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Autore: Kseniya    26/11/2013    6 recensioni
Mi fissa come un cretino, aspettando speranzoso una mia risposta.
Non è da lui comportarsi così e soprattutto chiedere un favore proprio a me.
Deve essere importante.
Sbuffo sempre più scocciato. “Che cosa vuoi?”
Mi onora di un sorrisone a trentadue denti. Boris solitamente non sorride, mostra i denti – o al massimo ghigna. Un po' come Yuri.
Dunque devo averlo fatto contento.
Volente o nolente.
… Sinceramente? Non me ne può fregar di meno!
[...]Vederlo disteso su un letto d'ospedale mi ha fatto crollare emotivamente.
Non potevo sopportare l'idea che il mio capitano, nonché compagno di una vita e di mille avventure, lottasse per la sua vita.
Andare a trovarlo per me è stato un vero patimento. L'orario di visita dell'ospedale non era mai abbastanza... Passavo ore e ore a parlare con lui, nella speranza che potesse sentirmi.
[...]Maledico me stesso sapendo che tutto questo l'ho voluto io, perché non sono stato capace di perdonarla.
Maledico me stesso mentre rimango fermo a guardarla andare via con l'amaro in bocca.
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E' pur sempre il nostro capitano.

~ Capitolo 3.



Kei's point of view


Che ore sono? Le diciotto e cinque minuti.
Huznestov ha rincasato poco fa, pregandomi di accompagnarlo a comprare un tacchino.
La sua innata abilità di scocciatore riesce sempre a stupirmi.
Proprio quando decido di dare libero sfogo del mio essere asociale, lui puntualmente si presenta dinanzi a me – con quella sua solita espressione da cretino – chiedendomi di andare con lui a fare le più improbabili commissioni che una persona possa fare.
Ho accettato di accompagnarlo, grugnendo per la centesima volta in una giornata.
Lo accompagno giusto per prendere una boccata d'aria, sia chiaro.
Ci avviciniamo alla macchina – una sorta di catorcio dell'88 che hanno ancora il coraggio di definire “automobile”.
Boris si siede al posto guida. Partiamo male, molto male.
Do dimostrazione di tutto il mio disappunto attraverso un'occhiata.
“Cosa c'è?” mi chiede, stranito.
“Guido io.”
Inarca un sopracciglio, ha un'aria decisamente discordante. “Per quale assurda ragione?”
Lo scanso con forza, sedendomi al suo posto. “Sali in macchina e basta.”
Sbuffa, ma obbedisce. Gli conviene.
“Sei veramente insopportabile, Hiwatari.”
Lo ignoro, onde evitare stupide e patetiche discussioni.
Ne ho già sopportate abbastanza, per oggi.
Fortunatamente Yuri è abbastanza furbo da zittirli, accontentando i loro capricci. Ha una pazienza invidiabile, in effetti.
Metto in moto e imbocchiamo una strada alberata. Non so qual è la destinazione, sarà il caso di chiederlo a Boris.
“Dove siamo diretti?”
Abbassa un poco il finestrino e si accende una sigaretta, assumendo un'espressione rilassata e tranquilla.
“Dal vecchio contadino che abita all'inizio della strada.”
Ah, sì. Il signor Fursevich.
Un vecchio pazzoide che vive solo in una catapecchia che rischia di cadere a pezzi da un momento all'altro. Ha un pollaio tutto suo e ogni gallina ha un nome diverso.
Va avanti bevendo whisky e masticando tabacco. Non so quanto gli resti da vivere continuando con questo stile di vita...
E' perennemente ubriaco e l'ultima volta che siamo andati a comprare da lui si è spazientito a tal punto da inseguire Ivan e Yuri con un forcone.
Ora mi è chiaro il motivo per cui Boris ha insistito tanto ad accompagnarlo...
Maledetto scocciatore!
“E' per questo che hai voluto che venissi con te, Boris?
Per farti proteggere dal tizio strambo con il forcone?”
Boris abbocca alla mia provocazione, difatti il suo viso si piega in un broncio. “Non ho bisogno di farmi proteggere da nessuno, Hiwatari.”
Fa un altro tiro di sigaretta, soffiando fuori il fumo dal naso. “E poi quel tizio è veramente fuori di testa; non mi stupirei se tirasse fuori un fucile.”
