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Autore: Berry Depp    29/11/2013    2 recensioni
La vita di Gale Wasowsky, figlio di Mike e Celia, non è granché, soprattutto quando suo padre lo iscrive alla Monsters University, dove si trova sempre peggio, finché non incontra la bella Sunny e... tutto cambia!
dal quarto capitolo:
" -Questa è la tua camera. Dormirai con Sank, il che non dovrebbe recarti molti problemi, visto che non parla mai- Jem era fin troppo emozionato mentre faceva fare il giro turistico della casa a Gale, contento solo dell’ultima informazione: non avrebbe dovuto parlare per forza col suo compagno di stanza."
P.S. dedicata al grande Tonino Accolla, doppiatore del mostro più simpatico di questo mondo... e dell'altro! xD
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il natale si respirava nell’aria. Tutti i mostri avevano abbellito l’intero campus con lucine e festoni e addobbi di ogni tipo.
Gale era felice. E questa volta Sunny non era accanto a lui. Era dovuta andare a casa delle Mostre perché le era arrivata una lettera e ora lui era solo a passeggiare per le strade del campus col sorriso sulle labbra e le mani dietro la schiena, al collo una sciarpa verde e azzurra.
Quello era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze e non desiderava altro che tornare a casa per un po’, per stare con la sua famiglia. L’unica cosa che lo preoccupava era il fatto di dover salutare Sunny e non rivederla fino a inizio gennaio. Dopo l’episodio dell’uscita con Marx non aveva più trovato il coraggio di chiederle di stare con lui. Stupido.
Apocalisse era appollaiato sulla sua spalla, anche lui aveva una piccola sciarpa gialla che lo copriva e giocava con i serpenti sulla testa del padrone.
Gale sentì le urla di Sunny che si dirigeva verso di lui. Si voltò e vide che la mostriciattola si sbracciava per dirgli qualcosa che non capiva. Quando arrivò cominciò a dire parole su parole, senza far capire a Gale un accidenti, così lui la fermò e le fece prendere fiato.
  -Okay, okay, sto bene- si riprese Sunny –leggi questa- e gli porse la lettera che aveva ricevuto.
Gale lesse ad alta voce: -“Cara Sunny, tu non mi conosci e io non conosco te, ma l’altro giorno tua madre mi ha chiesto di ospitarti a casa mia per le vacanze natalizie, visto che lei non potrà essere a casa per problemi di lavoro. Non vorrei che tu ti senta in imbarazzo come mi sento io, perciò ti tranquillizzo dicendoti che io passerò le vacanze con degli amici che hanno un figlio della tua età, magari potreste fare amicizia. Vivo a Mostropoli, quindi prendi il bus per la città. Ti aspetto. Tuo, papà.”
Gale inarcò le sopracciglia: -Wow...
  -Lo so. Non è fantastico? Conoscerò finalmente mio padre!- esultò Sunny al settimo cielo –Ma non so se essere arrabbiata con lui perché non si è mai fato vedere o contenta perché mi ha pagato l’università e mi sta ospitando a Natale. Beh, due batte uno. Sono felicissima!
  -Mostropoli, eh?- fece Gale -È dove sto io. Potremo prendere il bus insieme e continuare a vederci, se tuo padre non abita lontano da casa mia.
  -Già. Oh, Gale! Io vedrò mio padre! L’ho sempre voluto, mamma parla sempre bene di lui e le dispiace non averlo sposato.
Gale continuò a guardarla, felice anche lui di vederla così esuberante. Saltellava ovunque, con quel sorriso sulle labbra e gli occhi pieni di allegria. Si rese conto che era lei l’unica persona che lo faceva stare bene in quel posto. E che frequentare l’università non era stata poi una cattiva idea. Ringraziò in silenzio suo padre.
 
Ventidue dicembre. Le valigie sembravano più piene di quando Gale era arrivato. Indossò la sua felpa blu e la sciarpa e tirò i suoi bagagli fuori, respirando affondo l’aria frizzante di quella mattina d’inverno. La neve scendeva lentamente dai nuvoloni grigi che oscuravano un pigro sole chiaro che usciva allo scoperto solo quando voleva. I bus erano stracolmi e partivano ogni cinque minuti l’uno dall’altro.
C’era chi andava a Mostrolandia, chi a Mostrotown, chi a Mostrocity, chi a Mostromostro... Gale pensò che chi aveva fondato quelle città non aveva avuto un gran fantasia.
Ecco il bus per Mostropoli. Si guardò intorno e vide Sunny che si dirigeva sorridente verso di lui, con un trolley stracolmo di vestiti, libri e tutto ciò di cui aveva bisogno. Si salutarono e salirono sul pullman, Sunny frizzante come l’aria di quella mattina, Gale felice di tornare a casa.
Dopo alcune fermate, finalmente arrivarono a quella del loro quartiere. Ad aspettare Gale c’erano i suoi genitori e Sulley.
Quando Gale scese dal pullman, tese la mano all’amica che l’afferrò e si ritrovarono davanti alla famiglia del mostro.
  -Mamma, papà, zio Jimmy. Lei è...- ma Gale non fece in tempo a completare la frase, che Sulley lo interruppe.
  -Sunny- fece –Sunny Moritz. È esatto?
  -S... si. Io mi chiamo Sunny Moritz- si presentò lei guardandosi intorno, per cercare suo padre.
  -Già- disse in un soffio Sulley. Poi si rivolse agli altri tre: -Mike, Celia, Gale... vi presento mia figlia.
 
