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Autore: aris_no_nami    18/10/2013    1 recensioni
Un viaggio.
Lei è alla ricerca di quella cosa che manca alla sua vita per essere perfetta. Quella piccola cosa che neppure lei sa cos'è. Si sente incompleta... Come se le mancasse un pezzo di cuore... Un pezzo di felicità...
Con un viaggio, un lungo viaggio, troverà questa piccola cosa?
Troverà la felcità che le manca?
Riuscirà a sentirsi finalmente completa?
Un lungo viaggio che la farà crescere e le farà conoscere tante persone che l'aiuteranno a trovarla. A trovare lei.
La Felicità.
Crossover con tanti artisti coreani ;*
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fui svegliata dalla suoneria insistente del mio cellulare, ancora dentro una delle valigie. Mi alzai faticosamente dal divano, sul quale avevo preso sonno, e mi diressi verso l’insieme di bagagli accanto al letto. Dopo un bel po’ finalmente lo trovai. Premetti il pulsante verde e me lo poggiai all’orecchio.
-Pronto?
Chiesi con la voce assonnata.
-Hem… parlo con Felicity?
Chiese a sua volta una voce maschile.
-Si.
Risposi, sedendomi sul morbido e grande letto.
-Oh, grazie a Dio! È da ore che cerco il tuo numero!
Esultò il ragazzo.
-Oh… Hem… Mi fa piacere… Ma chi sei?
Chiesi un po’ titubante.
-Ma come?! Non mi riconosci?! Sono io, Philippe!
 
Ero seduta ad un caffè, ad aspettarlo. Era da secoli che non ci vedevamo… Dai tempi delle medie.
Da lontano vidi correre verso di me un ragazzo mulatto. Mi alzai dalla sedia nella quale ero comodamente seduta e mi sbracciai. Quando mi fu davanti esitò un attimo, prima di stritolarmi in un abbraccio killer.
-Ah… Ho passato un sacco di tempo alla ricerche del tuo dannatissimo numero di telefono!
Disse mollando l’abbraccio.
-Non è colpa mia se l’avevi perso.
Mi giustificai sedendomi nuovamente.
-Si si… certo…
Rispose scuotendo la testa, sedendosi pure lui davanti di me.
-Dunque… - cominciai io con fare serio –Come facevi a sapere che ero a Madrid?
Lui sbarrò gli occhi, quasi avesse visto un fantasma.
-Dimmi come.
Insistetti.
-Hem… ecco… - disse schiarendosi la gola –Non lo sapevo.
Rispose infine.
-Come non lo sapevi?
-E’ già… Non ne avevo la minima idea… E’ che, per caso, mi erano capitate per le mani le foto di quando eri alle medie e mi è venuta voglia di chiamarti. Tutto qui. Poi, quando mi hai detto di vederci qua non ho capito bene… Ma quindi ti sei trasferita definitivamente?
Disse tutto d’un fiato.
-Non hai perso il vizio di parlare velocemente vedo… - me la risi io –Comunque no. Sono venuta qui perché era da tanto che non ci venivo e perché… sono in viaggio.
Dissi semplicemente.
Philippe annuì lentamente, come per assimilare l’informazione.
Dopo, il silenzio si posò come un velo leggero su di noi…
Il primo a romperlo fu lui chiedendomi.
-Dopo dove andrai?
Io abassai lo sguardo.
-La verità è che non so neppure io che fare… - ammisi con un filo di voce –Non ho la più pallida idea di cosa fare e di dove andare…
-Adesso dove alloggi?
-In un hotel a quattro stelle in centro. Da quello che mi hanno detto li alloggiano pure star famose…
Lui mi interruppe.
-Allora è l’Hotel Santa Clara. L’hanno fatto pochi anni fa…
Lo osservai attentamente… Era serio… Quasi triste… Di sicuro si stava preoccupando per me e questo non andava bene.
-Ma stai tranquillo! Io sono forte!
Dissi cercando di sorridere meglio che potevo. Con quel finto sorriso sembrò rallegrarsi un po’ anche lui.
-Bene. Ora vieni con me.
Detto ciò mi prese per mano e comicniò a camminare in una direzione a me sconosciuta. Fortunatamente ero riuscita a prendere la borsa.
-Dove mi stai portando di questa cacciata?
Sul suo viso comparve un sorrisino che a me sembrava tanto sadico…
-Sai che lavoro, no?!
