Fanfic su attori > Gaspard Ulliel
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Autore: Eynieth    21/10/2013    1 recensioni
Matilde ha una sola paura. E tanti sogni, ma sono collegati l'uno all'altro.
Sogni. Paura.
Paura. Sogni.
E i suo sogni la conducono per nove mesi in Francia, dalla famiglia Ulliel. Per realizzare i suoi sogni stravolgerà la sua vita, ma non stravolgerà solo la sua...
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Otto anni da quando ho lasciato questa casa. Ogni tanto, per cerimonie, feste varie e anche solo per rivedere Lisa, torno, ma mi sono sempre fermato relativamente poco: due o tre giorni, una settimana al massimo per Natale. Non che io mi sia mai trovato male o che odi questa villa, al contrario, ma ho sempre voluto essere indipendente e imparare a badare a me stesso e vivere col mio lavoro; nulla di complicato per un attore e modello piuttosto influente e ricercato in Francia e probabilmente non solo nella mia nazione.

Mi fa sempre un certo effetto tornare qui, rivedere le scale di marmo dalle quali sarò salito migliaia di volte, i giardini immensi in cui giocavo nelle giornate di sole e so, che una volta dentro, rimpiangerò di non essere rimasto lì, troppo cocciuto e testardo per ammettere di aver fatto uno sbaglio. Amo questo posto e non riuscirei mai a chiamare casa un qualsiasi altro appartamento o villa, i cui ho vissuto, mio malgrado, con le mie ex fidanzate. La mia reale vita di coppia fuori dalla casa paterna, è iniziata con Charlotte con la quale non sono stato insieme per molto, forse nemmeno un anno; poi, due anni dopo, con Jordane, modella, e, anche se i giornalisti insistevano sul fatto che ero troppo bello per lei, con lei la relazione è durata un paio di anni. Ora, dopo altri due anni di solitudine, mi ritrovo a rimpiangere questa vecchia villa dove tutto è pronto e non devo pensare a nulla. Ma sono troppo orgoglioso, perciò, andrò avanti così, con la testa alta e la speranza di trovare una relazione più stabile.

«Monsieur Gaspard!»

Mi riscuoto improvvisamente dai miei pensieri e non posso far altro che sorridere vedendo Gabriel raggiungermi per prendermi i bagagli. Ho sempre adorato quell'uomo, così gentile e affabile; nonostante abbia solo pochi anni in più di me, sembra molto più maturo e adulto.

«Gabriel!»

Esclamo raggiungendolo felice di rivederlo. Poco più dietro di lui vedo accorrere anche Rose, la domestica, e la saluto con un cenno della mano; ormai consideravo anche quei due parte della mia famiglia ed ero sempre contento di essere accolto così calorosamente anche da loro. Gabriel insiste per portarmi i bagagli nella mia stanza e alla fine cedo, sapendo che non riuscirei mai a convincerlo, mentre salgo lentamente le scale, come se avessi tutto il tempo del mondo, e in effetti è così, chiacchierando con Rose e chiedendole del lavoro dei miei e degli studi di mia sorella. E' proprio quest'ultima che vedo comparire per prima all'ingresso, con un vestito abbastanza corto e smanicato color perla e ai piedi dei tacchi neri piuttosto alti; le labbra d'un rosso vivido, gli occhi azzurri contornati da un leggero velo di trucco e i boccoli biondi che le ricadevano morbidamente sulle spalle. Non mi sarei mai abituato a vedere la mia sorellina così agghindata e ormai quasi una donna: me la ricordavo ancora piccola che mi chiedeva sempre di giocare con le bambole.

«Lisa!»

La saluto con un sorriso avvicinandomi a lei, mentre mi guarda poco convinta: indosso una camicia bianca un po' stropicciata e un normale paio di jeans. Odio viaggiare e quindi cerco di farlo restando il più comodo possibile.

«Non avrai intenzione di venire a cena conciato così, Gaspard?»

«Sempre simpatica tu, eh? Ovvio che mi cambio. Mi dareste il tempo di arrivare nella mia stanza, Mademoiselle?»

La supero sprezzante, mentre lei scuote la testa sconsolata. Ai piedi delle scale mio padre e mia madre che mi sorridono, anche loro in abiti eleganti e mi affretto a salutarli per salire quasi di corsa le scale verso la mia stanza. Non mi piacciono molto le smancerie e non sono più un bambino; un saluto è più che sufficiente. Inizio a percorrere quel corridoio con sicurezza: non avrei mai potuto dimenticarmi la strada verso la mia camera, nemmeno se non ci tornassi per molti anni. Spalanco la porta e mi precipito verso la cabina armadio senza nemmeno notare che non la stanza in sé non è in ordine come al solito. Una giacca blu, una camicia bianca più ordinata, un paio di pantaloni anch'essi blu e...non c'è la mia cravatta! Che mio padre l'avesse presa in prestito? Una smorfia mi si dipinge sul volto accentuando la fossetta, o meglio, la cicatrice che mi sono procurato cercando di cavalcare un dobermann come se fosse un cavallo quando avevo sei anni. Ne prendo una nera a caso e mi cambio velocemente. Ora manca il gel. Mi dirigo verso il mio bagno fischiettando appena sovrappensiero. Apro la porta e...vedo davanti a me una ragazza quasi del tutto nuda.

