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Autore: Eynieth    22/10/2013    1 recensioni
Matilde ha una sola paura. E tanti sogni, ma sono collegati l'uno all'altro.
Sogni. Paura.
Paura. Sogni.
E i suo sogni la conducono per nove mesi in Francia, dalla famiglia Ulliel. Per realizzare i suoi sogni stravolgerà la sua vita, ma non stravolgerà solo la sua...
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Da quando sono con la famiglia Ulliel e vivo sotto lo stesso tetto con Lisa, la bellissima figlia di Annalise, ho preso l'abitudine di andare a correre. Vivere assieme a Lisa è estenuante, e moralmente impossibile. Uno si chiede perchè tanta fortuna deve andare a una sola persona.

Così, quando torno dalla mia corsetta quotidiana, mi fiondo sotto la doccia. L'acqua sulla pelle mi dá una sensazione meravigliosa. Posso sentire tutto lo stress scivolare giú per lo scarico della doccia e scomparire nelle tubature.

Quando sento fischiettare fuori dalla porta, mi sto avvolgendo un asciugamano attorno al corpo. Mi giro appena in tempo per vedere un ragazzo, che probabilmente ha qualche anno piú di me, che mi osserva dalla porta. Posso sentire i suoi occhi blu magnetici osservarmi. Chiudo l'asciugamano, imbarazzata e distolgo lo sguardo arrossendo.

Sento che sussurra un “Je suis dèsolè”, prende un tubetto sul mobile vicino alla porta, ed esce dal bagno.

Scivolo contro il muro e mi passo le mani tra i capelli bagnati.

Ed ecco che ho conosciuto il famoso Gaspard Ulliel.

In bagno. Mezza nuda.

Bene, molto bene.

Chiudo gli occhi. Faccio un respiro profondo e mi alzo.

Questo… Gaspard, avrà visto centinaia di ragazze seminude, molto più belle di me, è il suo lavoro, dopo tutto. Perché dovrei preoccuparmi? E poi lo vedrò solo… forse non lo vedrò neanche, questi nove mesi passeranno veloci, e lui sarà lontano per il suo lavoro. Inseguirà i suoi sogni. Come me. E le nostre strade ci porteranno lontani, l’uno dall’altro, e dall’episodio imbarazzante.

Mi guardo allo specchio. I riccioli appiccicati alla testa, le lentiggini troppo evidenti sulla carnagione chiara. Abituato com’è alla bellezza della sorella, e delle modelle, non posso neanche immaginare come mi abbia visto… Ma cosa importa?! Matilde, smettila!

Distolgo lo sguardo e inizio ad asciugarmi i capelli.

Quando ho finito, mi sporgo dalla porta, per controllare che non ci sia nessuno per il corridoio, non si sa mai. Accertato il via libera, corro stringendomi l’asciugamano addosso e chiudendomi la porta della camera alle spalle.

Indosso un pantalone largo e una maglietta sformata, approfittando del fatto che Annalise non c’è.

Quando li sento uscire, mi fiondo giù per le scale e percorro i corridoi labirintici che imparo a conoscere. Raggiungo la cucina dove ci sono Gabriel e Rose e mangio con loro. Loro non mi sgridano se indosso qualcosa di comodo, al posto dei vestiti eleganti. Mi sento più a mio agio con loro, ma non li conosco ancora così bene. Mangiamo in silenzio, senza parlare.

Quando abbiamo finito, aiuto Rose a sistemare la cucina e poi corro in camera, devo ancora finire un vestito. Da quando sono qui, non ho mai cucito così tanto. Mi sono rifatta quasi un guardaroba, e le dita mi fanno malissimo. Tutto mi fa malissimo. E sono stanca.

Decido che per oggi, mi merito qualche ora di sonno in più. In più si fa per dire, visto che comunque, quando mi sfilo i pantaloni della tuta e indosso la maglietta extra large che uso come pigiama, sono già le undici. Mi accoccolo sotto la coperta e l’unica cosa che riesco a pensare, è che devo assolutamente chiamare Amelia, la mia amica di università. Poi mi addormento. Mi risveglio di soprassalto, con tutte le luci accese e dei rumori di vestiti e stoffa. Mi metto a sedere sul letto e scopro di avere tutta la maglietta alzata e attorcigliata addosso. Con dei movimenti pigri la sistemo e mi stropiccio gli occhi, ancora mezza addormentata e abbagliata dalla luce improvvisa.

