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Autore: Hymn    01/12/2013    2 recensioni
Julian Lord x Damian Assange.
DAL TESTO:
“Damian Assange. Mi devi un favore, Julian Lord. Ed io...”
Gli fu di nuovo alle spalle, rapido come il vento, il braccio destro serrato attorno alla sua vita, la mano sinistra a reclinargli con ferrea delicatezza la testa all'indietro. Poggiò di nuovo le labbra sul suo collo, strusciandole fin sopra la sua mascella, ridendo roco e gustandosi il suo brivido, una sensazione che gli cresceva nel petto, ben oltre l'attrazione fisica.
Era affascinato da Julian.
“Io riscuoto sempre dai miei debitori.”
(Reinserita dopo rilettura - se trovate comunque errori, mi piacerebbe esserne avvisato)
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Damian Assange, Julian Lord, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Damian era rimasto in silenzio finché di fronte a loro non comparve una carrozza, ovviamente senza insigne. Julian squadrò il mezzo e subito dopo il vampiro, confuso, avvertendo nella borsa il peso leggero degli indumenti che aveva dovuto prendere su consiglio del vampiro.
«Odio la segretezza, Damian, lo sai» commentò con una punta d'irritazione Julian, mentre con gli occhi seguiva la creatura del sangue aprire la carrozza e salirvi elegantemente. In risposta non ottenne che un sorriso sbilenco ed un invito non verbale a seguirlo all'interno; rimase interdetto per qualche istante, poi con un sospiro salì nella carrozza.
Poi si sentì letteralmente afferrare di peso, mentre la portiera si chiudeva alle sue spalle, e si ritrovò premuto contro la morbida seduta di stoffa. Sgranò gli occhi, incrociando quelli scintillanti di Damian, e tentò di scacciarlo in tutti i modi possibili.
«Sei vivace, Julian Lord» sussurrò il vampiro al suo orecchio, sfiorando la pelle del giovane con le labbra per giusto il tempo di un battito di ciglia, premendole sulla guancia prima di sedersi comodamente accanto a lui, ignorando le protese del giovane quando strinse il braccio attorno alla sua vita.
«Non mi hai detto dove stiamo andando» protestò il ragazzo, ma Damian ignorò ancora la sua richiesta, battendo le nocche sul divisorio della carrozza per autorizzare il cocchiere a partire. Con una lieve scossa il mezzo si mise in moto, inizialmente lento, finché i cavalli non assunsero un'andatura di trotto rapido; nella carrozza scese il silenzio, ma Damian non parve farci caso, troppo impegnato a fischiettare tra sé un motivetto allegro che, alla fine, fece sorridere Julian.
Non parlarono fino a che la carrozza si fermò; Damian scese per primo, porgendo la mano a Julian per aiutarlo a scendere. Il ragazzo alzò un sopracciglio e non l'afferrò, scendendo sul selciato con un salto, osservando il vampiro pagare il cocchiere e poi tornare da lui. Al sorriso di Damian abbozzò un sorriso confuso, e quando gli fu fatto cenno di seguirlo si incamminò dietro di lui.
«Siamo nel Borgo di Valdyer» disse Damian, varcando la porta di un grosso ed imponente edificio, camminando svelto sul pavimento polveroso, mentre con una mano teneva il polso di Julian, guidandolo nel buio, «E sei esattamente nella tana del lupo cattivo» aggiunse, aprendo senza sforza un enorme e maestoso portone di legno che rivelò agli occhi di Julian una camera dalla mobilia decisamente antica, molto più pulita rispetto alla stanza, o stanze, precedente.
«Quindi tu... Vivi qui?» chiese il ragazzo, sentendosi piuttosto stupido nel dar voce a quella domanda che, probabilmente, era tutto meno che intelligente. Evitò di guardare Damian per non incrociare un suo sguardo probabilmente divertito, della serie come sei perspicace, ragazzo, e sfilandosi il mantello, lasciandolo scivolare noncurante sul pavimento, mosse qualche passo all'interno della stanza.
Sfiorò con le dita il legno pregiato dei mobili, probabilmente mogano, o chissà che altro; non si accorse che il vampiro, nel frattempo, aveva raccolto il mantello per sistemarlo su un'apparentemente e sicuramente comoda poltrona.
«Quando hai finito di esplorare, mon amie, dovresti mangiare qualcosa» commentò Damian, e Julian, leggermente spaesato, annuì, tornando poi ad osservare la stanza, e poi il vampiro. Ripeté il passaggio di sguardi più volte, un sopracciglio alzato.
«Non ti facevo amante dell'eleganza...» disse, più tra sé che rivolto direttamente al redivivo, poi scosse la testa quando lo sentì ridere.
«Oh andiamo! Non sembri qualcuno amante dell'arte e della raffinatezza!» disse, sbuffando, e sbuffò ancora nel sentirsi sollevare di peso dal vampiro.
«Perché no, petit garçon?» chiese Damian, fissandolo.
«Oh, lascia perdere» fu la risposta di Julian, che si rilassò tra le forti braccia del vampiro, poggiandosi con la testa al suo petto. «Dove intendi farmi cenare, puissant vampire?»
Damian non rispose, si limitò a sorridergli e premere le labbra sulle sue, prima di aprire con una spallata la gigantesca porta, uscendo nuovamente nella notte, iniziando a saltare ancora una volta tra i tetti, Julian ben stretto tra le braccia.


