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Autore: mikchan    16/11/2013    2 recensioni
*SEQUEL DI LIKE A PHOENIX*
Il tempo passa, la vita continua e i brutti ricordi diventano passato. Per tutti è così, anche per Amanda, giornalista in carriera, sfruttata dal suo capo, in crisi con se stessa e con i sentimenti che prova per il suo ragazzo e in cura da uno psicologo. Tutto questo, e Amanda lo sa, è dovuto proprio a quel passato che non l'ha abbandonata, alla perdita delle cose più importanti che avesse al mondo. Ma il passato ritorna, sempre, e per Amanda si ripresenta in una piovosa giornata invernale.
Saprà il suo passato darle un'altra opportunità, oppure è davvero tutto finito?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Like a Phoenix'
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12- THE FUTURE IS CLOSER THAN YOU COULD NEVER IMAGINE


Non avevo bisogno di aprire gli occhi per capire di non essere a casa mia.
La stanza era decisamente troppo luminosa, primo indizio per indurmi a pensare di essere da qualche altra parte, visto che io odiavo dormire con le tende aperte.
Il secondo indizio era il letto o, in alternativa, la cosa che stavo usando come letto. Ero sicura di non avere nulla di duro e mobile sopra il mio materasso a casa.
Il terzo indizio erano i ricordi che stavano iniziando a fluire come un fiume in piena nella mia testa. Va bene che di mattina ero sempre intontita, ma avrei sfidato a scordarsi certe cose, soprattutto se a farle era stato quel qualcosa su cui stavo ancora bellamente straiata.
Lentamente, quasi con il timore di stare sognando, aprii gli occhi e mi ritrovai in una stanza estranea, con le pareti tinteggiate di un azzurro chiaro, un grande armadio di mogano e la finestra con le tende spalancate, dalla quale entravano quei fastidiosi raggi di sole che mi avevano svegliata.
Mugugnai qualcosa, sbadigliando e mi voltai alla mia destra, trovandomi vicina il volto di Adam, ancora profondamente immerso nel mondo dei sogni. Mi scostai dal suo braccio, che avevo usato fino a quel momento come cuscino, e mi persi un attimo a fissarlo, non riuscendo a non pensare a ciò che era successo solo poche ore prima.
Avevamo fatto l'amore.
Dopo cinque anni di silenzio e dolore ci eravamo finalmente riappacificati. Eppure, di tutte le considerazioni che avrei potuto fare su quella notte, l'unica che mi veniva in mente era stata la dolcezza con cui mi aveva presa, dopo l'irruenza di quei preliminari tanto voluti e così in fretta soddisfatti. Ed era stato bellissimo, fantastico, come mai me lo sarei immaginato. Ci eravamo riscoperti dall'inizio, saggiando ogni parte che credevamo di aver dimenticato con passione, arrivando entrambi sull'orlo del limite più di una volta, in quel gioco fatto di baci, sospiri e sguardi.
Per settimane mi ero chiesta cosa sarebbe successo se mi fossi lasciata andare, abbandonandomi a quel desiderio che quella sera era esploso. E i pensieri erano stati mille, anche di più, eppure nessuno equivaleva a ciò che era successo in realtà. Ero convinta che me ne sarei pentita, ma se avevo una certezza, quella mattina, era che tutto era andato perfettamente come doveva andare, senza dubbi e risentimenti.
E, nonostante tutto, non m'importava nemmeno molto cosa sarebbe successo una volta che Adam si fosse svegliato. Certo, ci sarei rimasta male se avesse deciso di chiudere tutto lì, ma almeno potevo dire di averci provato, in tutti i modi, a riconquistarlo.
Lasciai scivolare di nuovo lo sguardo sul suo volto, sorridendo.
Era così bello quando dormiva. Aveva un'espressione pacifica e rilassata, come non lo vedevo da tempo e, in qualche modo, mi sembrava di avere davanti l'Adam di cinque anni prima, quello ancora un po' ragazzino.
