Fanfic su artisti musicali > Green Day
Segui la storia  |       
Autore: Fauna96    17/11/2013    2 recensioni
La storia di Jimmy, Gloria e Christian: tre anime inquiete che cercano di sopravvivere nel mondo, legate da un solo destino.
Dal prologo: "Jimmy si morse il labbro. Non era giusto. A nessuno importava di lui, solo perché aveva dieci anni!
Salì di corsa le scale, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Che aveva fatto di male per essere trattato come un poppante? Sì, non era ancora adulto, ma non era nemmeno uno stupido moccioso!
- Jimmy -.
Sua sorella Gloria lo guardava dalla porta della camera, infagottata in un pigiama rosa. – Che è successo? -
***
Christian si asciugò le lacrime e cercò di guardare fuori dal finestrino: il quartiere industriale dove era nato e cresciuto era sparito; si accorse con stupore che stavano attraversando la strada del centro di Detroit. Ma dove erano diretti? Davanti a lui sfilavano palazzi e case di ogni forma, macchine, persone affaccendate che camminavano sui marciapiedi.
Finalmente giunsero a destinazione. Christian scese dalla macchina e osservò l’edificio che aveva davanti: somigliava a una scuola.
- Perché ci hanno portati qui? – chiese. Nessuno dei suoi fratelli rispose."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christian, Gloria, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Extraordinary girl

4 Luglio 2004
Nata e cresciuta tra i bassifondi di Los Angeles, Whatsername non aveva mai avuto grandi possibilità di scelta. Sua madre era una delle donne di un piccolo boss e lei aveva sempre dato per scontato che suo padre fosse lui. Tuttavia lo vedeva solo da lontano e non gli rivolse mai la parola, anche se ogni tanto sua madre tornava a casa con vestitini sfarzosi e bambole meravigliose. Prima ancora che compisse dodici anni, però, il destino, o meglio, qualche gang rivale aveva lasciato riverso su un marciapiede in una pozza di sangue quel padre evanescente; e le due donne avevano perso il loro protettore e la loro sicurezza.
Whatsername, rispetto alle molte altre ragazzine che vivevano lì, era stata una privilegiata: era andata a scuola regolarmente e nonostante fosse piuttosto graziosa non aveva ricevuto attenzioni pericolose da parte di nessuno. Quando suo padre morì, la madre decise di dare fondo ai suoi risparmi e con quelli mandò la ragazza in un collegio, il più lontano possibile. La sua speranza era di vedere la figlia distante da quel mondo, con una vita più serena, felice.
Ma se c’era un aggettivo che non si addiceva a Whatsername era proprio “serena”. Irrequieta, ribelle verso le regole della scuola, lei che era abituata ad andare e venire come le pareva, si trovò subito a disagio lì. Forse era anche la cognizione della sua diversità: le sue compagne, sebbene non particolarmente ricche, erano indubbiamente borghesi. Lei no, e non riusciva a passare sopra quel confine che le divideva. Tuttavia, si sentiva inquieta anche verso quella che aveva sempre considerato come casa sua. Vedeva il disagio, vedeva le sue amiche costrette a prostituirsi per dar da mangiare ai fratellini, e ragazzini che spacciavano con un pistola più grande di loro sotto la maglietta. Perché nessuno si interessava a loro? Le autorità non sapevano che sotto i loro talloni vivevano e soffrivano poveri disgraziati?
Durante le vacanze stive del suo quattordicesimo anno, conobbe Mark, un giovane punk che viveva in un appartamento cadente nel suo stesso quartiere. Si innamorarono e senza pensarci due volte, Whatsername se ne andò via con lui. Fu Mark a far nascere in lei quella voglia di cambiare il mondo, a farla diventare una piccola rivoluzionaria come lo era lui.
- Pensavamo di essere liberi, e in effetti era così. Viaggiavamo, vivevamo alla giornata – Whatsername sospirò. – Durò più di un anno quella vita... poi successe quel che doveva succedere -.
