Salve!!! Eccomi di nuovo qui con il primo capitolo (dopo il
prologo) della mia fic!!! E’ un capitolo un po’ di introduzione e che mi è
venuto anche un po’ lunghetto!!! Quindi, se non vi addormentate prima ^^’,
mandatemi qualche commento e ditemi che ne pensate!!! Qui si comincia a dare un
primo accenno alla storia vera e propria!! Spero vi piaccia!!!!^^
Alla fine i ringraziamenti!!
***
La quiete prima della tempesta
Aeroporto internazionale di Ezeiza. Persone che salivano e
scendevano dagli aerei, altre che correvano perché rischiavano di perdere il
proprio volo, altre ancora che guardavano confusamente i tabelloni in cerca del
loro imbarco.
Daichi non rientrava in nessuna di queste categorie; seduto su una
delle scomode poltroncine della sala d’aspetto cercava di riprendersi dal lungo
viaggio appena affrontato. Il pallore del suo viso non prometteva nulla di
buono.
Si portò le mani sullo stomaco, aveva una nausea tremenda. Non era
abituato a volare in aereo, e anzi detestava farlo. Il Professore, accanto a
lui, cercava di farlo riprendere, mentre Takao e Hilary sembravano cercare
qualcuno tra la folla.
-Non capisco…il loro aereo doveva atterrare venti minuti prima del
nostro. Dovrebbero essere già qui- dichiarò il moretto, lasciandosi andare
stancamente su una sedia.
-Forse il volo ha fatto ritardo-
-Forse- annuì alle parole dell’amica. Si
stiracchiò e si lasciò andare ad un sonoro sbadiglio. Il viaggio in aereo era
stato molto lungo e spossante.
-Ehi, Takao!- una voce lo risvegliò dal suo stato di torpore.
Sollevò gli occhi e vide un biondino venirgli incontro che si stava sbracciando
per salutarlo.
-Max!- esclamò allora, scattando in piedi.
-Takao! Quanto tempo!- l’americano saltò praticamente addosso
all’amico, facendolo cadere a terra.
-Si…anche io sono contento di vederti, ma mi stai soffocando!-
-Oh, scusa Takao- il blader della Tartaruga Nera lasciò andare il
collo del compagno, permettendogli di rialzarsi.
Si guardarono negli occhi qualche secondo prima
di scoppiare entrambi a ridere. L’entusiasmo di Max era come al
solito contagioso. D’altra parte non si vedevano da mesi. Avevano molte cose da
raccontarsi e l’argomento principale ruotava ovviamente intorno al motivo per cui erano venuti fino in Argentina: l’ormai imminente
“Sfida ai Campioni”.
Il nuovo torneo preannunciava scintille, le squadre che erano
uscite vittoriose dalle fasi preliminari sembravano essere tutte di altissimo
livello.
-Allora, hai fatto buon viaggio, Max?- gli domandò Hilary
sorridendo.
-Si, grazie! E tu come stai, Hilary? Diventi ogni giorno più carina!- esclamò, rispondendo all’amica.
-Grazie- mormorò lei, arrossendo lievemente.
-Eh, Max…lasciatelo dire…ho paura che tu abbia bisogno di un paio
di occhiali!- il capitano della BBA Revolution diede una pacca sulla spalla del
biondino, con aria compassionevole.
-Scusa, cosa intendi dire con questo?!-
gli chiese la ragazza, con un pugno minacciosamente vicino al suo naso e gli
occhi che saettavano fuoco.
-Niente, niente! Scherzavo!- si difese il moretto mettendo le mani avanti, preso dal panico. Sapeva fin troppo bene
quanto Hilary potesse fare male quando si arrabbiava.
L’aveva sperimentato più volte sulla sua pelle e non aveva voglia di ripetere
l’esperienza.
-Vedo con piacere che siete tutti in ottima forma!- la voce del
presidente Daitenji si fece largo tra la folla.
-Presidente!- esclamarono in coro i presenti.
-Beh, proprio tutti non direi…- disse Takao, facendo un segno
verso Daichi. Il ragazzino stava lentamente riprendendo un colorito normale, ma
la smorfia delineata sulla sua bocca lasciava intendere che la nausea non lo aveva ancora abbandonato.
-Che peccato! In queste condizioni non ci sarà gusto a sbattergli
in faccia quanti avversari in più di lui avrò stracciato!- dichiarò Rick,
avvicinandosi al gruppo. Dietro di lui comparve anche il resto della squadra
americana, rimasta indietro; non erano riusciti a tenere il passo con Max, che
appena sceso dall’aereo si era precipitato di corsa verso la sala d’aspetto
dell’aeroporto, dove avrebbe dovuto trovarsi la squadra di Takao.
-Sogna bello! Vincerei anche se fossi
ridotto peggio!- ribatté il piccolo blader, scattando in piedi e puntando il
dito contro l’americano. Sembrava che avesse recuperato tutte le energie in un
solo istante.