Quel momento era così perfetto, segnava quasi tutto quello per cui avevo lottato fino ad allora: ero con Adam ed ero felice. Cosa potevo desiderare di più?
Eppure c'era una vocina maligna che continuava a ronzarmi in testa, ricordandomi che, per Adam, io ero ancora quella che l'aveva tradito la stessa sera che gli aveva rivelato di aspettare suo figlio. Era un dubbio stupido, accompagnato anche da quello che affermava con insistenza la falsità di quello che era successo, dovuto solamente alla tristezza di Adam per suo padre, ma non riuscivo a cancellare quei pensieri. Alla fine, non era poi così diverso: era vero che avevo accettato di fargli compagnia per consolarlo, ma, almeno per me, quello che avevamo fatto era stato dettato solo dalla passione e dal mio amore per lui. L'atto fisico, in fondo, non era proprio l'emblema dell'affetto spirituale? Beh, io amavo Adam, ormai non c'era più motivo di nasconderlo a nessuno e non c'era stato nulla di sbagliato in quella sera.
Eppure, eppure, eppure. Lei era sempre lì, in agguato, a sottolineare che, se io lo amavo ancora, non era detto che lui provava gli stessi sentimenti verso di me. Come avrei reagito se, una volta svegliatosi, mi avrebbe liquidata come l'ultima delle sgualdrine? Ne avrebbe avuto tutto il diritto, considerando i nostri trascorsi, ma io sapevo che Adam non era così, che non sarebbe mai stato così cattivo con me.
Più cercavo di convincere me stessa, meno le mie risposte sembravano soddisfacenti. Ma non volevo fissarmi con quell'idea, non se avesse significato rompere il mondo idilliaco che mi circondava da quando mi ero svegliata. Che senso aveva continuare a riempirsi la testa di ipotesi e paure, se potevo passare il mio tempo in modo migliore, ovvero ripercorrendo quello che era successo quella notte?
Mi sfuggii un risolino isterico, segno che non stavo convincendo nemmeno la parte più stupida del mio cervello, ma cercai di non pensarci, puntando di nuovo lo sguardo su Adam.
Fui presa da una specie di deja-vu, qualcosa come una visione, che mi mostrò una scena davanti ai miei occhi perfetta per quella situazione. Ero ritornata bambina e, seduta sul divano del mio soggiorno, stavo guardando con occhi luccicanti La Sirenetta, aspettando impaziente l'arrivo della prossima canzone per cantarla con Ariel.
Pensandoci con il senno di poi, dovevo ammettere che poteva sembrare surreale, ma non potei non immaginare Adam al posto di Eric, il bel principe che Ariel salva dalla tempesta in mare, proprio in quella scena in cui lei si accorge di esserne attratta.
Timidamente, seguendo il filo dei miei pensieri, mi alzai sui gomiti, scostandogli una ciocca ribelle dal viso e, sorridendo al ricordo, intonai a bassa voce le prime note di quella canzone.
"Come vorrei, stare qui con te
Cosa darei, per restarti accanto
Vorrei che tu potessi sorridermi
Mi porterai dove vorrai
E del tuo mondo parte farò
Accanto a te, sempre così, solo con te".
Certo, io non ero una sirena e Adam non era un principe, ma quelli erano solo dettagli. Ariel non poteva stare con Eric per la sua natura, il mio problema, invece, era il nostro passato e il timore che ancora ci divideva. Ma, nonostante tutto, sapevo che se solo me l'avesse chiesto, l'avrei seguito ovunque, anche all'inferno, solo per stargli accanto. Ed era questa consapevolezza che mi aveva spinto ad intraprendere quell'avventura, cercando di riconquistare quello che avevo perduto. Io volevo fare parte del suo mondo, volevo stargli vicino per il resto della mia vita ed era per questo che quella stupida vocina si sbagliava: se anche Adam aveva accettato di frequentarmi di nuovo, significava che qualcosa significavo per lui. E questo era abbastanza.