Ghigno compiaciuto e divertito all'idea di vedere Boris schivare furtivamente una manciata di proiettili sparati dritti su di lui.
Se dovesse succedere, sarei letteralmente in un brodo di giuggiole!
Mi goderei lo spettacolo con tanto di pop-corn.
Arriviamo a destinazione e parcheggiamo davanti al vialetto che conduce alla porta d'ingresso.
Il giardino ha un aspetto abbandonato e trasandato; è evidente che questo contadino non se ne occupa ormai da secoli.
Dovrò stare attento alle zecche, a quanto pare.
Ci fermiamo davanti alla porta, nessuno dei due sembra intenzionato a suonare il campanello per primo.
“Allora? Cosa aspetti? Suona.”
Boris mi guarda come se avesse visto un fantasma, spalancando gli occhi e accentuando ancora di più la sua solita espressione da cretino.
“Perché non suoni tu?”
Sbuffo scocciato. Sto già iniziando a non sopportarlo più.
Mi decido a suonare il campanello, accontentandolo.
Sulla soglia compare un vecchio, non molto alto e con i vestiti sporchi di fango.
Puzza di alcool, ho il volta stomaco.
“Che cosa volete?” chiede con poca educazione.
Io e Boris ci scambiamo qualche occhiata complice: chi dei due gli spiega il motivo della nostra visita?
Ma questa volta non lo accontenterò, non sono mica Yuri.
Gli do un calcio sugli stinchi, dedicandogli uno sguardo spazientito.
Si gratta la nuca, è imbarazzato. Abbozza persino un sorriso alquanto stupido.
“Ehm... sì. Siamo qui per comprare un tacchino.”
Mi accorgo solo ora che il vecchio tiene una benda da pirata sull'occhio sinistro.
“Comprare? Io non ho tacchini surgelati.”
Boris assume un'aria vacua, il classico atteggiamento di chi è appena caduto dalle nuvole.
“Come no? So che ha un allevamento di tacchini.”
Il signor Fursevich annuisce, accennando un sorriso maligno. “Corretto. Ma non ho tacchini morti.”
Sputa del tabacco per terra, per poi cominciare a biascicare fastidiosamente.
Ho i nervi a fior di pelle, mi sto irritando.
Riprende parola: “Dovrete catturarlo e ucciderlo.”
“Cosa?!” esclama Boris, sconvolto.
“Suvvia, giovanotto! Anni di addestramento alla Borg ed esiti nell'ammazzare un animale?”
“Alla Borg non mi hanno addestrato a decapitare tacchini!”
E perché avrebbero dovuto, d'altronde?
Questo vecchio è davvero pazzo.
“Imparerai oggi.”
Mi acciglio e incrocio le braccia al petto, avanzando di un passo. “Che vuoi che sia ammazzare un tacchino, Huznestov?
Non ti credevo così femminuccia!
Il vecchio contadino scoppia in una rumorosa risata, spalancando la bocca e mostrandoci il tabacco che sta masticando.
Tengo a stento conati di vomito... un po' di ritegno!
“Giovanotto, quelle sono bestie intelligenti e piene di sorprese!”
Si guarda intorno, con fare circospetto – come se temesse che qualcuno ci stia spiando.
Al che mi sorge spontanea una domanda: chi potrebbe mai essere interessato ad un discorso simile?
“Lottano per la sopravvivenza e sono pronti a tutto pur di salvarsi le penne. E un attimo prima di morire...” si avvicina al viso di Boris, costringendolo ad irrigidirsi dopo aver indietreggiato un poco. “...Ti guardano dritto negli occhi, giurando vendetta!”
Ok, è appurato: questo ha qualche rotella fuori posto!
Boris rimane basito, senza parole.
Non lo biasimo.
“Un tacchino che giura vendetta? Tsk! Ma per favore...”
Ora l'attenzione del contadino pazzo è dedicata solo a me.
Di male in peggio!
“Non mi credi, ragazzo? Aspetta di vedere questo...”
Solleva la benda che copre l'occhio, esibendo la sua orbita oculare vuota e la palpebra molla e grinzosa.
Boris urla schifato, mettendosi una mano davanti agli occhi.
“Copra quello schifo!”
Per una volta sono d'accordo con Huznestov: gli conviene coprire alla svelta quell'orrore, prima che mi accinga a dare fuoco a lui e ai suoi maledetti tacchini!
Fortunatamente si ricopre l'occhio, ridendo divertito.
Meglio così: risparmierò in benzina e in acceleranti vari.
“Senta, non ho tempo da perdere con lei. Mi porti da questo tacchino e facciamola finita!”


