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Autore: Beauty    29/11/2013    6 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ghostly, Deadly Beautiful
part 3
 
Uscirono dalle cucine del castello, e dovettero ripercorrere in senso opposto il lungo e stretto corridoio che avevano attraversato in precedenza per arrivarvi. Era stata Anya a insistere, mentre Vincent avrebbe voluto invece cominciare dal piano superiore: ma che senso aveva partire dall’alto? Non dovevano dare niente per scontato, tanto valeva partire dal piano terra.
Purtroppo, il suo piano di ricerca aveva condotto a niente più che un buco nell’acqua, e Anya sapeva che la sua guardia del corpo, più presto che tardi, avrebbe trovato il modo di farle un dispetto per averlo contraddetto. Ormai se l’aspettava: Vincent doveva essere un tipo parecchio vendicativo, e in quel momento aveva la stessa espressione corrucciata e contrita di chi si è appena beccato un calcio negli stinchi e non aspetta altro se non fare lo sgambetto a chi glielo ha sferrato. Ma non era il suo malumore quello che la preoccupava: anzi, con tutto quello che le stava capitando, Anya non avrebbe neanche saputo dire con certezza cosa le premesse di più in quel momento. Ma di certo trovare la bellezza nella morte rientrava nella top ten.
Il corridoio conduceva dove erano entrati, nell’atrio del Castello di Rovi. Una grande sala con un pavimento a mosaico i cui tasselli erano spezzati, sporchi o anneriti, in modo tale che era ormai impossibile decifrare cosa ci fosse stato raffigurato un tempo. Intorno ad essa si aprivano numerose vie, più che altro corridoi costellati da porte e stanze laterali, ma ciò che spiccava di più era una grande scalinata in pietra che assumeva una forma ad arco, con una rampa di gradini che si divideva in due a una certa altezza. Ormai, Anya credeva di avere più o meno idea di come potesse essere fatto quel palazzo. Si era costruita una mappa mentale, e con quella cercava di orientarsi: al piano terra dovevano esserci le stanze “minori”, quelle adibite alla servitù, le cucine, e i vari magazzini…mentre ai piani superiori, supponeva, dovevano esserci le camere più importanti, quelle in cui abitava la famiglia reale…e la principessa Rosaspina.
La bella addormentata…
Anya rabbrividì, anche se non seppe dire se fu a causa dell’ennesimo cadavere che le sorrise non appena ebbe rimesso piede nell’atrio o se per la consapevolezza della fine orribile che doveva aver fatto quella principessa. Ecco, pensò, quella era una delle fregature delle fiabe: o avevi un bel principe che ti baciava al momento opportuno, o eri fottuta, stando a quello che le aveva spiegato Vincent.
- Tu come sapevi di tutto questo?- chiese, rabbrividendo quando la sua voce rimbombò contro l’alto soffitto dell’atrio. Vincent la guardò appena.
- Sapevo cosa?
- Della bella addormentata - precisò la ragazza.- Prima, quando mi hai raccontato cosa era successo qui, sembrava che conoscessi bene la sua storia…- Anya preferì lasciare in sospeso la frase, sperando che comprendesse l’allusione. Anche se non voleva ammetterlo, non riusciva a rassegnarsi all’idea di avere a che fare con un comprimario delle favole: okay, il nome Vincent non le diceva niente, ma era ben poco per smettere d’indagare.
- E chi non la conosce? Dopo cento anni, la sua è diventata una leggenda molto famosa, in ogni reame…- spiegò l’uomo, noncurante.- La principessa condannata a un sonno di cento anni dalla sua rivale Carabosse…Un secolo è un periodo molto lungo, e in tutto quel tempo Rosaspina e i suoi sudditi non hanno fatto altro che dormire. Nient’altro. Non credo ti stupirebbe molto, se ti dicessi che in capo a due settimane o poco più sono tutti morti di fame…Il tempo ha fatto il resto.
- E perché il principe non è venuto a salvarla?- insistette Anya.- Insomma, anche se poi lei è morta, c’era tutto il tempo di venire qui e baciarla, come hai detto tu. I nani hanno detto che lui è sparito nel nulla, forse le due vicende sono collegate.