Lentamente mi abbassai sulle sue labbra, lasciandogli un leggero bacio a stampo.
"Quando accadrà, no, non lo so,
ma del tuo mondo parte farò.
Guarda e vedrai, che il sogno mio
Si avvererà". *
Gli sussurrai le ultime parole all'orecchio, accoccolandomi al suo fianco. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma non mi sarei arresa, avrei combattuto fino alla fine per prendere quello che desideravo con tutto il cuore.
Sentii Adam muoversi e mugugnare qualcosa e sperai con tutto il cuore di non averlo svegliato. Sarebbe stato imbarazzante spiatterlargli in faccia i miei sentimenti con una canzone della Disney, per quanto veritiera questa fosse. Chiusi gli occhi, fingendo di dormire e sobbalzai quando sentii il suo fiato caldo tra i miei capelli e il suo braccio arpionarmi il fianco, trascinandomi più vicina a lui.
"Non mi ricordavo di questa tua passione per i cartoni animati", sussurrò sul mio collo, lasciandomi un piccolo bacio. "E nemmeno di tutta questa insicurezza".
Abbozzai un sorriso, alzando lentamente le palpebre e incrociando i suoi occhi azzurri, ancora assonnati e stanchi, ma sempre bellissimi. "Sai com'è, in mancanza di materia prima".
"Per quello ci sono i porno", mi fece notare sbadigliando.
"E per astinenza da amore ci sono i personaggi dei cartoni", ribattei, arrossendo. Non mi piaceva mentire, ma avrei taciuto il mio incontro con siti internet di dubbio gusto. Insomma, ero una persona adulta e consenziente, con dei bisogni fisici insaziabili dalla Disney ed era perfettamente normale sfogarsi da soli, l'unico problema era il mio grande imbarazzo in merito, tale che mi aveva costretta a tenere questo piccolo segreto anche con Austin. Se l'avessi detto ad Adam, che ci sguazzava ogni giorno in questo genere di cose, non avrebbe fatto altro che punzecchiarmi fino alla fine dei miei giorni.
"Mmh", mugugnò, continuando ad accarezzarmi il collo e la mandibola con la punta del naso. Ero praticamente sovrastata dal suo corpo, ma non mi dava fastidio, al contrario, mi trasmetteva un senso di appartenenza immenso e potente. "Non ne hai più bisogno, adesso", sussurrò, lasciando una scia bollente su tutta la clavicola con la lingua.
Sobbalzai a quel passaggio e mi trovai ad ansimare quando la sua mano sparì sotto le coperte e trovò immediatamente il mio seno nudo. Per un attimo maledii la mia pigrizia, che la sera prima mi aveva impedito di alzarmi e indossare almeno il reggiseno e le mutande, finite chissà dove in quella stanza. Quel sentimento di disappunto scomparve in un attimo, però, aiutato anche dalle carezze di Adam che, lentamente, si stavano facendo sempre più profonde e urgenti, così come i suoi baci che avevano riempito tutto il mio collo e il viso.
Voltai la faccia verso di lui e incontrai subito le sue labbra, iniziando un bacio come si deve e perdendomi tra le carezze della sua lingua e delle sue mani.
Scostando velocemente le coperte, Adam si mise a cavalcioni su di me, strusciando la sua erezione stretta nei boxer sulla mia intimità e facendomi gemere sulla sua bocca.
Chiusi gli occhi e lasciai scivolare le mani sulla sua schiena, incontrando subito l'elastico dei boxer e sfilandoglieli in fretta. Non m'interessava la dolcezza, i lunghi momenti preliminari o qualunque altra cosa che potesse staccarmi da lui e allontanarmi dal momento di piacere che agognavo sempre di più. Volevo solo sentirlo. E amarlo.
Adam sembrò comprendere il mio desiderio perché, pochi minuti dopo, era già dentro di me, mentre le sue labbra non smettevano un attimo di percorrere il mio corpo in fiamme.