Yuri's point of view


Mi distendo sul divano della sala, cercando di rilassarmi.
Finalmente posso concedermi un po' di pace e tranquillità. Ho chiuso a chiave la porta, in questo modo sono sicuro che nessuno potrà disturbarmi.
Sento il cellulare vibrare, lo estraggo dalla tasca dei jeans. Mi è appena arrivato un messaggio.
Spero non sia Boris che mi informa di aver distrutto la macchina.
Oggi sono poco tollerante nei suoi confronti e questo motivo sarebbe sufficiente per strangolarlo con le mie mani.
Apro il messaggio e lo leggo:


Da: El

«Auguri di buon compleanno in ritardo.»


Non mi aspettavo un suo messaggio. Non me lo aspettavo proprio.
Rimango pietrificato con gli occhi fissi sullo schermo.
Inizio a farmi prendere dal nervoso e lo intuisco dalle mani che tremano.
Digrigno i denti.
E pensare che ne ho parlato giusto oggi con Sergey, dicendogli che sento la sua mancanza...
Non ho mentito, purtroppo è la pura verità.
Ma preferisco dover sopportare alcuni momenti di malinconia, piuttosto che ritornare con lei.
Perdonarla per quello che ha fatto, sarebbe una cosa impossibile...
Tuttavia rispondere è cortesia. Alla fine è stata carina a farmi gli auguri.
Avrebbe potuto non farlo, visto il modo con il quale l'ho trattata quando ho deciso di lasciarla.
Ho esagerato, lo so. Ero in collera, ero fuori di me.
Ma ormai è troppo tardi per tornare indietro, inutile piangere sul latte versato.
Solitamente non torno sui miei passi, se prendo una decisione rimane quella.
Non cambio idea.
Digito la risposta, pensando accuratamente a cosa scrivere:


«Grazie. A proposito: buona vigilia di Natale.»

 


Mi chiedo con chi passi il Natale, in effetti.
So da tempo che ogni tanto si vede con Boris.
Quest'ultimo ha sempre preferito tenermelo nascosto, pensando che non lo venissi a sapere. Ancora non mi capacito del perché.
Non avrei avuto nulla in contrario, esattamente come non ho niente da ridire ora.
Mi fa piacere che mantengano un rapporto d'amicizia.
Tutto sommato sono cresciuti insieme, non posso pretendere che si eliminino a vicenda dalla loro vita.
Anche se sono dell'opinione che El se lo meriterebbe.
Provo ancora della rabbia nei suoi confronti.
Non me ne stupisco: in fondo sono sempre stato un tipo rancoroso.
Ma non medito vendetta nei suoi confronti, non mi pare il caso.
Tra me e lei è semplicemente finita, niente più e niente meno.
Prima o poi la dimenticherò del tutto. Ho solo bisogno di un po' di tempo.
La risposta giunge quasi nell'immediato:


Da: El

«Grazie, altrettanto.»


