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Autore: amu hinamori    27/10/2013    1 recensioni
la storia narra dell'avventura di una principessa ribelle, che non si è mai innamorata, ma che lo vorrebbe tanto, grazie al suo rapimento da parte di Ikuto, lei capirà cosa vuol dire innamorarsi e svelerà il mistero che si cela dietro alla sua collana a forma di conchiglia blu, tutto sulle onde del mare...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Amu riaprì gli occhi il sole era già alto, si alzò dal letto e si affacciò al balcone e vide il mare brillare alla luce del sole. Scese al piano di sotto, trovò Utau indaffarata con diversi capi maschili tutti impilati l’uno sopra l’altro.
-Ti posso dare una mano?- chiese Amu gentilmente.
-Ah, sei tu Amu… magari un aiuto mi farebbe comodo- disse lei passandogli delle camice bianche e dei pantaloni neri piegati.
-Dove li devo portare?- chiese Amu caricandosi gli abiti sugli avambracci.
-In camera di Ikuto: nel primo cassetto dal basso i pantaloni e nel secondo dall’alto le camice, grazie ancora Amu- disse Utau iniziando a salire le scale e fermandosi al primo piano, mentre Amu salì al secondo. Entrò nella camera di Ikuto, aprì il primo cassetto dal basso e mise i pantaloni neri ben piegati nel cassetto. Chiuse il cassetto e aprì quello per le camice, e una per volta, piegò le camice in modo ordinato. Notò che una delle camice aveva uno strappo sulla manica destra, Amu vide che era qualcosa da poco, forse era un strappo dovuto a uno scontro contro qualcuno che lo aveva ferito. Prese la camicia, chiuse il cassetto e uscì dalla stanza.
Scese in cucina, prese dal cassetto vicino alla finestra un rotolino di filo bianco e un ago, entrò nel salotto si sedette sulla poltrona e iniziò a cucire lo strappo, terminò in una manciata di minuti. Riportò la camicia su nella camera di Ikuto, quando richiuse il cassetto notò sulla scrivania un libro con la copertina tutta consumata, incuriosita da quel libro, lo prese in mano e iniziò a sfogliarlo. Era pieno di disegni fatto da un bambino, era un semplice album di disegni, ad Amu gli ricordavano qualcosa, qualcosa che lei aveva rimosso dai suoi ricordi, era tutto così annebbiato nella sua mente.
Passando la mano per cambiare pagina, il palmo passò sul bordo del foglio e facendo accidentalmente un movimento brusco si ferì il palmo. Anche se era un taglio sottile che le attraversava la mano dal pollice all’altra estremità della mano, iniziò a sanguinare. Appoggiò il libro sulla scrivania, e iniziò a guardare la ferita: era strano per lei, anche se si era fatta male diverse volte, quella ferita le faceva male, forse perché aveva curiosato fra le cose di Ikuto senza avere il suo permesso, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, quando si voltò vide Ikuto.

-Amu, avevi bisogno di qualcosa?- chiese lui.
-Ehm…n-no no, ti solo riportato le camice e i pantaloni- disse lei portandosi la mano ferita dietro la schiena per non fare vedere a Ikuto la ferita. –Beh, ora devo andare- disse lei e iniziò ad andarsene.
-Amu fermati- disse Ikuto con tono fermo. Lui si voltò e per guardarla, anche lei si voltò e incontrò lo sguardo profondo del ragazzo.
-Ch-che cos-cosa c’è I-Ik-Ikuto?- chiese lei.
-Che cosa hai nella mano?- chiese lui, lei strinse la mano ferita facendo sanguinare ancora di più la ferita.
-Ma niente- disse lei mostrandogli il palmo della mano incolume.
-Io intendo l’altra mano, Amu- affermò lui porgendole la mano per vedere la quella della ragazza.
-Ma niente Ikuto- disse lei cercando di fargli cambiare idea.
-Amu, voglio vedere la mano- continuò lui, Amu strinse ancora di più la mano, il sangue scivolò sulla parte interna del suo avambraccio. Non avendo risposte dalla ragazza, gli prese il polso maleducatamente ma stringendo la mano sentì del liquido sulla sua mano. Lasciò andare la presa e si guardò la mano, notò che era rossa. Guardò il viso della ragazza che fissava il pavimento, mentre teneva ancora stretta la mano dalla quale scendevano delle gocce rosse. Ikuto le prese la mano delicatamente e gliela aprì, vide il taglio.
-Mi sono solo tagliata- disse lei.