Da quel momento spensi ogni connessione con il mondo esterno, preoccupandomi solo di me stessa, di Adam e del piacere che stavamo condividendo dopo anni di lontananza. Non sapevo cosa sarebbe successo dopo, ma non avevo nemmeno voglia di pensarci, non se la mia mente era invasa dal suo profumo, le mie orecchie dai suoi gemiti e la mia bocca dalla sua.
Per il momento c'era solo quello, ed era più che sufficente.

***

"Quindi si può dire: tutto è bene quel che finisce bene", commentò il Dottor Klant con un sorriso, incrociando le dita compiaciuto.
"Sì, beh... diciamo che è più un inizio", mormorai, arrossendo al ricordo di quello che era successo qualche giorno prima. Sembrava così surreale, pensandoci, eppure era tutto vero e stava succedendo a me.
"Shakespeare ha sempre il suo fascino", disse scrollando le spalle, senza smettere di piegare gli angoli della bocca in quella smorfia così soddisfatta. Insomma, potevo capire la sua felicità nel sapere che il motivo della mia presenza lì era tornato a far parte della mia vita, ma tutto quell'entusiasmo era eccessivo, se si pensava che Mr Klant conosceva ogni parte di me e del mio passato. "In ogni caso", continuò. "È arrivata al suo obiettivo, o mi sbaglio?".
"No, non si sbaglia", affermai sicura. "Ho combattuto tanto per averlo di nuovo al mio fianco e sapere che anche per lui sono ancora vivi gli stessi sentimenti di cinque anni fa è meraviglioso".
"Ne avete parlato?".
"Certamente. È stato così dolce, quella mattina. Ho sempre sognato di sentirmi dire certe parole, sa?", domandai retorica, sorridendo come un'ebete. Sapevo di dovermi controllare, ma i ricordi erano ancora così vividi che pensarci era quasi una magia, come se accadesse tutto una seconda, una terza, o una ventesima volta.
"Non so cosa succederà, Amanda. So solo che i miei sentimenti verso di te non sono cambiati. E solo Dio sa quanto ho desiderato che accadesse il contrario, in questi anni. Se avessi imparato ad odiarti, sarebbe stato tutto più semplice. Ma vallo a dire a quel cretino del mio cuore che non doveva innamorarsi un'altra volta di te".
Quelle frasi risuonarono nella mia mente, quasi rimbombando. E, come se stessi rivivendo quella scena, non potei fare a meno di sorridere, sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi. Con quelle parole, la stupida vocina si era dissolta, scomparendo con un eco lontano nei meandri della mia coscenza e lasciandomi con la consapevolezza di non essere l'unica a volere di nuovo quel rapporto. Non mi aveva detto quelle tre parole, ma non mi servivano: erano bastati i suoi occhi azzurri e sinceri per rassicurarmi.
"Spero che quelle siano lacrime di felicità", commentò Mr Klant, distogliendomi dai miei pensieri e continuando a guardarmi pazientemente in faccia, come faceva durante ogni seduta.
Le asciugai in fretta con la manica della camica, annuendo con vigore. "Sono felice, davvero".
"Ne sono certo. Le brillano gli occhi, sa? E anche al suo fidanzato", aggiunse.
"Sarà difficile dimenticare quello che è successo, anzi, non riusciremo mai a cancellarlo dalla nostra memoria. Ma forse sarà proprio questo a spingerci a credere in noi ancora di più", pensai ad alta voce, vedendo il Dottore annuire.
"Un passo alla volta, se lo ricordi".
"Non me lo dimenticherò, glielo assicuro", affermai certa delle mie parole.
"E con l'altro ragazzo, come va?", mi chiese poi con un tono gentile e quasi colloquiale. Ogni volta che parlavo con lui mi sembrava di avere davanti un vecchio amico o un padre, qualcuno con cui era facile confidarsi e mostrarsi per quella che ero.
