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Autore: Sys    30/11/2013    0 recensioni
«Non posso ancora credere che non potrò mai rivedere dal vivo quel sorriso.» ammise Harry. «Chissà se mai rivedrò il mio.»
«Non abbatterti, sei un guerriero.» lo elogiò Louis. «Fossi stato al tuo posto, mi sarei arreso, probabilmente passerei i giorni a piangere.» continuò. «E invece guardati: sei un cantante di successo, sei amato da miliardi di persone, sei andato avanti in questo mondo che nessuno di noi cinque sopportava più.»
Harry alzò il viso notando che Louis si era messo in piedi. Lo raggiunse.
«Non so quanto possa contare per te, mio caro amico ma: hai tutta la mia stima.» Harry non poteva essere più grato a Louis per aver manifestato la propria alta reputazione nei suoi confronti e lo ringraziò.
«Ora devo proprio andare.» ammise l’amico.
«Ci rivedremo presto, questo fagottino deve imparare tante cose dallo zio Harry.»
L'altro rise nervosamente poi aggiunse: «A presto!» promise Louis.
Che cosa vi avevo detto? Non sempre sono le ragazze a dover soffrire.
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II

 
Tell me, did the wind sweep you off your feet?
Did you finally get the chance to dance along the light of day?
And head back toward the Milky Way?
Tell me, did you fall for a shooting star? One without a permanent scar? 
And did you miss me while you were looking for yourself out there.

(Drops of Jupiter, Train.)
 