-Me lo potevi dire, vieni con me- disse con tono incolore e le prese la mano portandola con se.
-Ma dove?- chiese lei sorpresa.
-Ti medico la ferita prima che faccia infezione- disse lui scendendo le scale con lei al suo seguito.
-Ma non ce né bisogno Ikuto, è solo un taglio- contestò lei.
-Non me ne importa niente- disse lui portandola nella sua stanza. Andò a prendere dell’acqua, un panno e una garza in bagno e poi tornò in camera di Amu, la fece sedere sul letto e iniziò a pulirle la ferita.
-Ti fa male?- chiese lui.
-No- rispose lei, non teneva la mano del tutto aperta, come se avesse paura di lui. Ikuto se ne accorse mentre teneva la mano della ragazza con la sua, e con l’altra puliva la ferita.
-Hai paura?- chiese lui.
-Perché dovrei?- replicò la ragazza con un fil di voce.
-Tieni la mano semi aperta e un po’ tremi, iniziò a pensare che tu abbia paura di me- affermò Ikuto. Lei rivolse il capo verso di lui, si morse il labbro.
-Non ho paura- disse lei a bassa voce.
-Allora perché tremi?- chiese lui guardandola.
-Non lo so nemmeno io- rispose lei, -è che…-
-Che cosa Amu?- chiese lui tentando di capire il resto della frase incompiuta della ragazza.
-No, niente- disse lei. Ikuto le bendò la mano e la appoggiò sul letto, portò il restante dell’acqua il bagno e il panno sporco lo mise a bagno. Tornò in camera di Amu, lei era seduta come prima, non si era mossa, sembrava quasi una marionetta che aspettasse gli ordini del suo burattinaio. Ikuto le si avvicinò e le porse la mano.
-Ti va di venire con me?- le chiese dolcemente.
-Dove?- domandò lei.
-Nel mio posto segreto, allora?- rispose lui. Lei accettò e appoggiò la mano su quella del ragazzo.
Uscirono e s’incamminarono verso la spiaggia, nessuno aprì bocca fino a quando non arrivarono alla spiaggia.
-Scusa Ikuto, ma il tuo posto segreto è la spiaggia?- chiese lei. Ikuto rise, eccome se rise.
-No, sciocchina. Però è qui vicino- disse lui continuando a camminare, rientrarono nella foresta che costeggiava la spiaggia, percorsero una piccola salita e arrivarono al inizio di un promontorio, Ikuto si sedette sotto a un albero. Per quanto il posto fosse poco originale aveva un che di magico, il sole splendeva, le onde del mare brillavano e emettevano un dolce suono contro la roccia sotto i piedi di Amu, soffiava una lieve brezza che rendeva piacevole quella giornata così assolata.
-Amu- la chiamò Ikuto, lei si voltò verso di lui, -è meglio che stai all’ombra, prima che ti prendi un’insolazione- continuò lui facendole segno di sedersi vicino a lui.
Lei si avvicinò e si sedette accanto a lui.
-Quindi questo è il tuo posto segreto…- affermò lei guardandosi intorno.
-Esatto, ti piace?- chiese lui, anche se conosceva già la sua risposta.
-È stupendo- affermò lei guardando l’oceano.
-È bello perché è silenzioso, e nessuno ti viene a disturbare- affermò Ikuto.
-Tu ci vieni sempre da solo qui?- chiese lei.
-Sì, perché ci vengo per staccarmi da quello che mi succede tutti i giorni- affermò lui sospirando.
“Ha gli occhi così tristi, non credo che possa essere una persona cattiva” pensò Amu.
-Secondo me questi posto andrebbero condivisi con persone che ci capiscono e a cui noi vogliamo bene, perché potrebbero solo abbellirlo questo posto- disse Amu, aveva un gran sonno ma non voleva addormentarsi proprio nel bel mezzo della conversazione.
-Infatti- disse Ikuto sperando che Amu capisse.
-Per niente, io non ti capisco Ikuto- e si addormentò appoggiata sulla spalla del ragazzo.
“Si è addormentata” pensò Ikuto, fece scivolare la ragazza sulle sue gambe per conciliarle il sonno.
-Devi essere molto stanca- disse Ikuto accarezzandole la testa, passò la mano sulla guancia ed iniziò ad accarezzarla, era liscia e delicata.