E lì, a petto nudo, con la camicia in mano, c’è Gaspard. Ancora.

Salto sul letto, all’improvviso sveglia, e stringo un cuscino tra le braccia, come uno scudo. Come se delle piume e un lenzuolo potessero proteggermi dall’imbarazzo.

Scendo dal letto tenendo il cuscino stretto al petto e cercando di non guardare Gaspard, cosa difficile, ma con un disumano sforzo di volontá... Ci riesco.

«Scusa... » sussurro allontanandomi il piú possibile. Te guarda cosa mi deve succedere! «Io... Ti lascio la camera... Scusa... » sussurro ancora una volta. E meno male che non dovevo vederlo più! Pima mezza nuda in bagno, poi entrambi mezzi nudi in camera.

Qualcuno si sta divertendo, da qualche parte.

Stringo il cuscino al petto e continuo a indietreggiare, fino ad arrivare alla porta dello studio. Stringo il cuscino e comincio a tremare. Indosso solo una maglietta leggera e passare dal caldo accogliente del letto, al freddo della stanza, mi ha svegliato per bene, ma mi fa scendere lunghi brividi per tutto il corpo. Prendo la maniglia della porta, cercando di pensare se c'è una poltrona che non sia sommersa da stoffe e vestiti, ma non ci riesco. Colpa di quei dannati occhi magnetici che mi stanno guardando in modo confuso. Avró parlato in italiano? Nella foga, e nell'imbarazzo del momento, ho dimenticato di parlare in francese? Chissá cosa pensa di me Gaspard... Ma cosa importa, Matilde? Perchè dovrebbe importarmi? Faccio un lungo respiro. Non riusciró mai ad addormentarmi. Tanto vale finire i vestiti.

 

 

 

Rimango per diversi istanti immobile con in mano la camicia, come se cercassi di realizzare quello che era appena successo. La ragazza misteriosa non ha parlato nemmeno in francese, anche se qualche parola assomiglia molto alla mia lingua. Che sia italiana? La vedo stringersi al petto iil cuscino, probabilmente imbarazzata quanto me. Si allontana, indietreggiando fino alla porta di quello che utilizzavo come ripostiglio e occasionalmente studio. Si chiude dentro e solo allora ritorno in me trovando il coraggio di aprire la bocca e lasciare la camicia cadere a terra.

«Mademoiselle, vi prego di uscire. Tornate pure a dormire sul letto, non c'è alcun problema per me.» Apro la porta dietro la quale si era nascosta e vedo davanti a me una macchina da cucire, diversi vestiti o pezzi di stoffa e una poltrona, dietro cui si era nascosta la castana. «Mademoiselle, avrete freddo. Tornate nel letto... »

 

 

 

Ci impiego un attimo per capire quello che sta dicendo, devo connettere tutti i neuroni. Non ha più in mano la camicia e come per compensare quella mancanza, stringo al petto il cuscino. Mi schiarisco la gola, assieme alle idee. «Non si... Preoccupi... Devo finire dei vestiti... Non fa niente. Piuttosto, sono davvero dispiaciuta per questi... Incidenti...» distolgo lo sguardo. Sará giusto dargli del lei? Avrò parlato bene? Dio. Che fastidio! Devo assolutamente calmarmi. Non è successo niente di cosí... Imbarazzante, dopo tutto. Vero? Come per confermare le mie parole, prendo un vestito a caso dal disordine e lo guardo. Fortunatamente ne ho preso uno incompleto. E difficile. Avrò di che divertirmi, stanotte.

Libero il tavolo e distendo il vestito. É in pizzo nero, uno dei materiali piú difficili e io lo odio. Ma dà un bellissimo effetto. Il vestito è composto da due parti. La prima è un tubino bianco, che comincio a cercare i giro, muovendo i cumuli di vestiti.