Capii subito a chi si riferisse e sorrisi. "Austin", dissi, come per ricordare il nome ad entrambi. "Io credo che sia un angelo, sa? È sempre stato così buono con me, sempre pronto ad amarmi e a confortarmi. Ha anche deciso di rompere la nostra relazione per permettermi di essere felice, se ne rende conto?".
"È stato un gesto molto altruista. Ma questo sottolinea solo quanto questo ragazzo tenesse a lei".
"Lo so. E gliene sarò sempre grata".
"Sono certo che rimarrete buoni amici a lungo. Una persona come lei non si dimentica, Amanda, e il fatto che entrambi questi uomini si siano messi in gioco per il suo amore dimostra che lei vale molto".
"Io credo solo che entrambi si siano innamorati della persona sbagliata. Non mi sto sminuendo", mi affrettai a dire, incontrando il suo sguardo corrucciato. "Ma ci pensi! Entrambi hanno sofferto molto per colpa mia e non so con chi mi sono comportata peggio".
"Sa meglio di me che autoconvincersi in questo modo è deleterio, oltre che sbagliato", mi sgridò.
"Lo so", lo rassicurai. "E non mi pento di averli amati e nemmeno di averli conosciuti. Sto solo dicendo che, come loro sono stati sfurtunati ad incrociare il mio cammino, io ho avuto una grande fortuna a capitare sul loro".
"Non si tratta di sfortuna o fortuna, è semplicemente il corso degli eventi che l'ha portata lì".
"Già, può essere", mormorai poco convinta.
"Volevo porle un'altra domanda", intervenne dopo qualche minuto di silenzio. Alzai la testa alle sue parole e incrociai i suoi occhi, annuendo piano. "So che non vuole parlarne, ma invece credo che le farebbe bene. Ha discusso col suo fidanzato sulla questione del bambino?".
Io mi irrigidii, dandogli immediatamente ragione. Odiavo ricordare quello che era successo e le poche volte che l'argomento era uscito con Adam ci eravamo ritrovati a litigare. "Più o meno", dissi quindi.
"Non la voglio costringere a dirmi cose che le fanno male", mi rassicurò, intuendo il mio stato d'animo dall'indecisione della mia voce. "Volevo solo farle notare che il tempo sta passando e, lungi dal passare per indelicato, ma ormai ha quasi trent'anni e, se questa relazione durerà, arriverà anche il tempo di figli e matrimoni. Sto parlando a lungo termine, ovviamente".
"Io... io probabilmente non potrò avere figli", mormorai dopo qualche secondo, abbassando lo sguardo. "Ma, se la domanda era questa, sì, vorrei passare il resto della mia vita con Adam".
"Ho letto la sua cartella, Amanda, e non c'è scritto da nessuna parte che lei non potrà avere dei bambini, in futuro".
"Poterlo fare fisicamente non dice che io lo voglia", commentai asciutta. Mi stavo innervosendo, non volevo parlare di quell'argomento e Mr Klant lo sapeva bene. Allora perché continuava ad insistere?
"C'è una bella differenza tra non volere e non potere".
"Allora non lo voglio", sbottai.
"Perché?", mi chiese subito, incrociando le braccia al petto e guardandomi serio.
Esitai un attimo a rispondere. Perché non volevo avere figli? "Non potrei sopportare di perdere un altro bambino", sussurrai.
"Solo questo?".
"Credo di sì. In fondo, se ho già avuto un ab... un aborto", continuai, deglutendo rumorosamente. "non è escluso che io ne possa avere altri. E questo mi spaventa".
"Solo questo?", mi chiese di nuovo.
Io lo guardai negli occhi, confusa. Cosa voleva che dicessi?
"Non ha paura di perdere ancora Adam?", mi chiese e rimasi a fissarlo inebetita, con la bocca aperta. Era la prima volta che diceva il suo nome, ma forse era stato quello a fare scattare la molla dentro di me e a farmi rendere conto che, effettivamente, il mio terrore più grande era un altro abbandono per colpa di un altro figlio. Quello non avrei proprio potuto sopportarlo.