-Ah, davvero? Lo vedremo, pidocchio!- grugnì Rick, con la sua
solita impulsività.
-Basta adesso! Non è il caso di litigare!- li riprese Emily,
cercando di impedire che i due dessero spettacolo nel bel mezzo dell’aeroporto.
-Siamo alle solite!- esclamarono Micheal e Eddy
rassegnati, pur non trattenendo un sospiro divertito.
L’allegria del gruppo non riuscì però a
contagiare Daitenji, che pareva preso da altro. Guardava continuamente
l’orologio, come avesse in programma un appuntamento
importante al quale non poteva fare tardi, e subito dopo, quasi meccanicamente,
sollevava gli occhi sui tabelloni degli arrivi degli aerei. Sembrava molto
impaziente.
-Qualcosa non va, Takao?- il ragazzo si voltò verso il professor
Kappa.
-No, tutto bene…è solo che…- gli rispose, fissando il presidente
della BBA. Aveva notato il suo strano modo di fare.
Scossa la testa. –No, niente!- continuò ridacchiando, pensando che
si trattasse solo di una sua impressione. –Forza! Che aspettiamo ad andare in
albergo? Sto morendo di fame!-
-Il pullman che vi porterà in hotel vi aspetta fuori
dall’aeroporto, ragazzi- li informò Daitenji.
-Lei non viene con noi, Presidente?- gli domandò il Professore.
-No, purtroppo ho ancora delle cose da fare, le ultime formalità
del torneo, sapete…- rispose evasivo con un sorriso tirato, prima di aggiungere
che li avrebbe raggiunti più tardi direttamente in albergo.
-Oh…d’accordo, allora-
Daitenji guardò i ragazzi allontanarsi e solo quando sparirono tra
la folla, diretti verso l’uscita dell’aeroporto, si decise a muoversi. Lesse
per un’ultima volta il tabellone dei voli e si diresse verso l’imbarco 14, dove
il prossimo aereo sarebbe dovuto atterrare alle undici
e quarantacinque. Mancava poco meno di mezz’ora.
Sul pullman Hilary teneva la fronte poggiata al finestrino, mentre
fissava l’acqua del Rio de
La ragazza continuava a torcersi nervosamente le mani, come fosse preda di una grande agitazione.
-Ehi, Max! Sai quando arriveranno gli
altri?- Takao, che le era accanto, si era voltato verso il sedile dietro di
lui, dove si trovava l’americano.
-So che Rei e i suoi compagni arriveranno nel pomeriggio…mentre
la squadra di Kai dovrebbe già essere in albergo a quest’ora!-
-Fantastico! Non vedo l’ora di incontrarli!- esclamò il moretto,
tornando a spaparanzarsi comodamente al suo posto.
Hilary trasalì appena. Eccolo il motivo della sua agitazione…Kai…pensò. A breve lo avrebbe rivisto
dopo mesi. Il suo cuore prese a battere più forte,
mentre sentiva una strana morsa intrappolarla tra il petto e lo stomaco. Sapeva
che era stupido, ma non poteva impedirlo. Kai non era a conoscenza di quello
che lei provava nei suoi confronti, ed era convinta che non l’avrebbe mai
ricambiata. D’altra parte come avrebbe potuto? Lei era solo una ragazzina
qualunque un po’ rompiscatole, come spesso la definiva Takao. Lui invece era
bello, forte, orgoglioso, e sembrava del tutto estraneo ai sentimentalismi.
Sapeva che la cosa migliore da fare era dimenticarlo, ma le
risultava impossibile riuscirci se i suoi occhi la tormentavano ogni sera prima
di addormentarsi. Le comparivano davanti in tutta la loro bellezza e
profondità.
Si riscosse quando si accorse che il
pullman non era più in movimento. A quanto pareva erano giunti a destinazione.
Scese dal mezzo ed aspettò che l’autista aprisse il portabagagli per recuperare
le loro valigie.
-Uau! E’ davvero fantastico!- sentì Max esclamare.
Si voltò verso l’albergo, guardandosi intorno. Un grande giardino,
pieno di alberi e piante che in Giappone non si trovavano, circondava
interamente l’edificio. Sulla sinistra una serie di gazebo faceva ombra a dei
tavolini rivolti verso la piscina. Ma la sua attenzione fu catturata da
qualcosa oltre la grande vasca d’acqua: appeso al ramo robusto di un albero
grazie a due catene d’acciaio, un divano a dondolo in
legno oscillava appena, sospinto dal vento. Hilary lo trovò subito molto
carino. Sapeva già dove si sarebbe rifugiata la sera quando
aveva voglia di starsene un po’ da sola.
Tornò a spostare l’attenzione sulla facciata dell’hotel.
L’entrata, preceduta da una piccola scalinata, era costituita da una porta a
grandi vetrate, così da mettere subito a nudo l’eleganza della spaziosa hall
dell’albergo.
-Pare che Daitenji non abbia badato a spese!- dichiarò il
Professore.
-Già, è davvero bello…- disse Takao, avvicinandosi con aria
infastidita.