Blocco la tastiera del cellulare, intenzionato a non risponderle più.
Chiudo gli occhi, cercando di scacciare via la sua immagine dalla mia mente.
Qualcuno bussa violentemente alla porta.
Evidentemente è destino che io non possa avere un minuto di tregua!
Se un giorno comparirà sul giornale la notizia attenente al sottoscritto che compie una strage, non domandatevi il perché!
“Yuri! Apri la porta!”
E' Ivan, quel maledetto gnomo malefico.
Ri-drighigno i denti.
Non mi alzerò mai da questo divano, cascasse il mondo.
“Sparisci, Ivan!”
“Boris ha distrutto la macchina!”
Non ci casco questa volta. E' una scusa vecchia ormai.
L'ultima volta che ho creduto ad una cavolata simile mi
sono precipitato fuori dalla doccia, scivolando in terra e correndo all'ingresso del monastero completamente nudo.
Ancora mi echeggiano nella testa le risate di Ivan.
“Non mi fregherai di nuovo, Ivan. Mettiti l'anima in pace.”
Lo sento imprecare contro ogni santo esistente e conosciuto.
“Stai cominciando ad assomigliare sempre più a quell'egocentrico di Hiwatari, sappilo!”
Che patetiche provocazioni...
Ci vuol ben altro per farmi perdere la pazienza!
La sua presenza, per esempio, è più che sufficiente.
“Vattene.” sibilo, sperando di ottenere il risultato che spero.
Altre imprecazioni.
“Sei talmente stronzo che non ti degni di stare con noi neanche alla vigilia di Natale!!”
Sospiro, esasperato.
Sono anni che mi conosce, anni che viviamo insieme, e ancora non ha capito in che cosa consiste il mio carattere.
Non sono di compagnia. Non che sia un asociale patentato come Kei, ma ogni tanto necessito di stare solo con me stesso.
Ma questo è praticamente impossibile con delle spine nel fianco come i miei compagni.
“A cena staremo insieme.”
E con questo spero di troncare il discorso qui.
“Boris è proprio stupido a voler fare tutto questo per te!”
Mh? Perché, cosa sta facendo Boris per me?
Questa mi è nuova.
E mi incuriosisce talmente da convincermi ad alzarmi e ad aprire la porta.
Vedo Ivan con entrambe le mani posate sulla bocca e con il classico sguardo di chi si è lasciato scappare qualcosa che avrebbe dovuto tenersi per sé.
“Bene, bene... cosa state architettando alle mie spalle?”
La cosa inizia ad interessarmi, oltreché a divertirmi.
Vedo Ivan in difficoltà; non sa che cosa inventarsi.
“Accidenti a me e alla mia lingua lunga!”
Fa per andarsene, ma io lo blocco per un braccio e lo strattono verso di me.
“Aspetta un secondo, gnomo. Hai fatto trenta, ora fai anche trentuno.”
Cerca di liberarsi dalla mia presa, senza successo.
Al terzo tentativo ci riesce. Credo di averlo stretto un po' troppo, visto l'alone rosso sul polso.
I segni dei miei polpastrelli sono piuttosto evidenti.
“Sto ancora aspettando una risposta...”
“Non ti dirò niente! Anzi, non ho niente da dirti!” mi dice nervosamente.
Sorrido e lo guardo con fare indagatore, lo sto mettendo in imbarazzo.
Le sue gote avvampano e tendono ad essere sempre più rosse.
A questo punto non riesco a trattenere una risata, forse la prima della giornata.
Mi guarda sempre più irritato.
Far perdere la pazienza ad Ivan è un gioco da ragazzi.
Tuttavia sono ancora intenzionato a scoprire a che cosa si stava riferendo.
Boris che fa qualcosa per me?
Non riesco proprio ad immaginare una cosa simile.
E' sempre stato maggiormente propenso ad infastidirmi o a fare il dispettoso nei confronti del sottoscritto.
Il massimo che fa è pagarmi da bere e farmi ubriacare.
Niente di più.
“Ora, con permesso, ho delle cose da fare! Torna nella tua cella di isolamento, Ivanov!”


