Finding
Love
in Darkness
Autore: Destiny Aitsuji
Traduttore: Scribak
Capitolo quinto
Quella sera,
Hibari era stato estremamente premuroso nei confronti del giovane boss:
aveva
nutrito Tsuna, lo aveva lavato ed aveva cambiato i suoi vestiti;
infine, lo
aveva fatto perfino dormire nello stesso futon insieme a lui. Durante
tutto ciò,
Tsuna aveva desiderato che quel sogno non finisse mai.
Dall’altro lato, il
prefetto stava sperimentando, a poco a poco, cosa significassero quei
sentimenti per lui così nuovi.
Nottetempo, Tsuna dormiva
placidamente, mentre Hibari lo osservava, immerso nel sonno. Il
prefetto
considerò ogni possibile aspetto che amava del ragazzo,
riflettendo su quale
avesse potuto farlo capitolare tanto in fretta.
Hibari passò le sue dita sottili tra
le ciocche castane ed indomabili di Tsuna: il ragazzo, profondamente
addormentato, si avvicinò inconsciamente a quella fonte di
calore. Lo sguardo
del prefetto si addolcì, pensando che il più
giovane, in fin dei conti,
assomigliasse ad uno di quei piccoli animali che, soli tra tutti,
riuscivano a
guadagnarsi la sua simpatia.
“Uno
scoiattolo?”, considerò il prefetto.
Tuttavia, respinse quell’idea
l’istante successivo: in genere, gli scoiattoli non mostrano,
se minacciati, un
lato improvvisamente aggressivo. E anche nel caso contrario, Hibari era
sicuro
che la loro reazione non potesse essere neanche lontanamente letale,
quanto il
potenziale che Tsuna aveva rivelato nelle battaglie precedenti.
“Forse,
un coniglio?”, pensò nuovamente il
ragazzo. Scrutò con attenzione il viso
dormiente dell’altro e sospirò: nemmeno i conigli
mostravano, di punto in
bianco, un’improvvisa aggressività, senza contare
che la loro sfrenatezza
sessuale era troppo differente dalla natura innocente di Tsuna. Forse
era
comune, per gli adolescenti della loro età, avere pensieri
di quel tipo, ma il
giovane boss non sembrava concepirne nemmeno nei confronti della
ragazza per la
quale aveva una cotta. Probabilmente sapeva come funzionassero, quelle cose, ma avrebbe potuto giurare
che per il più giovane non contassero come per gli altri. I
conigli erano,
quindi, del tutto fuori questione.
Hibari escluse anche gli uccelli, dal
momento che, secondo la sua opinione, erano forti e liberi: Tsuna aveva
fin
troppi legami per essere un uccello. Ed un uccello in gabbia
– si disse – pur
volando, non può certo essere definito come tale.
Hibari pensò, allora, ad un cane,
sorridendo non appena gli venne in mente un certo dinamitardo italiano:
Tsuna
non gli assomigliava affatto, quindi anche l’idea del cane
era da abbandonare.
“Se
non ricordo male, il piccoletto aveva menzionato qualcosa riguardo al
fatto che
questo erbivoro viene sempre preso di mira dai cani del vicinato. Deve
essere
un gatto, allora…”.
Hibari confrontò il ragazzo con il
felino in questione, trovando che i due si assomigliassero decisamente,
a parte
la natura fin troppo gentile e premurosa del primo.
“Proprio
come una leonessa che protegge i suoi piccoli…”,
meditò Hibari,
ricordandosi della Vongola box che, in futuro, avrebbe posseduto il
giovane
boss.
“Un
leone, eh? Sembra adatto. Un leone troppo giovane per far del male a
qualcuno,
comunque. Sei una persona interessante, Tsunayoshi. Dovrei
classificarti come
un erbivoro o un carnivoro?”, pensò
Hibari.
Il guardiano accarezzò la guancia del
più giovane, sospirando:
“Perché
devi essere tu ad invocare quei sentimenti che ho cercato di arginare
così
duramente, Tsunayoshi?”.
Il ragazzo non rispose e Hibari
sospirò nuovamente: baciò lieve la fronte di
Tsuna prima di cingergli la vita
con le braccia e cadere addormentato, ignaro che qualcuno lo avesse
ascoltato
sino a quel momento.