-Cosa c’è? Non ti piace?-
-Si, mi piace Prof…ma mi piacerebbe di
più se non dovessi portarmi dietro questo peso morto!- si lamentò, accennando a
qualcosa dietro di lui. Daichi infatti, dormiva sulla
sua schiena, con la testa pesantemente poggiata alla sua spalla. Il ragazzino,
sfinito dal lungo viaggio, si era addormentato sul pullman e nemmeno le urla
del suo capitano erano riuscite a svegliarlo quando
erano giunti in albergo. Così aveva dovuto caricarselo in spalla.
-Il viaggio deve averlo proprio stremato- osservò Emily.
-Già…Daichi si sente male appena mette piede su un aereo- concordò
Hilary.
-Ah ah! Il piccoletto è una palla al piede anche quando dorme!-
esclamò Rick, divertito.
-Dai, andiamo scimmione!- Micheal lo richiamò dandogli una pacca
sul braccio. –Sono stanco, ho voglia di farmi una dormita come si deve!-
-Il solito pappamolle!-
-Farò finta di non aver sentito- replicò l’altro tra i denti. –Tu
non vieni Max?- domandò, rivolgendosi al biondino.
-Arrivo subito!- Max si voltò verso la BBA. –Ci vediamo più tardi
ragazzi!- li salutò, seguendo la sua squadra dentro l’hotel.
-Beh…andiamo anche noi- disse Takao, trasportando il suo compagno
di squadra.
Hilary si offrì di andare a prendere la chiave della stanza,
mentre i ragazzi la aspettavano all’ascensore. Li raggiunse pochi minuti dopo,
giusto in tempo per vedere Takao perdere la pazienza. Il blader infatti, stufo di continuare a chiamare Daichi invano e di
fargli da balia, lo lasciò andare a terra senza troppi complimenti.
-Ah! Ora mi sento molto più leggero!- dichiarò ridacchiando.
-Ahia!-
Daichi aprì gli occhi di colpo, massaggiandosi il fondoschiena.
Nonostante il pavimento fosse ricoperto interamente da moquette aveva ricevuto
una bella botta. Sollevò lo sguardo, ancora intontito, incontrando quello del
suo capitano, che lo fissava dall’alto in basso con un’espressione palesemente
infastidita.
-Che è successo? E perché sono qui a
terra?- domandò confuso. –Takao! Scommetto che è colpa tua!- sbraitò l’attimo
dopo, riprendendosi dal colpo.
-Colpa mia?! Che ci posso
fare se non ti svegli nemmeno con le cannonate?- ribatté il moretto.
Hilary sospirò. Da che pulpito veniva la predica. Scambiò uno
sguardo d’intesa con il Professore; non sarebbero mai cambiati.
-A quanto pare avevo ragione! Solo voi potevate fare
un tale chiasso- una voce impostata richiamò la loro attenzione.
-Kai!- esclamarono in coro Takao e Daichi, voltandosi verso le
scale accanto all’ascensore. Il russo scese l’ultimo gradino e squadrò i
ragazzi con un sorrisino appena accennato.
-Le vostre urla si sentono fino alla nostra camera-
-Kai, vecchio mio! E’ un sacco di tempo che non ci vediamo! Come
te la passi?- gli chiese allegro Takao, avvicinandosi
al blader con il braccio alzato e il palmo della mano aperto, come a voler
battere un cinque.
-Sto bene- gli rispose incrociando le braccia al petto, freddando
l’espansività dell’amico.
Il giapponese lo fissò in silenzio per qualche
istante prima di tornare a riabbassare la mano. Le sue labbra si
piegarono in un sorriso divertito; in quei mesi Kai non era cambiato di una
virgola.
Ad Hilary per poco non mancò il respiro. Durante il periodo
in cui erano stati lontani, Kai si era alzato di qualche centimetro e il suo
fisico, modellato dai continui allenamenti, aveva assunto tratti più marcati e
adulti, così come i lineamenti perfetti del suo viso. Anche i capelli gli si
erano un po’ allungati. Era semplicemente bellissimo.
Il russo spostò lo sguardo oltre la spalla di Takao e la brunetta
si ritrovò intrappolata nell’abisso delle sue iridi ametista. Avrebbe potuto
perdersi nei suoi occhi magnetici per l’eternità.
-Ciao…Kai…- disse, facendo un enorme sforzo per non far tremare la
voce, mentre pregava con tutto il cuore che il rossore comparso sulle sue gote
non fosse troppo evidente.
-Quindi Kai aveva ragione. Erano vostri gli schiamazzi che
arrivavano fino al secondo piano- accanto al blader
dell’Aquila Rossa si materializzò il capitano della Neoborg.
-Yuri!- esclamò Daichi, infervorandosi. –Finalmente avremo di
nuovo la possibilità di dimostrare chi tra noi due sia il migliore! E stai
sicuro che questa volta sarò io a vincere!- sembrava che ormai avesse
recuperato tutte le energie che il lungo viaggio in aereo gli aveva sottratto.