Boris's point of view


“Questa me la paghi, Huznestov!”
Sarà la ventesima volta nel giro di dieci minuti che me lo ripete.
Ormai è diventata una lenta e noiosa cantilena...
Tutto questo per un maledetto tacchino che ci ha fatto dannare!
Non riuscivamo a catturarlo, si agitava e dimenava sotto la nostra presa, per poi ferirci con il becco e con gli artigli delle zampe.
E' riuscito a graffiarmi una guancia, sembro uscito da un combattimento! ...di polli clandestino!
Alla fine abbiamo optato per cercare disperatamente una rosticceria aperta.
Abbiamo girato per il centro di Mosca, finendo la benzina e dovendo spingere la macchina fino al distributore vicino – lontano venti minuti a piedi dal punto in cui ci eravamo fermati.
Ha pure iniziato a nevicare e, secondo le previsioni meteo, tra non molto ci sarà una bufera di neve.
Questo Natale ci toccherà festeggiarlo senza il tacchino servito per cena.
Tutti questi sforzi per niente...
Beh, se non altro sono riuscito a comprare i regali per Yuri.
Appena tornerò al monastero mi consolerò con un bel bicchiere di vodka!
“Mi togli una curiosità?”
Rimango sorpreso: non mi sarei mai aspettato che Kei mi rivolgesse una domanda senza insultarmi o minacciarmi di morte.
Annuisco, guardandolo con curiosità.
“Per quale motivo ti sei ostinato così tanto a fare un regalo di compleanno e di Natale per Yuri? Gli anni scorsi, da quanto so, non lo hai mai fatto.”
Devo averlo stupito parecchio per pormi tale domanda. In effetti non è un gesto che una persona si aspetterebbe da uno come me...
Semplicemente volevo dimostrarmi riconoscente nei suoi confronti per tutto quello che ha fatto per me, per noi. Per tutto quello che ha fatto per la squadra.
Mi rendo conto che non è facile convivere con noi, dover sopportare i difetti di tutti.
Ci accontenta sempre, si occupa di tutti noi come se fossimo suoi figli.
E quest'anno, a discapito degli anni precedenti, lo vedo più stanco e notevolmente più nervoso.
Da quando è uscito dal coma non si è mai ripreso completamente.
Lo vedo accusare la stanchezza fisica maggiormente, ma soprattutto lo vedo molto scoraggiato e molto insicuro di sé.
Basta un banale mal di testa per mandarlo in crisi.
Si sente malato, da buttar via.
E questo mi fa star dannatamente male.
Vederlo disteso su un letto d'ospedale mi ha fatto crollare emotivamente.
Non potevo sopportare l'idea che il mio capitano, nonché compagno di una vita e di mille avventure, lottasse per la sua vita.
Andare a trovarlo per me è stato un vero patimento.
L'orario di visita dell'ospedale non era mai abbastanza...
Passavo ore e ore a parlare con lui, nella speranza che potesse sentirmi.
E la paura di perderlo, di vederlo spegnersi davanti ai miei occhi, incrementava di potenza sempre più.
Giorno dopo giorno.
Minuto dopo minuto.
E' stata una sensazione orribile, che non riesco neppure a descrivere...
Ma come spiegare tutto questo ad Hiwatari?
Non capirebbe mai, non potrebbe neanche lontanamente comprendere come mi sono sentito in quel periodo.
“Il motivo è semplice: è pur sempre il nostro capitano”.
Fa per rispondere, ma qualcosa lo blocca.
Lo vedo spalancare gli occhi e piegare il viso in una smorfia terrorizzata.
Allunga il braccio all'altezza del mio sterno, per poi stringermi saldamente la spalla.
Buffo. Mio padre faceva la stessa cosa quando eravamo in macchina e frenava bruscamente o all'improvviso.
Un momento...
Guardo nella stessa direzione in cui sta guardando Kei.
Una luce bianca, accecante, mi stuzzica la vista.
Sono degli abbaglianti quelli?!
Vedo le due piccole sfere luminose farsi sempre più grandi, avvicinarsi pericolosamente di secondo in secondo.
Preso dall'istinto, serro gli occhi.
Non mi sto rendendo conto di quello che sta succedendo, ma l'inconscio mi dice che farà male.
La presa di Kei aggrava di peso e forza sulla mia spalla.
Il cuore scalpita all'impazzata contro il mio petto. Sento le pulsazioni perdere controllo e farsi sentire in ogni parte del mio corpo, in particolare in gola.
Lo stomaco viene attaccato da un senso di pesantezza insopportabile.
E poi... Buio.
Percepisco qualcosa di tagliante e ruvido sfiorarmi il viso.
Il rumore dei vetri infrangersi, il boato assordante di due oggetti metallici scontrarsi fra di loro.
Sento la mano di Kei allentare la presa e il braccio cedere sopra le mia gambe.
Le palpebre mi pesano, non riesco ad aprire gli occhi.
Qualcosa di caldo scivola lungo la linea dei miei zigomi marcati, scendendo fino al collo. Mi provoca dei brividi che vanno ad insistermi sulla schiena.
Un retrogusto metallico mi stuzzica il palato, portandomi alla nausea.
La testa mi scoppia. Sto impazzendo.
Sento le tempie pulsare e procurarmi delle fitte angoscianti.
Non distinguo i suoni, non percepisco più quello che ho intorno.
I miei sensi sono come impazziti.
Riesco solo a sentire il suono indistinto del mio battito cardiaco che mi echeggia nelle orecchie.
Tum. Tum. Tum...