Il mattino
seguente, Tsuna si svegliò di soprassalto. Urlò,
lanciandosi fuori dal letto
più velocemente di quanto Reborn non fosse mai riuscito a
fare servendosi di
Leon in forma di martello.
Hibari ringhiò, con la silenziosa
promessa di uccidere la causa di tutta quella confusione, ma si
trattenne dai
propri propositi non appena si accorse, con un sospiro, che si era solo
trattato di Tsuna.
“Ah, ti sei svegliato…”,
mormorò il
prefetto, mentre il giovane boss cercava, in un modo o
nell’altro, di rimettere
insieme il proprio equilibrio mentale.
“Ah
un corno, Hibari-san! Che cosa è successo ieri? Dove mi
trovo? Perché siamo
insieme? Che ore sono? Che cosa ho fatto? Che cosa hai fatto?
È successo
qualcosa… tra noi, dopo cena? Nessun
‘ah’: voglio subito delle spiegazioni!”,
sbraitò il ragazzo.
Hibari sussultò all’improvviso sfogo
di Tsuna e sospirò. Questo scatenò un altro
scoppio da parte del più giovane,
che il prefetto dovette sopportare. Infatti, non appena aprì
la bocca per
chiamarlo, il giovane boss aveva ricominciato a gridare per la terza
volta di
fila durante la mattinata:
“E niente ‘Tsunayoshi’! Hai idea di
quanto sia seria la situazione? Potremmo essere perseguitati
dall’interno mondo
della mafia per il comportamento inappropriato del boss e del proprio
guardiano. Dopo questo, Reborn vorrà uccidermi, Xanxus
vorrà uccidermi, e, diavolo,
anche Mukuro…”.
“TSUNAYOSHI!”.
Il ragazzo si zittì di colpo,
scioccato: Hibari aveva, spesso, azzannato
a morte delle persone davanti ai suoi occhi, ma non lo aveva
mai udito alzare la voce verso
qualcuno. Tsuna si
ritrasse nel suo guscio, vacillando per lo shock appena ricevuto.
“Tsunayoshi”, ripeté Hibari, questa
volta con il suo normale tono di voce, e Tsuna trasalì. Il
prefetto si rallegrò
un poco del fatto che il ragazzo fosse tornato al suo usuale
comportamento,
mostrandosi cauto e prudente vicino a lui.
“Non è successo niente”, disse a
Tsuna. Il giovane boss rimase in silenzio, cercando di processare tali
parole.
“Prego?”.
Hibari resistette all’impulso di
schiaffeggiarlo o di colpirlo a morte con i propri tonfa. Controllando
saldamente la propria ira, articolò a denti stretti:
“Ho detto che non è successo niente,
Tsunayoshi. Non farmelo ripetere, a meno che tu non voglia che io ti
morda a
morte. Se non riesci a capirlo, ripetitelo finché non ce la
farai”.
Detto questo, uscì fuori dal letto e,
superato come una furia il più giovane, si chiuse in bagno,
sbattendo la porta
alle proprie spalle.
Tsuna sbatté un paio di volte gli occhi:
infine, compreso quanto avesse detto il prefetto, schioccò
le dita, mentre un
radioso sorriso gli si dipingeva in volto.
“Grazie, Hibari-san! Preparo io la
colazione!”, urlò, abbastanza forte
perché Hibari lo potesse sentire da dentro
il bagno.
Il prefetto si affrettò a rispondere,
lapidario: “Tocca una qualsiasi cosa e muori, Tsunayoshi
Sawada”.
Tsuna deglutì e si sedette,
obbediente, sul pavimento, in attesa di Hibari.
Per Hibari,
quella mattina fu estremamente frenetica, in compagnia del giovane
boss: due
volte più maldestro del solito grazie alla sua
cecità, come il guardiano della
Nuvola poté ben presto vedere, la colazione si
trasformò rapidamente in un
campo di battaglia.