-Lo vedremo, piccoletto!- ridacchiò l’altro, sicuro di sé,
ricordando come lo scontro fosse finito in parità nella finale del terzo
campionato mondiale.
-Beh, ragazzi…non so voi, ma con tutto questo lusso mi è venuta
voglia di andare a vedere la nostra stanza!- dichiarò Takao, mentre le porte
dell’ascensore si aprivano al piano terra.
-Ci si vede!- fece poi, rivolto a Yuri e Kai. Con quest’ultimo
scambiò uno sguardo d’intesa. Nessuno dei due parlò ma
era come se si fossero detti le stesse cose che poco prima si erano detti anche
Daichi e Yuri.
Hilary seguì i ragazzi dentro l’elevatore. Si era ripresa
dall’imbarazzo, ma passando vicino a Kai non poté fare
a meno di cercare nuovamente i suoi occhi, per un attimo. E per un attimo i
loro sguardi si incrociarono ancora, un attimo che bastò per farle perdere
l’equilibrio sulla soglia tra lucidità e irrazionalità.
Era ancora immersa nel mondo dei sogni quando
l’ascensore si fermò al secondo piano e il Professore le chiese il numero della
stanza che gli era stata assegnata.
-Hilary? Sei tra noi?- le domandò sventolandole una mano davanti
agli occhi, dato che la sua amica non gli aveva risposto.
-Come? Hai detto qualcosa, Prof?- chiese confusa, risvegliandosi
all’improvviso dal suo stato assorto.
-Ti ho chiesto qual è la nostra stanza…ma
tu sembravi avere la testa tra le nuvole!-
-Già…la nostra Hilary era nel mondo dei sogni!- esclamò Takao.
–D’altra parte ha appena incontrato…ouch!- una gomitata nello stomaco da parte
della brunetta gli impedì di concludere il discorso.
-Ha appena incontrato?- ripeté il
Professor Kappa.
-Nessuno! Non ho incontrato nessuno!- si affrettò a rispondere la
ragazza, sorridendo nervosamente. –E tu…un’altra parola e sei morto!- disse a
denti stretti, rivolgendosi al moretto, che per tutta risposta scoppiò a
ridere.
-Muoviamoci…la nostra stanza è la 212- continuò poi, cercando di
cambiare argomento.
Takao le si affiancò. –Sai, io penso
che…-
-Non hai capito cosa ho detto? Un’altra parola e sei morto!-
ribadì la minaccia, indirizzando al blader uno sguardo truce. Avrebbe fatto
davvero paura se le sue guance non fossero state tinte di rosso.
-D’accordo, scusa- si rassegnò il ragazzo, alzando le mani in
segno di resa.
La loro stanza sembrava un vero e proprio appartamento. La porta
d’ingresso si apriva su un saloncino con vista sul giardino, arredato con
tavolo, televisione, divano e tanto di quadri appesi alle pareti. Nella parte
sinistra era collocato il bagno, mentre a destra c’erano altre due camere.
-Uau! Ragazzi, questa si che è vita!-
esclamò Takao, gettandosi comodamente sul sofà. Si stiracchiò sbadigliando
sonoramente, facendo chiaramente intendere che tutto quel comfort gli era più che gradito.
-Eh eh! Puoi dirlo forte!- la voce di Daichi risuonò da una delle
due camere. Il rossino si era già precipitato sul letto, prendendo a saltarci
sopra come a testare la comodità del materasso.
*
-Fratellone Eiji! Sei proprio un gran maleducato!-
Il ragazzo si voltò verso la voce che per sua sfortuna, come lui
si lamentava di solito, conosceva fin troppo bene.
-Si può sapere cosa vuoi adesso?- ribatté scocciato, mentre
raccoglieva il suo zaino da terra. La ragazza gli si avvicinò fin quando non gli fu di fronte, sollevando la testa per
guardarlo negli occhi; gli arrivava a malapena alle spalle.
-Cosa voglio? Se fossi un gentiluomo aiuteresti una dolce ragazza
in difficoltà a portare il suo bagaglio- gli rispose indicando una valigia blu
di dimensioni notevoli, poco distante da loro.
Eiji si portò una mano alla fronte, appena sopra gli occhi, come
stesse scrutando in lontananza in cerca di qualcosa. –Che strano…- fece
all’improvviso. –Vedo la valigia ma non vedo la dolce
ragazza in difficoltà-
La giovane incrociò le braccia al petto, rivolgendogli un’occhiata
torva. –Non sei divertente- disse seccamente.
-Trovi? Io invece dico di si- ridacchiò
l’altro.
-Dai, fratellone! Portami la valigia! E’ pesante! Ti prego, ti
prego, ti prego!- lo supplicò la sorella.
-Potevi fare a meno di portarti dietro mezza casa, Sae!- la
rimproverò.