Avevano preso parte a una grande manifestazione, addirittura di fronte alla Casa Bianca. Come sempre, avrebbe dovuto essere pacifica, ma presto saltarono fuori sia armi di fortuna come mattoni, stanghe, sia coltelli e bombe carta. La polizia agì, e finì in un bagno di sangue. Whatsername si ruppe un paio di costole e si procurò un trauma cranico. Quando riprese i sensi, era distesa in un letto d’ospedale, sola, anche se non per molto: prima di riuscire a connettere il cervello, entrò un giovane sconosciuto. Disse di chiamarsi Victor Whane, era un poliziotto e l’aveva raccolta lui dalla strada. Lei gli domandò ansiosamente di Mark, glielo descrisse, ma Victor scosse la testa, dicendole di non averlo mai visto. In ogni caso, le promise di cercarlo, in quell’ospedale come negli altri; lei lo pregò anche di spargere la voce della propria permanenza lì: magari Mark era stato ferito in modo lieve e la stava cercando per la città.
Quando Whatsername venne dimessa dall’ospedale, ovvero due settimane dopo, di Mark ancora nessuna traccia. Victor non aveva il coraggio di dirle quel che pensava, cioè che molto probabilmente il giovane era uno dei tanti corpi che erano rimasti distesi a lungo davanti alla Casa Bianca. Whatsername dentro al cuore lo sapeva, ma nel suo sfrenato ottimismo di ragazzina continuava a sperare disperatamente che lui rispuntasse fuori da qualche parte.
La prima reazione di Victor, quando la accompagnò fuori dall’ospedale e vide la sua aria sperduta, fu di portarla a casa propria, prepararle una tazza di cioccolata calda e metterla a letto rimboccandole le coperte. Tuttavia, il suo lato poliziesco e ligio al dovere prevalse e le chiese innanzitutto dove fossero i suoi genitori, dato che pareva proprio scappata di casa.
- Ma io non volevo tornare a casa. Sinceramente, mi vergognavo a tornare da mia madre dopo che me n’ero andata senza quasi salutarla... dopo tutti i sacrifici che lei aveva fatto per me – Tuttavia Victor, incredibilmente, la convinse. Con dolcezza e perseveranza, alla fine riuscì a metterla su un treno in partenza per la California, anzi, la accompagnò personalmente fino al suo vecchio quartiere.
- Diceva di volermi vedere entrare in casa mia, da mia madre, così si sarebbe sentito più tranquillo. E, be’, in casa ci entrai. Solo che mia madre non c’era più. C’era una famiglia ed erano mesi ormai che abitavano lì. Non sapevano nulla di mia madre: cercavano una casa e l’avevano trovata, punto. Nessuno si fa mai troppe domande in quartieri come quello. –
Non sapeva più che fare, Whatsername. Non aveva più nessuno, una casa o amici. In effetti, l’unico che poteva aiutarla era Victor, ma lei aveva sempre odiato essere di peso agli altri. E poi, con che scusa poteva ospitarla? Non poteva certo portarsi  in casa una ragazzina come se niente fosse, proprio lui, un poliziotto. Però il padre della famiglia, probabilmente mosso a compassione, si offrì di ospitare Whatsername, almeno finché non si fosse trovata una sistemazione. Whatsername era molto grata, ma odiava con tutto il cuore il fatto di dipendere dalla pietà di altre persone, sconosciute per di più. Accettò solo perché altrimenti sarebbe morta di fame e per rassicurare Victor, che le lasciò anche il proprio numero di telefono e le raccomandò di chiamarlo per qualsiasi cosa. Ma in quella casa (la sua casa, dopotutto) non restò più di qualche giorno, giusto il tempo di raccogliere le idee e progettare qualcosa. In realtà non progettò un bel niente, ma se ne andò ugualmente così com’era arrivata, senza riflettere troppo. Aveva pensato di poter continuare la sua vita vagabonda, ma una ragazzina sola, senza soldi, senza nessuno non poteva fare tanta strada.
- Non è che non capissi la condizione in cui ero. Ma aveva bisogno di fare qualcosa. Di sperare in qualcosa. Per farla breve... mi trovarono mezza morta di fame e freddo. Gli uomini del mio protettore – si strinse nelle spalle. – Sono brave persone. Non obbligano nessuna delle ragazze, sono giusti e non hanno mai toccato una di noi. Io posso viaggiare e concilio i miei due... lavori, se si può chiamarli così -.
Jimmy aveva ascoltato in silenzio se non per qualche rara domanda, incuriosito, dispiaciuto e ammirato dalla forza d’animo della ragazza. Cazzo... invece di piagnucolare sulla sua vita, avrebbe dovuto ringraziare in ginocchio...