- Non ho idea del perché il Principe Filippo sia scomparso, né m’interessa. Probabilmente deve essere stata opera di Carabosse, ma tutto è possibile.
- Ma chi è, questa Carabosse?- fece Anya.- Hai detto che è la strega che ha maledetto Rosaspina, no? Ma non mi hai spiegato perché ha fatto tutto questo…Cos’è questa storia della bigamia?!
- E’ una storia lunga, e ad essere sincero non conosco tutti i dettagli. Nessuno lo sa, in effetti, forse solo la stessa Carabosse e il Principe Filippo potrebbero dire la verità…- Vincent si voltò a guardarla, parlandole con fare sbrigativo.- Si dice che Rosaspina e sua cugina Carabosse fossero rivali, c’entrava un matrimonio e anche qualcosa riguardo a una successione dinastica, ma l’intera vicenda non è mai venuta del tutto allo scoperto. Per motivi sconosciuti, Carabosse ha iniziato a praticare la magia nera, è stata soprannominata Malefica e ha maledetto sua cugina…Questo è tutto quello che so.
- E che fine ha fatto, Malefica?- insistette Anya. - E’ morta? Sono passati cento anni…
- Non credo che sia morta. Le streghe vivono molto più a lungo dei comuni esseri umani, specialmente quelle più potenti come lo era Carabosse. Certamente si è rifugiata da qualche parte, ma ci sono buone possibilità che sia ancora in vita…
- Uhm…- mormorò Anya, guardandosi intorno. Pessima idea, dato che non si vedevano altro che scheletri. Ma il pensiero che la donna che aveva dato vita a quell’ossario fosse ancora in vita non era certo meno inquietante.- Allora…dove andiamo, adesso?- chiese con voce stridula, tanto per cambiare argomento.
- Dove dico io. Abbiamo già perso abbastanza tempo con te…- la rimbeccò Vincent, superandola e dirigendosi velocemente in direzione delle scale. La ragazza lo seguì, perplessa.
- Dove…dove vai?- domandò.
- Tu hai voluto iniziare dal basso. Bene, ora io comincio dall’alto - rispose.- La leggenda narra che la camera dove giace la principessa Rosaspina si trovi nella stanza più remota della torre più alta…
- Hai intenzione di andare lì?
- No, te l’ho detto solo perché mi andava di fare conversazione…- ironizzò l’uomo, con sarcasmo pungente, estraendo una freccia dalla faretra e iniziando a salire i gradini. Anya gli corse dietro, seccata.
- Ancora non ho capito che accidenti ti è saltato in mente di portarti dietro quel coso!- sputò fuori, accennando all’arco di Vincent.- Il nano bastardo ti aveva dato la possibilità di prendere un’arma e tu…cazzo, coltelli, pugnali, fruste…con tutto quell’armamentario che ti eri portato appresso dopo essere scappato di prigione non potevi scegliere qualcosa di più utile?!
Arrabbiatura a parte, diceva sul serio. Sin dal primo istante aveva disapprovato la scelta dell’arco e delle frecce, le parevano degli oggetti inutili, specie in vista di una possibile situazione in cui sarebbe stato necessario difendersi - …cerca di uscire da lì prima che cali il sole… –, e l’unica consolazione che aveva era la spada che Vincent aveva sottratto allo scheletro di quel soldato, e che ora era assicurata alla cintura intorno alla sua vita.
- Cos’hai contro il mio arco?- ringhiò l’uomo. Evidentemente o non gli piaceva che le sue scelte venissero messe in discussione, o era particolarmente affezionato al suddetto pezzo di legno.
- Se si avvicina qualcuno pronto a farti la pelle, che fai? Glielo rompi sulla testa?
