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Autore: Klerey    20/11/2013    1 recensioni
[Skyrim]
[Skyrim][Skyrim]Tutto ciò che Talia conosce di sè sono il suo nome e una vaga indicazione del villaggio dove sua madre la diede alla luce. Una volta cresciuta viene improvvisamente colta da un'inspiegabile quanto intenso desiderio di scoprire le sue origini, la sua patria da cui per volontà della madre si è sempre tenuta lontana. Nella fredda ed inospitale terra di Skyrim Talia troverà molto più di quanto stesse cercando ... flebili risposte che generano altre domande sempre più complesse in un intricato gioco di bugie, indagini e profezie. Profezie che parlano del Sangue di Drago, il salvatore di Skyrim destinato a sconfiggere il possente drago Alduin e salvare così il mondo dalla distruzione. A questo destino la madre di Talia ha sempre cercato di sottrarla ma per quale motivo? E' veramente questo il destino che i Divini hanno scelto per il Sangue di Drago? O dietro questa profezia si celava qualche segreto più oscuro e profondo ... uno di cui nemmeno il Sangue di Drago doveva essere a conoscenza?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2
Ritrovarsi

Balzai giù da cavallo appena in tempo per schivare la freccia. Spinsi via Ally dalla strada ed estrassi l’ascia spostandomi verso l’alto del pendio per cercare di individuare l’arciere.
Un’altra freccia venne scoccata alle mie spalle ma la corazza d’acciaio la fermò. Non erano frecce da combattimento, altrimenti mi avrebbe uccisa. Non poteva essere lo stesso tiratore. Le cose si mettevano male, dovevo trovarli in fretta prima che la mia fortuna si esaurisse.
Con un turbinio di pensieri nella mente cominciai a guardarmi attorno alla ricerca di un riparo adeguato e imprecai sonoramente quando realizzai che la strada era completamente sgombra se non per alcuni massi troppo bassi per offrirmi una benché minima copertura.
La terza freccia centrò il bersaglio. Si conficcò tra lo spazio tra le placche che dividevano il busto in acciaio dalla copertura della spalla destra. Potevano anche non essere ben attrezzati ma sapevano come usare un arco. Anche troppo bene, per i miei gusti.
Ma stavolta l’arciere aveva commesso un errore, l’avevo intravisto tra i cespugli alla mia destra. Era il momento di scoprire chi era davvero il miglior tiratore. Lasciai cadere l’ascia ed estrassi l’arco gettandomi al riparo di una bassa roccia. Anche accucciata rimanevo un bersaglio facile, avrei avuto una sola possibilità. Tesi al massimo la corda e mi concentrai.

Il dolore alla spalla svanì,  i miei occhi setacciarono i cespugli, il mio orecchio si tese a captare ogni minimo suono. Esisteva solo la caccia, solo io e la preda.
Non la vidi e non la sentii, la percepii. I miei polmoni si riempirono d’aria mentre tendevo la corda al massimo. Scoccai. Centrai il bersaglio. Fatalmente.
Sentendo rumore di passi alle mie spalle mi girai appena in tempo per parare il fendente di una spada con il manico della mia ascia. Non seppi per quale miracolo l’avessi recuperata così in fretta. Il fendente era calato con forza e mi sbilanciò pericolosamente costringendomi a piegarmi su un ginocchio per non perdere la presa sulla mia arma già compromessa dalla ferita alla spalla che cominciava a pulsare dolorosamente.
Dovevo uscire da lì o mi avrebbe soprafatta. Feci forza sulle braccia ignorando il dolore e riuscii ad alzarmi quel tanto che bastava per spingerlo via.
Un rumore di zoccoli al galoppo mi fece voltare pronta ad affrontare una nuova minaccia. Ma feci solo in tempo a gettarmi a terra per schivare un pugnale che mi oltrepassò andando a conficcarsi dritto nel cuore del mio aggressore. Poco dopo una mano si tese verso di me per farmi alzare ed io l’afferrai sentendo un caldo e soffice pelo ricoprirne le dita.
Allora capii. Alzando lo sguardo mi ritrovai davanti proprio quel muso felino di Kar’At contratto in un sorriso compiaciuto e divertito di fronte alla mia espressione a dir poco sorpresa.