 
Harry prese il suo cappotto e strinse a se la sciarpa che lo teneva caldo in quel freddo giorno di Febbraio. Erano solo le sette di mattina ma quella notte non era riuscito a dormire e non aveva voglia di starsene nel letto a girarsi e rigirarsi senza riuscire a chiudere occhio. Allora aveva pensato di avventurarsi in una Londra fredda e, si sperava, poco caotica.
Non appena fu fuori il suo vialetto di casa, il freddo investì il ragazzo ma la voglia di schiarirsi le idee camminando era troppa per tirarsi indietro, quindi continuò e passo dopo passo arrivò fino a Buckingham Palace. Entrò nel parco lì vicino e si fermò su una panchina. Preso dall’ispirazione, tolse dalla giacca il suo block notes e cominciò a buttar giù qualche riga per un possibile futuro album.
Subito dopo la fine del tour, la sua vita non si poteva ancora definire del tutto libera: aveva avuto diverse premiazioni cui partecipare e aveva anche girato qualche spot per dei prodotti che mai avrebbe usato nella sua vita. Quando finalmente fu reputato in ferie andò a trovare la madre ad Holmes Chapel e accolse l’invito di Louis di andare a cenare con la sua famiglia. Come Harry ben si ricordava Hayley era ancora bellissima anche se stanca e leggermente sciupata. Quel giorno ebbe l’opportunità di conoscere anche la seconda gemellina Tomlinson. Pochi giorni dopo fu Harry ad invitare tutti quanti a casa sua, e con suo grande stupore Louis non aveva portato solo la sua famiglia ma anche Zayn, Niall e Liam. Fu una serata di gioia dopo tanto tempo che non si poteva definire felice al cento per cento.
A metà della parola “Heart”, Harry venne distratto da un cerchietto leggermente più scuro sulla pagina bianca del suo block notes. Realizzò solo dopo altri puntini sul foglio che stava piovendo e lui non si era portato, sbadatamente, l’ombrello. Alzò lo sguardo pronto ad alzarsi ma subito sentì come l’impulso di doversi risedere. Ogni giorno si sentiva sempre più pazzo. Non era la prima volta che aveva queste illusioni ma mai erano state così chiare.
Lei era lì, di fronte a lui, nascosta dietro un albero. Lui l’aveva vista. Corse verso destra e aggirò la pianta sperando di trovarla ma non vide altro che un tappeto di foglie intorno ad esso. Battè arrabbiato le mani sulla corteccia ma proprio in quel momento la vide ancora. Vide quei capelli biondi che aveva passato i giorni ad accarezzare correre via, il più lontano possibile. La seguì, non gli importava che si stava bagnando tutto, non gli importava delle scarpe ricoperte di fango o del respiro quasi inesistente da tanto che andava veloce, voleva solo recuperarla e parlarle, e baciarla, e accarezzarla, e stringerla a se.
Voleva sapere una volta per tutte se quell’immagine di lei che ogni tanto vedeva ai suoi concerti era solo frutto della sua immaginazione o era sul serio la sua amata. E l’avrebbe scoperto. Se non fosse stata lei avrebbe lasciato perdere per sempre questa ricerca impossibile ma era necessario che avesse perso ogni speranza per fare ciò e ora come ora ancora un briciolo di quel sentimento era presente in fondo nel suo cuore. 
Corse, corse e corse ancora con il cuore in gola. Pensò di averla persa del tutto quando vide un fagottino rosso scuro rotolarsi nell’erba. La raggiunse più veloce che poté e nonostante lei avesse tempo sufficiente per rialzarsi, rimettersi a correre e superarlo definitivamente, non lo fece. Aspettò, lì rannicchiata come se sapesse che ormai non poteva più scappare.
Quando Harry le arrivò vicino, ebbe come un momento di esitazione come se non volesse sapere la verità: se lei fosse stata quella ragazza la sua ricerca sarebbe finita, ma se non lo fosse stata?! Avrebbe veramente dovuto arrendersi e non cercarla mai più? Avrebbe dovuto dare spazio alle tante altre donne che sempre ci provavano con lui e metter su famiglia con qualcuno che sapeva non essere la ragazza che avrebbe amato per sempre?
Abbassò lentamente la mano, girò il capo di quella giovane infreddolita e spostò i capelli che le erano finiti sul viso rivelando due occhi che Harry aveva cercato per anni ed anni senza mai alcun risultato soddisfacente.
  «Piper.» sussurrò.
La ragazza venne tirata a sedere dall’uomo di fronte a lei ancora incredulo che continuava a spostare lo sguardo dalla mani fredde, alle guance arrossate, al naso all’insù, agli occhi che non riuscivano a non liberare le tante lacrime che per anni era state ricacciate dentro a forza. E i capelli leggermente mossi e ancora più lunghi dell’ultima volta che li aveva visti. E poi le labbra, carnose e morbide, lucide per via del burro cacao che era l’ossessione di quella ragazza.
Lei tremava, ma non sapeva se per il freddo o per altro. Tremava e basta. Le palpebre erano pesanti e pian piano si chiusero, mentre un mal di testa si appropriò di quella ragazza. Sentì due braccia calde sorreggerla, poi il traffico, un voce maschile, un indirizzo e il buio.
 