Cerco di ignorare Gaspard, ma la cosa non è facile. Soprattutto quando mi ricordo che indosso solo la mia maglietta larga, così inizio a tirarla giú, con scarsi risultati, visto che la grandezza è quella e so benissimo quanto del mio corpo copre. Arrossisco.

Possibile che devono capitare tutte a me? Destino crudele!

Alla fine lo trovo, mancano giusto un paio di punti qua e là.

Lo porto sul tavolo e inizio ad appuntare gli spilli.

Lascio la parte in pizzo, che andrá a ricoprire del tutto il vestito, e che non è ancora finita, in un angolo, e focalizzo tutta la mia attenzione sul tubino.

 

 

 

«Non crederete davvero che vi lascerò qui a lavorare mentre io dormo, Mademoiselle?» Chiedo retorico avvicinandomi al tavolo e togliendole da sotto gli occhi il vestito. Non so dove avessi trovato il coraggio di fare una cosa del genere, ma non mi andava a genio che una ragazza restasse sveglia tutta la notte per lavorare su dei vestiti.

Anche mia madre lo faceva, ogni tanto, quando ero piccolo e sentivo sempre mio padre lamentarsi.

«Mademoiselle, per questa sera, finchè non riceverò una spiegazione e troveremo un altro modo, dormite nel mio letto. Je suis désolé per avervi svegliata, ma non si sono preoccupati di avvertirmi...» provo a convincerla alludendo ai domestici e ai miei stessi genitori. Che diamine, potevano almeno menzionarlo! Trovo la forza di prenderla per un braccio e farla alzare, poi la trascino delicatamente nella camera chiudendo la porta dello studio e le indico il letto con un'espressione molto imbarazzata, ma che non ammetteva repliche.

 

 

 

Guardo Gaspard incredula. Il mio vestito! Il mio braccio! Quindi lui non sapeva niente di me. Dio, chissà chi pensava che fossi. Lo guardo imbarazzata.

Se io dormo nel letto, lui dove andrà? Dovrebbe dormire lui su una poltrona? Assolutamente no. É lui il padrone di casa. «Senta, davvero, non si preoccupi. La poltrona nello studio sará comodissima...» ignoro del tutto il tono che non ammette repliche, non l'ho mai ascoltato nemmeno nei miei genitori, perchè dovrei ascoltarlo su uno sconosciuto? Solo io posso comandare me stessa. E non voglio dormire in quel dannato letto. Poi mi ricordo che non sa ancora come mi chiamo e, anche se non riesco a capire perchè in questo momento è così importante, allungo la mano libera verso Gaspard.

«Comunque... Sono Matilde Laffranchi, piacere...» lo guardo dritto negli occhi, accantonando tutto l'imbarazzo. Adesso basta. É ora di smetterla di fare la bambina.

 

 

 

Si rifiuta ancora di ascoltarmi dicendo di voler dormire sulla poltrona. E' fuori discussione! Ma non riesco a ribattere perchè la ragazza misteriosa allunga una mano per presentarsi. La prendo delicatamente e la sfioro con le labbra.

«Gaspard Ulliel.» mi presento nonostante credo fermamente che mi conosca già. «Mademoiselle Laffranchi, non sono incline a ottemperare alla vostra richiesta. Non lascerò che dormiate sulla poltrona.»

Tento di nuovo sbarrandole la strada verso lo studio in modo che non possa passare.

Dovessi stare qui tutta notte a litigare, non cederò: non si lascia dormire una signorina sulla poltrona. Anche se si è appropriata della mia maglietta dei "The Stones" che avevo comprato giusto qualche anno fa.

 

 

 

Ecco. E il buon proposito di essere adulti e poco inclini all'imbarazzo si dissolve come... Neve sciolta al sole? Forse banale, ma di certo rispecchia il rossore che mi si è formato sulle guancie. Perché proprio il baciamano? Una stretta di mano non bastava? Distolgo lo sguardo e Gaspard, che si é presentato, si mette davanti alla porta dello studio, sbarrandomi la strada.

Cerco di guardarlo negli occhi e mi stringo le braccia al petto quando vedo che sta guardando la maglietta.

