12- Sorry not sorry…
20.25 pm.
George sta tornando a Londra ed io non faccio altro che camminare avanti e dietro per il piccolo spazio della cucina, mentre mi mordo le unghie nervosamente.
Sto per arrivare, sono appena entrato a Londra.
G. xx
Bene.
Passano altri dieci minuti e sento suonare il campanello.
Il cuore fa un tuffo in petto ed io mi blocco e chiudo gli occhi, con i nervi a fior di pelle, ed un’altra lacrima parte.
Dopo questa breve pausa mi dirigo verso la porta per aprire e lo trovo davanti a me.
Non sembra molto contento probabilmente non è contento di rivedere me: non ha tutti i torti, lo so, come biasimarlo, d'altronde?.
Anche io mi faccio schifo per ciò che ho fatto, non sono stata una madre degna.
Certo, avrò protetto mio figlia, ma sono stata sleale e disonesta.
-Allora?- sta aspettando, è impaziente.
È comprensibile il suo comportamento ed io sono maturata in queste ore che sono trascorse dalla sua ultima chiamata.
-Voglio essere sincera con te, nella buona o nella cattiva… sorte- dico facendo una pausa e distogliendo lo sguardo.
Ecco che il mento trema e le lacrime si fanno spazio impetuose.
-Kate…- mi chiama lui, sembra addolcito.
Come fa? Forse un altro non avrebbe mai avuto pietà di queste lacrime da coccodrillo.
Lo guardo.
-Come fai ad esserti addolcito?- domando io.
-Io non so neppure qual è la vera verità, aspetto solo che sia tu a dirmi cos’è vero, perché dovrei essere arrabbiato?- mi dice calmo.
Chiudo gli occhi e abbasso la testa in segno di piena resa e prendo aria a sufficienza per poi risollevare il capo e espirare.
-Ebbene… verità avrai- sorrido mentre un’altra lacrima parte.
Camminiamo entrambi in silenzio per le strade di Londra.
Io, a destra, con le mani sepolte in un cappotto bianco e lungo, il capo abbassato, una sciarpa bianca con alcuni motivi floreali ed un cappello nero in testa.
George è alla mia sinistra e aspetta solo me, ma con estrema calma e pazienza.
-Ricordi quando un mese esatto prima che tu decidessi di partire per venire qui e andare a XFactor facemmo… insomma quello che facemmo? - mi fermo io riprendendo aria, decisa a cominciare e cercando di rammentargli quel fatidico giorno in cui concepimmo Maya.
-Ehm… intendi quando decidemmo di…?- domandò lui, anche lui un po’ scandalizzato.
-Si, quel giorno- rispondo io annuendo con lo sguardo rivolto verso il basso.
-L’abbiamo concepita quel giorno, vero?- mi chiede lui sbuffando.
Annuisco, poiché mi manca la forza per rispondere a parole, mentre l’osservo.
Sta reagendo allo stesso modo di come me l’ero già immaginato.
Butta il capo indietro e sbuffa.
-Il bello che mai mi sarei immaginata che sarei rimasta incinta quel giorno, è accaduto tutto così... insomma è stata una sorpresa inspiegabile anche per me- inizio a raccontare sorridendo nervosamente mentre lui mi segue passo per passo: non sembra malintenzionato, come aveva minacciato poche ore fa, dicendomi che me l’avrebbe portata via, anzi sembra calmo e commosso.
-È iniziato tutto quel fatidico giorno in cui mi sentii male a scuola, ricordi?- raccontavo mentre io avevo già chiara l’immagine nella mente.
Il flashback parte mentre io racconto.
Era un giorno normale di novembre, esattamente 6 giorni dopo che io e George lo avevamo fatto.
Ero accasciata dietro all’ultimo banco, mentre i miei compagni della classe di letteratura parlavano del più e del meno.
Uno dei tanti libri di letteratura inglese era aperto sul tavolo, insieme al quaderno.
Continuavo a studiare ma il capogiro non mi faceva capire nulla, quando poi scattò il primo conato di vomito che riesco a sedare subito.
Ad un tratto il capogiro e la nausea si fanno più violenti, quando poi, esasperata, non reggo più e mi accascio sul tavolo senza più capire niente, chiudendo gli occhi.
-Kate!- mi chiamò sorridendo Lilith Collins, una delle mie compagne di classe.
Non rispondevo, né muovevo un singolo arto.
-Kate?- iniziò a scuotermi diventando seria –Owh, Katelyn!-.