Annuii.
-Ecco, ti sto portando a lavoro con me.
Del lavoro di Philippe ne sapevo poco… Sapevo che, alle volte, lavorava con gente famosa, ma nient’altro.
Dopo una decina di minuti di camminata si fermò davanti ad un’imponente e moderno edificio. Io mi lasciai sfuggire un “Wow” di stupore. Il ragazzo mi tirò dentro con lui. Quando varcammo l’entrata un via vai di persone tutte indaffarate si presentò davanti ai miei occhi. Alzai lo sguardo ed in alto che pendevano dall’alto soffitto c’erano dei lunghissimi poster con delle persone rappresentate. Su uno c’era un’anziana signora di colore, su uno un bambino piccolo e sull’ultimo un paesaggio molto probabilmente olandese.
-Ti brillano gli occhi.
Mi disse sorridendomi Philippe.
-Non sono gli occhi che brillano… Ma è il riflesso del magliore di questo posto… I miei occhi sono solo uno specchio che riflette ciò che vedono…
-E il cuore tiene il tempo… E gli occhi donano luce… Canta, balla, guarda il mondo finche puoi… Non aspettare… Goditi la bellezza della vita… Perché prima o poi sparirà…
Ci scambiammo un’occhiata con la quale ci dicemmo tutto…
-Dai vieni.
Disse dopo poco.
Passammo in mezzo a quel mare di gente e quasi tutti lo salutavano e gli sorridevano… Era impossibile non voler bene a quel ragazzo.
Dopo un paio di minuti entrammo in una stanza dove dentro di essa era tutto allestito per un servizio fotografico. La stanza era divisa in cinque angoli. Uno era tutto nero con in centro una strana costruzione fatta di specchi scuri, un altro aveva il pavimento a scacchi e delle pedine enormi, un altro aveva sempre il pavimento a scacchi e una specie di trono nero al centro, il quarto, sempre con lo sfondo scuro, aveva un enorme giradischi ed infine l’ultimo uguale agli latri solo che aveva delle statue bianche con solo il busto.
Il tutto metteva un po’ d’inquietudine…
-Hei… Ma dove cavolo mi hai portata? Nel girone dell’inferno di Dante?
Gli chiesi sottovoce.
Lui non mi badò e si avvicinò ad un uomo sulla cinquantina con i capelli che sembravano leccati da una mucca tanto lucidi e tirato che erano, che stava mettendo apposto delle macchine fotografiche.
-Buongiorno signore.
Lo salutò gentilmente Philippe.
Il vecchio alzò la testa e gli si illuminarono gli occhi.
-Oh, mio caro Philippe! Finalmente eccoti qui! Il nostro coreografo e scenografo migliore! Dove sei stato tutto questo tempo?
Disse con una voce acuta.
-Mi dispiace di non essere potuto arrivare prima. Ma le ho portato una dea della fotografia.
E mi mise un braccio intorno alle spalle. Io lo guardai con un’espressione interrogativa.
-Oh. Sarebbe lei?
Chiese con voce schifata.
-Si signore, le assicuro che è fantastica. La metta alla prova. Che ne dice?
Il vecchio ci pensò su per un po’ per poi mettersi ad annuire lentamente.
-Va bene va bene… Fammi vedere che sai fare. Tra un po’ arriveranno i modelli. Sii pronta.
Disse infine porgendomi una macchina fotografica che più che altro sembrava un cannone.
Philippe mi portò davanti ad uno degli angoli già predisposti e mi sorrise maligno.
-Vuoi dire che queste le hai fatte tu?
Chiesi indicando la scena che avevo davanti. Lui annuì, sempre con quel sorriso.
-Il migliore è?!
Dissi guardandola e notando che era quella con la strana scultura fatta di specchi scuri.
-E mi spieghi che dovrei fare?
Chiesi seccata.
-Tra un po’ arriveranno dei modelli e tu li dovrai fotografare. Se a quel vecchio piaceranno le tue foto ti prenderà e comincerai a lavorare qui.
Mi spiegò.
All’udire quelle parole il mio cuore si fermò completamente. Avrei lavorato in un posto del genere? Così figo e così grande? Facendo la fotografa?
Guardai con uno sguardo killer il mio amico.
-Ci sto.
Dissi prendendogli la mano e stringendogliela a mo’ di patto. Avevamo entrambi uno sguardo da sfida. Era una lotta. E io l’avrei vinta.
