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Autore: TheNaiker    30/10/2013    1 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 51: Un rapimento assolutamente legale


Hinamizawa, 1 Marzo 1984

Il giorno dopo essere scampate miracolosamente da morte certa, Rika ed Hanyuu fecero ritorno alla Clinica. Quel pomeriggio, per telefono, Shion aveva detto loro che c'erano importanti sviluppi e l'intero gruppo si sarebbe radunato alle cinque e mezza. L'istituto Irie era l'unico luogo adatto all'incontro, in quanto il convalescente Giancarlo doveva rimanere lì per gli accertamenti.

Rika sperava di udire finalmente qualche notizia liberatoria. In teoria la guardia del corpo arrestata la mattina prima poteva rivelarsi essere una preziosa risorsa per loro, ma erano rimasti delusi quando vennero a sapere che lui non sapeva molto del piano dei suoi padroni. Non era strano, Goemon e Megumi erano consci che mantenere segrete delle informazioni sensibili era vitale per loro, nel caso qualcosa fosse andato storto, e quindi gli avevano detto solo lo stretto indispensabile. L'unica rivelazione di un certo interesse fu la citazione di certi fatti avvenuti riguardo un altro omicidio, quello di una donna conosciuta solo con il soprannome Nomura, nomignolo che lui non aveva mai sentito prima di quel momento. La guardia del corpo aveva sentito accidentalmente uno dei deliri di Goemon, in cui lui parlava di un'esplosione che aveva ridotto in pezzi l'auto della vittima, sistemando definitivamente quest'ultima. Però quella era solo una voce, alla fine, non c'erano prove, non sapevano neppure la vera identità della morte ed accusare ufficialmente il loro nemico di quel misfatto non avrebbe portato a nulla, senza indizi concreti.

Però, come consolazione, potevano ora denunciarlo come la mente dietro il tentativo di rapimento di Mion, il suo servo aveva vuotato il sacco in questo senso. Questo era un crimine minore, rispetto all'altro, però era sufficientemente grava da consentire alla polizia di sbatterlo in prigione o comunque di metterlo in una situazione in cui difendersi o discolparsi era difficile. In fondo era un Sonozaki per diritto acquisito, un elemento di una delle famiglia più influente della zona, però la faida in essere lo privava di quel tipo di protezione solitamente inespugnabile, in quanto al momento non c'era più un clan unito e coeso che potesse fare muro per lui. Tanto che quella mattina presto Flavia era stata autorizzata dietro mandato ad andare alla sua casa ad Okinomiya per prelevarlo e portarlo alla centrale; tuttavia, Goemon era sparito. Scappare via era un'ammissione di colpa, in sostanza, ma ora dovevano trovarlo... Sua moglie, che era rimasta a casa, aveva affermato di non sapere dove era fuggito il marito, e forse in questo non stava facendo la gnorri; tuttavia, aveva anche dichiarato di non avere nulla a che fare con il tentativo di sequestro, e questa era clamorosamente una fandonia manifesta. Tutti lo sapevano bene, però la guardia del corpo aveva testimoniato di avere ricevuto istruzioni solo da Goemon, non aveva mai parlato con l'altra padrona di quell'operazione e questo comportava che non ci fossero prove per incriminarla del sequestro. Megumi era libera di stare a casa, almeno per adesso... Però la posizione dei due signori sembrava destinata in ogni modo a peggiorare, una parte fondamentale della loro congiura era stata sventata, e queste erano belle notizie per il partito di Mion.

Tutto succedeva così in fretta, e Rika ed Hanyuu passarono tutto il tempo della passeggiata fino alla Clinica cercando di soffermarsi su ciò che sapevano attualmente, valutando tutti gli aspetti di quello scenario in continua evoluzione. E dire che all'istituto Irie ci arrivarono anche con un certo anticipo, ben trenta minuti, cosicché pensarono di scendere al seminterrato dopo aver chiesto al dottore il permesso di accedervi. Dunque, le due raggiunsero facilmente la stanza di Mion, la quale fu trovata ancora in stato dormiente. Al suo capezzale, vi era Giancarlo che la teneva per mano, in silenzio.

Li avevano trovati come li avevano lasciati. Dopo essere stati messi al corrente della morte di Alice, infatti, anche i loro vecchi amici Keresana erano venuti a fargli visita alla Clinica, la sera prima, e lo avevano visto accanto al letto dell'amica, il che era un comportamento comprensibilmente umano. Però allo stesso tempo non diceva una parola, il che era più inconsueto visto che spesso in questi casi le persone parlano anche con chi è in coma, cercando di far sentire la propria presenza e sperando che il dormiente possa comunque sentire quelle parole in qualche maniera. I Keresana avevano chiesto a Giancarlo perché non cercasse di comunicare con lei, e lui aveva risposto questo: “Io non sono in grado neppure di fare questo... Io a parlare faccio schifo. Fin dal mio arrivo ad Hinamizawa, ogni volta che aprivo bocca procuravo danni... La prima volta che sono venuto qui al seminterrato ho fatto piangere Shii-chan... Alla prefettura sono diventato più aggressivo e cattivo di quanto non fosse necessario e con le mie parole ho vomitato la mia rabbia su Nabiha-san... Al Maniero, ho mancato di rispetto a Mii-chan e dopo pochi giorni le sono saltato addosso... Perchè dovrei aprire bocca, allora? Farei solo altro male agli altri... Quindi la miglior cosa da fare è scaldare la sua mano. È l'unica opportunità che mi è rimasta per esserle in qualche modo di conforto...”

Non si era ancora sbarazzato dei suoi rimorsi. E così lui voleva stare lì, attaccato a Mion, pregando per la sua anima finché non fosse avvenuto un miracolo... Ma per quanto tempo lo avrebbe continuato a fare, allora? Nessuno poteva dire se e quando la ragazza si sarebbe svegliata. Il resto del gruppo doveva trovare il modo di trascinarlo via da quell'apatia, di riportarlo in mezzo a loro. Giancarlo poteva pur sempre tornare loro utile e poi avrebbe fatto bene al suo morale... Però Rika non se la sentiva di discutere su quelle materie con lui con solo Hanyuu al fianco, si sarebbe sentita più forte insieme a tutto il club. Pertanto, visto che dalla cima delle scale il medico la stava invitando a risalire, disse all'altra di restare un attimo con i due giovani, e poi andò da Irie.