[…]

«Non ho più fame!»
La voce di Julian si alzò di qualche tono, prima che la riabbassasse di colpo nel rendersi conto che diverse teste si erano voltate verso lui e Damian, che imperterrito teneva la forchetta tra le dita, infastidendo il ragazzo, cercando di fargli aprire le labbra per ficcargli in bocca un'altra bella forchettata di patate arrosto, dato che il ragazzo aveva lasciato andare le posate pochi istanti prima.
«Maa-aaaa-aaangia» fu l'unica risposta, palesemente in tono canzonatorio del vampiro alle proteste del giovane, che per disperazione acconsentì ad aprire la bocca ed a farsi imboccare di quell'unica forchettata che concesse al vampiro, sottraendogli il piatto ormai vuoto per più di metà.
«TU ERI UN DUCA DELLA CHIAVE, PER IL PRESIDIO!» urlò infine il ragazzo, scattando in piedi come una molla quando Damian, con un repentino scatto del polso si impossesò nuovamente del piatto.
Nella Locanda scese istantaneamente il silenzio; Julian si voltò lentamente verso gli altri commensali, che impegnati fino a pochi attimi prima nelle loro conversazioni, in quel momento tacevano per osservare, chi divertito e chi scocciato, il ragazzo ed il vampiro seduto di fronte a lui, la forchetta ancora a mezz'aria. Afferrò quindi il borsello, schiaffando diverse monete d'argento ed alcune di bronzo sul tavolo, uscendo quasi infuriato dalla Locanda, mentre con qualche risata le conversazioni delle persone presenti tornavano a risuonare nell'aria. Con aria falsamente colpevole Damian si alzò, afferrando con nonchalance un calice di vino dalla mano di un uomo e bevendone un lungo sorso.
Altrettanto gentilmente posizionò nuovamente il calice tra le sue dita, ringraziandolo in francese ed uscendo svelto, per poi raggiungere Julian fuori dalla porta.
Prima che il ragazzo potesse parlare gli tappò la bocca con una mano, e spiccò un balzo, atterrando nuovamente sul tetto frontale a loro.
«Ero sicuro che sapessi stare di più al gioco, piccolo Cavaliere senza macchia e senza paura» gli sussurrò all'orecchio, canzonandolo, ed evitò con estrema serenità la gomitata che avrebbe ricevuto in pieno petto, finendo per far spaccare qualche osso al ragazzo che, adesso, aveva saldamente immobilizzato tra le proprie braccia.
«Sei. Un. Perfetto. IMBECILLE!» fu la breve e concisa risposta di Julian, che tuttavia non poté far altro che ritrovarsi a sorridere, divertito per quella decisamente poco dignitosa ma alquanto divertente figuraccia all'interno della Locanda.
«Non potrò tornare la dentro per chissà quanto, adesso!|» aggiunse subito dopo, non propriamente convinto delle parole che aveva appena pronunciato.
Rimasero qualche istante in silenzio, finché non scoppiarono entrambi a ridere, divertiti.
«Ecco perché amo la compagnia di voi umani. Siete fin troppo esilaranti, certe volte» ridacchiò Damian, e rise ancora più forte quando sul volto di Julian passò un ombra scura, palesemente contrariato dalla generalizzazione nelle parole del vampiro.
«Umani?» soffiò quindi il ragazzo, più uno sbuffo che una vera e propria parola articolata, tuttavia perfettamente udibile da Damian.
«Diciamo che tu sei il mio umano preferito, al momento» fu la rassicurazione di Damian, che sorrise allegramente al ragazzo che stringeva tra le braccia, prima di spettinarlo leggermente con una carezza affettuosa.
«Accetto il compromesso» il ragazzo annuì alle parole di Damian, prima di chiudere gli occhi e poggiare le labbra sulla sua guancia, ben più fredda della sua pelle. Quando le allontanò, sulla pelle diafana del vampiro era comparsa una leggera traccia rosata, dovuta al contatto tiepido di quel lieve bacio. Il vampiro sorrise, ma non disse nulla, assaporando la sensazione di tepore - che già stava svanendo - sulla pelle. Si voltò per sorridere al ragazzo, tirandolo a sdraiarsi sul tetto.

