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Autore: Maty66    21/11/2013    3 recensioni
L'amicizia è un sentiero che scompare nella sabbia se non lo si rifà senza posa (proverbio africano).
E’ passato quasi un anno e mezzo da quando Ben ha lasciato il Distretto. Semir ha una nuova collega e Ben una nuova vita, lontano, lontanissimo da Colonia. Ma episodi drammatici ed inaspettati sconvolgeranno i nostri due eroi, mettendo in pericolo le loro vite e quelle di molte altre persone. Riusciranno i due amici a ricostruire il sentiero della loro amicizia per salvare il loro mondo? E quanto conteranno in questa storia antichi sentimenti mai sopiti?
Questa fan fiction costituisce il seguito di “Gioco mortale"; come sempre è consigliabile, ma non strettamente indispensabile, aver letto la prima parte.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie d'amore e di amicizia'
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Silenzi

Semir stava aspettando da almeno un’ora seduto sugli scalini del prefabbricato che al campo  chiamavano “sala operatoria”.
Il viaggio era stato una specie di incubo con la jeep che sobbalzava di continuo lungo la pista in terra battuta e Ben che diventava sempre più debole, ma l’arrivo aveva sconvolto ancor di più Semir.
Il campo era una enorme distesa di tende che, a quanto gli aveva riferito Anja, ospitavano centinaia e centinaia di profughi del vicino Ruanda. Il BMZ si occupava della sua gestione da alcuni anni, ma nonostante gli sforzi ed i capitali che arrivavano dall’estero non riusciva a garantire a quella povera gente una sistemazione dignitosa. Eppure costituiva l’unico presidio medico  dotato di sala operatoria dei dintorni.
Semir cercò di non pensare a quanto gli sembrasse sporca e provvisoria quella sala operatoria dove avevano trasportato Ben, così diversa dai modernissimi e lindi ospedali tedeschi. E cercò di non pensare ai miasmi che provenivano dalla distese di tende. La mancanza di un vero e proprio sistema fognario si faceva sentire.
Ancora una volta si ritrovò invece a pensare a come fosse possibile che Ben fosse finito a lavorare lì, lui che era sì disordinato, ma anche un vero e proprio maniaco della igiene personale.
Ma la risposta se la trovò da solo pensando agli occhi adoranti  con cui Miriam  aveva guardato Ben. E lo sconforto si impadronì di lui. Come avrebbe fatto Ben a venire a patti con la morte della bambina? Sembrava affezionatissimo a quella piccola.
Mille pensieri gli agitavano la mente mentre rivedeva come in un film quello che era successo nelle ore precedenti; era più che evidente che il cecchino voleva uccidere proprio Ben, aveva puntato e sparato su di lui per due volte. E con ogni probabilità la cosa era legata all’attacco al campo di Arusha e all’uomo che Ben aveva riconosciuto.

Semir sospirò guardando l’orologio. Erano passate almeno tre ore da quando Ben era entrato e iniziava a preoccuparsi. Anja gli aveva detto che non ci sarebbe voluto molto. E poi dove era finito Joseph? Quell’uomo gli destava sensazioni sempre più spiacevoli.