“Eccomi qui. Qual è il problema, adesso?”

“Beh... Vedi quei due uomini là? Desidererebbero parlare con te.”

Rika fissò l'ingresso principale. In effetti, vi erano due figuri incravattati e vestiti di nero da capo a piedi, intenti a fumare una sigaretta ed immobili in attesa di qualcosa, o di qualcuno.

“E che vogliono quelli da me? Quei due non si metterebbero a parlare con una bimba senza un motivo. Spero solo che non sia un'altra trappola...”

“No, non penso che sia possibile. Quelli sono ufficiali di polizia in borghese, mi hanno mostrato il loro distintivo ed io per precauzione ho chiesto persino conferma alla loro centrale ad Ibaraki. Le centraliniste mi hanno assicurato che non sono impostori, sono stati regolarmente spediti qui dai loro superiori.”

“Ibaraki? Questi sono giunti sin qui da Ibaraki?” La vecchia casa di Rena... Ma io non sono mai stata da quelle parti, invece. Perchè cercano me e non lei? Capirei se volessero fare ancora delle domande a Rena, ma nel mio caso...

Rika accettò comunque di uscire dalla Clinica, ed andò dai due sconosciuti, che erano subito fuori dalla porta. Quando fu da loro, fu però molto sorpresa di vedere con loro anche Kimiyoshi. Come mai anche lui era lì? La bambina non osava chiedere, ed allora i quattro entrarono nell'auto degli ufficiali, che fu presto messa in moto per lasciare il posto.

“Stiamo per andare alla stazione di polizia, ho capito bene?” chiese Rika, prudentemente.

“Sì, siamo stati incaricati di fare questo.” rispose uno dei poliziotti “Ci dispiace di avervi disturbati, le indagini comportano un gran numero di spiacevoli fastidi, sia per noi che per i cittadini che abbiamo l'onore di servire.”

“Spero che sbrighiate la pratica in fretta.”

“Saremo il più rapidi possibile, non vi preoccupate.”

“Rika-chan, non dovresti essere così nervosa.” osservò Kimiyoshi “Stanno facendo solo il loro dovere, non essere sgarbata con loro.”

“Ah... Ci proverò.” Rika ammise che lui non aveva torto. Pensandoci più attentamente, se quegli sconosciuti avessero cercato di sopprimerla o di portarla via con loro, lo avrebbero fatto mentre era a casa, in compagnia solo di Hanyuu. Da quella prospettiva sarebbe stato tutto più semplice per degli eventuali scagnozzi di Goemon: l'unico intoppo in quel caso sarebbero state le trappole di Satoko tutte intorno alla loro abitazione, ma i loro nemici questo lo ignoravano, non avrebbero mai tenuto conto di quell'elemento e avrebbero fatto irruzione nella loro abitazione senza tanti complimenti... In altre parole, non avrebbero mai organizzato un piano tanto complicato da attuare alla Clinica, sotto gli occhi di dozzine di persone e con mille imprevisti che potevano rovinare tutto. Ed inoltre Kimiyoshi era con lei, e sicuramente la famiglia di lui sapeva dove stavano andando tutti assieme. Rika doveva stare calma.

La bambina dai capelli blu volse il capo allora all'incrocio che si profilava all'orizzonte, di fronte all'auto in movimento. Quella era una strada che lei conosceva molto bene, lei era abituata a percorrerla ogni volta che andava ad Okinomiya con i suoi amici, ed ora avrebbero curvato a sinistra, prima di raggiungere la loro destinazione nel giro di qualche minuto...

All'improvviso, si alzò in piedi nella macchina, e si appiccicò al finestrino per controllare se aveva visto bene. Avevano svoltato a destra.

“Ehi! Dove diavolo stiamo andando?” gridò lei.

“Alla stazione di polizia, te l'hanno già detto.” rispose Kimiyoshi.

“Ma questa non è la direzione giusta! Avremmo dovuto girare dall'altra parte, la centrale è uno dei primi edifici che si incontrano quando si entra ad Okinomiya, è subito dopo il ponte, e...”

“Okinomiya?” esclamò uno degli ufficiali. “No, no, signorina, qui c'è stato un malinteso. Stiamo tornando ad Ibaraki. È per questo che Kimiyoshi-san viene con voi, in qualità di vostro tutore: senza di lui non avremmo l'autorizzazione a portare una bambina così lontano da casa sua. È stato lui a consentirci di portarvi con noi, ed anche il preside della vostra scuola è stato informato per tempo. Tutte le persone preposte alla vostra tutela ci hanno dato il permesso di prelevarvi e condurvi con noi.”

“Era mio dovere farlo.” concluse Kimiyoshi, sorridendo a quella che giuridicamente era la sua figlia adottiva “Dopo tutto non c'era motivo per non farlo. Noi siamo cittadini responsabili, vero che lo siamo, Rika-chan?”

Rika non ci capiva più un'acca. Lei non era mai uscita da quelle quattro case di campagna che lei conosceva o dalle cittadine circostanti, il suo ruolo nel villaggio glielo impediva, e quel fulmine a ciel sereno la sbalordì più di qualsiasi altra cosa. Lasciare la propria terra natale, anche solo per poche ore... La fanciulla non aveva mai pensato che Hinamizawa fosse una gabbia, per lei: non poteva mai allontanarsi del tutto dal paese, come un criminale condannato a non mettere piede fuori dalla propria cella. Ma allo stesso tempo a lei questo non era mai pesato tanto, essenzialmente Rika aveva sempre adorato Hinamizawa e se questa era una prigione allora era la più dolce delle carceri, per lei. L'unico cruccio era il fatto di non poter mai andare in vacanza al mare o in qualche località di villeggiatura, però era un aspetto minore. I suoi antenati avevano convissuto con quel legame con gioia ed anche lei lo aveva presto accettato. Non si sarebbe mai trasferita da quell'amabile agglomerato di capanne, era il posto in cui era nata e non l'avrebbe cambiato per tutto l'oro del mondo.