Fu difficile per Piper riaprire gli occhi. Mai si era sentita così bene e così riposata: forse era stato grazie alle lenzuola liscissime e morbide, o all’ambiente accogliente o ancora per la stanchezza accumulata in quei giorni. Ma più di tutto Piper era sollevata: aveva ritrovato Harry, o meglio lui l’aveva ritrovata, lei non l’aveva mai perso di vista, e ora era felice, anche solo per il fatto che lui l’avesse riconosciuta. Non le sarebbe importato se ora il giovane l’avesse sbattuta fuori di casa, o se lui si fosse fatto una vita nuova, o se l’avrebbe incolpata di tutti i mali che per anni aveva sopportato perché lui l’aveva riconosciuta: Harry l’aveva riconosciuta, ancora dopo sette anni.
La ragazza si mise a sedere tirando a se le coperte e notando di esser vestita solo con la sua canottiera e un paio di pantaloncini sportivi probabilmente del ragazzo.
La camera era bianca: in quel luogo il bianco regnava su ogni altra cosa tanto da creare quasi inquietudine.
Il letto aveva coperte solo bianche, il comodino era elegantemente bianco, la cassettiera a lato della stanza era bianca e tutto era maniacalmente in ordine. Nulla fuori posto.
L’unica cosa che stonava era una tazza, blu, posata sul comodino accanto al letto. Piper, vedendo come fumava, ebbe l’istinto di prenderla e portarsela al naso, scoprendo un fantastico profumo di vaniglia: tè alla vaniglia, il suo preferito.
Coincidenze?
Ne bevve pochi sorsi ma s’interruppe bruscamente notando che qualcuno la stava fissando.
Harry era fermo sulla soglia della porta e guardava intensamente la ragazza seduta sul suo letto che si guardava in giro, mentre il suo viso si colora di porpora.
  «Grazie.» disse la ragazza, timidamente fra un sorso e l’altro.
Lui annuì.
  «Allora, io penso che sia meglio levare il disturbo-»
  «Non c’è nessun altro in casa, chi vuoi disturbare?» disse lui, seccato. Aveva un comportamento strano a dire la verità: la ragazza che aveva cercato per anni ora era lì, con lui. Ma qualcosa lo bloccava dall’essere felice: un sentimento di rabbia si stava facendo spazio nel suo cuore, in fondo l’aveva abbandonato senza una spiegazione. Forse non avrebbe nemmeno dovuto portarla a casa sua una volta svenuta ma Harry era fatto così: troppo buono anche quando non doveva esserlo.
  «Tutto bene, Harry?» domandò lei, notando il tono strano della voce di Harry. l’aveva fatta grossa questa volta: aveva passato sette anni a guardarlo da luoghi lontani da cui nessuno avrebbe potuto scorgerla.
  «Dove lui?» domandò diretto Harry. «O lei.»
  «Di cosa stai parlando, Harry?»
  «Sai benissimo di cosa: voglio vedere mio figlio.»
  «Harry io-»
  «Quindi è vero, mi tradivi.» constatò. «Quel bambino non era mio, non è vero?»
  «Harry, calmati.»
  «Come faccio a calmarmi?» urlò lui. «EH?» disse gemendo per il dolore dopo aver tirato un pugno al muro. «Dimmi come faccio, dimmelo.» continuò gridando.
  «Tu come fai a saperlo?»
  «Che importa come faccio a saperlo?!» continuò dando un altro pugno al muro. «Il problema è che lo so.» Harry era furibondo. Non riusciva a guardarla tanto che preferiva fissare quel muro bianco e inespressivo. Piper poteva giurare di non aver mai visto Harry così arrabbiato. Nemmeno una volta nei quasi due anni in cui erano stati insieme. «L’ho trovato, in bagno, il test.» rispose, calmandosi. «Era positivo.» sussurrò.
La ragazza lo vide girarsi con le guance arrossate e le lacrime pronte a scendere. Si alzò dal letto e si avvicinò a lui mentre il giovane si copriva il viso come poteva con le mani.
  «Come hai potuto non dirmelo?» domandò. «Io pensavo di poter gestire questa questione, di poter essere forte e ora, guardami.» mormorò.
  «Harry.» sussurrò lei, mentre piano si avvicinava.
E non appena lei lo toccò, toccò le sue braccia muscolose lui cadde in ginocchio di fronte a lei aggrappandosi alla sua maglia e piangendo.