-Se potessi tenerti sempre così, senza farti del male e vederti sempre serena, non te l’ho mai detto, ma hai il viso di un angelo. Vorrei proteggerti, averti sempre con me, ma sono sicuro che tu da domani mi odierai con tutta te stessa, forse capisco perché non mi capisci, perché non ti dimostro il vero me, uso sempre una maschera davanti a te, invece tu no, tu sei sincera, trasparente e forte, e per quanto tu lo sia ho paura di lasciarti andare, ho paura che tu vada in pezzi da un momento al altro, come se tu fossi una pietra preziosa senza che qualcuno ti ti protegga dai ladri, da persone come me, che ti vogliono bene, ma che ti mentono- disse lui con tono triste.
Rimasero così per tutto il giorno, Amu non si svegliò da quanto era stanca e Ikuto le continuava ad accarezzare il viso, non era per niente stanco, ma ormai il tempo stava per scadere.
-Amu, svegliati- le sussurrò Ikuto, -Amu, apri gli occhi, forza- la ragazza aprì lentamente gli occhi e si trovò a un palmo dal naso il viso di Ikuto.
-I-I-Ik-Ikuto, ma cosa?- chiese lei tutta rossa.
-Ti sei addormentata- disse lui sorridendo.
-Ma da quanto stavo dormendo?- chiese lei.
-Da tipo… tutto il giorno- rispose lui ridendo.
-Che cosa??? Mamma mia! Scusami Ikuto- disse lei scattando in piedi.
-E di cosa?- chiese lui alzandosi.
-Mi sono addormentata per tutto il giorno, non sarai mica rimasto qui per tutto il tempo?- chiese lei.
-Che tu ci creda o no, sì sono rimasto qui per tutto il tempo- disse lui stiracchiandosi.
-Mio Dio, scusami, scusami, scusami- disse lei mortificata.
-Ma di cosa ti scusi?- chiese ancora lui non capendo la ragazza.
-Hai digiunato tutto il giorno perché io stavo dormendo, avrai una fame da lupi- rispose lei.
-Non importa, dormivi troppo bene, che non ho voluto svegliarti apposta- rispose lui, -visto che ho una fame da lupi, come hai detto tu, possiamo andare? Credo che anche tu abbia un certo appetito- disse lui iniziando a camminare.
-Già- disse lei seguendolo, -Ikuto, ho solo una domanda: come ci sono finita sulle tue gambe??
-Mah, e chi lo sa…- rispose lui malizioso.
-Come “e chi lo sa”? Peserò una tonnellata, avrai le gambe a pezzi- disse lei imbarazzata.
-Infatti, ho le gambe a pezzi e tu pesi una tonnellata- disse lui continuando con quella malizia che sempre lo accompagnava.
-Ehi, con questo vorresti dire che sono grassa?- chiese Amu arrabbiata.
-Tu che ne pensi?- chiese lui.
-MMH, quando fai così non ti sopporto- disse lei incavolata.
-Lo sai che quando ti arrabbi hai un visetto adorabile- disse lui ridendo.
Anche lei rise alla frase del ragazzo, non riusciva a capire quello che pensava Ikuto ma quello che vedeva, quello che sentiva, quello che provava era sicuro: Ikuto non era una cattiva persona.
Passarono la serata in allegria: scherzando e divertendosi, però nell’aria c’era qualcosa che non andava nel gruppo, c’era una nota di tristezza che Amu notò subito.
Quando tutti andarono in salotto, Amu salì a farsi una doccia, così gli altri iniziarono a parlare.
-Allora sta notte se ne andrà via- disse Keith nostalgico.
-Esatto- disse Ikuto.
-Ma dobbiamo proprio farlo?- chiese Pierre.
-Sono gli ordini- disse Ikuto con tono incolore.
-E da quando tu stai agli ordini di qualcuno?- chiese Kukai.
Ikuto non rispose, rimase impassibile.
-Ikuto, rispondi- disse Utau. Lui continuò il suo silenzio, poi disse: -Questi sono gli accordi, che vi piaccia o no-
-Ma Ikuto…- disse Yoru.
-Yoru, non ti ci mettere anche tu, sono gli ordini punto e basta- disse Ikuto autoritario.
Nessuno in quella stanza riusciva a credere alle proprie orecchie, chi credeva che Ikuto stesse bleffando, chi credeva che face sul serio, ma comunque non ci riuscivano a credere. Tutti se ne andarono nelle proprie camere scontenti e arrabbiati, tranne Keith, che fissava Ikuto.
-Hai qualcosa da dire anche tu?- chiese Ikuto.
-Io non ci credo- disse Keith.
-A cosa?- chiese Ikuto voltandosi per guardarlo.