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Mi sento scuotere per una spalla.
Una voce che ancora non riesco a riconoscere sta evocando il mio nome.
“Boris!”
La voce sembra provenire da lontano...
Apro gli occhi, l'immagine che vedo per prima è sfocata.
“Boris, dannazione, svegliati!”
La sagoma indistinta inizia a somigliarmi a Kei.
Riconosco i suoi grandi occhi viola, i lineamenti dolci e il viso perennemente imbronciato.
Ora riesco a metterlo bene a fuoco e mi convinco: è Kei a chiamarmi.
E' inginocchiato affianco a me.
Mi guardo attorno spaesato, sentendo le vertigini tormentarmi la testa.
Abbiamo avuto un incidente?
Eppure tutto quello che ho intorno dell'ambiente circostante mi ricorda il granaglio del signor Fursevich...
Che strano... che stessi sognando?
“Abbiamo avuto un incidente?”
L'espressione imbronciata di Kei sparisce dietro ad una nuova espressione vacua.
Sembra non capire quello che sto dicendo.
“Quale incidente?”
Mi tiro su a sedere, visto che fino a poco fa ero disteso in terra.
L'umidità del terreno si è impregnata nei miei vestiti.
“Abbiamo fatto un frontale con un'altra macchina!” inizio, completamente in preda dell'agitazione. “Abbiamo distrutto la macchina, Yuri ci ucciderà! E la tua guida fa schifo!”
Kei inarca un sopracciglio e il suo sguardo lascia traspirare i suoi pensieri: crede che sia matto!
Si rimette in piedi e incrocia le braccia ai piedi, per poi abbassare le palpebre lentamente. “Ma quale frontale, Huznestov? Il tacchino, scappando, ti ha fatto cadere un secchio in testa!” mi spiega con un tono di voce serio ed autoritario, quasi scocciato di dover raccontare la vicenda trascorsa. “E sei svenuto come un salame! Stavi solo sognando beatamente.” continua, puntando le iridi ametista sulle mie verdi.
Sento un calore improvviso concentrarsi sul mio viso, in particolare sulle guance.
“S-sono svenuto?!”
Evidentemente sto arrossendo vergognosamente.
Kei annuisce, continuando a fissarmi.
Maledetto tacchino! Se lo prendo lo ammazzo!
Mi guardo intorno per cercarlo; lo vedo nascosto dietro un rastrello. Lo stesso rastrello con il quale ho cercato di colpirlo.
Mi guarda con sfida, lo vedo!
Come osa? Sto iniziando ad odiarlo!
“Questa me la paga! Fosse l'ultima cosa che faccio!”
Gli angoli della bocca di Kei si curvano all'insù, dando vita ad un sorriso beffardo.
“Ti ha messo al tappeto fin'ora, te lo ricordo.”
Messo al tappeto da un tacchino?! Che umiliazione!
Sento l'orgoglio bruciarmi dentro.
Questo è troppo!
Mi tiro su in piedi, sfidandolo con lo sguardo.
Prendo la rincorsa e mi lancio su di lui.
“All'attacco!!!”





Ebbene sì: il nostro caro Bobo-chan non è in grado di catturare un tacchino. Quest'ultimo l'ha persino messo al tappeto, facendogli credere di aver avuto un brutto incidente in macchina. Sogna, sogna Boris... puoi! :-D L'idea mi è stata data dal mio caro Ivan Shrooms, che guardando un episodio de “La Vita secondo Jim” ha ritenuto calzante l'avvenimento con la storia. E Kei, come a suo solito, non manca di occasione per farlo sentire un completo idiota – con la sua solita espressione da cretino XD! Questo è il penultimo capitolo della storia, nel prossimo vi onorerò di un finale degno di essere considerato tale ^w^! Ringrazio la mia cara Lumik, il mio amore Elysabeth91, Ps I love You e il mio compagno di avventure Ivan Shrooms per aver commentato il capitolo precedente; siete fantastici! <3 Ringrazio a tutti coloro che hanno letto, sempre nella speranza di poter ricevere un parere anche da loro un giorno! Al prossimo capitolo, miei cari! :-P

Vostra Pich.

   
 
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