Rimasero per un po' in silenzio, la testa di Julian nell'incavo della spalla di Damian, a fissare il cielo, finché il redivivo non si rese conto che il ragazzo stava appisolandosi. Sorrise leggermente, rendendosi conto che, nonostante la cena anche abbondante, Julian non si era ripreso dalla perdita di sangue del pomeriggio. Sfiorò leggermente con le dita il suo collo, la dove lo aveva morso. I segni erano guariti grazie al suo sangue di vampiro, ma ricordava precisamente dove e quanto a fondo aveva lacerato la carne del giovane.
Avvertiva ancora il sapore del sangue caldo di Julian sulla lingua e lungo la gola, fino a saziarsi.
«Julian?» mormorò Damian all'orecchio dello studente, respirando leggermente sulla sua pelle.
Il ragazzo si mosse leggermente, mugolando una risposta flebile al richiamo. Damian scosse la testa, evitando di ridere per non disturbarlo, e facendo attenzione a non svegliarlo si alzò in piedi, sollevandolo tra le braccia e stringendoselo al petto. Lo baciò delicatamente sulla fronte, per poi saltare silenzio nella notte fino al Borgo di Valdyer, facendosi cullare dal calore del giovane corpo che stringeva contro di sé.

[…]

Fece ruotare sui cardini la massiccia porta del rifugio spingendocisi contro con le spalle, mentre annusava l'aria in cerca di odori sospetti o meno, più per abitudine che per altro.
Entrato nella stanza notò subito che altre candele erano accese, ed il mantello di Julian perfettamente ripiegato sulla cassettiera. Opera di Edward senza ombra di dubbio, si ritrovò a pensare il vampiro.
Adagiò delicatamente il ragazzo nel letto a baldacchino, spogliandosi nel frattempo della camicia e dei pantaloni, rimanendo scalzo e fissando la propria immagine riflessa nello specchio. Allontanò lo sguardo dopo qualche istante, portandolo su Julian.
Si umettò le labbra, pensieroso. Non poteva farlo dormire con quei vestiti, né tuttavia voleva svegliarlo per farlo spogliare.
Con un sorriso metà dolce e metà malizioso si sedette accanto al ragazzo, che ormai si era addormentato pesantemente. Portò le mani sulla sua camicia, iniziando a separare lentamente i bottoni dalle relative asole, facendo scivolare fuori dai pantaloni del giovane i lembi della stoffa. Senza problemi lo sollevò di poco, per potergli sfilare l'indumento, che poi poggiò con quanta più cura poteva sulla poltrona, attento a non sgualcirla.
«Non penso di aver mai spogliato qualcuno per non concluderci nulla, piccolo Julian» sussurrò divertito, più a se stesso che al ragazzo, tornando al letto e sganciando la fibbia della cintura di Julian, poggiando infine anch'essa sulla sedia.
Rimase qualche istante a contemplare il petto e l'addome del ragazzo, lasciandoci una lieve carezza, prima di oltrepassarlo ed infilarsi a propria volta al di sotto delle coperte.
Non lo faceva per causa del freddo, più semplicemente per mantenere vive quelle abitudini che ancora lo legavano alla sua vita umana.
Batté le palpebre, per poi tirare a sé Julian, che mormorò qualcosa di incomprensibile; il vampiro sorrise, passando un braccio sul fianco del ragazzo per stringerlo, facendogli poggiare la fronte contro il proprio collo, in attesa dell'alba.
In attesa del risveglio di Julian, in attesa del proprio sonno di morte.
   
 
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