Pigna,
pizzicotto, manicotto, tigre ~
~ once upon another tale.
V
Diagon Alley
{ ... e per questo va trattata con cautela. }
# Il Ghirigoro
Rapunzel volteggia estasiata da uno scaffale
all’altro. Hiccup non si stancherebbe mai di
guardarla, con quello sguardo incantato, i fiori – tanti – nei capelli sempre
lunghissimi e l’aria di chi, anche a distanza di molto tempo, continua a
chiedersi se la bellezza del mondo circostante non sia altro che un lungo sogno
fantastico. È così grato di averla incontrata anche qui, anche ora. È così
diverso dalla sua prima, intimorita visita nella sua nuova vita...
Lascia scorrere gli occhi sui corridoi, sugli
stessi passi che appena un anno fa ha percorso al fianco di suo padre – suo
padre che non era mai stato così fiero, prima, né dopo, mai così burberamente emozionato come mentre lo guidava
verso i titoli più altisonanti dell’intera libreria: Sulle orme dei draghi; De interfector draconis: grandi
cacciatori del nostro tempo; Storie
di draghi e di uomini. In pratica la storia della sua famiglia.
Si ferma davanti all’espositore di un volume
spesso e rigido, dalla copertina di pelle finemente trattata fino a incresparsi
con naturalezza nelle forme di un drago elegante e nero come la notte. «Un
giorno» gli ha detto lui, «tra quelle
pagine vedrai anche il tuo nome.» Ma Hiccup non ha
bisogno di veder scritto il proprio nome, non ce l’aveva allora e non ce l’ha
adesso; non ha avuto il coraggio di dirgli che, piuttosto che appendere un
cranio maestoso sul caminetto della stanza per gli ospiti e vantarsi del
coraggio e della forza necessari per garantire loro un tale fregio, il suo vero sogno non è più presuntuoso
dell’ammirare la linea di due immense ali in volo, una forza che trascende
l’aria e la terra, perché creature come quelle non vanno comprese, non vanno
distrutte, forse vanno soltanto ammirate.
Egoista o
codardo?
Rapunzel è al suo fianco e Hiccup torna al presente, alla sua vicinanza buona. Si
volta e vede che anche lei è caduta nell’incantesimo della copertina che sembra
animata di vita propria.
«Ehi, Hic. Pensi che un giorno volerai su un
drago?»
Hiccup cerca di non ridere,
perché lei non sa, non immagina – non potrebbe essere più lontana da quel mondo
di aspettative e delusioni che erano e sono gli occhi di suo padre.
«Uh, non saprei.» Si passa una mano dietro il
collo, ostentando incuranza. «Non ho intenzione di essere l’ennesimo Haddock che diventa famoso per aver salvato una città
dall’attacco di un drago selvaggio... Ma immagino che volare sarebbe... forte,
invece.» Batte le palpebre: non riesce a credere di aver detto così tanto, così, senza pianificarlo.
Rapunzel lo guarda col capo
inclinato e con la curiosità di una bambina, e Hiccup
quasi si aspetta un fuoco di domande, ma vede subito che lei non lo giudica, si
limita a sorridere.
«Beh, vedi di venire a prendermi, quando lo
farai.»
E ricambiare il sorriso è così naturale e
semplice che gli ultimi echi di quelle aspettative e delusioni – e di quella domanda – si spengono del
tutto.
«Voi due! Ma insomma, devo trovarveli io i libri
di testo?»
Hiccup sussulta, poi ride e
segue Rapunzel verso l’impazienza chiassosa di Merida, lasciandosi alle spalle il Libro dei Draghi e le sue serie impietose di ‘estremamente
pericoloso – uccidere a vista’.
# Accessori di Prima
Qualità per il Quidditch
«Ehi,
dov’è finito Frost?»
«Uh, deve aver seguito Rapunzel
al...»
«Ma dai.
E se ne va così? Mi pianta nel bel mezzo di un acceso confronto tra le attuali
scope più veloci del mondo? Non posso crederci! Che ne è del suo spirito di
competizione?»
Hiccup scrolla le spalle. È
immobile al centro del negozio, le mani sprofondate nelle tasche, e non guarda
nulla in particolare – ma Merida potrebbe giurare che
tutta la sua attenzione è monopolizzata dall’ultimo modello di Nimbus a meno di tre passi da lui. Sorridendo, gli si porta
accanto.
«Ho intenzione di provare a entrare nella
squadra di Quidditch di Grifondoro,
quest’anno» annuncia.
«Oh.» Hiccup annuisce,
distratto. «Congratulazioni.»
«Dovresti risparmiarle per quando avrò superato
l’audizione, Hic.»
«Sì, scusa.»
