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Autore: myricae_    20/10/2013    3 recensioni
[REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 20 E CAPITOLO 41] [REVISIONE IN CORSO]
Estate.
La stagione delle lunghe notti punteggiate di stelle e delle risate spontanee.
La stagione perfetta per dimenticare una relazione difficile e andare avanti.
La stagione perfetta per incontrare una persona speciale, magari innamorarsi e rimanere segnati per il resto della vita.
O, almeno, così è stato per Marco e Alisea.
Ma cosa possono saperne due giovani cuori dell'amore?
Della distanza?
Della morte?
E di un passato che è deciso a ritornare, forse, separandoli per sempre?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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23

 
Davide era furioso.
Lo capì dal modo in cui i suoi occhi erano sembrati rimpicciolirsi mentre parlava. «Avevi detto che saremmo tornati a Roma in giornata».
 «Lo so. E ti ho detto che mi dispiace» provò a calmarlo.
Camminavano fianco a fianco sul marciapiede di mattoni; il rumore delle macchine alla loro destra era irritante e al loro passaggio innalzavano ventate d’aria fresca; aria di fine estate. Quell’estate che era stata una delle migliori per Marco.
 «Non mentirmi! Quando si tratta di quella ragazza non ragioni più».
 «Quella ragazza ha un nome e…».
 «Ok, va bene, Alisea» concesse con un sospiro schiumante esasperazione.
 «E…» continuò Marco, ma le parole gli morirono in gola. Come poteva spiegare che Alisea aveva bisogno di lui? E che lui aveva bisogno di lei? O, ancora, come spiegare quel piacevole brivido al cuore che provava quando la ragazza lo stringeva? Quando le loro labbra si incontravano? Se c’erano parole per esprimere tutto questo, in quel momento Marco non le trovò.
 «Visto?» sbuffò Davide. «Ti viene quel sorriso da idiota e non capisci più niente!». La sua voce grondava irritazione.
Marco gli si parò davanti. «No, sei tu che non capisci niente». Lei ha bisogno di me, tu non hai visto la sua fragilità; sei tu quello che non capisce avrebbe voluto dirgli, ma si limitò ad osservarlo serrare la mascella.
 «Io so solo che Alisea ti ha cambiato».
A Marco scappò un sorriso. Sì, si sentiva diverso. Non lo aveva mai desiderato un amore così travolgente, ma era arrivato ugualmente. E si sentiva come se la vita non potesse fargli regalo migliore.
 «Lo so» disse, riprendendo a camminare.
Davide gli afferrò il braccio, facendolo voltare. «Marco, lei non è tutto».
 «È qui che ti sbagli».
 «Marco, stai delirando…».
 «Io l’amo».
 «Ho capito, ma ricordati che non esiste solo lei».
Marco gli strinse la spalla e, aprendo le labbra in un gran sorriso, rispose: «Lo so. Ci sei anche tu, gelosone».
Davide gli assestò un pugno amichevole all’altezza del petto e la discussione si risolse con una sonora risata.
 