- L’ho scelto proprio per non dare a chicchessia la possibilità di avvicinarsi più di quanto io non voglia…- Vincente fece un mezzo ghigno, passando la mano inguantata sull’arco quasi a volerne saggiare la consistenza.- Questo arco è il mio migliore amico, e non mi ha mai tradito…
- Devi avere una vita sociale affollatissima, allora…- ironizzò Anya, rendendosi conto solo un secondo dopo aver parlato che c’era qualcosa di strano nel modo in cui l’uomo aveva parlato. La voce si era indurita, nell’ultima frase: in particolare, le parole migliore amico e tradito suonavano incrinate, quasi stonate, come una corda spezzata di un violino. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma non lo fece – che avrebbe potuto dire, d’altra parte? Scusa, perché hai parlato così strano? – e si limitò a continuare a seguirlo lungo la scalinata. Senza chiederle alcun parere, Vincent decise d’imboccare gli scalini della rampa destra. Anya avrebbe voluto domandargli se sapesse dove stessero andando, ma evidentemente la fortuna pareva essere dalla parte del suo accompagnatore: man mano che proseguivano, infatti, la ragazza si rese conto che, malgrado la polvere, le ragnatele e il generale stato di abbandono, nonché gli scheletri sparsi qua e là, quella un tempo doveva essere stata un’ala adibita alle funzioni monarchiche, o comunque riservata alla famiglia reale o ai suoi funzionari. I pavimenti erano anch’essi a mosaico come nell’atrio, oppure di marmo liscio. I tacchi degli stivaletti di Anya ci rimbombavano sopra a ogni passo come se stesse camminando su del vetro.
- Sta’ attenta a dove vai…- l’ammonì Vincent, guardandosi intorno con attenzione.- Non vorrei che sprofondassi in qualche cavità del pavimento, visti i precedenti…
- Perché? Ci sono fosse anche qui?
- Passaggi segreti, poco ma sicuro. Sono ben nascosti, ma se ci presti attenzione non è poi tanto difficile individuarli…- spiegò l’uomo, al che Anya lo guardò perplessa.
- Come fai a sapere che ci sono dei passaggi segreti?
- Te l’ho detto, basta starci attenti. E poi, tutti i castelli ne hanno…- Vincent svoltò l’angolo, insinuandosi in un corridoio un poco più largo, ma più breve del precedente.
- Sapresti utilizzarli?
- Se ce ne fosse la necessità, sì…- Vincent fece spallucce, sbirciando all’interno di un grande portone, molto più ampio delle altre porte, a malapena socchiuso, quel tanto che bastava per lasciare aperto un piccolo spiraglio. Anya si avvicinò a lui, sbirciando dentro a sua volta: anche se non era pratica né di quel mondo né tantomeno di favole o castelli, non le ci volle molto a indovinare che lo stanzone al quale conducevano quei due battenti era la sala del trono. La prima cosa che le saltò all’occhio furono dei drappi rossi appesi alle pareti, stracciati e sporchi, pressoché sbrindellati. Un tempo doveva essere stato velluto o qualcosa di simile. Era parecchio affollato, là dentro, data la concentrazione di scheletri che giacevano abbandonati sul pavimento o contro i muri. Due, in particolare, risultavano alquanto macabri e grotteschi: erano due cadaveri seduti scompostamente su dei troni in fondo al salone. Dagli abiti che indossavano, Anya poté evincere che si trattavano di un uomo e una donna; quest’ultima, in particolare, aveva il cranio reclinato su di una spalla in modo quasi inquietante: sembrava sul punto di staccarsi dalle vertebre del collo e rotolare a terra da un momento all’altro.
- Ti presento re Stefano e consorte - fece Vincent, con un cinismo quasi imbarazzante.- I regali genitori della principessa Rosaspina…
- Andiamo?- chiese la ragazza, in fretta, ostentando un fare sbrigativo, ma al Primo Ministro non sfuggì la luce che c’era nei suoi occhi. Inquietudine e anche una non troppo velata supplica. Come se ciò che avesse veramente voluto dirgli fosse stato: andiamo…per favore?
Si limitò ad annuire, facendole cenno di seguirlo. Lei non se lo fece ripetere una seconda volta, affrettandosi a ubbidire. Era chiaro come il sole che non vedesse l’ora di sottrarsi a quel macabro spettacolo. Il Primo Ministro non sapeva bene che cosa provasse: da una parte, trovava ridicola tutta quell’ansia di fronte alla morte – lui della morte ne sapeva molto più della maggior parte delle persone e, peraltro, aveva provato sulla propria pelle che esistevano maledizioni ben peggiori –, ma in fondo, avvertiva come un senso di pena. Gli veniva quasi istintivo girarsi e cercare di dirle qualcosa per calmarla, ad esempio che non c’era niente di cui avere paura, ma quando si rese conto di questo impulso si morse l’interno della guancia così forte da farlo sanguinare.