“No signore non siamo proprio arrivati ad Arusha… li abbiamo incontrati prima per strada. No… non so cosa abbiano visto quando sono scappati dal campo, so solo che Jager  ha problemi di memoria per via , mi pare, di un incidente avuto qualche anno fa. Quindi non  credo che l’abbia potuto riconoscere davvero… sì va bene la tengo informato non si preoccupi. Ma certo che tengo d’occhio anche Gerkan, non si preoccupi”
Joseph parlava in tono sommesso al cellulare, nascosto dietro una delle baracche del campo. Con la coda dell’occhio teneva sotto controllo Semir che si agitava poco distante, seduto sugli scalini del prefabbricato che fungeva da sala operatoria.
Quel turco pareva un tipo duro, un vero e proprio mastino. Joseph si era accorto della diffidenza con cui lo trattava e iniziava a temere di non riuscire a portare a termine il compito che gli era stato affidato. Ma a lui i soldi che gli avevano promesso servivano, non poteva  tirare avanti dignitosamente con quello che gli passava la società tedesca. Aveva molte esigenze a cui non intendeva rinunciare.
Chiuse il cellulare  e si avviò in direzione di Semir.
“Sig. Gerkan, allora ancora nulla?” disse fingendosi interessato alle condizioni di Ben.
“No ancora nulla” Semir rispose di malavoglia, quasi non guardandolo.
“Devo chiamare il Sig. Jager a Dusseldorf per avvisarlo che abbiamo trovato il figlio?”
 “No è preferibile aspettare ancora un po’, appena esce dalla sala operatoria, così gli diamo almeno una buona notizia completa”
Joseph annuì fingendosi ancora una volta comprensivo.
“A proposito… appena Ben esce dalla sala operatoria voglio che sia sorvegliato ventiquattro ore su ventiquattro. Nessuno deve avvicinarsi a lui se non ho approvato io… ci siamo intesi?”  ordinò Semir.
“Ma sig Gerkan io non credo che sia necessario… in fondo…”
“Lei non deve credere nulla. Deve solo fare come le dico io. Ci siamo intesi?” gli ringhiò contro Semir.
Joseph annuì, ma a Semir non sfuggì lo sguardo d’odio che gli lanciava.
 
“Semir… Semir… allora come sta?” chiese Nina mentre si avvicinava trafelata.
“Non so ancora nulla ed inizio anche a preoccuparmi…” sussurrò Semir guardando l’ingresso del prefabbricato da cui ancora non usciva nessuno
“Non devi preoccuparti Anja è un bravissimo chirurgo…” Nina cercò di tirare su Semir visibilmente scosso.
“I bambini?” chiese Semir cercando di pensare ad altro.
“Robert sta finendo di sistemarli… sono tutti terrorizzati e scioccati da quello che è successo”.
Semir non ebbe il coraggio di dire nulla, limitandosi a sospirare triste. Ed in quel momento sentì ancora più acuta la mancanza di Andrea e soprattutto delle sue bambine; pensò a quanto si preoccupava ogni volta che avevano la febbre o perché avevano litigato a scuola con un compagno o perché Aida non andava d’accordo con la sorella. Tutte sciocchezze confrontate alle difficoltà che ogni giorno affrontavano questi bambini.
Finalmente la porta si aprì e ne uscì Anja ancora in camice verde da sala operatoria.
Vedendo lo sguardo spaventato di Semir si affrettò a dirgli “Tutto a posto… sta bene non ti preoccupare, ma…”
“Ma cosa?” sobbalzò Semir
“Ma non siamo riusciti a capire  in che misura il colpo ha lesionato il tendine della spalla. Qui non abbiamo possibilità di fare la risonanza ed in ogni caso sarebbe preferibile fare un controllo in Germania…”
“Non sarà un problema…”  disse Robert mentre si avvicinava al gruppetto mostrando loro un foglio
“E’ una mail di Martha. Ci rimpatriano tutti. Partiamo domani” informò mostrando il foglio ad Anja
 