"Sì", sussurrai. "Nessuno mi assicura che non reagirebbe nello stesso modo e, sinceramente, preferisco non avere figli che soffrire come prima".
"E se fosse lui a chiederle di avere dei bambini?".
"Non lo so", sbottai nervosa. "Non so come reagirei, va bene? Probabilmente all'inizio rifiuterei, ma poi ci proverei per accontentarlo".
"Non sarebbe un figlio voluto, allora".
"Senta, perché dobbiamo parlarne adesso?", esclamai, facendo una smorfia di disappunto e alzandomi in piedi, nonostante mancassero ancora dieci minuti alla fine dell'appuntamento.
"Perché si tratta del suo futuro", rispose semplicemente.
"Appunto, futuro", ribattei. "Io vivo nel presente, adesso".
Mr Klant mi guardò negli occhi per un attimo, rimanendo in silenzio. Poi si aprì in un sorriso. "Perfetto. Allora ci vediamo tra un mese", mi salutò, alzandosi e aprendomi la porta velocemente.
Confusa, infilai la giacca e afferrai la borsa, seguendolo fuori dallo studio. "Arrivederci", mormorai, un po' imbarazzata per avere reagito in modo così esagerato.
"Ah, Amanda", mi richiamò, prima che schiacciassi il tasto dell'ascensore. "Si ricordi che il futuro non è mai troppo lontano", disse, lanciandomi un'occhiata enigmatica e chiudendosi la porta dell'ufficio alle spalle.
Restai un attimo ferma, con la mano alzata e il dito davanti al pulsanre dell'ascensore.
E quelle parole, alle mie orecchie, suonarono più come una minaccia che come un semplice dato di fatto.



* "Come vorrei"- La Sirenetta, Disney -->
https://www.youtube.com/watch?v=i06xkkornF8



Salve genteeee
Sono sopravvissuta a un'altra settimana infernale e mi preparo ad affrontane un'altra. Però non mi dimentico di voi e nei momenti di pausa riesco sempre a prendere in mano questa storia che piano piano sta prendendo forma oltre che nella mia mente anche sul computer.
Che dire di questo capitolo? Credo che la prima parte si spieghi da se. Amanda è sempre stata insicura e tutta questa situazione priva di certezze l'ha messa in crisi. Cedere poi ai suoi istinti ha peggiorato le cose, perché si è accorta che ormai è troppo tardi per tornare indietro, che il suo amore per Adam è ancora grande e forte. Così decide di "vivere alla giornata", di accettare quello che accadrà senza rimorsi e tenere nel cuore quello che è successo. Nella seconda parte, però, si spiegano molte altre cose, oltre al rinnovato rapporto tra lei ed Adam, tra cui Austin e il bambino. Quest'ultimo è un argomento tabù per Amanda, ma prima di quando creda si troverà a doverlo affrontare di nuovo, come ha predetto il caro veggente psicologo.
Bene, ringrazio di cuore tutti quelli che leggono e mettono questa storia in una lista, in particolare chi mi segue dall'inizio di quest'avventura.
Vi lascio con un piccolo spoiler e scappo a studiare psicologia.
Baci
mikchan


SPOILER...
Capitolo tredici: OH, SHIT!
[...] "Bene", disse dopo qualche minuto. "Ho un proposta da farvi. Come ogni anno, le più grandi case editrici mondiali si ritrovano tutte assieme e, tra convegni e interviste, ci sono molte informazione che interessano anche a noi, pur non essendo né un giornale di gossip né una rivista sui libri. Quest'anno l'incontro sarà in Norvegia, dal cinque al dieci aprile, quindi tra poco più di due settimane, e la redazione pagherà il viaggio e l'alloggio a due giornalisti per un soggiorno di cinque giorni, ovvero tutta la durata del meeting, proprio ad Oslo. [...]
  
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