 
E’ talmente magra che riesce quasi a sentire le sue ossa oltre la stoffa del vestito. La stringe più forte, cercando di sussurrarle qualcosa per tranquillizzarla, ma lei non riesce a smettere di tremare. Ha avuto uno dei suoi incubi, e stavolta deve essere stato veramente brutto. E’ sconvolta; se potesse, scoppierebbe a piangere.
- Vado a prendere un bicchiere d’acqua- la voce del Cacciatore è calda, rassicurante. Forse il suo amico dovrebbe cercare di confortarla, non lui. Non è mai stato molto bravo, in questo. Ma, pensa un po’ egoisticamente, è sempre una buona occasione per tenerla fra le braccia.
- Sì, grazie…l’aiuterà…- risponde al posto suo, scoccando al Cacciatore uno sguardo grato.
- Non può continuare a ridursi in questo stato…- lo sente borbottare mentre esce dalla stanza, e non può che dargli ragione. Quegli incubi peggiorano di giorno in giorno, anche se non si può dire lo stesso della sua memoria. Non ricorda ancora nulla del suo passato ma, se è come dice il Cacciatore e quei sogni sono davvero dei ricordi, beh, allora forse è meglio che tutto rimanga oscuro come è sempre stato. Con ogni probabilità, soffrirebbe e basta. E lui non sopporta di vederla soffrire.
Nemmeno adesso.
- Mi…mi dispiace…- balbetta, e ancora trema.- Ho…ho gridato molto forte?
- No, sta’ tranquilla…
- Non volevo…non volevo svegliarvi tutti quanti…mi spiace…
- Non ti preoccupare. Cerca di calmarti, adesso…- l’abbraccia più forte, le fa poggiare il capo contro la sua spalla. E’ madida di sudore.
- Ogni notte è sempre peggio…- soffia, e la voce adesso è incrinata.
- Sono solo incubi. Passeranno presto, Marian, vedrai…
 
Inspirò a fondo, prendendo a elencare mentalmente tutto ciò che non dovevi in alcun modo fare quando eri a caccia. E si accorse che per poco non stava per infrangere una marea di regole fondamentali: come provare empatia di fronte a ciò che non era nient’altro che una preda. Mai soffermarsi a riflettere sui sentimenti del tuo bersaglio: non aveva anima, né pensieri, né emozioni, né una famiglia o una nidiata di cuccioli che lo aspettava nella sua tana. Se iniziavi a farti degli scrupoli, allora potevi anche dire addio alla cena, e quando c’era in gioco la tua stessa sopravvivenza non potevi permetterti errori o passi falsi. Mors tua, vita mea, ecco come funzionava. Anche dare un nome a chi presto sarebbe divenuto carne da macello era fuori discussione, o non saresti mai più riuscito ad ammazzarlo.
Era per questo motivo che ancora, nella sua testa, continuava a riferirsi a lei come la ragazza, né l’aveva mai chiamata per nome.
Cercò di concentrarsi il più possibile sul percorso. La pianta di un palazzo o di un maniero era quasi sempre la stessa, cosicché non gli fu molto difficile individuare la strada che conduceva alla torre più alta del castello, quella in cui, presumibilmente, giaceva la principessa Rosaspina.
Ben presto, il corridoio prese ad avviarsi al termine, e le porte iniziarono a diradarsi fino a che non ne rimase solo una, alta e stretta, dal legno così tarlato che almeno una decina di fori fungevano da tanti spioncini.
Entrambi si fermarono di fronte a essa. Vincent incrociò le braccia al petto, studiandola con lo sguardo. Anya si avvicinò, sbattendo le palpebre, un po’ perplessa.
- E’ qui che dobbiamo entrare?
- Se non ho sbagliato i miei calcoli, sì.
Senza aggiungere altro, l’uomo spinse il battente con un gesto deciso della mano. Anya temette veramente che stesse per scardinarsi. Quando si aprì, si ritrovarono di fronte un’altra scalinata.