- Ora.. tu forse mi giudicherai una... non so nemmeno come definirmi, ma io non voglio che il mio ragazzo, la persona che amo, debba dividere il mio corpo con sconosciuti. Io... voglio donarmi con tutta me stessa a chi amo. Ma non posso -.
Jimmy esitò, poi si piegò in avanti ad afferrarle le mani. – A me non importa! Io... mi accontenterei di un posticino nel tuo cuore... un sorriso, un bacio... Nulla di più, credimi. Mi basterebbe anche solo poterti vedere, vedere e basta. Non so come tu faccia, e forse ti sembrerà una stronzata visto che ci conosciamo da poco... ma tu mi fai essere qualcuno che non sono più da tempo. Per cui, ti prego, non mi mandare via. Non mandarmi di nuovo da... lui -.
- Lui? – Whatsername gli posò esitante una mano sul viso. La guancia era leggermente ruvida di barba appena accennata.
- Lui... St Jimmy – Era la prima volta che parlava con qualcuno del Santo. Anche perché, che cosa poteva dire di lui? “Penso che sia la mia parte oscura, quindi è solo la mia immaginazione, oppure sto diventando schizofrenico...” Le persone gli sarebbero scoppiate a ridere in faccia, oppure gli avrebbero consigliato un buon psichiatra. E poi, non c’era nessuno di cui si fidasse davvero... Be’, per essere sinceri, Tunny si era rivelato un buon amico, leale e sincero, che non faceva troppe domande ma al contempo si preoccupava se lo vedeva strano o scazzato. Ma erano uomini, dopotutto: non si facevano confidenze la sera prima di andare a dormire come ragazzine, anche perché erano sempre troppo ubriachi per mettere insieme qualche parola di senso compiuto. E forse Jimmy provava anche un senso di vergogna a parlare dei suoi problemi, piccoli o grandi che fossero; anni prima, era Dan che raccoglieva i pensieri del ragazzino ancora insicuro, che lo ascoltava, pur prendendolo in giro. E c’era Gloria, che anche se piccola, non era affatto stupida e capiva molte più cose di tutte le teste di cazzo di Jingletown messe assieme.
E Whatsername... Whatsername avrebbe capito? O l’avrebbe trattato come un bambino che si crea un mondo immaginario per sfuggire ai problemi?
- Non so esattamente chi o cosa sia... potrebbe essere un diavolo, se ci credi, o potrei essere semplicemente impazzito e immaginarmi tutto... Lui... mi aiuta, in qualche modo. Ma non so se sia il modo giusto -.
Whatsername sbatté le palpebre e inclinò il capo di lato come per riflettere. – Ti fa paura – disse piano. Non era una domanda. Jimmy la fissò senza parlare.
- Ti fa paura – ripeté lei aggrottando la fronte. – E’ chiaro che ti fa paura. Eppure non vuoi staccarti da lui, qualunque cosa sia. Perché? –
Jimmy non l’aveva mai vista in questi termini. Non aveva mai riflettuto sullo strano, morboso filo che univa lui al Santo.
- Perché... be’, perché sono solo. E lui... lui mi dà conforto. Può essere un conforto sbagliato ma è già qualcosa -.
- Tu non sei solo, Jimmy. Lo sei solo se vuoi esserlo -.
- Ci sto provando a non esserlo più... – la guardò dritto negli occhi e lei abbassò il capo come una bambina.
- Non posso, Jimmy. Sono così... sporca che non posso. Tu non capisci... arrivi a un certo punto che hai paura e ribrezzo del sesso... Io non so se riuscirò ad amare come prima -.
A quel punto Jimmy fece la cosa migliore e al tempo stesso, la più stupida che potesse fare, almeno a suo parere: l’afferrò per le spalle e disse serio: - Provaci – e la baciò.
E fu dolce oblio; esistevano solo loro due, le loro labbra, il respiro che accelerava. Jimmy la strinse a sé, sentì il petto di lei contro il suo, le mani da bambina che gli accarezzavano il viso, il collo, le spalle.
Erano secoli che non provava quelle sensazioni durante un bacio: il cuore impazzito, le labbra ardenti, il vuoto nel cervello.