  «Non sono un uomo.» mormorò il ragazzo. Era totalmente crollato: così ante sfumature di Harry che Piper non aveva mai conosciuto. Era abituata a quell’Harry scherzoso e divertente; e ora di fronte a lei non c’era più quel ragazzo ma un uomo che aveva combattuto con i suoi sentimenti per troppo tempo e ora stava crollando a pezzi. «E’ per questo che te ne sei andata senza dirmi nulla di ciò che stava succedendo?» domandò. «Pensavi che non fossi pronto?» riprese. «Forse avevi ragione: ero un ragazzino, non ero pronto, hai fatto bene ad andartene lontano da me, e dovresti farlo ancora.»
Era sbigottita.
  «Dovresti andartene, Piper.» gridò. «Non sono nulla di ciò che cerchi: cerchi sicurezza, responsabilità, un uomo senza paure e io sto letteralmente morendo di paura.» confessò.
  «Tu sei perfetto.» lo confortò lei, lo strinse ancora di più a se continuando ad accarezzargli i capelli sperando in qualche modo di calmarlo. Oh Dio, se avesse saputo ciò che avrebbe causato non sarebbe mai tornata.
  «Non c’è mai stato nessun bambino, Harry.» sussurrò Piper, guardando dritta davanti a se. «O meglio c’era.» Harry alzò gli occhi verso di lei e la fissò. «Il piano era quello di rubarti i soldi e scappare, non era difficile.» spiegò. «Ma quando lui ha scoperto che ero incinta ed innamorata persa di te, mi ha abbandonata.» continuò. «Non sapevo dove andare, e in preda alla rabbia quella sera uscii dal ristorante dove lui avrebbe voluto festeggiare e una macchina mi investì.»
Staccò leggermente Harry dal suo ventre, alzò di poco la canottiera e gli occhi del riccio si scontrarono con una cicatrice bianca. Lui allungò la mano per toccarla e lei lo lasciò fare.
  «Non è nemmeno arrivato al quarto mese.» mormorò lei, abbracciandosi la pancia mentre due lacrime scorrevano sulla guancia destra. Cadde in ginocchio di fronte a lui e lo guardò intensamente.
  «Ti ho sempre amato, Harry.» biascicò contro le sue labbra. «Non ho mai giocato.»
Il giovane alzò un dito e contornò la bocca della ragazza interroppendosi solo quando la mano di lei si posizionò proprio sopra la sua. Harry esalò un sospiro poi si avvicinò piano alle labbra della giovane di fronte a lui e le baciò.
  «Voglio stare insieme a te.»
  «Non è possibile Harry, ogni volta che mi stai accanto mi sento morire dentro per ciò che ti ho fatto.»
  «Posso perdonarti.»
  «Ma io non posso perdonare me stessa.»
Poggiò le labbra ancora una volta su quelle morbide di lui poi si alzò e cercò in fretta di uscire di casa. Stava piovendo ed era buio. Quanto tempo aveva dormito? Solo la luce del lampione li illuminava.
Stava per uscire dal vialetto quando un Harry stanco e triste le prese la mano per fermarla.
  «Per favore.» sussurrò lui.
  «Come fai a perdonarmi?» chiese lei. «Ti ho rubato dei soldi, ti ho nascosto l’esistenza di un figlio, ti ho-»
  «Amato, mi hai amato.» completò Harry, interrompendola.
  «Non abbastanza a quanto pare.»
  «Allora mostrami tutto l’amore che hai, ti perdono e possiamo ricominciare da capo, possiamo stare insieme.»
  «Harry.» disse lei, a mo’ di rimprovero.
Lui si avvicinò, le spostò i capelli appiccicati al volto per colpa della pioggia e la baciò, ma non come prima. La baciò con molta più intensità, le trasmise tutto il suo amore e lei si abbandonò a lui, lasciò scorrere le sue mani nei capelli ricci del ragazzo, e lasciò che lui li avvicinasse ancora di più.
  «Resti?»
  «Resto.» rispose lei. «Per sempre?»
  «Per tutta la vita e anche quello che c’è dopo.» replicò Harry, mischiando l’allegria alle lacrime. La prese in braccio e la baciò ancora mentre la faceva girare, sotto la pioggia. Ma a loro non importava, perché erano insieme e la pioggia non era più usata come scusa per nascondere le lacrime nei freddi giorni di Febbraio. 


 




I One Direction non mi appartengono.
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

Sys.
 

 
  
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