Rika era molto legata ad Hinamizawa... Forse anche troppo, ormai ci ho fatto il callo, si prese in giro la bambina, a bassa voce. Alla fine, ribellarsi a quei due poliziotti e pretendere di restare a casa a tutti i costi avrebbe portato più contro che pro. E poi, fortunatamente quella visita ad Ibaraki sarebbe stata molto rapida ed indolore, sarebbe tornata nel villaggio presto, non poteva assentarsi per molto tempo. Mesi prima, parlando del suo trasloco, Rena le aveva narrato che c'erano circa duecentocinquanta chilometri tra Hinamizawa ed Ibaraki, ed il viaggio durava abitualmente quattro ore, considerando i pezzi di tragitto percorsi via treno e quelli via macchina. Quindi, sarebbero arrivati nella grande città non prima della sera tardi. Probabilmente le avrebbero offerto di passare la notte la per sistemare la questione il mattino dopo, ma lei avrebbe rifiutato in quel caso. Avrebbe insistito per sbrigare la pratica il prima possibile, passando la notte insonne, e poi sarebbe tornata ad Hinamizawa prima che fosse troppo tardi. Se fosse stata lontana dal villaggio per più di trentasei ore la Sindrome avrebbe fatto impazzire tutti, ma se l'assenza fosse stata più breve di quel periodo non sarebbe successo nulla di tutto ciò, quindi bastava darsi una mossa, di qualunque cosa si trattasse.

“Potete dirmi come mai stiamo andando fin là, esattamente?” chiese quindi lei, ancora irritata.

“Allora, abbiamo bisogno della vostra deposizione per il caso Seohara. E poi ci sono un paio di questioni burocratiche che dobbiamo completare, ma non è nulla di serio, non vi preoccupate.”

Seohara? Quello che ha costretto Rena sulla sedia a rotelle? “Volete che io testimoni? Ma quel ragazzo è morto, suppongo che non ci siano processi a suo carico.”

“Sì e no. Ovviamente non vi saranno procedimenti penali verso quel giovane, ma questa storia non è ancora conclusa, il caso non è ancora chiuso. Recentemente abbiamo scoperto che qualcuno lo ha protetto durante il periodo in cui si è nascosto nei boschi intorno al tuo villaggio.”

Rika non poté evitare di emettere un verso di compassione. Adesso, ci sono arrivati. Lei questo lo sapeva molto bene, e sapeva anche l'identità di quel complice. Si chiamava...

“Questa mattina, un uomo di nome Sonozaki Goemon-san si è costituito affermando di aver dato a Seohara-san della consistente assistenza per i suoi crimini, e si è consegnato alla polizia. Ecco perché la vostra presenza è richiesta. Abbiamo bisogno di una conferma della sua versione dei fatti.”

Rika non poteva credere alle sue orecchie.

Che... Cosa sta accadendo, qua? E perché hanno scelto me, per andare ad Ibaraki?

~-~-~-~-~

Mentre Rika si dirigeva verso la stazione dei treni, gli altri erano arrivati alla Clinica ed avevano chiesto di lei al dottor Irie. Il medico li mise al corrente della visita degli ufficiali, e quando pronunciò la parola Ibaraki Rena serrò le labbra, immediatamente consolata da Daijiro. Ripensare a quel nome le aveva fatto rammentare cosa esso fosse significato per lei durante tutto il suo passato, sia remoto che recente. Ma ad ogni modo, il gruppo di ragazzi pensò che fosse meglio contattare Flavia e chiederle di raccontare tutto quello che lei sapeva su quell'inattesa visita. Keiichi compose il numero di telefono, e dopo dieci-quindici secondi lei rispose. Il ragazzo spiegò quello che sapevano dell'accaduto, e rimase scioccato di sentire che l'ispettrice non ne sapeva nulla di quella storia.

“Sei... Sei sicura?” chiese lui.

“Figurati se non lo sono. Il buco in cui siamo qua ad Okinomiya è così piccolo che tutti veniamo velocemente a conoscenza di quello che avviene dentro queste quattro mura. Se l'ordine fosse partito da qui, l'avrei saputo, e di certo non sono stata io ad impartirlo.”

“Aspetta... Non era questo quello che intendevo... Noi sapevamo già che non eri tu la responsabile, quelli venivano da Ibaraki... Però pensavo che tu sapessi di questa vicenda più di quanto non sapessimo noi. Credevo vi avessero informato, voglio dire, in fondo stanno venendo alla vostra centrale insieme a Rika-chan...”

“Veramente non ci hanno detto niente. E Rika-chan qua non si è ancora vista, oggi. Vabbè, vado a sentire gli altri, magari qui c'è qualcuno che non ne è del tutto all'oscuro e che si è dimenticato di avvisare, se ho notizie vi chiamo subito.”

Keiichi la ringraziò e riagganciò la cornetta, ripetendo ad Irie quello che l'ispettrice gli aveva detto.

“Questo è strano...” commentò il dottore “Loro erano poliziotti, è impossibile che mi abbiano ingannato... Avevano anche affermato di aver contattato il preside, e che lui aveva dato il suo consenso dichiarando di aver compreso la situazione.”

“Facciamo un colpo di telefono al preside, allora.” suggerì Satoko “Conosco il suo numero di casa, raggiungerlo non sarà un problema anche se è già uscito da scuola.”

“Sono d'accordo, dimmi il suo numero, per favore.” Satoko si avvicinò al telefono e compose il numero per Keiichi, cosicché lui doveva solo attendere in linea finché l'altro non avesse risposto.

E non appena udì una voce all'altro capo del telefono, il ragazzo prese subito la parola: “Signor preside, sono Maebara Keiichi. Mi rincresce disturbarla e di saltare i convenevoli, ma dobbiamo chiedervi conto di qualcosa di molto importante. È vero che oggi due ufficiali di polizia vi hanno telefonato per informarvi che avrebbero portato Rika-chan alla centrale?”

“Oh... Sì, è corretto.” confermò l'uomo “Mi avevano spiegato che per un caso dovevano portarla ad Ibaraki. Mi hanno garantito che...”