-Uffa! Fratellone Shun! Eiji è cattivo con me!- Sae mise il
broncio come una bambina di cinque anni, fingendosi offesa, mentre si
aggrappava al braccio di un terzo ragazzo, che sembrava essere il più grande
tra i tre.
-Piantatela voi due! Possibile che dovete litigare per ogni cosa?-
chiese in modo retorico, senza neppure rivolgere lo sguardo ai fratelli. La sua
attenzione infatti era concentrata sulla folla che
popolava la sala d’aspetto dell’aeroporto. In fondo era abituato alle liti tra
quei due.
-E’ colpa sua!- esclamarono Sae e Eiji all’unisono, additandosi l’un l’altro.
Shun sospirò, chiedendosi perché non fosse nato figlio unico.
C’erano volte in cui i suoi fratelli andavano d’amore e d’accordo, ma queste
erano tante quante quelle in cui si sarebbero volentieri scannati a vicenda. E
in quelle occasioni ovviamente spettava a lui impedire che ciò accadesse. Si era
davvero stancato di dover fare il baby-sitter. Anche se Eiji e Sae avevano
rispettivamente uno e due anni meno di lui a volte si
comportavano come bambini dell’asilo. Lui al contrario sembrava molto più
maturo dei suoi diciotto anni.
-Voi dovete essere i ragazzi mandati da Silkwood, giusto?- una
voce non più giovane interruppe i tre ragazzi.
-Lei è il signor Daitenji- dichiarò Shun. Anche il fratello e la
sorella smisero di litigare e si fecero seri.
Come gli era stato detto era venuto ad accoglierli il presidente
della BBA in persona.
-Silkwood si scusa ancora per il disturbo che le è stato arrecato,
e ci tiene a farle sapere che cercherà di venire qui a
Buenos Aires appena possibile- continuò il giovane.
Daitenji gli rivolse un sorriso, cercando di mascherare la
preoccupazione. -Andiamo in albergo, mi racconterete tutto con calma-
*
-Ragazzi! Sembra di essere in vacanza!- Takao poggiò il suo succo
d’ananas sul tavolino, poi si stese comodamente sul lettino. Intrecciò le mani
dietro la testa pensando che fosse un peccato non aver portato il costume da
bagno: si sarebbe volentieri fatto un bel tuffo in piscina. Nonostante fosse
marzo in Argentina il clima era piuttosto mite. Pareva di essere sul finire
dell’estate e l’inizio dell’autunno. D’altra parte si trovavano nell’emisfero
australe.
-Ma non siamo qui in vacanza, Takao! Ti ricordo che tra due giorni
comincerà il torneo! Non sarebbe meglio se ti allenassi, invece di star qui a
poltrire?- lo rimproverò il Professor Kappa.
-Rilassati Prof! Siamo appena arrivati!- il blader si rotolò su un fianco, dando le spalle all’amico, facendo
chiaramente intendere che non si sarebbe smosso di lì tanto presto.
-E poi non devi preoccuparti. Io e il mio Dragoon sconfiggeremo
tutti gli avversari che ci troveremo ad affrontare!-
-Vedo che sei sempre sicuro di te, Takao!- una voce familiare alle
sue spalle lo costrinse di nuovo a voltarsi.
-Rei!- esclamò, mettendosi a sedere. –Quando sei arrivato?-
-Pochi minuti fa- gli rispose il cinese con un sorriso. Sorriso
che si propagò anche sulle labbra di Takao. Finalmente i suoi amici erano
arrivati, e in poco meno di due giorni si sarebbe dato il via all’apertura del
nuovo torneo. Il suo spirito battagliero aveva già preso a scalpitare
impaziente.
-Ciao!- Mao, l’unica ragazza della squadra cinese, si avvicinò ad Hilary, fino a quel momento rimasta ad osservare in
disparte i due blader che discutevano dei prossimi incontri.
-Ciao Mao! Come stai?- le domandò la brunetta, distogliendo
l’attenzione da Takao e Rei.
-Bene, grazie- replicò la giovane stiracchiando le braccia. Il
lungo viaggio fino in Argentina le aveva intorpidito i muscoli.
-Ti va di accompagnarmi a vedere la camera?- continuò la blader,
allegra. –Mio fratello e gli altri stanno pensando a portare i bagagli. Così mi
evito la sfacchinata! Sai, la mia valigia pesa un quintale!-
-Non peserebbe così tanto se evitassi di portarti dietro mezza
casa!- ribatté Rei, lanciandole un’occhiata.
-Ho portato solo l’essenziale!-
-Si, lo immagino- rispose il blader della Tigre Bianca con un
sospiro divertito, per niente convincente.
-Antipatico!- Mao gli fece una linguaccia scherzosa prima di
prendere sottobraccio Hilary e trascinarla con sé dentro l’albergo.
-Uffa! Sempre con questi luoghi comuni che le ragazze portano con loro molti bagagli quando partono!- si lamentò
la blader.
-Beh, nel tuo caso non è del tutto falso!- ridacchiò la
giapponese. Con lo sguardo voltato verso l’amica non si accorse della persona
che veniva verso di lei in direzione opposta, e a cui
finì praticamente tra le braccia.