Merida sogghigna tanto che
sente gli angoli della bocca sfiorarle quasi le orecchie. «Frost sarà
sicuramente nella squadra di Serpeverde. L’ho visto
volare, è in gamba. Cioè, non andrò a dirglielo in faccia, però lo è. Sarebbe
un peccato se tutto il divertimento spettasse solo a lui...»
«Mmm.»
«Ho visto volare anche te, sai.»
Hiccup sobbalza come se avesse
preso la scossa. Finalmente si concentra su di lei, dimentico della Nimbus. «C-cosa? Q-quando?»
Lei scrolla le spalle. «Mah, a Storia della
Magia, credo. Mi annoiavo, così mi sono messa a guardare la tua lezione di volo
dalla finestra. Dubito che qualcuno se ne sia accorto.»
Hiccup si rabbuia.
«Fantastico. Fa davvero piacere sapersi spiati, sul serio.»
«Intanto che ironizzi sulla cosa per non darmi a
vedere che ti vergogni come un ladro di caramelle» lo stuzzica Merida, e lui arrossisce proprio del rossore tipico da ladro di caramelle, «non ti va di
prendere in considerazione l’eventualità di seguire il mio esempio? So che il
Cercatore di Corvonero si è diplomato l’anno scorso.»
Gli indica la Nimbus, fingendo di non immaginare
neppure di sfuggita che l’abbia fissata fino a cinque secondi fa. «Ti ci vedo
bene, su quella.»
Hiccup bofonchia ancora
qualcosa di incomprensibile, fissando la scopa come se gli avesse fatto un
torto, ma con una traccia appena percettibile di struggente desiderio.
Merida non osa forzare troppo
la mano, ma la verità è che muore dalla voglia di volare con lui.
# Serraglio Stregato
«Non
so cosa dicesse la tua, biondina, ma la mia
lettera d’ammissione all’epoca parlava chiaramente di un gufo o un gatto o un rospo.»
Rapunzel sbuffa, senza smettere
di osservare con attenzione la gabbietta in piena vista sul bancone. Jack sa
essere davvero polemico, a volte. «Merida mi ha
raccontato di un ragazzo Grifondoro che si è portato
un topo: nessuno gli ha mai detto niente.»
Anche di spalle lo sente distintamente
sospirare. «Beh, se vogliamo credere a tutto quello che dice Merida...»
«Ohh!» Rapunzel si scioglie letteralmente quando la bestiola nella
gabbia decide di abbassare le difese e farsi più vicina alle sbarre: ora può
vedere il suo colore naturale, e si sente un po’ una privilegiata per questo.
«Ma sei adorabile. Sì, ho deciso...
Ti chiamerò Pascal. Ti piace Pascal? Lo prendo» aggiunge ad alta voce, rivolta
alla strega dietro il banco, che con un sorriso e un assenso si prepara ad
accogliere il suo acquisto.
Jack si appoggia con una spalla all’unico angolo
di parete sgombro da mensole e trespoli; Rapunzel si
sente il suo sguardo addosso per tutta la durata dello scambio tra gabbietta e
galeoni. Quando infine si volta, col suo nuovo amico sotto il braccio, vede che
la fissa con un’aria esageratamente stralunata.
«Giuro su tutto quello che vuoi che non ti
facevo un tipo da rane.»
Rapunzel si acciglia. «Pascal è
un camaleonte.»
«Quello che è.» Jack si avvicina per scrutarne
la figurina, tornata di un colore indefinibile. «Sei proprio sicura che nessuno
ti farà storie, eh?»
«Beh» ride lei, «se proprio volessero impedirmi
di tenerlo, prima dovrebbero trovarlo,
ti pare?»
Come per dare conferma alle sue parole, Pascal
si accoccola sul fondo della gabbietta, ne assume l’esatta tonalità e diventa
quasi del tutto invisibile.
«Oh, diabolica.» Senza muoversi, Jack la scruta
di sotto in su, da vicino. «Tu chi sei, che hai fatto alla vera Rapunzel?»
Rapunzel ridacchia, un po’ a
disagio – sarà anche un anno che si conoscono, ma è praticamente la prima volta
che Jack la chiama per nome: fa uno strano effetto – e volta il viso per
scoprire che la strega si è dileguata nel retro del negozio; gli animali non
devono gradire l’improvvisa mancanza d’attenzioni, perché scelgono proprio
questo momento per iniziare a stridere, squittire, miagolare e strillare in
vari toni.
«Sembra quasi che si stiano mettendo in mostra.»
Rapunzel intrufola un dito nella gabbietta per
giocare con Pascal, ritraendosi perché Jack si guardi intorno. «Tu non hai
intenzione di prendere un animale?»
«Non direi» fa lui, di malavoglia. «I rospi non
mi attirano e Testa di Tufo è allergico ai gatti...»