 
Prima non capirono. Poi rimasero stupiti. Infine si imbestialirono.
  -Che cosa?- sbraitò Gale per primo. Si sentiva imbrogliato, umiliato e anche uno stupido: Sunny assomigliava parecchio a Sulley, ma non ci aveva mai fatto caso –Che significa?
  -Sai, Gale, quando due mostri si vogliono tanto bene...- cominciò Mike, che si zittì notando l’occhiataccia che Celia gli aveva lanciato.
Sulley sbuffò, rivolgendo un’occhiata a Sunny, che non sapeva quali emozioni provare. Era rimasta in silenzio a bocca aperta, a formare una sorta di mezzo sorriso soddisfatto e una smorfia isterica.
  -Qualche giorno fa tua madre mi ha chiamato e mi ha chiesto se potevo ospitarti durante le vacanze natalizie. Io non sapevo cosa dirle, non ti ho mai vista di persona, tua madre mi ha mandato una fotografia per riconoscerti quando saresti arrivata, ma questa è la prima volta in cui ti vedo in carne e ossa e...- smise di parlare e portò entrambe le mani a coprirsi la faccia, con un sospiro.
Celia capì che non era il posto giusto per parlare di certe cose e decise di tornare a casa. Così fecero, nessuno aprì bocca durante la strada per il ritorno. Quando arrivarono a casa Wasowsky fece accomodare Gale, Sunny e Sulley sul divano del salotto e andò a preparare loro qualcosa. Solo Mike rimase con loro e dall’occhiata che lanciò a Sulley, questi capì che doveva raccontare tutto, per filo e per segno. Così fece: -Diciotto anni fa fui invitato ad una festa organizzata da un mio collega della Monsters & Co. per festeggiare il suo nuovo incarico. Dovetti andarci da solo, perché Mike si era ammalato e Celia lo aveva costretto a restare in casa. Andai alla festa, mi divertii, fino a ciò tutto  normale. Poi vidi una mostriciattola assai carina che attirò la mia attenzione. Con una scusa le offrii da bere e parlammo tutta la serata finché... si, beh... credo si possa intuire... Quando la festa finì ci salutammo e Celia mi chiamò dicendomi che Mike era finito in ospedale perché stava davvero male. Allora dovetti scappare e dimenticai di darle il mio numero e chiederle il suo. Il giorno dopo, quando Mike fu dimesso dall’ospedale, andai a lavoro e cercai il collega che aveva dato la festa per chiedergli di aiutarmi a contattare la ragazza, ma scoprii che il giorno dopo la sua promozione era stato licenziato e andò via dalla città senza più farsi sentire. Davvero, cambiò numero di telefono, nome e tutto quello che sarebbe potuto servire per trovarlo. Per questo non trovai più tua madre. Lei però, in qualche modo, riuscì a farsi dare il mio numero e l’unica volta che mi chiamò fu per chiedermi questa cortesia. Sinceramente, dopo tutto questo tempo non me la sento di richiamarla. Mi dispiace, Sunny, davvero. Ma non sai quanto è difficile.
  -Papà- disse Sunny in un soffio –pa... pà- scandì di nuovo –suona bene!
Sulley inarcò le sopracciglia, Gale le corrugò, Mike rimase impassibile. Il ragazzo si alzò dal divano e andò in camera sua, senza dire una parola mentre Celia tornava con un vassoio dove trasportava le tazze del tè e i biscotti.
  -Quel ragazzo è impossibile- disse Celia scrollando le spalle.
  -No, Celia, ha ragione- sospirò Sulley –devo chiedergli scusa, devo chiedere scusa a Sunny per non essermi fatto vivo.
  -Tranquillo, papà, io ti perdono.- fece Sunny sorridente -Dovremmo passare del tempo insieme, magari andando all’anagrafe per cambiare il mio cognome in Sullyvan.


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Cabina del Capitano:
Al solito chiedo umilmente perdono, vi prego di scusarmi, bla bla bla... mi sembra inutile raccontarvi le solite cose noiose che faccio durante le mie settimane, ma mi sento una troglodita per averci messo tutto questo tempo per completare due pagine di storia, per giunta manco venute bene, secondo me.
Comunque, mi basta sapere che c'è chi continua a seguirmi e che recensisce, così la mia autostima non è esattamente sottoterra ma un po' più su.
Detto questo, chiedo nuovamente venia.
Andate e moltiplicatevi (nel senso che mi piacerebbe ricevere più recensioni, non fraintendetemi, pervertiti!)
BD
 
  
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