Tsuna era, per così dire, un disastro
ambulante. Dovunque andasse e qualsiasi cosa toccasse sembrava essere
affetto
dalla sua naturale goffaggine. La zona intorno al ragazzo era
inevitabilmente
sfortunata per chiunque e qualsiasi oggetto. Incidenti su incidenti
capitavano
al giovane boss e, se mai fosse esistita una competizione per lo
studente più
sfortunato di Namimori Middle, Hibari lo avrebbe nominato senza
esitazione.
In mano ad una persona normale, ad
esempio, il succo di arancia
sarebbe rimasto nel bicchiere a prescindere da quanto fosse cattiva la
vista
della medesima. Il succo preparato per Tsuna, invece, era finito con il
diventare una pila di cocci di vetro ed una sorta di poltiglia (anche
se decisamente
artistica), che era colata dal tavolo sul pavimento e, soprattutto,
sulla testa
dello sfortunato ragazzo. Come se non bastasse, nemmeno il prefetto era
riuscito a passare indenne attraverso quel disastro, finendo, suo
malgrado, con
l’uniforme inzuppata.
Inevitabilmente, questo incidente
causò una nuova serie di sfortunati eventi: nel tentativo di
pulire il succo,
ribollendo per l’irritazione, Hibari aveva dimenticato
accesso il toast, provocando
un piccolo incendio nella sua – in genere –
immacolata cucina. A peggiorare la
situazione, Tsuna decise di dare una mano al prefetto ed
inciampò nel tavolo,
andando a sbattere contro l’armadio delle stoviglie e facendo
cadere un intero
servizio di piatti di porcellana, irrimediabilmente ridotto in frantumi.
Hibari era furioso e avrebbe voluto
mordere il più giovane a morte: tuttavia, non appena si rese
conto che Tsuna
stesse sanguinando abbondantemente, dimenticò ogni suo
proposito di omicidio e
chiamò Kusakabe, ingiungendogli di venire
all’istante.
Kusakabe si precipitò a casa del
prefetto ed, alla vista del giovane boss ricoperto di sangue,
andò quasi nel
panico. Ancora di più lo soprese, tuttavia, il fatto che
Hibari sembrasse del
tutto fuori di sé e che avesse frettolosamente bendato le
ferite del più
giovane. Non essendo il tipo da fare domande, tuttavia, Kusakabe,
seguito a
ruota da Hibari, si limitò a portare il più
velocemente possibile Tsuna
all’ospedale che il prefetto era solito frequentare.
Dopo una mattina a dir poco
movimentata, finalmente la quiete. Hibari si sedette di fianco al letto
in cui
giaceva il ragazzo, profondamente addormentato, all’interno
del reparto privato
dell’ospedale e sospirò. Squadrò
l’espressione serena sul viso di Tsuna:
all’improvviso,
l’impulso di accarezzare i capelli del ragazzo si
impossessò del presidente del
comitato disciplinare, venendo presto soffocato da
quest’ultimo a morsi.
In ogni caso, pochi minuti dopo
Hibari si trovò a sfiorare gentilmente i capelli di Tsuna,
giocando con le sue
ciocche apparentemente immuni alla forza di gravità, che non
cessavano mai di
intrigarlo. La sua mano si spinse fino alla guancia del più
giovane ed Hibari
rimuginò su come fosse contenuta perfettamente dalle proprie
dita,
meravigliandosi, allo stesso tempo, di quanto innocente sembrasse Tsuna.
“Tutto
ciò dovrebbe essere illegale”,
pensò e la più leggera delle sfumature di
rosa gli colorò le guance.
Ridotti al silenzio quei pensieri da
erbivoro per la seconda volta, Hibari decise di andarsene, ma non senza
aver
prima posato un lieve bacio sulle labbra del ragazzo addormentato.
Il prefetto uscì rapidamente
dall’ospedale ed, una volta salito in macchina, si immerse
nei propri pensieri,
senza che nessuno lo disturbasse. Kusakabe era preoccupato per lui, ma
il
braccio destro del prefetto non osava aprire bocca per paura di essere
morso a
morte.
Tuttavia, non appena il guardiano
arrivò a casa, quella sensazione di pace che lo aveva
pervaso sin da quando
aveva lasciato l’ospedale si dissolse rapidamente. Kusakabe
rabbrividì,
avvertendo un’intensa aura omicida provenire dalla cucina.