“Kar’At, che ci fai qui?” gli chiesi con tono sorpreso.
Alla mia domanda il khajiit assunse un’espressione leggermente contrariata.
“Beh, nemmeno un ringraziamento per averti salvato la vita?”
“Me la sarei cavata benissimo. Ma grazie comunque.” ribattei con una punta di gelo nella voce.
Lui sorrise e si diresse verso il bandito che aveva pugnalato.
"Stai peccando di orgoglio. Guarda cosa stava per estrarre.” Si voltò e mi mostrò un corto pugnale seghettato di ottima fattura, la lama luccicante di veleno.
“Se tu ti fossi avvicinata per colpirlo avrebbe sicuramente fatto in tempo ad usarlo.”
Ora sì che ero decisamente stupita. Lui se ne accorse e il suo sorriso si fece sempre più divertito.
“Che succede? Mi stai guardando in un modo …”
“Tu mi hai appena salvato la vita.”
Kar’At distolse lo sguardo e si portò la mano dietro al collo massaggiandoselo con aria imbarazzata.
“Beh, io … te lo dovevo, perciò … diciamo che con questo siamo pari.”
Poi il suo sguardo si fece accigliato, mi girò intorno e sussultò alla vista della freccia conficcata nella mia spalla.
“Maledetti bastardi!” commentò mentre mi faceva sedere per poterla esaminare meglio.
“Non so assolutamente cosa fare. Ma di certo non possiamo lasciarla lì.” Mormorò con tono alterato.
“Calmati, so io cosa fare. Dovrai estrarre tu la freccia.” A quelle parole si voltò e mi guardò con un’espressione mezza inebetita. Gli sorrisi per rassicurarlo.
“Lo farei io se potessi. Vedrai che te la caverai benissimo.” Staccai la spalliera dell’armatura per permettergli di estrarre la freccia.
“Ascoltami, metti una mano sulla spalla e fai pressione.” Lui eseguì, potevo sentire i suoi respiri lunghi e profondi sul mio collo mentre si preparava.
“Adesso tirala fuori con l’altra mano. Non esitare, un solo strattone.” Lui esitò, la mano strinse la freccia ma non osò tirare. A quel punto mi voltai per poterlo guardare in faccia. Kar’At se ne stava fermo immobile con gli occhi chiusi, il respiro tremante.
“Guardami, Kar’At.” Lui aprì gli occhi e un moto di sorpresa gli attraversò lo sguardo: non si aspettava di vedermi in volto un’espressione così. Io mi fidavo di lui, era questo che gli stavo dicendo.
Bastò. Sentii la carne che si lacerava quando la freccia venne estratta ma il dolore non fu eccessivo. Kar’At prese una benda dal mio zaino e fasciò subito la ferita alla meno peggio. Poi si alzò e un sorriso trionfante gli illuminò il viso.
“Ce l’ho fatta.” Il tono era quasi incredulo. Sorrisi a quelle parole e lo ringraziai.
“Ora direi che sono io a doverti un favore.”
“No, non direi. Devo ancora restituirti questo.”
Si sfilò il mio medaglione dal collo e me lo porse.
“Te l’eri dimenticato.” commentò con una mezza risata.
“No. Non è così.” risposi io riprendendolo. Era una bella sensazione riaverlo di nuovo al collo ma dopotutto glielo avevo lasciato per un motivo: volevo che non considerasse tutti i Nord di Skyrim come barbari rozzi dalla testa dura.
Eppure non ritenevo credibile che fosse tornato indietro solo per restituirmelo.

“C’è anche dell’altro, dico bene?”
Il viso del khajiit si illuminò ancora di più.
“Hai ragione. In realtà sono qui per … unirmi a te.”
Ero sicura di aver capito male: non poteva dire sul serio. Eppure la sua espressione era assolutamente seria, non stava scherzando. Sapevo di dover rifiutare: non erano cose adatte ad un ragazzino quello che stavo per affrontare.
“Senti Kar’At, tu non ti rendi conto di quanto pericoloso sia viaggiare con me. Insomma, guarda cosa è appena successo. Anche se non so perché, ho assassini e mercenari alle calcagna e ti assicuro che non ti risparmierebbero solo perché sei un ragazzo.”
Le pupille verticali del khajiit si ridussero a due fessure e i suoi pugni si serrarono in un moto di rabbia. Parlò con voce sorprendentemente calma. Glaciale.
“Che ci provino pure quei bastardi. Dopo quello che mi hanno fatto non vedo l’ora di incrociare le lame con loro.”
“E poi – proseguì rialzando lo sguardo – io non sono un ragazzo, l’hai detto tu stessa. Sono forte e tu lo sai, non hai motivo per rifiutare. Ti ho appena salvato la vita, dovrebbe bastarti come dimostrazione.”
In parte aveva ragione. Era forte, ma forse non così tanto quanto credeva. Pensai a lui in giro da solo per Skyrim, cacciato da ogni città solo a causa di uno stupido pregiudizio che portava gli abitanti a vedere i khajiiti come una razza di ladri. Non sarebbe sopravissuto a lungo in quelle condizioni.
Lo avrei inevitabilmente messo in pericolo portandolo con me, ma io ero anche la migliore opportunità che avesse. Di nuovo.
Con un sospiro mi portai una mano alla fronte massaggiandomi le tempie.
“So già che me ne pentirò.”
“No, invece non lo farai te lo assicuro.”
Tornai a guardarlo. Ora sembrava davvero un ragazzino, spavaldo e determinato ad affrontare tutto ciò che il destino gli avrebbe messo davanti. Sembrava ciò che io non mi ero mai potuta permettere di essere.
Sorridendo montai a cavallo e gli tesi la mano per aiutarlo a salire.
“Aspetta, sicura di riuscire a cavalcare con quella ferita?” Mi chiese mentre montava.

“Sta’ un po’ a vedere.” Partimmo al galoppo e l’acuta risata di Kar’At echeggiò sulle alte montagne illuminate dal tramonto.
  
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