“No, solo un secondo. Mi state dicendo che quelli non stanno andando ad Okinomiya... LA STANNO PORTANDO AD IBARAKI?!”

Udendo quelle parole, Irie trasalì, e ogni altro presente si lasciò sfuggire un'esclamazione di stupore.

“Beh... In effetti è così. Per loro era indispensabile averla a propria disposizione, mi hanno detto, così sono stati incaricati di condurla fin laggiù, naturalmente insieme ai suoi genitori od a chi ne faceva le veci. Mi rendo conto che un viaggio così lungo sia stressante per una bambina della sua età, ma non potevo certamente impedire alle forze dell'ordine di compiere il loro dovere, e poi non vogliono certo nuocerle, questo mi pare assodato...”

Il preside smise di dare spiegazioni, si era accorto che Keiichi aveva già riagganciato. Infatti, lui si era subito staccato dal telefono ed ora stava fissando con aria da rimprovero il povero Irie, il quale iniziò a scusarsi, chiudendo gli occhi per il dispiacere: “Sono desolato, davvero, sono desolato... Probabilmente lo avevano detto anche a me, ma mi devo essere distratto e non ho udito quella parte...” La verità era che il medico era terribilmente spossato, in quegli ultimi giorni. Tante notti passate insonne, per trovare una cura per Mion ed anche per Giancarlo, quando anche lui era in coma. Sprofondato nel suo lavoro, il medico non si era curato di riposare un poco ed ora era totalmente esausto, pagandone a caro prezzo le conseguenze. Gli altri erano consci della sua situazione, così nessuno ebbe il coraggio di fargliene davvero una colpa.

Inoltre, il telefono aveva ripreso a squillare. Era di nuovo Flavia. Keiichi rispose ed illustrò all'ispettrice quello che avevano appena scoperto.

“Io... capisco...” disse lei, quando l'altro ebbe finito “Dannazione, hanno agito nel nostro distretto senza dirci niente, come hanno osato... Mi farò sentire... Ad ogni modo, pure io ho grandi notizie per voi, Ibaraki sarà sulla bocca di tutti, oggi. Ci sono indiscrezioni secondo cui Sonozaki Goemon è stato arrestato questa mattina, e si troverebbe proprio là al momento. Inoltre, gli agenti hanno messo sua moglie al corrente della posizione del marito e lei ha dichiarato all'istante che avrebbe fatto i bagagli per andare da lui... Qualcosa di grosso bolle in pentola, da quelle parti...”

“Puzza di tranello lontano un miglio. Grazie mille, ti dobbiamo un favore.” Keiichi troncò la conversazione e riportò tutto agli altri. “Ragazzi, qui il tempo stringe, dobbiamo prendere una decisione adesso. Rika-chan non può stare lontana dal villaggio per più di trentasei ore, lo sappiamo tutti: se sforasse questo limite, allora tutta la nostra comunità contrarrebbe la Sindrome e impazzirebbero all'unisono, scannandosi a vicenda. Sarebbe la fine di tutti noi. Qualcuno deve andare ad Ibaraki, ma dobbiamo stare cauti perché potrebbe essere tutto un trucco per coglierci alla sprovvista. Dovremo dividerci, temo, alcuni di noi devono restare qui per monitorare la situazione ad Hinamizawa. Quindi, chi se la sente di andare ad Ibaraki per vedere come sta Rika-chan e per capire che diamine stanno combinando da quelle parti? Io sono disponibile a partire, se non avete nulla in contrario.”

“Rena si ricorda ancora un po' di come è fatta Ibaraki.” disse la ragazza sulla sedia a rotelle “Lei conosce le strade, e dove si trovano gli edifici principali. Lei... Io dovrei decisamente fare parte del gruppo che parte.”

“Mi sembra sensato.” convenne Keiichi “E Daijiro ti accompagnerà.”

“Anche io voglio venire!” protestò Satoko “Stiamo parlando di Rika, io non posso lasciarla là così, senza far niente!”

“Posso capire i tuoi sentimenti, Satoko, ma tu non puoi venire con noi. Tu saresti molto più utile qui nel villaggio, se qualche malintenzionato volesse trarre vantaggio dalla situazione e ci attaccasse a tradimento come quella guardia del corpo, le tue trappole e la tua capacità di usarle sarebbero la nostra salvezza. Lo stesso vale per te, Hanyuu.”

Quest'ultima acconsentì a questa richiesta, seppur a malincuore, mentre Satoko fu visibilmente irritata da quello che in pratica era un ordine, ma non ebbe da ridire. In fondo Keiichi aveva dato una motivazione valida per esso. Shion allora la abbracciò, per ringraziarla per la sua comprensione, e poi aggiunse: “Kasai verrà con voi, anche in qualità di finanziatore: la famiglia Sonozaki si prenderà carico di tutte le spese, biglietti del treno, pernottamento nell'hotel, e via dicendo. Per favore, ragazzi, andate a casa e preparate subito le vostre valigie, Kasai vi porterà subito nelle vostre abitazioni, dobbiamo sbrigarci.”

“Molto bene.” concluse Kasai, che era con loro. “Per andare alla stazione ferroviaria useremo il nostro furgone, in questo modo Ryuugu-san sarà molto più a suo agio. Ed una volta raggiunta la nostra destinazione ad Ibaraki vi contatterò subito, Shion-san, per sapere se vi sono stati nel frattempo degli sviluppi. Ma ora seguitemi, vi prego.” I tre ragazzi obbedirono ed uscirono dall'edificio. Satoko li osservò mentre si allontanavano, e quindi chiese a Shion: “Per inciso, Nee-Nee, qualche minuto prima tu dicevi che volevi dirci una cosa.”

“Sì, ce l'avevo... Ma non era così importante da avere la precedenza su questa questione. Per di più, visto che noi altri dovremo stare ad Hinamizawa avrò tutto il tempo di raccontarla. Però, prima, andiamo al piano di sotto, almeno così la sentirà anche Gi-chan.” Satoko, Shion, Satoshi, Hanyuu e Irie raggiunsero il seminterrato e quindi, una volta che furono entrati nella stanza dove stavano Mion e Giancarlo, ognuno di loro prese una sedia. Successivamente, Shion sospirò, e iniziò la sua narrazione.