“Tetsuya”.
Al suono di quella voce fredda e penetrante Kusakabe
indietreggiò
involontariamente.
Hibari strinse i denti e si costrinse
a rimanere calmo, nonostante la rabbia che stava ribollendo al di sotto
della
sua apparente compostezza.
“Sbarazzati di questo disastro e
rimetti ogni cosa a posto. Vado a pattugliare la scuola”, si
limitò ad ordinare,
in un tono che non ammetteva repliche.
Kusakabe annuì ed il prefetto se ne
andò senza una parola. Una volta che Hibari non fu
più a tiro d’orecchie, il
giovane tirò fuori il cellulare, iniziando a digitare il
numero della
governante.
In quello
stesso momento, Tsuna era a letto, completamente sveglio. Era stato sul
punto
di addormentarsi, quando aveva sentito qualcosa di morbido premere
contro la
propria fronte e, prima che potesse farsi un’idea
più precisa di chi lo avesse
accarezzato, quella persona se ne era andata.
Essere cieco, tuttavia, poteva avere
i suoi vantaggi: per lo meno, Tsuna sapeva come fosse il suo tocco ed
il suo
profumo. Il giovane boss aveva storto il naso all’odore
metallico emanato da
quella persona, ma una vaga, confortante traccia di mele e di
qualcos’altro di
indefinito lo rendeva tollerabile. Le mani che lo avevano sfiorato
erano ruvide,
ma, allo stesso tempo, delicate, ed il loro tocco tanto tenero da
sembrare
amorevole. In un certo senso, si sentiva al sicuro con quella persona,
pur non
avendo idea di chi potesse essere.
Tsuna arrossì, al pensiero di essere
amato a tal punto da qualcuno come lui.
“Che
sia un ammiratore segreto?”, pensò.
All’improvviso, Tsuna realizzò
qualcosa che lo fece impallidire visibilmente: Quella persona era un
ragazzo,
se non, addirittura, un giovane uomo. Eppure, il giovane boss era
sicuro di
amarlo e di provare qualcosa che, si rese conto, era ben diverso da
ciò che
aveva nutrito per Kyoko.
“Oh, no…”, gemette. Che cosa avrebbe
detto o fatto, Reborn, se avesse scoperto che Tsuna era…?
Depresso, il ragazzo
si tirò le coperte sulla testa, addormentandosi poco dopo.
“Che
cosa?”
“Mi hai sentito, Xanxus. Voglio che
tu vada in Giappone con Squalo e mostri a Tsuna come può
essere un rapporto tra
due uomini”.
“Non prendermi per il culo, vecchio!
Perché dovrei farlo?”
Il nono boss dei Vongola finse di
riflettere sulla domanda posta dall’uomo, prima di aprirsi
nel più largo dei
sorrisi:
“Posso sempre fidanzarti con la
figlia di una delle altre famiglie… “, rispose.
“Oh, merda! Me la pagherai, vecchio.
Stanne certo…”, imprecò il capo dei
Varia, urlando, poi, al proprio fidanzato
di prenotare un dannato volo per il
Giappone.
Timoteo sorrise ed inviò un messaggio
a Reborn.
Non appena
Reborn ebbe letto il messaggio di Timoteo, sogghignò
tetramente. Saltato giù
dal tetto reggendosi ad un Leon in forma di aliante, si diresse ancora
una
volta verso Kokuyou Land.
Mukuro era seduto ad un lungo tavolo,
in attesa dell’arrivo del piccolo sicario:
“Ho ricevuto notizie dal mio bello.
Cosa dovrei fare, questa volta?”.
Reborn sogghignò:
“Immagino che Basil lo abbia saputo
da Iemitsu. In ogni caso, ho bisogno che tu tenga d’occhio
Xanxus da parte mia.
Devo assicurarmi che non incontri Tsuna prima che Hibari gli confessi i
propri
sentimenti”.
“Non lo farò senza un compenso, lo
sai”, disse Mukuro, prorompendo in una risata.