Stavolta, si trattava di una scala a chiocciola, incredibilmente stretta e buia. Alle pareti erano infisse delle fiaccole di ferro spente e arrugginite. Anya iniziò a salire i gradini con cautela, strisciando con una mano contro il muro di pietra e cercando di tenersi il più vicino possibile a Vincent, che la precedeva di qualche passo. Il pensiero di perderlo di vista e rimanere sola in quel posto buio e umido la terrorizzava.
Il Primo Ministro, da parte sua, rallentò il passo, un po’ per orientarsi meglio nel buio e un po’ per non lasciare indietro la ragazza, ma stette bene attento a non voltarsi. Non c’era oscurità completa come la notte, ma non voleva comunque correre rischi. Non doveva guardarlo negli occhi.
Avrebbe voluto anche tirarsi il cappuccio sul capo, se non avesse saputo che, per lei, sarebbe stato quasi un invito a cercare di scoprire cosa stava nascondendo.
- Quanto pensi che manchi?- ansimò Anya, dopo un po’. Quella scala a chiocciola era estremamente ripida, e sembrava non finire mai. Vincent non rispose, continuando ad avanzare. Un attimo dopo, la serie di gradini s’interruppe, lasciando il posto a un’altra porta, se possibile ancora più malandata della precedente. Anya si avvicinò a lui, fermandosi a poca distanza dalle sue spalle.
Senza esitazione, Vincent aprì anche quella porta.
 
***
 
Di nuovo, furono investiti da quel tanfo nauseabondo, quel misto di odore di chiuso, aria viziata, polvere e puzza di cadavere. Anya si sporse un poco per vedere oltre la spalla di Vincent: a quanto pareva, l’uomo ci aveva azzeccato.
Quella era senza dubbio una camera da letto che, un tempo, doveva essere stata non poco sontuosa. Si potevano scorgere senza difficoltà una toeletta ricoperta di ragnatele, uno specchio rotto e annerito, una seggiola foderata di velluto divorato dalle tarme; Di fronte a loro, una finestra aperta lasciava intravedere in lontananza il cielo color arancio mentre il sole calava sulla Foresta Incantata, gettando ombre su di un letto a baldacchino con tendaggi rossi e coperte sporche.
Anya non sapeva se l’inquietasse di più il fatto che fosse quasi buio o l’ammasso informe che giaceva immobile sul materasso.
Vincent si avvicinò al letto misurando i passi con attenzione, stringendo convulsivamente le dita intorno all’arco. La ragazza lo seguì a ruota, standogli vicina come un bimbo piccolo avvinghiato alla madre.
- E’…è la bella addormentata, quella?- soffiò, trattenendosi dall’aggrapparsi alla sua casacca. Continuava a ripetersi che non c’era nulla di cui preoccuparsi, che quello che le stava di fronte erano solo i resti di una poveretta, un cadavere – qualcosa di innocuo, soprattutto visto e considerato il fatto che lei e sua sorella avevano ben presto imparato che i vivi erano da temere più dei morti. Ma non si sentiva comunque tranquilla: forse era solo suggestione, ma restava comunque che il sole era quasi calato. Voleva uscire da lì, e alla svelta.
Vincent annuì, senza staccare lo sguardo da quelle povere ossa.
- La principessa Rosaspina, sì - confermò, anche lui sottovoce. Non la smetteva di stringere fra le mani il suo arco. Anya vide che anche lui era divenuto improvvisamente nervoso, e faceva dardeggiare lo sguardo ora alla bella addormentata ora alla finestra. Il sole calava sempre di più.
Si avvicinarono ancora, e stavolta la ragazza riuscì a mettere a fuoco l’intera figura della principessa. Si trattava di uno scheletro, come previsto: le sue ossa erano putrefatte e annerite dal tempo, ma la sua postura si manteneva composta, quasi elegante. Rosaspina indossava un vestito che una volta doveva essere stato azzurro, magari di seta, e le ossa dei piedi nudi spuntavano dall’orlo. Era distesa supina, con le gambe distese. Dal cranio spuntavano ancora dei capelli, lunghi fino ai gomiti, che ricadevano compostamente sul cuscino. Anya pensò che, da viva, dovevano essere stati molto folti, forse biondi, ma ora erano di uno strano color grigio cenere, e spesso ciocche complete spuntavano sole in mezzo al cranio sterile e rado. Il teschio era abbandonato sul letto, con un ghigno macabro dipinto sul volto, e gli occhi privi di orbite fissavano la sommità del baldacchino.