«Chi è Testa di Tufo?» chiede Rapunzel, curiosa.
«Un idiota.» Jack cammina con aria annoiata
davanti ai posatoi per volatili. «Quanto ai gufi, non saprei che farmene. Non
ho a chi scrivere. O comunque non saprei cosa
scrivere.»
Rapunzel vorrebbe prendersi a
schiaffi per non averci pensato prima. Già, anche la sua famiglia non è tutta rose e fiori... Ma poi un lampo di bianco,
uno splendido bianco latte, attira la sua attenzione: si avvicina agli
espositori e si ferma appena alle spalle di Jack, indicandogli la civetta più
piccola che abbia mai visto.
«Non è che devi prenderne uno per usarlo, e basta. Vedi come ti sta
guardando? È evidente che vuole fare amicizia!»
Jack segue il suo dito senza entusiasmo. La
civetta, scoprendo ricambiato l’esame, si gonfia tutta e comincia a
pavoneggiarsi.
# Gelateria Fortebraccio
«Che
carina.»
Jack le scocca un’occhiata indagatrice sopra il
confine del cono gigante, cercando di capire se lo stia prendendo in giro o no,
ma Merida sta guardando la minuscola civetta con un
sorriso vero. Si rilassa un po’.
«Mh» assente, «sai, la
biondina ha insistito tanto.»
«Oh, sono sicura di sì.» Merida
si sporge dall’altro lato del tavolo per accarezzare con un dito il becco della
bestiola, all’apparenza ignara del gelato che già le si scioglie nell’altra
mano. «A quale specie appartiene?»
«Pare che sia una civetta delle tane» risponde
Jack senza particolare enfasi, anche se in cuor suo quell’animale gli piace, e
molto: vive in un piccolo posto tutto suo, caldo
e sicuro – non si può dire lo stesso
di tutti i volatili, anzi, la libertà non è quasi mai sicurezza. «Non ho capito
di preciso come mai questa qui sia così lontana dal suo ambiente naturale, ma
magari è stata allevata in cattività.»
«Sembra quasi che ti abbia... beh... riconosciuto.» Merida
solleva uno sguardo luminosissimo e Jack, confuso, comincia a chiedersi quanto
tempo ci voglia a Madama McClan per aggiustare le
divise di Hiccup e Rapunzel.
È raro che Merida scivoli verso il sentimentale, e in
tutta onestà lui da solo non sa affatto come gestirla. «Le hai già dato un
nome?»
Jack mordicchia il cono. Scruta la civetta. Sarà
il caldo, perché fa caldo adesso, o
forse sarà Merida, perché no?; fatto sta che non ha voglia di scherzare neanche lui. E
all’improvviso sa esattamente qual è il nome giusto.
«Dente da Latte.»
Merida sembra sorpresa. «Uhm.
Le civette hanno i denti?»
«Non lo so e non m’importa» le risponde, e senza
accorgersene fa scivolare a sua volta una mano tra le sbarre per sfiorarle la
testolina, le piume lisce e morbide come i capelli di una bambina fiduciosa.
«Ma è così che chiamavo mia sorella.»
Ormai non la guarda più in viso, ma non gli
serve questo per sapere che sta sorridendo.
«È bello sentirti parlare di lei.»
Jack vorrebbe dirle tante cose, davvero,
vorrebbe. La verità è che, in cuor suo, sotto strati e strati di quel ghiaccio
protettivo solcato appena da crepe sottili – le stesse crepe che sono loro, Hiccup, Rapunzel, Merida – palpita come un sole l’esigenza di dirle quanto
conti il fatto di averli incontrati, quanto gli abbia fatto bene il tocco
gentile della timidezza dell’uno, della dolcezza dell’altra, del calore di lei;
vorrebbe farle sapere che è grato al caso, alla sorte, a qualunque cosa sia
stata a metterlo sulla sua strada il giorno dell’Espresso per Hogwarts, quando si è sentito travolto per la prima volta
dal fulmine rosso, perché non gli ci è voluto molto per scoprire che il fulmine
rosso aveva tutta la forza necessaria a spaccare il ghiaccio e sciogliere la
neve e...
Alza gli occhi e sogghigna trionfante. «Parlerei
di qualsiasi cosa, Ferguson, pur di distarti abbastanza da farti sprecare un
gelato.»
Merida si ricorda di colpo,
abbassa gli occhi sulle proprie dita pasticciate di cioccolato e fragola e
comincia a borbottare, cercando di salvare il salvabile. Jack si prende
volentieri tutti i suoi insulti, benevoli o meno che siano, senza quasi
rendersi conto che per tutto il tempo ha continuato a coccolare la sua nuova
piccola Dente da Latte.
# Il Paiolo Magico
«Se
mia madre mi vedesse adesso le verrebbe una crisi isterica, poco ma sicuro.»