Probabilmente é sua anche quella.

Essere chiamata 'Mademoiselle Laffranchi' non mi piace per niente, mi sa tanto di strano.

«Mi chiami pure Matilde...» distolgo lo sguardo. Non lo conosco per niente, e non so se voglio conoscerlo. Forse la cosa piú furba è fare finta che non sia mai successo niente. Comunque... Non lo conosco molto bene, ma sembra fermo nella sua decisione di farmi dormire nel letto. E io non voglio.

«Neanche io sono incline alla vostra richiesta. Non dormiró nel letto. La camera è la vostra.»

Dico stringendo di piú le braccia. A costo di rimanere alzata tutta la notte, e sono brava in questo, non gliela daró vinta.

 

 

 

Testarda e cocciuta. Tipico degli italiani. Sospiro passandomi una mano tra i capelli pensando a una soluzione: non la farò mai dormire per terra.

«Allora chiamami pure Gaspard, Matilde.» rispondo meno formale guardandola negli occhi azzurri. È così diversa da Lisa, ma ha qualcosa di affascinante e quella maglia troppo larga e lunga per lei la fa apparire piccola e indifesa ai miei occhi.

«Credo che allora dovremo trovare una soluzione provvisoria. Non ho intenzione di lasciarti dormire su una poltrona.» in realtà l'unica soluzione che accontenterebbe entrambi è assurda, soprattutto per la mia timidezza, ma supererò anche quella se servirà a convincerla. Sono pur sempre un gentiluomo o comunque mi è stato insegnato a comportarmi da tale.

 

 

 

Iniziai a mordicchiarmi il labbro, cosa che faccio ogni volta che sono in ansia o agitata, cioè molto spesso. Mi giro per guardare il letto. È piú grande di un letto matrimoniale normale. Ok. É una cosa del tutto assurda.

Abbasso lo sguardo sulla maglietta e inizio a giocare con il bordo. Poi ricordo che é di Gaspard e smetto subito. Alzo gli occhi, ma non lo guardo. Mi schiarisco la gola. «Siccome non ho intenzione di farti dormire su una poltrona, e lo stesso vale per te, da quanto ho capito, penso che l'unica soluzione sia...» arrossisco. Ma sí! Mi ha giá visto mezza nuda, questo non puó essere tanto peggiore... E poi è solo per oggi... Solo per poche ore. Posso farcela... Penso. Il difficile è dirlo... «Penso che dovremo dividere il letto... Dopo tutto è grande...» dico chiudendo gli occhi e diventando rossa come un pomodoro.

 

 

 

È imbarazzata quanto me, ma non riesce a nasconderlo: si morde il labbro e tortura il bordo della mia maglietta.

Deve aver pensato alla mia stessa soluzione poichè diventa completamente rossa. Dividere il letto. Con una quasi sconosciuta che ho intravisto quasi del tutto nuda nel mio bagno. Fortunatamente ha chiuso gli occhi perchè arrossisco anche io imbarazzato.

«È la decisione migliore.» Affermo dopo diversi istanti di silenzio.

La supero approfittando del fatto che è di spalle con gli occhi chiusi per sfilarmi anche i pantaloni e infilarmi subito sotto le coperte sul bordo del letto più lontano da Matilde. Le do le spalle, ma alla fine giro la testa per assicurarmi che non vada nello studio a dormire sulla poltrona.

 

 

 

Per un attimo penso alla prospettiva di scappare nello studio e chiudermi dentro a chiave. Ho così tanto da finire... No, non è vero. Semplicemente non voglio stare nel letto con uno sconosciuto. Che sia Gaspard Ulliel o Johnny Depp, non importa. Sarebbero due sconosciuti.

Convinta della mia idea, faccio un passo avanti verso la porta, ma sento Gaspard muoversi sotto le coperte e posso sentire i suoi occhi su di me. Non avrei molte possibilitá di arrivarci in tempo. Sospiro e mi avvicino all'altro lato del letto, cioé quello piú distante dal ragazzo. Mi tiro le coperte fin sotto il mento e gli do le spalle. Allungo una mano per spegnere la luce, così nascondo anche il mio rossore. Spero solo di non muovermi troppo, Amelia si lamenta sempre quando dividiamo il letto, ma sarebbe una cosa alquanto imbarazzante, questa volta. Mi impongo mentalmente di non muovermi e chiudo gli occhi.