“Kasai, ieri, aveva finalmente trovato degli scampoli di tempo per investigare su Goemon-san. A causa di tutte le traversie di questi giorni lui non aveva potuto scoprire un accidente, prima, ma ora finalmente avevamo avuto un momento di respiro ed abbiamo scoperto qualcosa di molto significativo. Come potete immaginare, anche se lo chiamiamo Sonozaki Goemon-san quello non è il suo vero cognome: è sua moglie Megumi-san quella che appartiene davvero alla famiglia, lui invece ha deciso di cambiare il proprio nome associandolo a quello del nostro clan. In fatti, prima di spostarsi lui era conosciuto all'anagrafe come Hayufuki Goemon-san. Reperire queste informazioni è stato più arduo di quanto non potessimo supporre, lui aveva cambiato tutti i documenti ed i dati. Carta d'identità, patente di guida... Riportavano solo il suo cognome acquisito.”

“E questa curiosità cosa ha a che fare con il resto?” chiese Satoshi.

“Ha molto a che fare... Quando l'ho visto a Kiyotshu, la scorsa settimana, avevo avuto l'impressione di averlo già incontrato da qualche parte... Ed avevo ragione, quando Kasai mi ha riferito quel cognome la verità mi è saltata agli occhi in un lampo. L'avevo visto decine di volte quando ero piccola, conoscevo tutta la sua famiglia... Perchè quello adesso vive ad Okinomiya, ma in realtà è originario di Hinamizawa, esattamente come noi.”

“Davvero?” chiese Satoko.

“Sicuro. Non l'ho mai conosciuto come Goemon, non mi avevano mai detto quale fosse il suo nome di battesimo. Ma per anni l'ho visto come il parente di una persona con cui avevo avuto dei rapporti molto stretti. Ma diciamo le cose con ordine. Questa sarà una storia piuttosto lunga e controversa, e non una dal lieto fine...”

~-~-~-~-~

Come Rika aveva presupposto, i poliziotti erano stati istruiti affinchè le facessero passare la notte ad Ibaraki, in quanto avevano raggiunto la città quando erano ormai le nove e mezza di sera. In quel caso, lei sarebbe andata alla centrale solo il giorno successivo, ma fortunatamente lei fu abbastanza cocciuta da convincere i suoi accompagnatori a sveltire la procedura. Ciò nonostante, anche così lei si sentiva a disagio, mentre varcava la soglia dell'ingresso principale di quel mastodontico edificio. Quella stazione era molto più grossa di quella di Okinomiya, doveva infatti occuparsi della sicurezza di una città decisamente più vasta. Una costruzione molto estesa composta da molteplici piani ed ancora piena zeppa di lavoratori ed agenti, a dispetto della tarda ora. Una giungla di cartelli indicava la direzione per ogni dipartimento della struttura, e quel caos spinse Rika a stringere la mano a Kimiyoshi, il quale le sorrise, notando come lei fosse in ansia. Comunque, gli ufficiali che erano con loro non avevano bisogno di analizzare la mappa del palazzo per sapere dove andare, lo sapevano già: i quattro raggiunsero un ascensore, camminando attraverso una selva di persone indaffarate, e quindi salirono al terzo piano.

Una volta usciti da lì, presero il primo corridoio a sinistra, e spinsero una modesta porta in legno, simile a dozzine di altre uguali alla sua destra ed alla sua sinistra. Una volta aperto l'ingresso, si accomodarono in una piccola stanza, dove un terzo ospite stava seduto, evidentemente in attesa del loro arrivo. Senza sorridere, quello sconosciuto fece un cenno e con il gesto della mano invitò i due ospiti a mettersi comodi sulle altre sedie della saletta; dunque, invece di salutarli cordialmente lui non disse una parola ma anzi si piegò in avanti per prendere un oggetto. Sembrava la classica persona che non ama il suo mestiere, e che vuole sbrigare il tutto il prima possibile per andare a casa, non interessandosi di sapere se il lavoro compiuto è buono o meno. Non che la cosa fosse necessariamente un male, pensò Rika. Ottimo, questo non vuole perdere tempo. Siamo in due a voler finire questa roba in fretta, amico.

Ma la soddisfazione della bimba scomparì rapidamente, quando l'altro mostrò di avere in mano un sacchetto di plastica, al cui interno vi era un oggetto che conosceva molto bene.

Si trattava di un coltello cerimoniale. Il quale in teoria sarebbe dovuto stare dentro il Saiguden, a pochi passi dal Tempio di Hinamizawa. Perchè era lì, invece? Erano anni che non toccava più quell'arnese, se si eccettuavano i giorni dell'inventario in cui lo prendeva in mano per controllare che fosse a posto e che non fosse andato smarrito. Quando aveva fatto l'ultima verifica di quel tipo? A dicembre, lei se lo ricordava, e quella volta la lama era ancora lì. Quindi...

Anche Kimiyoshi lo aveva riconosciuto. Aveva visto il padre di Rika utilizzarlo per dei riti, quando lui era ancora vivo, ed il suo manico riccamente decorato era inconfondibile. L'uomo si girò allora verso la bambina, e verso l'ufficiale che lo stava tuttora maneggiando.

“Come... Come mai lo avete voi? Dove lo avete trovato?” chiese l'uomo.

“Quindi ammettete che questo oggetto non vi è ignoto.” replicò l'agente con una smorfia. Quindi egli continuò: “Mentre i miei colleghi vi stavano guidando fin qui, altri dettagli ci sono stati rivelati dal criminale reo confesso. Non più di un'ora fa, Sonozaki-san ha modificato la sua versione dei fatti ed ha asserito che la qui presente Rika Furude-san ha avuto una parte nella vicenda, seppur piccola, contribuendo col minacciare Seohara-san con detto coltello. Dobbiamo verificare la cosa, non essendoci indizi concreti nessuno vi sta accusando di nulla allo stato attuale, ma temo che questa non sia una teoria totalmente campata per aria in quanto sul pugnale abbiamo rinvenuto delle impronte digitali appartenenti presumibilmente ad una bambina, troppo piccole per essere di un adulto di altezza normale. Ecco perché sono necessari dei controlli.”