Era uno spettacolo inquietante, macabro e grottesco allo stesso tempo, ma Anya non fece quasi in tempo ad accorgersene che la sua attenzione venne attirata da qualcos’altro, qualcosa che prima non aveva notato. Le pupille le si dilatarono in un misto di stupore e contentezza.
- L’abbiamo trovato - dichiarò Vincent, puntando lo sguardo sullo stesso punto.
Rosaspina era stata disposta come una morta, e teneva le mani scheletriche unite all’altezza del grembo: fra le falangi putrefatte, stringeva saldamente una rosa.
Non ci sarebbe stato nulla di strano, se anche quella fosse stata morta come lo era tutto ciò che li circondava. Invece, non era né appassita né rinsecchita: era una rosa rossa, dal gambo lungo e spinoso, i cui petali non presentavano alcuna traccia di imperfezione. In mezzo a tutto quel buio e quella desolazione, sembrava quasi rilucere.
- Pensi che sia quella?
- Non vedo cos’altro potrebbe essere, altrimenti. La profezia parla di bellezza nella morte, e qui non c’è nient’altro che possa ricondurre a una simile definizione. In ogni caso, lo vedremo subito…- con sua grande sorpresa, Vincent la spinse in avanti, con gentilezza ma con fermezza, in direzione del letto di Rosaspina.- Prendila! - ordinò, gettando una rapida occhiata alla finestra: il sole era quasi calato.
Anya rimase interdetta.
- La devo prendere io?
- Se davvero sei una possibile Salvatrice, allora succederà qualcosa. Forza, sbrigati, il sole sta tramontando!- la incitò, con impazienza. Se prima era lei quella a essere preoccupata, ora lui non vedeva l’ora di uscire da lì.
Anya voltò il capo di fronte a sé, puntando lo sguardo sul cranio di Rosaspina. Si umettò nervosamente le labbra, reprimendo sul nascere un conato di vomito.
Dio, no…! No, ti prego…no, non lo voglio fare…
Doveva farlo, o non sarebbero usciti mai più da lì. E poi, Vincent aveva ragione: era quasi buio. Erano morti in tre là dentro, c’era ben poco da scherzare, qualunque cosa stesse per accadere.
Prese un bel respiro, avvicinando una mano a quelle ossute della principessa. Afferrò la rosa per il gambo, cercando al contempo di non pungersi con le spine e di non toccare quelle dita scheletriche. Tentò di sfilare il fiore dalla presa di Rosaspina, ma si rivelò più difficoltoso di quanto sembrasse. Anya tirò ancora, riuscendo infine ad estrarre completamente tutto il gambo, concedendosi un piccolo sorriso compiaciuto, rimirando la rosa.
Durò poco.
Pochi secondi dopo averla avuta in mano, la rosa venne avvolta da un fascio di luce così forte che Anya dovette chiudere gli occhi. Quando questo si diradò, la ragazza si ritrovò sul palmo solo una piccola pietra color rosso rubino.
La ragazza si voltò a guardare Vincent, spiazzata.
- E’…è…
- E’ ciò che cercavamo - dichiarò il Primo Ministro con sbrigatività. L’afferrò per un braccio.- Brava, ma ora vedi di tenerla al sicuro. Usciamo da qui…
- Sì…
Anya si lasciò trascinare fino alla soglia della camera di Rosaspina, ma non appena i due vi giunsero, l’intera stanza si oscurò di colpo. Fuori dalla finestra, il sole diede un ultimo guizzo di luce, prima di scomparire all’orizzonte.
Era calata la notte.
Anya iniziò a respirare più affannosamente, sentendo che i battiti del suo cuore erano aumentati di colpo, a una velocità furiosa.
- Vincent…- boccheggiò, gettando un’occhiata preoccupata alla finestra.- Vincent, dovremmo muoverci…
Si accorse che la stretta dell’uomo intorno al suo polso si era più intensificata. Non le stava facendo male, ma era più forte e più decisa di prima. Anya guardò il suo accompagnatore: Vincent le dava le spalle, si era immobilizzato sul posto. Teneva lo sguardo fisso sul pavimento di fronte a sé, non la guardava. La ragazza si rese conto che stava ansimando, e che le spalle erano scosse da tremiti.