Gli occhi di Alisea si posarono sul display del cellulare per leggere l’orario. Le diciannove e ventisette. Marco sarebbe arrivato a momenti. Sua madre l’aveva accompagnata davanti al ristorante che si affacciava sul lago: Crotto dei Platani, annunciava l’insegna finemente decorata . Indossava un abito di pizzo bianco, lungo più di metà coscia, con un fiocco marrone pallido allacciato all’altezza della vita. Aveva guadagnato una decina di centimetri con i tacchi color perla di sua madre. L’aria di metà settembre portava con sé una sorta di malinconia, provando a scompigliare svogliatamente i capelli scuri di lei, perfettamente lisci quella sera. Ogni passante le lanciava occhiate di sottecchi. Qualcuno le aveva perfino fischiato e Alis si era limitata a fingere di scrivere un messaggio sul cellulare. Marco arrivò poco dopo, bellissimo nella sua giacca blu notte che si apriva su una maglietta candida.
Era da tempo che sognava un appuntamento come quello che stava per vivere, un appuntamento un po’ da adulti e un po’ da film. Il ragazzo la salutò posando le labbra sulle sue, il braccio intorno alla vita di lei. «Sei incantevole» le sussurrò. Forse fu la sua voce, il modo in cui il respiro del ragazzo aveva sfiorato il suo collo; o forse furono semplicemente quelle parole che le fecero andare le guance in fiamme.
 «Grazie» riuscì a dire. 
Perché si sentiva timida e impacciata? Sentiva che c’era qualcosa di diverso quella sera, piacevolmente diverso. Non era il luogo e non era nemmeno lui. Era la consapevolezza di essere amata. Ti amo. Incredibile come l’anima dell’uomo diventi fragile a quelle due parole. Parole che le erano rimbombate come un’eco nella testa tutto il pomeriggio, mentre faceva i compiti, la doccia, si vestiva e si pettinava. Si erano ancorate dentro di lei come se avessero paura di essere dimenticate. Marco le depositò un bacio sulla guancia prima di entrare nel locale, tenendole la mano. Scelsero un tavolo sulla balconata che dava sul lago. Un cigno solitario vagava triste sulla superficie. Le luci lungo la riva facevano risaltare il profilo della distesa d’acqua nera davanti a loro. La luna si affacciava timida da dietro un collina.
 «È bellissimo» disse, prendendo posto.
Marco si sedette accanto a lei. «Sono contento che ti piaccia» rispose, senza lasciare la sua mano. «Cosa ordini?» continuò lui.
 Alis prese il menù alla sua destra, facendo vedere anche al ragazzo. Alla fine optarono per degli spaghetti ai funghi porcini e carrè d’agnello in crosta di pistacchi. «Dov’è Davide?».
 «In albergo» rispose, arrotolando gli spaghetti con la forchetta. «Com’è andato il tuo primo giorno di scuola?».
Alisea era così felice che lui fosse lì che si era quasi dimenticata dell’inizio della scuola. «Oh. Bene, bene». E nella sua mente riaffiorò ciò che Christian le aveva detto riguardo ad Andrea. Al solo pensiero le venne il voltastomaco. Non devo pensarci, si impose, adesso ho Marco ed è solo lui che voglio!
 «Sicura?» chiese, aggrottando le folte sopracciglia.
 «Certo. Tu quando inizi?».
 «Lunedì. Magari questo week-end posso venire ancora a trovarti».
Alis gli scoccò un’occhiata. «Davvero?».
Lui annuì.
 «È un lungo viaggio e devi riposarti. Non saresti dovuto venire oggi» disse lei, preoccupata.
 «Ti da’ fastidio che io sia qui?».
 «No!» esclamò Alis. «Non ho detto questo. Solo che è un lungo viaggio».
Marco prese la mano della ragazza tra le sue, guardandola negli occhi. «Voglio trascorrere più tempo possibile con te, hai capito?».
Alis non poté fare a meno di sorridere a quelle parole. «Anch’io. Potrò venire a Roma un giorno?».
 «Ma certo, quando vuoi».
La ragazza avvicinò il suo viso al suo, sussurrando con il cuore che le impazziva nel petto: «Io vorrei sempre».
Marco sorrise di rimando, depositandole un leggero bacio sulle labbra. Le accarezzò i capelli, spostando una cioccia dietro l’orecchio. «Hai i capelli lisci, stasera».
 «Sì. Ti piacciono?».
 «Alisea, ti ho vista al mare con i capelli al vento, appena sveglia, dopo la doccia e in pigiama. Tu mi piaci sempre».
La ragazza sorrise finché gli zigomi non presero a farle male, e nemmeno allora smise pensando a quanto fosse fortunata. Si chiese quale così grande, buona azione avesse fatto per meritare un simile dono. Aveva la piacevole sensazione che per una volta era la vita che si abbassava a compiere una buona azione per lei.
E dopo cena ci fu la musica. Marco si alzò, tenendole la mano per invitarla a ballare. Alisea odiava qualsiasi tipo di ballo, ma quel ragazzo le faceva venire voglia di ballare, di vivere. Così prese la mano che gli veniva offerta senza ripensamenti, facendosi guidare. Era un melodia lenta, ma non malinconica. O almeno, per lei non lo era. Ballarono abbracciati, cullandosi a ogni passo.
 «Grazie» gli sussurrò all’orecchio.
 «Per cosa?».
 «Per la serata. Vorrei che non finisse mai». Solo quando l’ebbe pronunciata, si rese conto di quanto suonasse infantile quella frase. Ma stare con lui le faceva venire in mente idee così romanticamente assurde.
 «Ho una richiesta da farti» disse Marco, stringendola ancora di più a sé.
 «Dimmi». E in quel momento fu certa che qualsiasi cosa le avesse chiesto, lei l’avrebbe esaudita perché non conosceva gioia più grande di vederlo felice.
 «Passa la notte con me, per favore» sussurrò come se ne avesse davvero bisogno.
 
