mi ricordo il detto “chi si assomiglia si piglia”, e tutto si fa chiaro. ».
Otani fece per replicare ma Nakao prese a sbandierare la mano in aria, per rendere nota la loro posizione alle due giovani donne che erano appena entrate nella sala ristorante: Risa e Nobu.
Quella mattina, Risa indossava una gonnellina
« Ma dov’è Akeru? », balbettò Otani imbarazzato, distogliendo in fretta lo sguardo inebetito dalla ragazza dai lunghi capelli rossi che si dirigeva verso il loro tavolo ridendo.
Nakao si schermò gli occhi con la mano e cercò il piccoletto per tutta la sala: « Eccolo lì! », esclamò il ragazzo, indicando il buffet alle spalle del loro tavolo. Otani inarcò le sopracciglia dalla sorpresa e si voltò verso il tavolino, intorno cui Akeru stava disegnando alcune giravolte strategiche così da poter facilmente individuare i suoi dolcetti preferiti.
« Sembra un piccolo avvoltoio. » disse Otani ridendo, nel guardare il piccolo.
« Chi sembra cosa? Buongiorno tesoro! », salutò Nobu di buon umore, stampando un bacio sulle labbra del fidanzato. Risa prese posto di fianco ad Otani, che immediatamente si irrigidì.
Risa gli sorrise, affabile: « Allora, che stavate confabulando voi due? ».
Nakao rise: « Otani stava giusto dicendo che Akeru sembra un a…. ». « …aaangioletto! », terminò Otani alzando la voce e lanciando a Nakao occhiate assassine.
Risa rabbrividì. « Seriamente, Otani? Una cosa così carina detta da te, mi da preoccupazione. »
Otani raddrizzò la schiena con aria seriosa e fece un lungo respiro profondo, tirando il petto in fuori. « Che cosa vorresti insinuare? Sono una persona molto sensibile, io. Ho a che fare con quegli… angioletti tutto il giorno. E per la cronaca, i bambini mi adorano. ».
Nakao lo guardava senza parole, mentre Nobu tratteneva a stento le risate. Infine, fu Risa a portarsi il palmo della mano alle labbra e a soffiare, facendo una rumorosa pernacchia.
Nella sala ristorante scese il silenzio, e i quattro arrossirono furiosamente abbassando la testa nel vano tentativo di nascondersi. A coronare il quadretto, giunse Akeru con un piattino minuscolo tra le mani – ma gremito di pasticcini e dolci vari, alla crema e alla nutella. Risa spalancò gli occhi dalla sorpresa: « Akeru! Ma quante cose hai preso? Quel buffet è per tutti i clienti dell’Hotel, non solo per noi! » esclamò Risa imbarazzata di fronte all’ingenua azione del bambino.
Lui, spinse il piatto nello spazio tra Otani e Risa, quindi si rivolse al ragazzo, tendendo le braccia verso di lui perché lo prendesse in braccio. Otani prese Akeru sulle sue gambe, quindi ghignò.
« Cosa ti dicevo? I marmocchi mi amano. ». Risa corrugò la fronte pensierosa, mentre Akeru metteva su il broncio. « Ma queste cose le ho portate per tutti, non solo per me… » replicò tristemente il bambino, a testa china. Nobu si sporse verso di lui e gli strizzò una guancia, facendolo ridere. « Ma che dolce angioletto, che sei! » commentò, con voce squisitamente zuccherosa. Akeru ricambiò il sorriso e Risa gli accarezzò i capelli castano rossicci, disordinandoglieli un po’. Solamente Otani parve notare il ghigno soddisfatto spuntato sulle labbra del piccolo, mentre addentava un cornetto alla crema.
« Ma quale angioletto! »
 
 
 
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Non metto mano a questa storia da un bel po', oggi ripulendo la cartella delle fanfict. in corso ho trovato questo capitolo, così ho pensato di postarlo ^^ 

 

 
   
 
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