- Vincent…- chiamò, deglutendo. Non ottenne risposta, e si spaventò ancora di più. Allungò con cautela una mano. - Vincent, va…va tutto bene?- gli sfiorò una spalla con le dita.
- Non toccarmi!- il ruggito la fece sobbalzare, e subito dopo l’uomo si girò, afferrandole il polso con forza. Anya sentì il respiro mozzarsi in gola, cercando di comprendere cosa stava succedendo.
Gli occhi di Vincent non erano più azzurri come li aveva sempre visti. Ora apparivano più grandi, e gialli. La pupilla era ridotta a una fessura, e quello strambo colore sembrava scintillare nel buio.
Occhi gialli. Come i gatti.
O i lupi…
L’uomo parve rendersi improvvisamente conto di ciò che aveva fatto, voltandosi. Le lasciò il polso, arretrando precipitosamente di un passo, quasi come se fosse sconvolto. E in effetti, forse era così.
Sollevò le mani, quasi come a volersi nascondere il volto, ma non lo fece. Anya non riusciva a capire se fosse arrabbiato, spaventato o sconvolto. Di certo era che non avrebbe mai voluto che lei lo vedesse.
In un attimo, tutte le sue stranezze dei giorni passati le tornarono alla mente, stavolta con più chiarezza e razionalità.
Vincent indietreggiò ancora, tremando.
- Non…non mi guardare…
- Come faccio a non guardarti?!- sbottò Anya, scioccata.- Vincent, ma che cosa ti è success…
La ragazza venne interrotta da uno strano rumore. Sembrava quasi uno scricchiolio, ma era incredibilmente forte. I due si voltarono all’unisono, solo per ritrovarsi di fronte a una scena agghiacciante.
Davanti a loro c’era la principessa Rosaspina, ancora adagiata sul baldacchino. Ma non era più distesa; era seduta. Il busto era dritto, eretto, senza bisogno di alcun sostegno. Il teschio era voltato nella loro direzione, il ghigno macabro ancora fisso su di esso.
Anya puntò lo sguardo inorridito nelle orbite vuote di Rosaspina.
Orbite vuote che vedevano.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Ce l’ho fattaaaaaaaaa!!!
Questa è la terza e ultima parte, diciamo di passaggio nel Castello di Rovi. Il prossimo capitolo sarà ancora interamente Vinya, e vedremo come faranno i due a uscire dal castello – la cui maledizione, penso abbiate capito qual è ;).
La bellezza nella morte è la rosa rossa che la bella addormentata tiene in mano…che ne dite?
Dunque, ora Anya ha capito (più o meno) che in Vincent c’è qualcosa che non va…Ora, un paio di precisazioni per il futuro: il prossimo capitolo segnerà una specie di frattura fra due parti. Infatti, dopo il prossimo Anya starà relativamente tranquilla (a proposito, accadrà qualcosa che in seguito l’avvicinerà ancora di più al PM…cosa???), mentre a passare un bel po’ di guai sarà sua sorella e i suoi due accompagnatori. Altra cosa: nel prossimo capitolo, alla fine, avremo il ritorno della Regina Cattiva, che a quanto ho capito a molti di voi manca, e l’entrata in scena di un nuovo personaggio. Vi anticipo già che si tratterà di un villain…si accettano scommesse ;).
Dopo il prossimo, lasceremo un attimo Anya e Liz per due capitoli, in cui avremo: in uno, Hadleigh e Jones sulla Jolly Roger, e nell’altro torneremo a Camelot e alla famiglia Pendragon.
Ringrazio tutti quanti per la pazienza e la dedizione che avete nel continuare a seguire questa storia, e per tutti i bei consigli e incoraggiamenti che mi avete dato nello scorso capitolo :).
Grazie a tutti, davvero. Per sdebitarmi, prometto che continuerò ad aggiornare con una regolarità quasi…regolare :P. Ah, nei prossimi capitoli avremo tanti nuovi personaggi, quindi preparatevi! ;).
Ciao, un bacio,
Beauty
  
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