Jack sghignazza e Hiccup
armeggia ostentatamente con le coperte, nascondendo così il viso, anche se è
facile individuare di tanto in tanto le sue orecchie rosso fuoco. Dal canto
suo, Rapunzel si limita a scuotere la testa
sorridendo, senza smettere di pettinarsi con cura. Hanno sempre sentito Merida lamentarsi delle vedute ristrette della signora
Ferguson – «talmente all’antica da organizzarmi persino un matrimonio
combinato, ve lo dico io!» – ma qualche volta le viene il dubbio che l’amica
esageri un po’. Per quanto, deve ammetterlo, anche lei in un primo momento si è sentita un filino a disagio all’idea
di condividere una stanza con i ragazzi, la notte prima della partenza per Hogwarts... Anche se lei non ha più una mamma da
contrariare oppure no.
Merida gattona sul suo letto
fino ad arrivarle alle spalle; Rapunzel la sente,
prima ancora che vederla nello specchio, e in qualche modo sa che lei sa a cosa
sta pensando.
«Com’era?»
Sorride. C’è stato un tempo in cui era difficile
parlarne. C’è stato un tempo, lungo e doloroso, in cui l’unica cosa giusta da
fare sembrava starsene immobili e in silenzio a veder crescere i propri
capelli, quei capelli che alla mamma
piacevano tanto, a guardare la luce del sole attraversarne ogni singola
ciocca e vincere l’impulso di odiarla. Oggi non è più così, riflette abbassando
il pettine e voltandosi per abbracciare con lo sguardo tutta la stanza – Hiccup che dà la caccia a Sdentato sotto le coperte senza
guardarla, nel suo solito modo di dare spazio agli altri senza guardarli, e
Jack che non ride più ma non ha neppure quell’aria arrabbiata che ogni tanto lo
assale ancora, quella che sa che la
spaventa tanto e che cerca di non mostrarle più, e Merida,
naturalmente, che usa parole e voce e domande soltanto perché è il suo modo di
starti vicina. Sono tutti così diversi, e tutti così speciali.
Si accoccola meglio sullo sgabello, si abbraccia
le gambe, e canta loro quella stessa canzone che parla di fiori.
Capiranno. Capiscono sempre.
Spazio dell’autrice
Seconda
parte della stessa citazione da La Pietra
Filosofale; come vi accennavo, qui anche i background degli altri
protagonisti si fanno un po’ più chiari.
Volevo
assolutamente lasciare il destino di Hiccup legato ai
draghi, e sì, so che nel mondo potteriano i draghi
selvaggi vengono ‘domati’ in luoghi come la Romania, ma mi piaceva l’idea che
Hic provenisse da una lunga stirpe di cacciatori dediti ad abbattere le bestie
incontrollabili e a salvare paesi interi – più o meno come nel canon, insomma. E anche il mio Hiccup
semplicemente non c’entra nulla con il suo mondo. Ricordate l’accenno che ha
fatto a Jack sul voler rimandare il primo confronto familiare post-Smistamento?
Ebbene, questo perché la sua famiglia si aspettava di vederlo a Serpeverde, in nome appunto di un’antica tradizione, e lui
invece è finito a Corvonero... perché è il primo
della sua gente a guardare oltre.
Posso sembrare disarticolata ma alla fine ho sempre un headcanon
che collega tutto, d’oh!
Per
quanto riguarda Merida e Rapunzel,
le loro sono family!issues sicuramente meno angst, ma allo stesso modo ho voluto mantenere il rapporto
conflittuale tra Merida e sua madre e alludere al
fatto che Rapunzel abbia perso la sua e ne sia
rimasta profondamente toccata – e potete benissimo indentificarla come Gothel: sono convintissima che Punzie
non supererà mai la perdita della donna che comunque, al di là di tutto, nel
film è stata il suo unico punto di riferimento per diciotto anni, e mi piace
sempre tornarci su. E in effetti non sono neanche sicura che sia una storia
meno angst di quella di Hiccup.
Infine,
era doveroso introdurre Pascal e Dente da Latte, anche se quest’ultima è stato
l’ennesimo pretesto per angstizzare anche su Jack /O/ Sono pessima. (Oh, BTW: ho conosciuto le civette delle nevi grazie al romanzo Hoot e non sono certa che se ne trovino di bianche, così come d’altro canto sono sicurissima che non se ne trovino in Inghilterra... Invoco la licenza poetica per qualsiasi strafalcione in merito. XD)
Con
questo se ne vanno i capitoli che avevo già pronti da una vita e mezza... Ora,
beh, spero proprio di sbloccarmi.
Sempre
grazie, grazie, GRAZIE. Non sarei mai arrivata a questo punto senza il vostro
entusiasmo. Love you
all.
Aya ~