-Mi scusi, non l’avevo vist…- quando
Hilary sollevò il viso non riuscì a completare la frase, rimanendo quasi
incantata dagli occhi dello sconosciuto con cui si era scontrata. Non ne aveva
mai visti di un verde tanto intenso, parevano gli smeraldi che venivano incastonati negli antichi gioielli che si
tramandavano le famiglie reali di generazione in generazione.
Il ragazzo le sorrise dolcemente, facendole segno di non
preoccuparsi.
-Uau! E’ veramente carino!- commentò Mao, appena lui si fu
allontanato. La giapponese si voltò a guardarlo e dovette dar ragione alla
compagna. Quel ragazzo era davvero carino. Fisico atletico, capelli
biondo cenere, molto corti, fissati con il gel in maniera fintamente
disordinata, donavano particolarmente alle sua pelle abbronzata, che sotto i
raggi del sole rifletteva di un debole color ambra.
Lo sconosciuto infilò una mano nella tasca dei jeans estraendone
un cellulare argentato, che portò subito all’orecchio. Evidentemente qualcuno
lo aveva appena chiamato.
Hilary continuò ad osservarlo per qualche istante
mentre parlava al telefono. Anche i lineamenti del suo viso erano
perfetti, parevano privi di qualsiasi irregolarità, eppure apparivano
tutt’altro che rigidi; anzi gli conferivano una delicatezza difficilmente
riscontrabile nel volto di un ragazzo.
L’opposto di una persona
di mia conoscenza…pensò.
Stava per andarsene quando il ragazzo sollevò lo
sguardo, incontrando nuovamente il suo. Gli occhi del giovane indugiarono su
Hilary qualche secondo finché non distolse l’attenzione da lei, come se nulla
fosse. Si diresse verso la hall dell’albergo,
scomparendo all’interno nello stesso modo in cui era apparso, mentre continuava
a parlare al telefono.
-Conosci quel ragazzo?- le chiese Mao.
-Come?- la domanda lasciò la ragazza sconcertata. –Io…no…no, non
l’ho mai visto prima-
-Ah…peccato- fece l’amica sollevando le spalle, mal celando però
un pizzico di delusione.
*
-Uffa! Ma perché sempre io?- si lamentò Takao dando un calcio ad
una lattina vuota, facendola rotolare a qualche metro di distanza da lui.
Si sedette su una panchina, sbuffando infastidito. –Non sono mica
il baby-sitter di quel pidocchio, io!-
Il Professore gli aveva chiesto di andare a cercare Daichi, dato
che uscito dall’hotel non era ancora rientrato, e si stava avvicinando la sera.
Forse si era perso. D’altra parte Buenos Aires non era certo una città piccola.
Non avrebbe dovuto andarsene in giro allo sbaraglio da
solo.
Strano però…le scimmie
dovrebbero avere un buon senso dell’orientamento…credo…Takao ridacchiò tra sé. Quel ragazzino
a volte era una vera e propria fonte di guai. In alcuni momenti lo avrebbe
volentieri strozzato. Anche Hilary ora passava molto più tempo a litigare con
lui che con il blader del Drago Azzurro, come era invece prima che il rossino
facesse la sua comparsa.
Estrasse Dragoon dalla tasca e se lo rigirò tra le mani. Doveva
ammettere però che senza il suo prezioso aiuto difficilmente sarebbe arrivato a
vincere l’ultimo campionato mondiale di beyblade.
Si alzò in piedi e lanciò il suo beyblade, guardandolo ruotare
velocemente su se stesso, mentre un sorriso comparve sul suo volto. Lui e
Daichi formavano un’ottima squadra, e non vedeva l’ora di dimostrarlo al
prossimo torneo, ormai imminente.
Sollevò gli occhi verso il cielo, il sole stava quasi per
tramontare. Di lì a poco sarebbe calata la sera.
Tornò a spostare l’attenzione su Dragoon, ma i suoi occhi furono
catturati da un improvviso luccichio vicino alla trottola bianca. Si avvicinò,
raccogliendo da terra quella che aveva tutta l’aria di essere una catenina
d’argento con agganciato un piccolo ciondolo. Probabilmente qualcuno l’aveva
persa.
Si guardò intorno, la catenina ancora in mano. Il parco si stava
pian piano sfollando, e non gli sembrava ci fosse qualcuno alla ricerca di
qualcosa che potesse aver perso.
Diede un’ultima occhiata distratta al ciondolo prima di riporlo
nella tasca e recuperare il suo Dragoon. Doveva sbrigarsi a trovare Daichi,
l’ora di cena si stava avvicinando e il suo stomaco lo avvertiva chiaramente,
visto che aveva cominciato a brontolare.
-Ciao!- una misteriosa figura gli comparve davanti, quasi fosse caduta dal cielo, facendolo indietreggiare per lo
spavento.