-Sono convinto che tu non le voglia fare del male. Per te è più di un ostaggio vero?- chiese Keith sicuro di quello che stava dicendo.
-Cosa intendi dire?- chiese Ikuto.
-Che tu la ami- affermò Ikuto.
-Non dire sciocchezze, ma tu mi ci vedi innamorato- chiese Ikuto ridendo amaramente, sapeva che quello che gli stava dicendo Keith era vero ma non voleva ammettere che stava facendo la cosa sbagliata.
-Mi dispiace Ikuto, ma non sai mentire quando si parla di Amu, qualunque cosa tu dica, qualunque cosa tu faccia nei suoi confronti sono sicuro che non lo fai di tua spontanea volontà- affermò Keith.
-Tu vaneggi- rispose Ikuto.
-Tanto quanto te? Io non ti riconosco, mi ricordo perfettamente che quando eravamo piccoli, tu stravedevi per Amu, e anche in queste settimane tu non avevi occhi per lei, o mi sbaglio?- disse Keith che stava iniziando ad arrabbiarsi per l’indifferenza di Ikuto.
-Sarà stata una tua impressione- affermò Ikuto.
-Anche il tuo viso stupito di ieri sera era una mia impressione, anche il fatto che porti al collo la collana di Amu è una mia impressione? Ikuto smettila di fare l’indifferente, così ti farai solo del male, ma l’hai vista?- Keith iniziava a perdere le staffe.
-Amu?- chiese Ikuto.
-Sì, proprio lei. È da quando siamo arrivati che le stai sempre accanto, lei nemmeno una volta ti ha mentito, invece tu dimostri sempre questa tua indifferenza, questo tuo modo di agire non piace a nessuno. Sarai pure il nostro capitano, sarai pure il mio migliore amico, ma sei e rimarrai il solito deficiente di sempre- disse Keith.
-E secondo te io sono felice di questo? Secondo te ne sono fiero? Dovrei andare da lei, a dirle che sono l’amico d’infanzia che non si ricorda, raccontarle tutto quello che sta succedendo e salvarla da quello che le succederà?- chiese Ikuto alzando la voce.
-Non ti sto dicendo questo, ti sto dicendo che potevi evitare di mentirle per tutto questo tempo, potevi trattarla come un ostaggio ma non l’hai fatto, e così, oltre a te di lei, anche lei si è innamorata di te, tu non lo vedi ma è così e purtroppo è questo che ti  distruggerà  i piani prefissati, tu credevi di rapirla per poi lasciarla andare e così chiudevi la faccenda, ma hai sbagliato da quando  l’hai salvati quella mattina sulla nave, se tu non avessi dimostrato che  hai un cuore, se tu non ti fossi affezionato a lei, tu adesso non avresti quella faccia da pentito che ti ritrovi. Tutti quanti non ti riconoscono, mi chiedo se tu ti riconosci nella persona che vuoi farci credere ?- affermò Keith andandosene. Salendo le scale incontrò Amu che stava scendendo.
-Keith, Ikuto è ancora giù?- chiese lei.
-Sì, ma è di cattivo umore- rispose lui con tono incolore.
-Che cosa è successo? Tutti quanti sono tristi, avete litigato?- chiese Amu.
-No, ma Ikuto quando s’intestardisce  non gli si può far cambiare idea, buona notte Amu- disse Keith dileguandosi.
Amu arrivò nel salotto e vide Ikuto che guardava l’oceano fuori dal balcone, lei si avvicinò.
-Ikuto, va tutto bene?- chiese lei.
-Sì, Amu, non ti preoccupare- afferò lui rientrando in casa. Amu notò tristezza sul volto del ragazzo.  –Ora è meglio che vai a letto, è tardi- disse Ikuto accompagnandola in camera, quando chiuse la porta della stanza rimase lì ad aspettare.
UN MINUTO A MEZZANOTTE
Ikuto guardò l’orologio che c’era davanti a lui, pensò a tutto quello che aveva passato con Amu, pensò ai sorrisi della ragazza, ai suoi occhi, al dolce viso. Delle lacrime scesero dagli occhi di Ikuto, non piangeva da tantissimo tempo. Poi quando guardò l’orologio vide la lancetta dei secondi scandire gli ultimi.
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
Ai rintocchi della mezzanotte non si sentì niente, dopo l’ultimo rintocco un urlo straziante proveniente dalla stanza di Amu ruppe il silenzio, tutti quanti accorsero davanti alla porta dove c’era già Ikuto, aprirono la porta e videro che la stanza era vuota e di Amu neanche l’ombra…
  
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