Semir stava seduto accanto al letto di Ben cercando di non addormentarsi. Aveva tanto insistito per stare lì con lui, ma ora si rendeva conto che la stanchezza stava prendendo il sopravvento.
Poco prima aveva chiuso una burrascosa telefonata con Konrad Jager: il vecchio pretendeva di prelevare il figlio già la mattina dopo con un aereo medico privato ma Semir aveva insistito per rimandare almeno alla sera.  Nina gli aveva detto che per il pomeriggio erano previsti i funerali di Miriam e non poteva negare a Ben di parteciparvi se se la sentiva
Sbadigliò stiracchiandosi e solo allora si accorse che Ben era sveglio e lo stava guardando nella penombra.
“Ehi.. ma sei sveglio… come ti senti?” chiese sorridendo
“Tutto ok” sussurrò Ben guardando nel vuoto.  Ma la sua voce era stranamente atona e fredda
“Vuoi qualcosa? Un po’ d’acqua? Ti alzo i cuscini?” Semir iniziò come al solito a bombardare di offerte di aiuto l’amico
Ma stavolta Ben non lo guardò con aria divertita  e neppure infastidita come faceva di solito.
Il suo sguardo era assolutamente vuoto.
“Non mi serve nulla… piuttosto vai a dormire, è tardi e sei stanco” gli disse con tono neutro.
Semir rimase leggermente interdetto a quella richiesta. “Sì certo, ma posso farti ancora un po’ di compagnia…” propose
“Preferisco restare solo. Vai a dormire” rispose lui sempre freddo e distante
Semir stavolta ci rimase davvero male, ma cercò di non darlo a vedere.
“Ok… allora ci vediamo domattina” disse carezzandogli il braccio.
“E’ solo stanco e stressato”  cercò di convincersi mentre usciva dalla stanza.
   
La cerimonia stava volgendo al termine.
Semir era rimasto stupito dalla differenza con i funerali europei.
Qui non c’era nessuno vestito di nero e tutto si era svolto in un clima sereno, fra canti e balli di saluto. Un altro sintomo di accettazione della morte al pari della vita.
Semir teneva costantemente d’occhio Ben che invece sembrava  evitarlo come la peste. La mattina quando era arrivato all’ospedale aveva rifiutato qualsiasi aiuto ed a stento gli aveva rivolto a parola.  
Nel pomeriggio quando Semir era passato per portarlo alla cerimonia lo aveva trovato  già vestito e pronto, seduto sul letto con il braccio bloccato in un tutore.
Nel breve tragitto  era rimasto silenzioso ed immobile, e poi una volta arrivati aveva fatto di tutto per sistemarsi lontano da lui.
E Semir aveva iniziato a preoccuparsi seriamente.
Non solo per la condizione psicologica dell’amico, ma  soprattutto per i pericoli che correva. Quelli che avevano cercato di ucciderlo il giorno prima non avrebbero certo desistito  così facilmente.
Per tutto il tempo del funerale Semir continuò a guardarsi intorno agitato, nonostante la presenza discreta delle guardie tutto intorno.
Prima lasciavano quel posto, meglio era.
 
Alla fine della cerimonia Semir si mosse lesto per raggiungere Ben
“Allora andiamo?” chiese senza dargli la possibilità di salire su di un’altra jeep per andare all’aeroporto privato.
“Ben… che c’è? Vuoi parlare con me?” chiese non appena si avviarono lungo la pista in terra battuta. Dietro di loro c’erano le jeep con gli altri della squadra  e tutti i bagagli. L’aereo privato di Konrad avrebbe riportato tutti in Germania.
“Non c’è nulla di cui parlare…” rispose lui asettico
“Ti prego Ben non fare così,  ho capito quanto eri affezionato a quella bambina e forse se ne parli…”
“Ti ho detto che non c’è nulla di cui parlare, non insistere” fece ancora Ben duro.
Semir era sempre più sconcertato. Non aveva mai visto Ben comportarsi così.
 

“Sono appena partiti… ma capo come facciamo? Sono scortati!!” Mika era sull’orlo delle lacrime mentre parlava al cellulare con Ivan
“Sì sono diretti a Colonia. Però le posso dare una buona notizia. Il poliziotto non l’ha riconosciuta. Ha avuto un incidente qualche anno fa e non si ricorda più le cose… sì ne sono sicuro capo”
Mika attese in silenzio la reazione e poi sospirò di sollievo
“Ok capo allora ci vediamo a Colonia e risolviamo il problema lì” disse quasi euforico per il pericolo scampato
  
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