L’hotel era a una decina di minuti dal centro storico. Ma partendo dal lago, i minuti si erano raddoppiati. Era semplice come un albergo a tre stelle poteva esserlo, sopra il tendone azzurro spiccava l’insegna: HOTEL COMO, illuminata anch’essa da una pallida luce bluastra. L’interno era ancora più semplice; mobili di legno chiaro con poltrone color rosso conferivano all’ambiente un qualcosa di intimo e accogliente. E fu proprio su una di quelle poltrone che videro Davide. Appena li vide si alzò per avvicinarsi a loro; salutò Alis con un paio di baci affettuosi su entrambe le guance, poi si rivolse a Marco: «Ti stavo aspettando».
 «Ho notato». Il ragazzo teneva ancora la mano di Alisea stretta nella sua.
Ad Alisea non sfuggì lo scambio di sguardi tra i due. La situazione stava per diventare imbarazzante per la ragazza, ma Davide ruppe il silenzio: «Va bene, va bene» iniziò alzando le braccia al cielo in segno di resa «prenderò una camera singola. Ma paghi tu! Buona notte, Alisea».
Una volta che se ne fu andato, la ragazza si rivolse a Marco: «Non voglio creare problemi tra voi due».
Marco le circondò le spalle con un braccio. «Tu non sei affatto un problema». Presero una camera per due persone. La stanza era piccola, calda e accogliente. Il letto matrimoniale, coperto da lenzuola scarlatte, dominava l’intera camera. Una piccola televisione era appoggiata sopra un comodino, proprio davanti al letto. Alla loro destra si trovavano un piccolo bagno e un balcone altrettanto piccolo che dava sulla piscina.
Alisea si tolse le scarpe che iniziavano a dolere e si avvicinò alla finestra che dava sulla balconata. Scostò le pesanti tende rosa pallido, aprì la finestra e uscì fuori respirando l’aria fredda della sera di fine estate. Alis alzò lo sguardo e fu delusa di scoprire di guardare un cielo con poche, fioche stelle. Sentì il ragazzo posarle la giacca sulle spalle nude, e lei lo lasciò fare. Marco la abbracciò da dietro, depositandole un bacio sulla guancia. «È meglio se vieni dentro».
 «Non ci sono stelle» rispose, invece.
Marco guardò in alto. «Ti sbagli. Qualcuna c'è» .
 «Ma sono poche. Mi manca il cielo d'estate, mi manca il mare e mi manchi tu. Sempre».
 
«Anche tu. Mi manca la nostra spiaggia, l'isola, la barca di Davide, svegliarmi all'alba con te,...»
 «Marco, mi svegliavi prima dell'alba!» scherzò lei.
 «E ti lamenti? Non era uno spettacolo bellissimo? Anzi, sai cosa penso? Penso che ogni scenario sia bellissimo, purché noi due ci siamo dentro». 
La ragazza sorrise. «Hai ragione.
È una notte bellissima».
Marco la sollevò da terra.
---
Ciaooo, adorati lettori.
dunque, dunque, dunque, procediamo con i ringraziamenti:
-ai lettori silenziosi ♥
-a coloro che hanno aggiunto la storia nelle preferite/seguite/ricordate ♥
-ai miei recensori ♥
GRAZIE DI CUORE A TUTTI ♥

Bene. Considerazioni sul capitolo (?):
spero vi sia piaciuto. 
ho dovuto informarmi molto sui luoghi, ristoranti, alberghi, sulle distanze, ecc... ci tengo a dirvi che sono dovuta informarmi andandoci fisicamente, nel vero senso della parola. lo so, non ho tutte le rotelle a posto ahaha

E dopo questo breve aneddoto, lascio la parola a voi miei adorati lettori ♥

E vi lascio anche l'indirizzo della pagina facebook della storia --> https://www.facebook.com/pages/%C3%88-sempre-estate-sotto-il-mare/189100337929543
   
 
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