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Autore: Fabio93    13/04/2008    1 recensioni
Il pirata Michael Brown si vedrà costretto a combattere per riavere la propria libertà, e per farlo dovrà affrontare il temibile SoleNero. Un compito apparentemente semplice, ma il vero nemico emergerà dall'ombra insieme alle altre protagoniste della storia: le due spade...
Genere: Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 23: La fine della tempesta


Jonatan era sulla coffa, teneva stretto il piccolo cannone installato sulla coffa*, nella speranza che gli si presentasse un qualche bersaglio da riempire di piombo, ma dalla cima dell'albero su cui si trovava, scosso dal vento e dalla pioggia, era una probabilità assai remota.
I suoi compagni e gli avversari erano mischiati in una lotta caotica e disordinata dove si faceva fatica a distinguere un uomo dall'altro, non poteva sparare rischiando di colpire un alleato!
Eppure voleva sparare l'unico colpo a sua disposizione: per lui era una tortura non poter partecipare alla battaglia, voleva rendersi utile, in qualche modo.
Cercò con lo sguardo un possibile avversario, e poi vide qualcuno muoversi sul bompresso: aguzzò la vista con le mani intorpidite che rafforzavano la presa sull'arma, poi però rimase stupito.
L'uomo sull'albero portava un cappello con delle piume rosso vivo, tutte infradiciate dalla pioggia ma ben distinguibili: era il suo capitano!
Ma che ci faceva lassù?
Poi sopraggiunse un altro uomo, massiccio, enorme, i due sembrarono volersi sfidare ma il secondo perse l'equilibrio prima ancora di potersi battere.
Jonatan esultò in silenzio quando vide Michael puntare la spada sul nemico, però accade qualcosa di inaspettato: l'uomo scattò in avanti e scaraventò Michael in mare. «No!» gridò Jonatan seguendo la caduta del capitano fino a quando scomparve fra le onde.
Riportò lo sguardo sull'altro pirata che si era portato sulla punta dell’albero e guardava in basso, come per accertarsi che il capitano fosse veramente morto.
«Schifoso...» sibilò Jonatan puntando il cannone, prese accuratamente la mira calcolando approssimativamente l'effetto del vento, poi abbassò il cane del cannoncino che fece fuoco.
Il rinculo svuotò i polmoni di Jonatan, che emise un suono simile ad uno sbuffo, e fece gemere il legno della coffa, il fumo dell'esplosione si diradò in fretta per il vento e Jonatan vide che l'uomo era vivo e vegeto; però l'albero su cui stava si era completamente distrutto per effetto del colpo, il legno resistette ancora un po', poi il vento ebbe il sopravvento e lo staccò dalla prua gettandolo in acqua in modo violento, fra lo schioccare di corde e vele spezzate fra le quali l'assassino del capitano era sparito.

Michael aprì gli occhi ma non vide nulla, soltanto una fredda oscurità che lo avvolgeva completamente.
Sentiva un gran freddo: era come se il freddo gli fosse entrato in corpo congelandolo dall'interno e spegnendo ogni fiamma di vita in lui.
Per un momento non capì, poi nelle orecchie dolenti, sentì il vorticare dell'acqua attorno a lui e ricordò, e con il ricordo venne il bisogno d'aria.
”Aria!!” gridò il suo corpo a gran voce, Michael si mise a nuotare verso la fioca luce in superficie, le membra gli sembravano di granito, ogni suo movimento portava una dolorosa fitta.
Michael si rese conto si stringere ancora la spada, pensò di lasciarla, per nuotare più in fretta, ma non poteva farlo, qualcosa gli diceva che quella spada gli serviva ancora.
Quando fu proprio sotto la superficie qualcosa cadde in mare con forza rimandandolo in basso, un pezzo di legno gli sfiorò la spalla e la superficie si oscurò.
I polmoni gli bruciavano in modo atroce, ogni cellula del suo corpo supplicava un filo d'aria; con un ultimo sforzo, Michael riemerse ed inspirò a fondo gettando nei polmoni più acqua che aria.
Tossì violentemente, poi si accorse che c'era una specie di velo sopra di lui che gli rendeva difficile respirare e rimanere a galla: sembrava una vela.
Lo scostò con le braccia quasi insensibili e finalmente vide il cielo: era ancora denso di nubi grigie che vorticavano incessantemente, come a darsi battaglia come gli uomini sulla nave al fianco di Michael.
Il capitano capì che era un pezzo di albero quello in mare; qualcosa si mosse sull’albero: un uomo tentò di togliersi di dosso delle funi, aveva una gamba rotta, piegata in modo impossibile, con l'osso che usciva dalla carne.
I due si guardarono e si riconobbero, la faccia di Ritch si trasformò in un orrenda maschera d'odio, urlò, un urlo lungo ed angoscioso quasi inumano.
Il pirata si diede la spinta con la gamba buona e scivolò sulle vele bagnate; fu addosso a Michael ancora prima che quello potesse fare qualcosa e gli strinse con le mani enormi il collo.
La testa di Michael fu spinta sott'acqua, lui tentò di divincolarsi, ma i suoi muscoli erano intorpiditi e privi di qualsiasi forza, tentò di urlare ma l'acqua gli si insinuò in gola ghiacciandogli il petto con un dolore atroce.
Spada Rossa sfruttò il fatto di essere in acqua ed invertì le posizioni con una goffa mossa: ora Ritch era sott'acqua.
Eppure le mani dello zio continuavano a stringere il collo del nipote, il capitano si sentiva la testa gonfia e sul punto si scoppiare, con gli occhi che si riempivano di stelle colorate.
Alzò la spada e la calò con rabbia sul petto di Daniel una, due, tre, quattro volte affondandocela di parecchi centimetri, riempiendo l'acqua di sangue e brandelli di carne; ma lo zio non mollava la presa, anzi, più Michael colpiva più la stretta si faceva ferrea, il gigante che lo stava soffocando non voleva morire, nemmeno con gli intestini a mollo nel mare.
Michael alzò la spada ed afferrò il polso dello zio, tagliandolo a fondo, fino ai tendini, riempiendosi di sangue che gli colava addosso e lo riempiva del suo odore, ma la mano di Ritch perse tutta la sua forza e così l'altra.
Il capitano trasse dei profondi respiri affannosi, era finita ora...
La testa di Ritch emerse dall'acqua, piena di sangue, con gli occhi invasi da vene rosse, la bocca spalancata in un muto grido di ferocia, un immagine che Michael non avrebbe mai dimenticato.
Michael urlò, di vera paura, senza pensarci affondò la spada nella bocca dello zio, respingendola in acqua, il suo corpo ebbe qualche fremito, poi più nulla.
Michael estrasse la spada lorda di sangue e si allontanò dal corpo dello zio, issandosi sui resti dell'albero, privato di ogni energia, col corpo immerso in un profondo torpore e la mente annebbiata, incapace di formulare un qualunque pensiero mentre l'oscurità l'avvolgeva.
Si accorse di avere una mano in acqua, fece per tirarla su quando vide che una sottile striscia di sangue univa il suo palmo col cadavere dello zio, poi il sangue si dissolse nell'acqua agitata e l'oscurità avvolse la mente del capitano...


* ammetto che non so come si chiami il suddetto cannone, ma per capirci, intendo uno come quelli retti dai due soldati nel terzo film di Pirati dei Caraibi, se non avete presente fate appello alla vostra immaginazione!
   
 
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