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Autore: lyy223    31/10/2013    1 recensioni
Non potevo crederle.
Non avevo mai creduto a tutte quelle leggende.
Eppure qualcosa dentro di me mi diceva che quella bellissima ragazza ventitreenne, mi stesse confidando la verità.
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Seconda storia della serie "Soul".
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Soul'
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Altre ore di viaggio.
Lunghissime ore di viaggio.
 Sfrecciavamo di città in città.
Passando per lunghe strade deserte, costruite nel nulla più assoluto.
Vedevo le persone camminare felici e spensierate.
"Godetevela finchè potete..".
Anche io prima ero come loro.
La mia vita era come quella di tanti altri.
Speravo veramente che la mia vita fosse tranquilla.
Adesso invece mi stavo per avventurare in un mondo nuovo.
Aprii spesso quel libro per capire cosa stesse per succedere, per vedere dove ci stavamo dirigendo.
Ma non compariva nessun disegno nuovo.
Purtroppo.

Finalmente ci fermammo.
Ero stremata dal lungo viaggio.
Un grosso e vistoso cartello ci dava il 'benvenuto'.
Eravamo arrivati ad Atlanta.
Lui continuava a guidare.
Arrivammo nella periferia.
Il quartiere era caratterizzato da molti palazzi abbandonati.
 Riaprì il libro, subito comparì un disegno sfocato.
Assomigliava ad una casa, una di quelle case antiche.

Parcheggiò di fronte ad una vecchia casa fatiscente.
Simile a quella del disegno.
Di un verde sbiadito, composta da tre piani e circondata da un piccolo giardino.
Probabilmente in passato di proprietà di alcune famiglie nobili, si notava dal fatto che sotto il portico vi era uno stemma, un grosso stemma scolpito su un grosso pezzo di legno.
 Appena entrammo nel vialetto, notai molti fiori ben coltivati di fianco alla casa.
"Coloro che abitano in questa casa sono appassionati di botanica a quanto pare. Bene. Adoro i fiori".
 Anche se poteva sembrare una casa poco accogliente, in realtà era il contrario.
Entrati poi questo senso di accoglienza si rafforzò.
Mi sentivo a casa.
Anche se mai ero stata in quella casa.

Una vecchia signora ci accolse.
Aveva un vestito azzurro, delicato e leggero.
Anche se sembrava avesse una certa età a causa delle profonde rughe, i capelli erano ancora nero corvino.
 -Finalmente sei arrivato Dev-.
Sembrava felice del suo ritorno.
Forse si era sentita sola.
 -Sì, contenta?- disse lui infastidito.
 "Dev?" mi voltai verso di lui.
Non mi aspettavo un nome così...
Mi fulminò come suo solito.
Si buttò su di un vecchio divano in pelle rossa.
Sembrava volesse stare da solo, a conferma del fatto che lui fosse un tipo silenzioso e solitario.

Subito la padrona di casa pacioccona mi si avvicinò.
-Ciao, io sono Ctonie, piacere di conoscerti-.
-Piacere- risposi io, con un filo di voce.
Quella donna aveva qualcosa di strano.
Sembrava sì dolce e debole, ma sotto sotto nascondeva un'anima forte, combattiva e coraggiosa.
Il suo sguardo la tradiva.
Era come se negli occhi avesse una fiamma che ardeva continuamente.
La fiamma della vita.

-Allora, questo essere burbero e freddo ti ha trattata bene? Spero tu non sia troppo stanca, devo spiegarti diverse cose-.
Lo guardò di sottecchi per vedere la sua reazione.
Lui era immobile sul divano, immerso nei suoi pensieri.
Poi Mi guardò negli occhi.
Rimase qualche istante a fissarmi.
Distolse lo sguardo quando capì che mi sentivo a disagio.
-Forse è meglio se vai a riposare. Sei stanca, si vede. Vieni ti accompagno nella tua stanza-.
Mi sorrise.
La sua dolcezza mi faceva sentire meglio.
Quelle parole dette con tanta dolcezza sembrava che mi avvolgessero, come un dolce abbraccio.
Sapevo che con lei sarei stata al sicuro.

Mi fece segno di seguirla.
Salimmo le scale.
I vecchi gradini di mogano scricchiolavano sotto il nostro peso.
-Non ci far caso per il suo comportamento. Ormai mi ci sono abituata. E' sempre stato così- disse rassengnata.
-No, non si preoccupi signora, non è stato molto burbero- continuai io.
-Signora? Quale Signora? Dove la vedi la signora?- Rise dolcemente.
-Dammi del tu. Non sono poi così vecchia. Ho solo 500 anni-.
Mi fermai, sconvolta
. "500 anni?".
-Anzi no, un po' di più, 515 se non sbaglio. Dopo così tanti anni ho perso il conto-.
Rimasi a bocca aperta.
"515?!"
 -Perchè fai quella faccia? Ah, lui non ti ha spiegato proprio nulla? Ah che sbadato..-.

Attraversammo un corridoio lungo.
Alle pareti c'erano dei vecchi dipinti.
 Alcuni raffiguravano alcuni volti, forse antenati di Ctonie.
Altri invece avevano come soggetti gli dei dell'Olimpo intenti in banchetti.
Mi colpì subito un dipinto: c'era una donna formosa, dai capelli lunghi e mossi che aveva in braccio una piccola bambina, la teneva stretta a se come fosse la cosa più preziosa che avesse.
Così come mi teneva mia madre.
Così come ogni madre tiene stretto il proprio piccolo.
Quel quadro simboleggiava tutto l'amore che una madre prova per la propria creatura.
-Ho notato che ti piace. Quella è Demetra, amava davvero sua figlia Persefone, soffrì enormemente quando le fu sottratta dal dio Ade-.
Dopo poco disse - Adoro i miti greci, forse perchè anche io sono greca-.
Avevo capito che lei era fiera di provenire da quella nobile popolazione che tanto aveva dato all'umanità.

-Ecco, questa è la tua stanza, spero che riposerai bene, domani ci aspetterà una lunga gionata. Vuoi un po' di tè?-.
-No grazie, sto bene così- le risposi subito.
Volevo solo riposare.
Ero sfinita.
Il mio corpo non riusciva più a combattere contro la stanchezza.
Stava per arrendersi.
Mi buttai sul letto.
Mi misi sotto le coperte calde.
Poggiai la testa sul morbido cuscino.
Che paradiso.
Non osservai neanche la stanza.
Il giorno dopo con la luce del sole avrei avuto tutto il tempo di osservare nei minimi particolari quell'antica casa.
   
 
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