 

 

 

La vedo tentare di avvicinarsi allo studio e sto per alzarmi e costringerla a venire nel letto, ma capisce da sola che è meglio non opporsi. Si stende sul bordo opposto al mio in evidente imbarazzo. «Bonne nuit.» sussurro appena. Una volta che Matilde ha spento la luce, mi rannicchio cercando di pensare di essere solo. Molto difficile, ma alla fine la stanchezza del viaggio prende il sopravvento e mi addormento.

Qualcosa mi urta e mi sveglio spaventato: non devono essere passate molte ore, perchè è ancora tutto buio. Socchiudo gli occhi e...li ritrovo fissi in quelli di Matilde a pochi centimetri da me.

 

 

 

Non ricordo cosa stavo sognando, cosa che succede molto spesso.

Probabilmente stavo correndo o scappando, comunque era un sogno abbastanza agitato.

Penso di aver tirato un calcio a qualcosa... Poi mi ricordo di Gaspard. Apro gli occhi di scatto e me lo trovo a pochi centimetri dal viso. Ci guardiamo, occhi negli occhi. Ma perchè, mi domando. Perché tutte le brutte figure devono capitare solo a me! Balzo a sedere e mi tiro le coperte addosso, togliendole cosí da Gaspard. Cosí le lascio andare e mi allontano.

«Scusa...» ringrazio che ci siano le luci spente, perchè mi sento la faccia in fiamme. Mai piú una cosa del genere.

Mai piú, maledetto corpo!

 

 

 

Si alza di scatto tirando le coperte verso di sè e lasciando me completamente privo di esse.

Arrossisco mentre sento il freddo farmi rabbrividire e ricordarmi che ho addosso solo i boxer. Mi passo una mano fra i capelli e quando lei lascia le coperte le tiro appena per ricoprirmi, mentre mi sdraio dandole le spalle.

«Pas de problème.»

Sussurro, ma la mia voce trema tradendo le parole: possibile che in una giornata fossero capitate tutte a me? Poi, fossi stato un altro tipo di persona, potrei anche esserne stato contento, ma dato il mio carattere non lo ero affatto: chissà come si sentiva la povera Matilde, praticamente privata della sua privacy. Mi passo una mano sul volto sospirando appena: ora sarà ancora più difficile prendere sonno.

 

 

 

Girandomi nel buio, comincio a mordermi il labbro, fino a quando non sento del sangue sulla lingua. Ok. Non riusciró piú ad addormentarmi. È totalmente fuori programma. Un'altra figuraccia non la voglio fare.

Aspetto un po' e quando penso che Gaspard stia dormendo, prendo il cellulare sul comodino e cerco di sgusciare fuori dalle coperte facendo meno rumore possibile. Non voglio né svegliarlo, nè farmi sgridare perchè ho lasciato il letto. Aspetta un attimo. Da quanto è che mi preoccupo di essere sgridata? Questa poi. Cosa mi sta succedendo?

 

 

 

Come immaginavo, la sento sgusciare abilmente dalle coperte. Eh no, non mi lascio fregare così facilmente. Aspetto diversi istanti prima di voltarmi lentamente e la vedo in piedi in mezzo alla stanza: cosa starà mai facendo? Mi avvicino al bordo del letto opposto a quello dove mi trovavo prima e silenziosamente scosto le coperte e mi alzo; con passo felpato e quasi senza respirare mi avvicino alle sue spalle. Ha in mano il cellulare: chi potrà mai chiamare nel bel mezzo della notte?

«Qualche problema, Mademoiselle? Il fuso orario in Italia è come il nostro, chiunque state per chiamare sicuramente dormirà...a differenza nostra.»
Ecco, sono tornato formale. E questo capita in poche situazioni: quando sono a disagio, quando è richiesto per i motivi più svariati o quando sono irritato. E lei ha tentato di fregarmi, perciò ora l'imbarazzo si è fatto da parte.