-Da dove salti fuori? Mi hai fatto prendere un colpo!- ribatté
Takao, portandosi una mano al petto, come a voler assicurasi che il suo cuore
non si fosse fermato.
Una ragazza davanti a lui, gli sorrideva divertita. Poi indicò
qualcosa sopra di lei.
Il blader alzò gli occhi notando solo allora la presenza di un
grande albero in fiore. Tornò a riabbassare lo sguardo, incerto.
-Stavi sull’albero?- le domandò, sollevando un sopracciglio.
La sconosciuta non gli rispose ma
continuò a sorridere. Takao la osservò esitante. Era una ragazza minuta, dalla
pelle chiarissima in netto contrasto con i capelli neri che, corti e scompigliati,
le ricadevano ai lati del viso dandole un’aria sbarazzina. Una treccina
decorata da perline e piccole piume colorate le scendeva da dietro l’orecchio
sinistro fino a toccarle la spalla, mettendo subito in risalto l’eccentricità
del suo look. Indossava una maglietta dai colori vivaci che all’altezza
dell’ombelico terminava in frange di varia lunghezza. Un foulard arancione
fungeva da cinta intorno ad una gonna jeans a pieghe molto corta, sotto la
quale portava un paio di fuseaux neri che le arrivavano appena sopra le
caviglie. Un paio di scarpe da ginnastica bianche e numerosi bracciali ai polsi
completavano l’effetto complessivo. Era molto carina.
-Tu sei Takao Kinomiya, vero?- chiese.
-Mi conosci?- ribatté il moretto, sorpreso.
-Sei il campione di beyblade! Il campione del mondo in carica!-
Quelle parole gonfiarono l’orgoglio di Takao che prese a
pavoneggiarsi come suo solito. –Sono davvero famoso in tutto il mondo! La mia
fama è arrivata anche qui da voi!- esclamò intrecciando le mani dietro la testa
e cominciando a ridere compiaciuto.
-Veramente io sono giapponese. Vengo da Yokohama- dichiarò la
sconosciuta.
-Ah…davvero?- chiese il blader, fissando imbarazzato la persona
che gli stava di fronte. In effetti quella ragazza
aveva i tratti del viso e il taglio degli occhi tipicamente orientali. Arrossì
notando quel particolare.
-Eh eh eh…- fece, cercando di riprendersi
dalla figuraccia appena fatta. –E come mai ti trovi a
Buenos Aires?- le domandò, tornando serio, affrettandosi a sviare il discorso
da un’altra parte.
-Sono in missione segreta…ma non dirlo a
nessuno!-la giovane si portò un dito davanti alla bocca, in segno di silenzio,
e gli strizzò l’occhio.
-In missione segreta?- ripeté il ragazzo, con un tono che lasciava
intendere che di certo quella era una tra le ultime risposte che si aspettava.
-Già…ho visto che hai raccolto il mio ciondolo- la moretta indicò
la tasca di Takao. –Posso riaverlo, per favore?-
-Ah…si…- biascicò il blader, infilando meccanicamente una mano
nella tasca dei pantaloni. Guardò il ciondolo per un’ ultima
volta prima di porgerlo alla sua legittima proprietaria. Dunque quel pendente
apparteneva a lei.
La sconosciuta lo ringraziò e si allacciò la catenina al collo.
Sfiorò con le dita il piccolo delfino argentato che vi era agganciato, poi
puntò i suoi occhi scuri in quelli del suo interlocutore, in silenzio, come stesse studiandolo attentamente, causandogli non poco
disagio.
-Che cosa c’è?- chiese infatti, per
scrollarsi di dosso l’imbarazzo.
La ragazza scosse la testa e gli rivolse un gran sorriso. –Ci
vediamo domani!- gli disse prima di voltarsi e allontanarsi di corsa. –E grazie
ancora per il ciondolo! Mi sarebbe dispiaciuto non trovarlo più!-
Takao rimase imbambolato a fissare il punto dove fino a pochi
secondi prima si trovava la moretta.
-Domani?!- esclamò quando ebbe elaborato
la frase che gli aveva rivolto. Fece vagare lo sguardo in lontananza nel parco,
alla sua ricerca. Ma di lei non c’era più traccia.
La sera non tardò ad arrivare. Takao, dopo l’incontro con quella stramba
ragazza, aveva deciso di tornare in albergo, scoprendo con non poca irritazione
che Daichi vi aveva fatto ritorno da un bel pezzo. Aveva vagato per Buenos
Aires per niente.
Hilary sospirò mentre aspettava l’arrivo
dell’ascensore, ripensando all’ennesima litigata dei suoi due compagni.
Probabilmente non sarebbero mai cambiati.
Guardò l’orologio. Non era molto tardi ma
lei si sentiva a pezzi. I postumi del lungo viaggio in aereo cominciavano a
farsi sentire. Sbadigliò sonoramente fino quasi a farsi lacrimare gli occhi,
mentre avvertì qualcuno venirle vicino. Spostò l’attenzione accanto a lei.