Si ritrovò improvvisamente tra le lenzuola morbide di un lettino, mentre spingeva Whatsername sotto di lui e le sfilava la maglietta. La baciò ancora e ancora, godendosi il suo sapore, mordendole le labbra morbide. Si strinse a lei con tutta la forza che aveva, aggrappandosi alla sua pelle calda, alle sue carezze, alla sua voce che bisbigliava parole che non capiva ma che gli scendevano dolci giù per la schiena. Si aggrappò a lei perché solo così poteva salvarsi dall’abisso.
 
Riaprì gli occhi diversi ore dopo, il viso premuto contro la sua schiena, i loro corpi allacciati. Respirò profondamente; da quanto tempo era che non si sentiva così... così leggero, sereno... felice? Non riusciva nemmeno a ricordarselo. Chiuse di nuovo gli occhi, pregando di restare così per sempre, che quel momento si cristallizzasse nell’eternità...
- Jesus –
Il sangue smise di scorrere, un groppo gli chiuse la gola. Non poteva essere...
- So che mi hai sentito. Girati e guardami in faccia, coglione -.
Molto lentamente sciolse la presa dalla vita di Whatsername e si voltò. Eccolo lì, il bastardo.
- Che cazzo vuoi? – sibilò, attento a non svegliare la ragazza.
- Che cazzo voglio, Jesus? Ottima domanda – gli sorrise sardonico. – o forse volevi dire che cazzo vuoi tu, Jesus? Vuoi lei? – indicò con un cenno del capo Whatsername. – Non puoi averla. Lo sai che non sarà mai tua, non è tipo da farsi mettere delle catene. Vuoi una vita senza pensieri? Allora hai un motivo in più per non tenere la ragazza. Scegli tu. Ma scegli. Scegli in quale mondo vuoi vivere -.
 
Quando Whatsername si svegliò, era solo nel suo lettino. Se n’era andato dunque... forse era meglio così. Ma... la sua giacca era ancora lì e così gli anfibi. Sentì poi lo scroscio dell’acqua nel bagno. Non se n’era andato.
Si sentì sollevata, felice quasi, solo per un istante, poi la realtà le crollò addosso: si era innamorata di nuovo. Proprio quello che aveva promesso di non fare mai più.
Whatsername si rannicchiò con la testa sulle ginocchia e pianse; se lacrime di gioia, dolore o rabbia, non lo sapeva neppure lei.
 

Buonsalve popolo verde! Devo dire che sono piuttosto soddisfatta di questo capitolo... mi è piaciuto molto scrivere la storia di Whatsername, anche se gliene ho tirate dietro un bel po’, povera u.u Allora... la faccenda è che in realtà Whatsername ha paura di amare di nuovo; lei forse non se ne rende conto, ma Jim in un certo senso sì e vorrebbe aiutarla, anche se in effetti anche a lui farebbe comodo una mano... Lasciatemi un commentino se vi va, come ha fatto SweetRevengeMCR (grazie cara) xD Alla prossima ;)
 
PUBBLICITA’ *siccome siamo in tempo di crisi, l’autrice si è dovuta piegare al Potente*
Stanco di essere bistrattato dai compagni? Stufo di essere tiranneggiato dai genitori? Hai le scatole piene di essere una pappamolle? Abbiamo ciò che fa per te!
Chiama il numero verde 333 131313 e riceverai immediatamente il tuo St Jimmy a casa! St Jimmy ti farà diventare un vero ribelle e tirerà fuori il tuo lato oscuro! Dovrai pagare solo le modiche spese di spedizione: St Jimmy chiede solo vitto e alloggio! (inclusa una dose standard giornaliera di sigarette, ramen ed eventuali sostanze stupefacenti).
Attenzione: la presenza di St Jimmy potrebbe causare: distruzione di stanze e/o edifici, genitori e/o vicini incazzati, denunce e/o arresti da parte delle autorità competenti.
Per lamentele e/o eventuali rimborsi rivolgersi al nostro ufficio reclami e chiedere della signorina Franca.
Chiama subito per ricevere il tuo St Jimmy: se sei tra i primi 100, riceverai in omaggio u nuovissimo set di borchie! CHIAMA ORA!
 
Ditta Giorni Verdi, Jingletown, CA, USA
Presidente: Guglielmo Giuseppe Fortebraccio
Vice Presidente: Michele Rino Suonodibasso Dirnt
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: Fauna96