«Dato che dite che io sono il proprietario della camera, vi consiglio vivamente di tornare nel letto, se tenete al cellulare e ai vestiti.»

Ok, sono stato eccessivo, ma odio quando tentano di fregarmi. Mi aspetto una reazione rabbiosa da parte di Matilde e ne avrebbe tutte le ragioni del mondo, perchè in fondo me lo meriterei: ho esagerato.

 

 

 

Sobbalzo quando sento Gaspard parlarmi da dietro le spalle. Non lo avevo minimamente sentito muoversi, peró lui ha sentito me, a quanto pare. E ha ricominciato a comportarsi in modo formale. Mi giro lentamente, non mi piace avere persone alle spalle, non mi lascia il controllo di cui la mia vita é composta. Almeno fino a ieri. Gaspard svetta su di me con dieci centimetri buoni.

«Stavo guardando l'ora...» dico stringendo gli occhi. Nessuno tocca i miei vestiti. «Se lo vuoi, posso benissimo darti il telefono.» dico allungando la mano.

«Ma essere il padrone della camera, non vuol dire che sei anche il mio padrone.»

Adesso sono io quella arrabbiata. Probabilmente anche io ho sbagliato, ma non sopporto quando mi impongono qualcosa. E stavo "scappando" dal letto solo per evitare altre situazioni imbarazzanti. E, a proposito di situazioni imbarazzanti, con la luce azzurrognola del cellulare, posso vedere Gaspard illuminato di celeste, e scoprire che indossa solo i boxer. Alzo lo sguardo. Almeno adesso siamo pari…

 

 

 

Si volta e come immaginavo è arrabbiata. Le sue parole mi colpiscono, perchè in fondo ha ragione e mi fa sentire un vero egoista. Mi passo di nuovo una mano fra i capelli per tirarli indietro mentre lei mi allunga il cellulare che rifiuto con un gesto della mano. Volevo soltanto che dormisse comoda, non certo obbligarla a farsi schiavizzare. Sospiro per poi rabbrividire e spalanco gli occhi arrossendo visibilmente: con la luce del cellulare mi aveva visto a sua volta praticamente nudo. Indietreggio a disagio fino al bordo del letto e mi lascio cadere seduto mentre penso a cosa potrei dire che non fosse semplicemente "scusa".

«Come vuoi.» sussurro alla fine, privo di fantasia, mentre gattono fino al mio bordo del letto e mi rinfilo sotto le coperte tirandole fino all'altezza delle spalle. Chiudo gli occhi cercando di prendere sonno, ma risulta ancora più complicato. Sento i suoi occhi di ghiaccio posati su di me e non è una bella sensazione. Mi sembra di essere intrappolato.

 

 

 

Bene. Ci siamo conosciuti in bagno, dove mi ha visto mezza nuda. Dopo ci siamo trovati in camera da letto. E infine litighiamo. E tutto questo in meno di ventiquattro ore. Dire che abbiamo cominciato con il piede sbagliato, è un eufemismo. Davvero.

Bene, molto bene. Continuiamo cosí Matilde...

Mi mordo il labbro. E adesso cosa faccio? Torno nel letto o vado nello studio? E se vado nello studio cosa faccio? Penso proprio di non riuscire a lavorare. Se è per questo, neanche a dormire. Sbuffo e mi avvicino al letto. Maledetto Gaspard e la sua galanteria.

«Se ti lamenti dei calci, peggio per te...» sussurro tra i denti. Non so come riesco a dirlo, probabilmente è la stanchezza che mi gioca brutti scherzi. E comunque poco dopo mi addormento.

 

 

 

Un debole sorriso trionfante mi si dipinge sul volto delineando anche la mia fossetta. Doveva essere stanca se aveva ceduto senza ulteriori minacce.

«Io non mi sono mai lamentato, Matilde.»

Chiarisco senza voltarmi nè guardarla. Dopo parecchi minuti, che sembrano un'eternità, finalmente, mi addormento, incurante della presenza della ragazza.

   
 
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