-Ragazzi! Oddio, aiuto!- urlò richiamando l’attenzione dei miei compagni di classe, che si avvicinarono lì.
-Katelyn Talia Williams! Sappi che non è per niente divertente, svegliati ora- sbraitò uno dei rappresentanti, convinto che sia uno scherzo, ma sa che sono abbastanza seria.
-Deficiente! È svenuta.. aspettate si sta riprendendo!- dichiarò la Collins appena notò che mi stavo riprendendo.
-Datemi una mano a farla stendere sul banco- esclamò mentre cercava di farmi alzare.
-Ragazzi…- dissi io con le mani alla testa.
-Calma- disse la Collins facendomi stendere sul banco e mandando qualcuno a prendere una bottiglietta d’acqua, dello zucchero ed un bicchiere e a qualcun altro di chiamare un professore o un bidello.
-Ehi, ma sto bene- mento, ma è evidente, perché tremo come una foglia e sono bianca cadavere, con delle sfumature nere sugli occhi.
-Che succede qui?- sentii la voce di una donna, probabilmente Mrs. Henderson, che varcava la soglia della porta per dirigersi verso di me.
-O santo cielo! Bisogna chiamare un’ambulanza qui- esclamò.
Ebbi uno strano presentimento così le presi la mano e gliela strinsi piuttosto forte.
-No, la prego!- la supplicai mentre lei si voltava verso di me confusa.
-Come sarebbe a dire? “No, la prego!”? ma te devi essere matta, ragazza mia!- mi rimproverò ridendo ed aiutando ad alzarmi per uscire fuori.
-La prego, chiami chiunque della mia famiglia, ma non l’ambulanza! La scongiuro- era come se avessi previsto quella ‘sorpresa’.
-E chi chiamo tesoro? Dimmi! Basta che mi dici che c’è qualcuno a casa- mi aiutò a sistemarmi sulla poltrona dell’aula dei professori mentre gli altri insegnanti bisbigliavano e si allarmavano.
-No! l’ospedale, no!- urlai dimenandomi.
La preside, mrs. Henderson, si girò dietro di lei e fermò il professore con il telefono in mano, che stava componendo il numero dell’ospedale, e lo posò giù annuendo.
-Va bene, ora chiamiamo tua madre o a casa-.
In quel momento sperai con tutte le mie forse che lei fosse a casa in quel momento, ma non c’era nessuno.
-A casa non c’è nessuno, Katelyn! Siamo costretti a telefonare l’ambulanza- disse lei tirando giù la cornetta.
-No!! chiamate la signora Shelley, per favore, è mia vicina ed amica intima di mamma! E quando mi sento male e mamma non c’è lei si prende sempre cura di me, chiamate lei!- supplico.
-La signora Shelley intendi la madre di George e Harriet Shelley?- chiese lei perplessa.
-Si si! Lei!- annuisco mentre tasto la testa con il panno umido che mi aveva posto una professoressa.
Mrs. Henderson indugiò un attimo, poi prese la cornetta e cercò il numero con l’indirizzo di casa Shelley.
-Pronto? Signora Shelley!-
-Salve, chiamo dalla scuola di suo figlio George, la King of Wessex High School!-
-Si, sono Mrs. Henderson-
-No no, non è per suo figlio tranquilla… neanche per Harriet! Si figuri. L’ho chiamata perché la signorina Williams…-
Ad un tratto ebbi modo di sentire come un –CHE E’ SUCCESSO A KATELYN?-.
Lei sapeva benissimo che era una ragazza quasi modello a scuola, quindi le uniche cose che potevano succedere potevano essere solo semplici malori.
-Ecco, si! La giovane oggi ha avuto un malore ed è svenuta e la signorina Collins, tentando di chiamarla, si accorse del suo collasso. Adesso è qui cosciente di tutto, volevamo solo che magari potesse venire per prenderla da scuola! La ragazza ci ha implorato di non chiamare l’ambulanza e la madre a casa non c’era, tanto meno il padre, quindi…-
-Oh, ok! Arrivederci- posò la cornetta al suo posto.
-Tesoro tranquilla, arriva subito la signora Shelley- mi sorrise tranquillamente accarezzandomi la testa ed io annuii, non tanto convinta veramente.
Passarono esattamente una quindicina minuti e Toni arrivò precipitandosi, tra l’altro estremamente preoccupata, nella sala dei professori.