Rika impallidì. Quell'ufficiale di mezza età la stava trattando con freddezza, senza badare alla giovanissima età della sua interlocutrice. Ma questo era ancora niente... Perché la stavano accusando di quel crimine? Seohara era pazzo di suo, non serviva torturarlo con quel pugnale per farlo uscire di senno, e comunque lei non lo avrebbe mai fatto. Anche se lei stava iniziando a capire alcune cose. Il fatto che Goemon avesse parlato di quella cosa alla polizia solo pochi minuti prima non era strano, era un modo per portarla ad Ibaraki senza troppi imprevisti: in questo modo, i due agenti mandati a prelevarla ad Hinamizawa pensavano solo che lei avrebbe dovuto rispondere a delle domande, ed era questo quello che avevano detto ad Irie ed al preside. Se questi ultimi avessero saputo che la loro pupilla rischiava qualcosa di serio, avrebbero potuto opporsi ed avrebbero forse impedito che lei fosse portata fin là. E lo stesso avrebbe fatto anche Kimiyoshi, che infatti era ora alterato in volto.

Evidentemente, Goemon la voleva ad Ibaraki con lui... Ma perlomeno non poteva farla accusare di aver pugnalato direttamente Seohara. Non c'era sangue sul coltello, e sul cadavere del ragazzo non vi erano quel genere di ferite, l'autopsia non poteva averle riscontrate. Il suo nemico non aveva potuto ordire un'accusa di omicidio, ma già quella di concorso in tortura era davvero molto grave.

“E quando avrei fatto una cosa del genere, stando alle sue parole?” chiese Rika, pensierosa.

“Sonozaki-san ha dichiarato di non conoscere la data esatta. Ha affermato di averlo segregato in una stanza nascosta e di averti invitato a seviziarlo anche in sua assenza. Tuttavia è certo che tu abbia portato a termine il compito in quanto nel giro di qualche giorno ha riscontrato degli effetti notevoli sulla psiche di Seohara-san, il quale era divenuto più malleabile e disposto a seguire i vostri ordini. Questa è la sua versione completa, potete leggerla se lo gradite.” Rika non guardò neanche i fogli di carta che gli stava porgendo. Lei temeva una risposta di quel tipo, in questo modo lei non poteva praticamente scagionarsi: Seohara era stato irrintracciabile per settimane, la bambina non poteva dire di non aver mai avuto la possibilità di commettere il misfatto; inevitabilmente, in un periodo così lungo vi erano frangenti in cui lei era rimasta da sola e quindi non aveva un alibi, per esempio durante le notti.

“Ma allora non ci sono impronte di adulto, su quel coltello?” chiese Kimiyoshi, incredulo.

“No. Sonozaki-san ha dichiarato di non averlo mai toccato, e che tu l'hai lasciato nella sua abitazione di Okinomiya. Ed effettivamente questa mattina, intorno alle dieci, abbiamo trovato il pugnale nel punto che ci era stato indicato. Il fatto che non ci siano impronte di uomini adulti farebbe pensare che non è stato lui a portare lì il pugnale, ma che solo Furude-san l'abbia fatto... Ah, tra l'altro è stato in quell'istante che abbiamo rivelato alla consorte quello che era stato di suo marito, e ci ha chiesto subito di venire ad Ibaraki per visitare suo marito. Penso che alloggi in un hotel non lontano dal nostro quartier generale, ora.”

“Ma non potrebbe avere adoperato dei guanti?” replicò Kiichiro Kimiyoshi, tentando di difendere Rika “Nei film mostrano sempre che se li indossi non lasci impronte digitali sugli oggetti. Potrebbe avere usato quel coltello in quel modo e...”

“Difficilmente una cosa simile è fattibile. Quando si usano i guanti, non solo non si lasciano impronte, ma si ottiene anche il risultato di cancellare quelle già impresse in precedenza. La stoffa del guanto ha lo stesso effetto di un panno passato su una superficie sporca, capite che succede? Viene tutto pulito... Invece, le impronte di bambino che abbiamo rinvenuto noi sono tutte ben definite, come se Furude-san avesse davvero portato questo oggetto a casa del sospettato, e nessun altro l'avesse toccato successivamente. E converrete con me, quando dico che è assurdo ipotizzare che Sonozaki-san abbia rubato una prima volta il coltello, tormentato Seohara-san con esso, ripulito le impronte digitali dalla lama, restituito il pugnale a Furude-san per farle lasciare le sue impronte, rubato l'arma una seconda volta e contattato la polizia per farlo ritrovare da noi a casa sua. È complicato perfino da dire, immaginatevi a farlo.”

“E voi vi fidate di una persona che ha cambiato la sua deposizione in corsa? È un bugiardo, certo che è un bugiardo! Ha raccontato una bella favoletta per salvarsi la pelle!”

“Non sto dicendo che lui abbia detto la verità al cento per cento. Ma la sua favoletta combacia con molti indizi di cui noi eravamo in possesso, quindi potrebbe essere attendibile. Inoltre, voi dovreste spiegarmi quale trucco di magia ha permesso al pugnale di arrivare a casa del sospetto. Anche solo osservandolo posso dire che questo è senz'altro un oggetto sacro, tipo una reliquia, non dovrebbe essere custodito in un posto sicuro?”

“Veramente...”

Rika rimaneva in silenzio, lasciando litigare a parole Kimiyoshi e l'altro ufficiale. L'ultima frase dell'agente le aveva fatto venire un'idea, come sacerdotessa del Tempio lei poteva anche considerare teorie irrazionali. Ouka... Vuoi vedere che è stata lei... Il giorno in cui quello spirito era venuto al Saiguden per piazzare quel sigillo di energia nel corpo della sua discendente, potrebbe averne approfittato anche per sgraffignare il pugnale. Non lasciare nessuna impronta era semplice per un fantasma... Forse quel furto era stato un suggerimento datole al tempo da Goemon, avere quell'oggetto a disposizione poteva tornare utile, per mettere i propri avversari in una situazione scomoda. Ed il fatto che Ouka l'avesse rubato a Gennaio, con largo anticipo rispetto agli ultimi fatti, era anche la prova che era Rika il vero bersaglio sin dall'inizio. Lei e non Mion.