“Mi pare ovvio. Una volta che questa
missione sarà completata, verrai trasferito in Italia con il
tuo vero corpo.
Potrai vedere Basil tutte le volte che vorrai”.
Sulle labbra di Mukuro si dipinse un
sorrisetto:
“Come ci si può aspettare dai
Vongola”.
Quel giorno
trascorse molto lentamente e Hibari, per
una volta, aspettò, insofferente, la fine delle lezioni. La
sua mente
continuava a ritornare su Tsunayoshi Sawada, cosa che gli impediva di
concentrarsi sul lavoro. In genere, il prefetto avrebbe impiegato meno
di due
ore a completare i registri giornalieri, mentre, quel giorno, Hibari
aveva
lavorato per quattro ore, senza riuscire a finirne nemmeno
metà. Kusakabe,
intanto, aveva portato a termine quanto gli era stato richiesto ed era
tornato
nella sala del comitato disciplinare, rimanendo sorpreso nel trovarvi
ancora
Hibari.
Qualche ora più tardi, il braccio destro
del presidente era ritornato, chiamando il prefetto con voce abbastanza
forte
da essere sentito. Hibari gli scoccò un’occhiata
dalla pila di scartoffie.
Kusakabe deglutì e, in un qualche modo, riuscì a
raccogliere abbastanza
coraggio da informare il ragazzo sull’ora.
Hibari gettò la penna con un sospiro
rassegnato, alzandosi da dietro la scrivania. Prese i suoi tonfa e
stava
cercando la sua giacca, quando si ricordò che, nella fretta,
l’aveva lasciata
all’ospedale, nella camera di Tsuna. Mormorò
un’imprecazione e disse a Kusakabe
di andare a casa, mentre lui avrebbe fatto un salto
all’ospedale.
Intanto,
Reborn, ritornato nella camera di Tsuna, stava tessendo le sue trame.
Insieme
al piccolo sicario, si trovavano altri tre rappresentanti degli
Arcobaleno.
“Vi ringrazio per essere venuti,
questa sera. Vi ho chiamati per degli affari della massima importanza
riguardanti il decimo boss dei Vongola. Come tutti sapete, è
tradizione della
famiglia che il nuovo capo dei Vongola scelga un Compagno prima della
cerimonia
della propria successione. Il motivo per cui siete qui, è la
scelta del
Compagno del Decimo: dal momento che Tsuna è un
pochetto… lento, Vongola
Nono mi ha ordinato di selezionare alcune persone
per questa missione, affinché fungano da…
sensali. Sì, Viper, ogni spesa sarà a
carico dei Vongola. Verde può mostrarci i progressi che hai
riportato nel
contrastare la maledizione. In quanto a te”, disse Reborn,
sorridendo verso
l’Arcobaleno della Tempesta, “sarai la nostra punta di diamante”.
“Con vero piacere”,
rispose Fon, ricambiando il sorriso.
Angolo
del traduttore
A causa
di alcuni motivi personali
(trasloco, impegni accademici) è piuttosto probabile che, da
ora in avanti, gli
aggiornamenti non seguano una cadenza stabilita: in ogni caso,
farò del mio
meglio per postare la traduzione di un nuovo capitolo almeno ogni due
settimane.
Per quanto riguarda il capitolo
attuale, la traduzione si è rivelata insolitamente
difficoltosa (non tanto
nella comprensione del testo originale, quanto nella sua resa in
italiano),
costringendomi a privilegiare il contenuto a scapito della forma: nel
caso
qualcuno desiderasse ulteriori precisazioni sulla traduzione, non esiti
a contattarmi.
Come già in precedenza, ringrazio i
lettori che hanno incluso la storia tra le proprie preferite (BlackStar94, Yaoi_Yarouze),
seguite (Donny,
fliflai, FranKuro,
Iku e Ryo, Kupo08,
lululove, MXI,
Scricciola, TaeminninaBling,
Vincent
Dimitri Petrenko), chi ha lasciato una recensione (MXI, BlackStar94)
e
tutti coloro che, pur rimanendo nell’anonimato, seguono e
seguiranno questa
fanfiction.
Al prossimo
aggiornamento (il prima possibile).
AF alias
Scribak