-Kai! Ciao…- biascicò impacciata, abbassando prontamente lo
sguardo a terra.
Il russo le lanciò una veloce occhiata, poi si appoggiò al muro
accanto alle porte dell’ascensore, incrociando le braccia al petto senza
proferire parola.
La brunetta lo fissò per qualche istante chiedendosi cosa stesse pensando in quel momento. Immobile quasi come
una statua, occhi chiusi, era praticamente impossibile riuscire a capire cosa
passasse per la testa di quel ragazzo. Per essere una persona piuttosto fredda
e impassibile a volte faceva delle cose del tutto imprevedibili.
Hilary lo vide aprire gli occhi di scatto, e spostarli verso la hall dell’albergo. Seguì anche lei la direzione del suo
sguardo e incontrò il profilo di una figura già nota. Quel verde intenso delle
sue iridi era difficile da dimenticare.
La giovane fu sorpresa di vederlo. Era il ragazzo con cui si era
scontrata quel pomeriggio.
Kai e lo sconosciuto si fissarono per qualche secondo, seri e in silenzio, poi il biondino mosse lo sguardo su Hilary,
rivolgendole un sorriso gentile, facendo colorare appena di rosso la pelle
delicata delle sue gote.
In un attimo le passò accanto e si diresse verso le scale che
portavano alle camere. La brunetta lo vide poi sparire oltre la rampa del primo
piano.
-Conosci quel blader?- le domandò Kai.
-No…- Hilary si voltò verso il russo. Era la seconda persona che
le rivolgeva quella domanda quel giorno.
-Come sai che è un blader?- gli chiese, mentre le porte
dell’elevatore si aprivano accompagnate da uno stonato avviso acustico.
-L’ho visto mentre si allenava- fu tutto
ciò che ottenne in risposta. Ovvia e scontata. Sospirò mentre
varcava la soglia dell’ascensore. D’ altra parte cosa si aspettava?
Si passò una mano tra i capelli, riavviandoseli dietro le
orecchie, cercando di metterli in ordine. Constatò sconsolata che erano un vero
disastro, a suo avviso.
Attraverso lo specchio vide Kai, bello come al suo solito. Chissà
se uno come lui avrebbe potuto trovarla carina…almeno
un po’. A quel pensiero arrossì appena e si voltò verso il blader, ancora
immobile davanti all’ascensore.
-Non vieni?- gli chiese.
Il ragazzo la raggiunse poco prima che le porte automatiche si
chiudessero dietro di lui.
-Se quel ragazzo è un blader, allora forse parteciperà anche lui
al torneo di dopodomani- rifletté la giapponese.
-E’ probabile. Alcune squadre che ne prenderanno parte alloggiano
in questo albergo- le rispose il compagno.
-Comunque lo scopriremo alla conferenza stampa di domani- aggiunse
poco dopo, laconico, come se la cosa non gli interessasse più di tanto.
La conferenza stampa alla vigilia dell’apertura del torneo.
Daitenji l’aveva indetta per la sera successiva per spiegare in modo definitivo
le regole e l’andamento della “Sfida ai Campioni”. Inoltre sarebbero finalmente
state presentate le squadre che avrebbero partecipato all’evento. Il giorno
seguente le quattro squadre Campioni avrebbero conosciuto le loro avversarie.
-Beh…buonanotte, Kai- gli augurò Hilary quando
fu di fronte alla sua camera.
Il russo le passò accanto fermandosi solo quando
fu a qualche metro di distanza da lei. Si voltò appena a guardarla.
-Buonanotte anche a te, Hilary- ricambiò, prima di dirigersi verso
la sua stanza.
***
E per oggi si termina qui!! Ci risentiamo al prossimo capitolo!!!!^^
Un grazie a tutti quelli che mi hanno seguito!!! E soprattutto a chi ha
commentato:
Padme86: spero che questo
capitolo ti abbia incuriosito ancora di più!!^^ Fammi
sapere!!
Yui00: spero allora di
non deluderti con questo capitolo e con i prossimi!!!^^
HollyShort91: ma allora
sei tu che mi hai mandato l’e-mail!!!^^ Mi fa
piacere!!!^^ Che ne dici di questo primo cap??
Eagle Fire: ecco qui il
seguito!! Forse un po’ lungo ma spero ti sia piaciuto!!^^
Pan Son: davvero hai
letto tutte le mie fic???^^ Grazie, ma mi fai troppi
complimenti!! ^///^ Faccio quel che posso…spero che questo capitolo non ti
abbia deluso!!!^^ Fammi sapere cosa ne pensi!!
Insomma, mi pare di capire che andiamo molto d’accordo sulla coppietta
preferita!!!^^ Che carini insieme!!^^
Redeagle86: sono contenta
che questa storia ti piaccia!!!^^ Dunque, per Takao ti
ho già risposto con una mia recensione, per il resto…beh, KxH ovviamente, non
potrei mai tradirli!!!^^ Ma sarà parecchio intrigata questa fic…aspetto tuoi
nuovi commy allora!!^^