“Non ci posso credere!” protestò Kimiyoshi, nel frattempo “Questa farneticazione è da beoti! Come suo padrino, non posso accettare che mia protetta sia accusata a cuor leggero!”

“Siete libero di non crederci. Ecco perché vi sto dicendo che dobbiamo verificare.”

“E che succede se alla fine dei vostri test voi non vi accorciate di avere torto marcio? Avete intenzione di mandarla ad un riformatorio, ora?”

“Per piacere camatevi, Kimiyoshi-san. Furude-san dovrà restare ad Ibaraki solo un paio di giorni, in un alloggio scelto dalla polizia, in modo da lasciarci eseguire le nostre indagini. Ovviamente le spese sono tutte a carico del dipartimento. Sono certo che non sarà un grande fastidio, domani è venerdì, si sta approssimando il fine settimana. Prendetela come una vacanza gratis.”

Furude-san dovrà restare ad Ibaraki solo un paio di giorni...

Ad Ibaraki solo un paio di giorni...

Un paio di giorni...

Per un momento infinito, Rika si sentì come se il suo cuore fosse stato trafitto da mille lame. Ora aveva capito tutto. Non sarebbe stato difficile provare la sua innocenza, sebbene l'ufficiale avesse detto il contrario non c'erano degli elementi concreti per affermare che lei era una bambina pericolosa, erano solo congetture... Ma per Goemon quello era irrilevante. Il suo era solo un castello di carte, ma a lui bastava che esso durasse per poco tempo. Sarebbe stato sufficiente tenere Rika lontana da Hinamizawa per più di trentasei ore, e tutti i suoi abitanti sarebbero andati incontro alla follia mortale della Sindrome. Era così che funzionava... E Goemon pareva pronto ad andare anche in prigione, pur di conseguire il suo obiettivo.

Tra l'altro, Rika si rese presto conto che non poteva scappare da Ibaraki per tornare a casa sua. Era una bambina troppo piccola, senza denaro con sé. Nelle sue condizioni, tornare ad Hinamizawa prima che fosse troppo tardi era qualcosa di inconcepibile. Ed anche se ci fosse riuscita per puro caso la polizia l'avrebbe ritrovata senza sforzo, sapevano dove cercarla visto che lei doveva stare per forza là. L'avrebbero ricondotta ad Ibaraki, con molti più sospetti su di lei proprio a causa di quella fuga eventuale.

Per di più, non poteva nemmeno contare su Kimiyoshi. L'uomo non sapeva nulla della Sindrome, e secondo lui soggiornare due o tre giorni là era la soluzione migliore, per dissipare ogni ombra sul conto della sua figliastra: “Bene, non c'è null'altro che possiamo fare... E va bene. Resteremo qui per un po', e mostreremo che Rika-chan è al di sopra di ogni sospetto e calunnia.”

“Eccellente.” rispose l'ufficiale, richiamando i due colleghi che li avevano accompagnati fin lì e chiedendo loro di condurli al loro albergo.

Come Rika si stava immaginando, c'era solo un modo per salvare il villaggio... Seguire la legge, cercare i propri amici e sconfiggere i propri avversari sul loro stesso campo, ossia trovando il modo legale di tornare a casa prima che fosse tardi. Avrebbe telefonato a casa, una volta arrivati nella loro stanza.

Ma prima...

“Per cortesia, posso chiedervi un favore?” chiese la fanciulla all'ispettore.

“Di cosa avete bisogno, Furude-san?”

“Desidererei parlare con Sonozaki Goemon-san. Qui ed ora.”

“Posso sapere il motivo?”

“Ci sono un paio di cosette che dovrebbe proprio spiegarmi. Ah, e vorrei che voi usciate dalla stanza, dopo che sarete arrivati.”

“Io questo non posso farlo, sono spiacente. Io non posso lasciare da soli un criminale ed una persona informata dei fatti che lo riguardano.”

“Capisco. Quindi, avete qualcosa in contrario se voi rimanete qui a sorvegliarci? A questa condizione, potreste acconsentire a condurlo qua?”

“Uhm...” lui ci riflettè sopra “Se lo volete proprio, posso permettervelo. Ma tenete bene in mente che ogni cosa decidete di dire nel vostro dialogo può essere usato contro di te e contro il vostro padrino. Conoscete i vostri diritti.”

“Non farti problemi per questo. Portatemelo qui, ci sarà da divertirsi.”

Venti minuti dopo, l'autore di tutto questo casino arrivò nella loro stessa stanza. Chiaramente Goemon era ancora dentro il palazzo di giustizia, avendo dato la sua ultima deposizione di recente non era ancora stato sbattuto in prigione. Quel che è peggio, la sua faccia non era quella di uno che stava per diventare un detenuto. Era sorridente, invece, come se il suo piano fosse finalmente andato in porto, e si era permesso addirittura di salutare Rika e Kimiyoshi come se fossero dei buoni vecchi amici. Però questa è la tua ultima risorsa, caro mio. Pensò Rika. So che tu nel tuo cuore speravi che io morissi a causa della maledizione di Ouka, basta guardarti in faccia per capirlo...

“E' un piacere incontrarvi di nuovo.” Goemon inziò a parlare, ironicamente “Sono lieto di vedervi in salute. Avete incontrato mia moglie, per caso? Era da queste parti solo pochi minuti fa...”

“Goemon-san!” Kimiyoshi strillò “Che ti salta in mente di mettere in atto questa pazzia? Io pretendo una risposta, da te!”

Goemon non rispose. Rika, dal canto suo, voleva che l'uomo parlasse per più tempo possibile, gli avrebbe fatto sputare fuori tutto quello che sapeva. Una parola sbagliata detta nel momento sbagliato, e lei avrebbe potuto cogliere un indizio prezioso su quello che si poteva fare per mandare in fumo questa congiura. Tuttavia, ora Rika doveva scegliere attentamente le proprie domande, con Kimiyoshi e l'altro ufficiale a ronzare intorno lei doveva evitare di parlare della Sindrome, e di molti altri argomenti. Questo, a meno che qualcuno non fosse intervenuto, e Rika sperava che fosse così.