«Je suis désolé!»

Esclamo avvampando e afferro il gel, fortunatamente a portata di mano, e mi dileguo imbarazzato. Una mia caratteristica peculiare è la timidezza: ricordo ancora benissimo quando sono svenuto al festival di Cannes. Vedere una ragazza poco più giovane di me, nel mio bagno e per di più nuda...beh, non è mai stato nei miei programmi. Ma poi che diavolo ci fa lì? Sarà un'amica di Lisa? Un'assistente di mia madre? Gliel'avrei chiesto direttamente quella sera, dato che non credo sia il caso di farne menzione a tavola. Mi rifugio nel bagno di mia sorella sistemandomi i capelli per poi correre giù dalle scale dove la mia famiglia e Gabriel mi aspettano per prendere la limousine.

Arriviamo a Parigi dopo una mezz'oretta circa e ci incamminiamo, circondati, come sempre, da turisti e persone curiose e desiderose di una foto o un autografo. Dopo altri venti minuti riusciamo a raggiungere un ristorante elegante e abbastanza riservato. Il cameriere ci indica un tavolo apparecchiato per cinque...un attimo?

«Arriverà anche Frederic, il fidanzato di Lisa.»

Si affretta a spiegare mio padre vedendo, probabilmente, la mia espressione sconcertata. Fidanzato? Da quando la mia sorellina era insieme ad un ragazzo? Faccio una smorfia poco convinta, ma proprio in quel momento arriva il suddetto Frederic. Un tipo alto, biondo, con gli occhi versi e il fisico scolpito. Non mi convince molto. Lisa si merita qualcosa di meglio. Ci presentiamo con una stretta di mano e cerco di sorridere quanto più convincente. La cena prosegue abbastanza noiosa, con mia madre e mio padre che parlano del loro lavoro, mia sorella che scambia smancerie con il bel biondo e io che, solo e silenzioso, giocherello con il mio bicchiere di vino e ogni tanto mi accendo una sigaretta. Vedere Elizabeth così unita a quel tizio mi infonde un senso di angoscia, ma probabilmente è solo gelosia: lei è felice e ha trovato qualcuno che la ama, mentre io sono di nuovo single. E' vero, ci sarebbero un sacco di ragazze che si scannerebbero per mettersi con me, ma non voglio usarle. Non è nel mio stile e soprattutto voglio trovare qualcuno che si innamori di me e non della mia immagine di attore o modello.

Quasi automaticamente e inspiegabilmente la mia mente mi gioca un brutto scherzo: rivedo la scena di appena un'ora fa e la ragazza nel mio bagno. Arrossisco impercettibilmente e mi porto la mano con la sigaretta davanti al volto per non farlo notare. Mi avrebbe dovuto delle spiegazioni e non solo lei. Avrebbero potuto almeno avvisarmi: avrei bussato prima di entrare. Il problema sarebbe stato parlarle senza arrossire o dar troppo peso a quello che era successo. Sospiro tirando un'altra boccata per poi gettare il mozzicone lontano. Finalmente quello strazio era finito e il caro Frederic ci saluta ringraziandoci per la serata e, dopo aver baciato Lisa, si allontana. Lo saluto con un cenno della mano per poi fare una smorfia di disgusto quando nessuno mi guarda. Avrei dovuto parlare anche di quello in un futuro prossimo. Raggiungiamo di nuovo la limousine: Gabriel è tornato per riportarci a casa. Durante il tragitto parlo poco accennando solo al mio lavoro e al fatto che probabilmente sarei rimasto lì più a lungo del solito. Mi manca, mio malgrado, la vita di famiglia e due anni da solo mi hanno un po' provato: non sono un abile cuoco e tendo a trascurarmi quando sono abbandonato a me stesso. Una volta arrivati alla villa rimaniamo ancora un po' in piedi, nella sala da the a chiacchierare, ma nessuno dei presenti sembra accennare a quella misteriosa ragazza e io non ho decisamente voglia di tirare fuori l'argomento.

Verso le undici ci diamo la buona notte e finalmente riesco a ritirarmi esausto dopo il viaggio e quella cena insopportabile nella mia camera. Salgo svogliato le scale trascinando quasi i piedi finchè non arrivo alla mia stanza. Quando dicono che la storia non insegna, hanno ragione. Apro la porta e accendo la luce, mentre con la mano libera mi tolgo cravatta e giaccia per poi lanciarle sul letto con poca grazia. Mi sfilo la camicia e stavo per buttare anche quella, quando mi accorgo che il mio letto non è vuoto. Ancora lei, la ragazza castana con gli occhi azzurri. Sobbalzo tra lo spaventato e l'imbarazzato. Possibile che la vita debba sempre giocare a me brutti scherzi?

   
 
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