Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Frulli    15/04/2008    1 recensioni
[Titolo banalissimo, lo ben so =.= ma abbiate pazienza e lo cambio con uno migliore!] 1 luglio 1944. In un paesino dell'Abruzzo, il comandante della guarnigione tedesca riceve ordine di uccidere alcuni abitanti per far fronte alla Resistenza partigiana che dilaga fra quei monti. Eppure un semplice sorriso può cambiare tutto.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Arieccomi con il secondo ed ultimo capitolo di questa mini-FF

Capitolo secondo

Arieccomi con il secondo ed ultimo capitolo di questa mini-FF! Prima di cominciare, rispondo alle recensioni^^

DJ Kela (first): Mi fa piacere che ti sia piaciuta e mi dispiace di non poter sviluppare di più la loro storia. Ma avevo deciso fin dall’inizio che doveva essere di pochi capitoli, massimo tre, perché questo è solo un punto di vista, un piccolissimo scorcio di sei anni di guerra, senza contare il prima ed il dopo. Ma non preoccuparti, in questo secondo ed ultimo chap ci saranno anche delle spiegazioni, se le coglierai XD Per questa decisione, ringraziate tutti il mio caro amico Verga che non fa mai capire niente delle situazione e dei personaggi! XD

P.S. volevo dire scrittura, non lettura, scusa =.= grafica molto futurista! Ma ho visto che il secondo è scritto ad un'unica grandezza, per fortuna per i miei occhi XD bacione!

Eroicafuriosa: ti ringrazio per il consiglio datomi e non me la sono affatto presa^^ Tuttavia vorrei farti notare che di “storico”, di date ed avvenimenti ufficiali, essenzialmente non c’è nulla. La data di questo racconto è il 1 luglio 1943, mentre l’avvenimento storico più vicino è la caduta di Mussolini il 24 luglio del medesimo anno^_^ Ho preso ispirazione dalle lezioni di scuola solo per queste date e per il contesto e la situazione: nel ’43 si era capito benissimo che Hitler era un pazzo, gli stessi soldati ed ufficiali tedeschi lo capirono…tant’è che il primo attentato ad Hitler fu organizzato proprio da un ufficiale, se non erro^^. Inoltre ho chiesto a mia nonna che ha vissuto quel periodo e lo ricorda benissimo. Il mio paese fu occupato dai tedeschi, come ogni paese d’Abruzzo più o meno…certo, scrivere tutti quello che mi ha raccontato ci vorrebbe un libro intero XD ma è ovvio che prendo molto più spunto dalla sua testimonianza che dai libri, soprattutto perché si parla di un paesino abruzzese di alta montagna e non di Roma o Berlino^_^

DJ Kela (second): ciao bella!^_^ non preoccuparti per msn, mi rifaccio viva io! In verità sono stata costretta a trasformare l’abruzzese in italiano perché sarebbe stato incomprensibile per tutti i lettori XD ma ti assicuro che tedesco ed abruzzese insieme è peggio del vietnamita! X°D

Ti ringrazio per la recensione ed i complimenti, sono contenta che ti sia piaciuta la descrizione della fuga! Per quanto riguarda il soldato…nel primo capitolo, ad un certo punto, descrive Laura come “La ragazza che lo perseguitava in ogni ora di giorno, che gli faceva fremere il cuore quando la vedeva passare…”. Bhè, se lo perseguita ogni notte credo s’intende che è innamorato di lei da molto tempo^^

Non ho descritto la situazione al fronte per il semplice fatto che non entrava molto nel contesto, e sarei andata troppo fuori tema: il mio intento è quello di narrare un pezzo di guerra con gli occhi di una contadina abruzzese analfabeta^^E comunque esistono i tedeschi umani, mia nonna ne conobbe uno che una volta l’aiutò a trasportare i covoni di fieno con il padre e la sorellina!^_^

Bene! Dopo questa digressione manzoniana sulle recensioni…vai con il secondo chap! ^__^

Aprì lentamente gli occhi ed osservò il soffitto. Non s’era svegliato perché era riposato ma perché il letto su cui dormiva era duro come la pietra, scomodo peggio delle brande militari. Si sedette, con una smorfia di dolore sul viso, e portò indietro i capelli biondi, allungatisi un po’ dall’ultima volta che aveva visto le lame del barbiere. Osservò il suo compagno di cella, il comandante Von Gaskel, mentre fissava il pavimento oltre le sbarre della prigione.

- Quanto ti hanno dato? – gli chiese, osservandolo.

- Cinque anni più altri due anni con sorveglianza obbligatoria – rispose il comandante, con tono serio, quasi affranto.

Rechmart sorrise fra sé, quindi volse gli occhi verso i due soldati che ora stavano aprendo la porta della cella.

- Ci vediamo dopo…- commentò il comandante, mentre lo ammanettavano, sicuro che sarebbe ritornato con il peso della condanna sulle spalle. Rechmart annuì, sorridendo, e seguì i due soldati verso il tribunale.

- Ufficiale Friedrich Ludwig Rechmart, siete stato accusato di omicidio plurimo e colposo contro civili ed innocenti, nonché di aver partecipato alle idee e alle azioni del regime nazista. Cosa dici in tua discolpa? -.

Rechmart osservò dal basso il giudice, seduto ed ammanettato. Spostò lo sguardo sugli altri superiori nazisti che lo fissavano, minacciosi. Prima di parlare riportò gli occhi di ghiaccio del giudice.