-Katelyn!- boccheggiò sorpresa e stanca.
-Ciao Toni!- le sorrisi debolmente chiudendo gli occhi e continuandomi a tastare la testa.
-Oh santo… tesoro mio, sei bianca da morire e che occhiaie! Che ti senti, tesoro?- mi chiese sedendosi accanto a me e prendendomi la mano, mentre io gliela strinsi.
-Nausea, conati di vomito e sento di collassare a momenti e anche giramenti di testa- le racconto debolmente.
-Va bene, ora andiamo a casa tesoro su- disse lei sollevandomi dal divanetto e lasciandomi accompagnare fuori di là.
Mi portò fuori e mi fece prendere posto nel sedile anteriore mentre caricava lo zaino nel portabagagli per poi mettersi in macchina alla postazione del volante e poi azionare l’automobile e dirigersi a casa.
-Allora, mo che arriviamo a casa ti stendi e ti riposi. Comunque io dovrei necessariamente…- la interruppi, sapevo cosa voleva dire.
-Non mi porterete in ospedale, Toni! Né ora né mai. Io sto bene, solo che sta mattina non ho mangiato molto e ieri sera avevo un mal di pancia abbastanza forte, tranquilla, passerà- la rassicurai, sicura di quello che dicevo.
-E se si trattasse di glicemia?- mi domandò lei.
-Allora, se così fosse, i rimedi sono il farmi mangiare- dissi seria slacciandomi le cinture e scendendo dalla macchina velocemente ma, date le poche forze, ebbi l’ennesimo capogiro che mi spinse a chiudere gli occhi e poggiare le mani in testa per poi ricadere seduta sul sedile.
-Kate!- si allarmò Toni.
-Sto bene, davvero, grazie mille- ripeto scendendo dalla macchina.
-D’accordo, va bene- disse lei.
Mi accompagnò dentro casa e mi portò in camera di George e mi fece stendere sul suo letto e mi coprì con una coperta di lana.
-Ti preparo una tazza di brodo vegetale e te lo porto subito, okay?- mi disse dolcemente accarezzandomi la testa ed io le annuii sorridendo dolcemente.
Lei si alzò dal letto ed uscì dalla stanza lasciandomi sola, così chiusi un po’ gli occhi e presi sonno.
Un paio d’ore dopo furono delle voci a svegliarmi, erano George e Harriet che tornavano dal college.
-Ma’! siamo a casa- sento George salutare la madre e poi dirigersi verso le scale per venire qui.
La sua voce, a sentirla sorrido.
-Ehi George, vedi che in camera tua c’è Kate che non sta molto bene e sta riposando quindi…- viene interrotta.
-Katelyn? Cosa le è successo? Kate!- mi chiamò correndo in camera e spalancando la porta e osservandomi con aria preoccupata.
L’urto della porta contro il muro fu talmente violento che mi fece tornare l’emicrania più forte che mai.
-Amore, per favore, fai piano!- sorrido ma sofferente.
-Oh scusa, che hai fatto cucciola?- mi domanda in un sussurro, precipitandosi vicino al letto mettendosi ad accarezzarmi la testa.
-Non ne ho idea: questa mattina non avevo molta fame e non ho mangiato molto e ieri avevo mal di stomaco, ma… non è niente sto bene! Domani starò meglio tranquillo- lo rassicuro sorridendo.
-Ma che se sei bianca cadavere e hai due occhiaie che si vedono a distanza di anni luce, come fai a dire che stai bene?- ironizzò lui.
-Sto bene, George, fidati di me- lo guardo convinta e sorridente.
To be continued…
Angolo Autrice
Hey Cupcakes! :D
How ya doing? Okay dopo questa mia ‘favolosa’ performance di inglese vi dirò… I’m back! Lalalalaaaa
Allora premettiamo una cosa: il cambiamento di carattere è perché questa è una fase di fondamentale importanza, da quanto avrete capito, Kate ha vuotato il sacco, sì, ed ora sta raccontando tutto ;).
Questo che scriverò ora è il flashback di tutto ciò che le è successo fino a quando non ha scoperto di essere incinta poi vedrete.
Come la prenderà o cosa farà in fine George quando lei finirà di raccontare la storia? Lo scoprirete nella prossima puntata ;).
Okay, detto questo… vi sono mancata? Voi si molto! Poi sapere che c’è sempre qualcuno che ama leggere le mie storie mi da’ un motivo in più per continuare la storia <3.
Alla prossima xx
Lily