Improvvisamente, infatti, lei udì una debole voce di bambina.

“TIME, STOP!”

Ed il tempo si congelò.

Rika conosceva quell'incantesimo, Hanyuu lo aveva evocato svariate volte. Ma la cosa strana era il fatto che quella voce non apparteneva a lei, quanto piuttosto ad un altro suo antenato.

A fianco di Goemon, si era messa Ouka.

“Allora, adesso che il tempo è fermo gli altri non si accorgeranno di nulla, non ci disturberanno. Gli unici che sono coscienti in questo momento siamo io, te e Goemon-san, potremo discorrere insieme liberi di dire quello che vogliamo. Era questo, quello che volevi. Sei contenta, Rika?”

“Eh, già, non posso affermare che questa sia una sorpresa. Buona sera, piccola ladra.”

Lo spirito parve offeso da quel complimento tutt'altro che piacevole, ma non osò ribattere, un segno che era stata realmente lei a prendere il coltello. Pertanto, Rika sorrise con un ghigno di sfida e continuò a dire: “Avevo inteso che tu fossi scomparsa quel giorno al Saiguden, Ouka... Avevo inteso che i tuoi poteri erano andati esauriti dopo che avevi concentrato tutta la tua energia in quella dannata sfera che avevi messo dentro di me, e che dopo quella stregoneria eri stata costretta a lasciare questo mondo...”

“Hai dimenticato quello che ti ho detto nel nostro ultimo incontro? I miracoli eseguiti dagli altri sono il carburante che mi consente di unirmi a voi. La prima volta è stato grazie alla vostra prodigiosa vittoria contro la Yamainu...”

“...E questa seconda volta è stato grazie al fatto che io e Gi-chan siamo stati capaci di sfuggire alla morte, rocambolescamente. Quindi, il ruolo di questi miracoli è quello di consegnarti un certo ammontare di energia magica che tu puoi spendere a tuo piacimento finchè non la esaurisci completamente... Interessante.” Rika ridacchiò “Avete voglia di mettere un altro sigillo spirituale nel mio cuore, ora?”

“No, quel trucco non sembra essere efficace contro di te... E onestamente vorrei fare più che altro da mera spettatrice, stavolta. Sono stanca di combattere per non so manco che cosa. Tutto quello che ho fatto di recente è stato avvertire il mio caro amico che il primo sigillo non ha dato il risultato atteso.”

“Non mi sarei dovuto affidare a quella roba. Magia, pfui.” sibilò Goemon, seccato. Ouka diceva il vero prima, evidentemente il legame tra i due permetteva all'uomo di parlare anche se il tempo era cristallizzato in quel frangente.

“Il nostro piano era perfetto, mi faresti un piacere se tu non te la prendessi con me.” replicò lo spettro “Tu hai costretto con successo qualcuno del suo gruppo a sacrificarsi, e la sfera energetica è veramente esplosa, facendo morire Rika-chan. Tutto era andato come previsto, e solo un miracolo impossibile da mettere in preventivo ha potuto sbarrarci la strada. Ora, vediamo piuttosto se questo rimedio d'emergenza che tu hai elaborato su due piedi ha qualche chance di funzionare.”

“Hmph” Rika derise Goemon “Ed allora avresti confessato di proposito? Non riuscirai ad uscire di gattabuia tanto presto. Andare in prigione per sbarazzarti di noi... Saresti davvero disposto a questo... sacrificio?” La bambina calcò l'accento su quest'ultima parola, enfatizzandola a gesti.

“Io sono pronto a tutto, per mettere fine a questa storia.”

“Anche a morire?”

“Anche a morire.”

Quell'affermazione suscitò la curiosità di Rika, ma la fanciulla doveva sbrigarsi. Quando Hanyuu evocava quella magia, essa aveva effetto per meno di un quarto d'ora. Era plausibile che anche l'incantesimo di Ouka avesse quel genere di durata, e dopo che il tempo si fosse rimesso in moto lei non avrebbe più potuto chiedere a Goemon quello che le premeva sapere.

Pertanto, la bambina gli chiese un semplice quesito. “Goemon-san... Puoi dirmi chi sei veramente, per piacere?”

L'uomo si intristì di colpo a quella domanda. “Non ti hanno raccontato la mia storia, direi... Sono leggermente sorpreso. So che il mio volto mostra inclemente i segni del tempo, anche per colpa delle pene che hanno segnato i miei ultimi anni, però confidavo che uomini come Kimiyoshi-san mi avessero riconosciuto.”

“Non l'ha fatto. Se fosse stato così mi avrebbe messo al corrente, immagino.”

“Mi sembra ragionevole, come osservazione. Capisco quindi. Rika-chan tu vuoi sapere la verità? Se questo è il tuo desiderio, io lo esaudirò, ammetto di sentire il bisogno di descrivere la mia rabbia repressa a qualcuno, anche se si tratta della persona che voglio distruggere. In fondo tutto è stato messo a punto per la battaglia finale, ora che tutti i pezzi sono stati disposti non c'è più niente che io possa fare, visto che sarò obbligato a vivere in un penitenziario per i giorni a venire. Non cambierà nulla, se io vi racconto la verità. Però questo non sarà un racconto allegro, né una storiella gioiosa di quelle per fare addormentare i bambini prima di mandarli a letto, ti sto avvisando...”

 



Giusto nel caso non sia chiaro: Nella trama principale dell'Anime vi era la convinzione, da parte di chi studiava la Sindrome, che se Rika moriva allora nel giro di 36 ore tutto il villaggio contraeva la malattia. Questo valeva anche per chi lasciava il villaggio per un periodo di tempo sufficientemente lungo: alla prima causa di stress, che fosse Satoshi, la diffidenza dagli amici, il complotto sugli alieni... Chi andava e poi tornava ad Hinamizawa finiva con l'uscire di senno. Quindi, se gli abitanti stanno lontani da Rika per oltre 36 ore danno di matto... Spero che questa postilla chiarisca il trambusto che sta succedendo, e perchè i cattivi stanno cercando di portar via Rika dal villaggio, seppur temporaneamente.
  
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