-Ora preparati che dovrebbero essere arrivati.
Disse guardando verso loa porta dalla quale eravmo entrati.
Cominciai a spostarmi di qua e di la per vedere la scenografia da diverse angolazioni. Stavo arretrando quando andai addosso a qualcuno.
-Guarda dove cazzo metti i piedi, razza di ippopotamo!
Disse questo in coreano.
Io mi girai e mi ritrovai davanti un ragazzo orientale dai capelli neri e gli occhi a mandorla segnati pesantemente da eyeliner nero. Per mia grande stupidità abbassai lo sguardo sul suo sguardo e lo ritrovai a petto nudo con solo dei pantaloni neri di pelle stra attillati e una pelliccia anch’essa nera. L’unica cosa che gli copriva il petto erano le miriadi di collane oro e nere.
-Cazzo guardi!
Disse nuovamente in coreani spostandomi di lato con uno spintone e mettendosi al centro della scenografia. Io rimasi li impalata a guardarlo con uno sguardo sconvolto. Come si permetteva di trattarmi così?! Quel brutto bast…
I miei pensieri furono interroti da un urlo dietro le mie spalle. Mi girai di scatto e dietro di me vidi un ragazzo da i capelli di un biondo assolutamente innaturale e anche lui con gli ben segnati da eyeliner nero.
-Ya Tae! Fai vedere il tuo lato virile!
Gli urlò questo in coreano.
-Stai un po’ zitto Jonghyun!
Gli urlò di rimando il tipo dai capelli neri.
-Tz! Lee Taemin.. Sempre così stronzo…
Commentò il biondo ridacchiando.
Io lo guardai alzando un sopracciglio. Quando se ne accorse mi guardò con uno sguardo straffottente e mi chiese in inglese.
-Ci sono problemi?
Io scossi la testa e mi girai verso il moro che mi guardava con fare superiore.
-Sei tu la fotografa?
Mi chiese in inglese. Io annuii.
-E allora datti una svegliata!
Mi urlò dietro incazzato. Io mi girai verso tutto le persone che fino a prima si stavano muovendo freneticamente e che adesso se ne stavano li tranquille a guardarmi cercando lo sguardo di Philippe. Quando lo trovai alzai le spalle e mi rigirai verso lo stronzo.
-Ok, cominciamo.
Dissi sicura. Il tipo alzò gli occhi al cielo e cominciò a muoversi.
Mh… era un esperto…
Subito cominciai a scattare foto, ma si muoveva troppo velocemente perché potessero venire bene.
-Senti, ti muovi come una trottola. Riesci ad andare più lentamente?
Il ragazzo mi guardò con gli occhi sbarrati, come il suo amico mentre dietro di me sentii una risatina.
-Come scusa?!
Mi chiese.
-Trottola, velcoe, rallenta, modalità bradipo. Così ti è chiaro?!
Gli dissi scocciata.
Il ragazzo sembrò invelenarsi più di quello che lo era già. Mi si avvicinò di cacciata, ma prima che mi fosse addosso si mise in mezzo il suo amico, Jonghyun o qualcosa del genere, e lo bloccò.
-Prova a rivolgerti un’altra volta così a me e ti spacco quel visino che ti ritrovi!
Urlò imbestialito in coreano.
-Ya! Calmati.
Gli disse l’amico mollando leggermente la presa. Il moro sembrò calmarsi un po’ e prima di tornare al suo posto mi lanciò un’occhiataccia di fuoco.
-Ok. Ora che ti sei calmato puoi seguire ciò che ti ho detto?
Gli chiesi. Mi sembrò quasi che ritornasse alla carica, ma Jonghyun gli lanciò un’occhiata glaciale che lo fece stare fermo li e annuii forzato.
Dopo quella bella scenetta ridicola andò veramente più lentamente e veniva decisamente meglio. Dovevo ammettere che era proprio bello… Anche se quel visino da bimbo stonava parecchio con quell’abbigliamento, ma fortunatamente l’eyeliner faceva il suo che.
Nei movimenti che faceva ci metteva una forza pazzesca… Quasi a volere spaccare tutto. E in un certo senso faceva quasi paura…
Dopo una buona mezz’ora, finalmente, finimmo. Ma la mia gioia si dissolse quando mi dissero che, con quel tipo, mancavano ancora dei scatti in altri posti.
Che dio mi salvi!
  
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