- So che non servirà a nulla, vostro onore, ma io mi pento per ciò che ho fatto e chiedo scusa davanti a voi e a Dio per quanto accaduto. So che quella gente non tornerà più in vita e so anche che merito la mia condanna. Mi accorsi troppo tardi che avevo ceduto ai pensieri folli di un uomo folle – rispose, suscitando alla fine una violenta reazione dei fedeli nazisti che lo accusavano di alto tradimento nei confronti dei Fuhrer. Quando nella stanza tornò la calma, il giudice lesse l’esito della seduta.

- Secondo quanto stabilito dalla corte, l’Ufficiale Rechmart è stato condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione carceraria, più altri due di sorveglianza obbligata. La seduta è tolta - .

Dopo nemmeno un’ora da quando era stato portato via, il comandante Von Gaskel vide ritornare il suo compagno di cella, scortato da due militari.

- Quanto ti hanno dato? – gli chiese, quando furono soli.

- Cinque anni e sei mesi, più due di sorveglianza…più o meno come te – rispose Rechmart, sdraiandosi sul letto e portando le mani dietro il capo.

- Che cosa hai detto in tua discolpa da fare così tanto presto? – chiede ancora, curiosa, il comandante.

- Che Hitler è un pazzo – rispose Rechmart ridendo appena.

- Cosa?? Ma sei matto?? –

- ….No, non più…-.

Vi fu un attimo di silenzio, in cui Rechmart continuò ad osservare il soffitto e Von Gaskel ad osservare quel suo sorriso perenne, come se fosse inconsapevole che trascorreranno lì cinque lunghissimi anni.

- Che cosa ti fa sorridere, me lo spieghi Friedrich? – gli chiese d’improvviso, davvero curioso.

Rechmart sorrise ancora di più e continuò a fissare lo sguardo sul soffitto. La risposta fu breve.

- Un sorriso - .

1 luglio 1950

Camminava lentamente lungo il marciapiede di Corso Emanuele di Roma. Era appena uscita dall’Università e stava tornando a casa, dove la famiglia l’aspettava per il pranzo. Un giorno d’estate non eccessivamente caldo, anche perché il giorno appena c’era stato un violento acquazzone che aveva nutrito la terra e rinfrescato l’aria.

Osserva l’orologio da polso e sospira, andando poi a sistemare le pieghe della donna che le scivolava fino alle ginocchia. A volte ripensava a qualche anno prima, quando viveva ancora nel suo paesino aquilano. Ripensava a suo padre che faceva il fabbro e viaggiava nei paesi vicini per vendere i suoi prodotti. Le pentole di rame…pensò, nostalgica del suo paese. Le pentole di rame che aveva messo in ordine con l’Ufficiale. Una morsa le strinse forte il cuore che cominciò a battere velocemente, come impazzito. Chinò gli occhi sulla strada, l’espressione triste.

Aveva atteso per cinque anni quell’ufficiale dagli occhi di ghiaccio. Sapeva che non si sarebbero mai rivisti, lui stesso glielo aveva detto. Eppure non poteva pensare ad un altro né poteva accettare i corteggiamenti degli altri ragazzi. La tormentava quel ragazzo, ogni notte, ogni giorno, senza darle tregua. Doveva fare uno sforzo immane, durante lo studio, per non pensare a lui.

Già, quando giunsero a Roma diedero un lavoro a suo padre e a suo fratello, abbastanza importante da guadagnare un bel po’ di soldi. E così potè andare a scuola, insieme a Maria, e poi all’Università.

Ora studiava, aveva delle amiche ed usciva con loro; non facevano più la fame, come quando abitavano in Abruzzo. Eppure non le bastava…lei voleva rivedere l’Ufficiale dagli occhi di ghiaccio. L’Ufficiale che le aveva salvato la vita, cinque anni fa. L’Ufficiale che probabilmente era stato condannato all’ergastolo o, peggio, giustiziato. Le si strinse il cuore a quel pensiero e scosse appena il capo: no, non poteva essere morto. Non doveva essere morto…

Passò davanti un’affollata fermata del pullman, dato che era l’ora di punta. Le persone la evitavano per un pelo oppure le andavano appena addosso, ma lei non badava a nessuno, immersa com’era nei suoi pensieri.

- Laura!! – un grido improvviso la fece tornare alla realtà. Riconosceva quella voce, dopo così tanti anni, ma pensò stesse sognando, come sempre. Eppure si volse indietro, vagando con lo sguardo tra la gente e sopra le loro teste. Nulla. Sorrise appena, amareggiata, e riprese a camminare.

- Laura!!! – di nuovo quella voce che la chiamava, quasi disperato, superando le voci di tutti gli altri. La ragazza si volse di nuovo, prima di girare l'angolo, rendendosi conto che non stava sognando. Lo sguardo saettava da un viso all’altro, velocemente...e poi intravede dei capelli biondissimi. Spalancò appena gli occhi, incredula. Era proprio lui? O forse stava sognando? O magari era qualcun altro e non l’Ufficiale…Non le importava, doveva controllare. Tornò indietro, correndo, facendosi largo tra la folla, con la cartella che sbatteva da tutte le parti.

Eccolo, lo vedeva. Camminava a fatica contro corrente, verso di lei, ed aveva gli occhi di ghiaccio che brillavano come il sole.

Si fermarono, quando furono uno di fronte all’altro. Laura posò la cartella e terra, l’Ufficiale la sacca da militare.

L’uomo la osservò, ansante, e posò le mani sui suoi fianchi. Si sorrisero e si abbracciarono, forte, mentre ridevano. La gioia che provavano era troppa per non poterla esprimere. Rimasero minuti interi in quel vialetto, al riparo dal sole, stretti l’un l’altro.

Non si dissero nulla per tutto il tempo. Non fecero altro che stringersi l’un l’altro.

E, felici, sorridersi.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Frulli