Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: JoiningJoice    01/12/2013    6 recensioni
Venezia, 1577. Un orfano di nome Jean guarda il corpo del suo migliore amico bruciare tra decine di altri corpi, mutilati e deformati dagli effetti della Morte Nera.
Venezia, 1582. Mentre la città ormai guarita si prepara a festeggiare il Carnevale, Jean viene avvicinato da un misterioso ragazzo dalla maschera nera. Qualcosa di grande sta per succedere, qualcosa per cui Venezia non è neanche lontanamente preparata...
Davanti agli occhi di Jean si formò l'immagine delle pire che avevano illuminato a giorno il sestiere anche nelle ore più buie della notte, fino a qualche settimana prima. La cenere cadeva ancora, più lenta e rada in quel momento, ma cadeva. Fu assalito da un pensiero improvviso, malato.
(Stiamo respirando cadaveri.)
Genere: Angst, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Vita e Morte a Venezia



C'era un'immagine nascosta da qualche parte nella mente di Jean.

(se solo riuscissi a ricordare)


A lui sarebbe importato, lui non si sarebbe sospreso. Lui avrebbe fatto esattamente quello che Jean stava facendo in quel momento.

(lui mi avrebbe protetto, indipendentemente da chi si parasse davanti a noi)

(e forse lo ha già fatto una volta)


*


Sentiva il polso di Christa sotto la propria stretta. Strinse i denti verso il Francese, i cui compagni bloccavano l'unica via d'uscita; uno di loro teneva Connie per un braccio, trattenendolo dal gettarsi verso Jean. La sola vista di Connie nelle mani di un soldato bastò per convincere Jean di star facendo la cosa giusta.


'Perchè dovremmo essere in arresto?', sbraitò contro il Caporale.

Quest'ultimo non si mosse, né sembrò turbato dall'esordio di Jean. Si limitò ad accarezzare la spada al suo fianco. Christa lasciò andare un gemito di sconforto.

'Per tutti i traffici illeciti che faccio finta di non vedere per impedire a voi stronzetti ignoranti di vivere di qualcosa, fottuto ingrato. E perchè il comandante Erwin mi ha ordinato di venire a cercarvi, e tendo a fare il mio dovere, nel caso tu non te ne sia accorto. Temo siate incappati in qualcosa di più grande di voi.'

Il suo sguardo indugiò su Christa. Jean ne approfittò per esaminare la stanza: una sola uscita, due finestre. L'armeria era al primo piano.


(non ce la faremo mai)


Ma cosa sarebbe successo se li avessero catturati e portati davanti al comandante della guardia cittadina?


(pensa, Jean, pensa)


Christa, la piccola sognatrice che voleva vedere il mondo, si sarebbe ritrovata di nuovo incatenata alla sua vita di bastarda in una casa in cui il sole della laguna non sarebbe mai arrivato ai suoi occhi; lui, Connie e Sasha sarebbero finiti prigionieri, magari anche impiccati. Forse sarebbero risaliti fino ad Eren, Mikasa ed Armin; forse li avrebbero accusati di coinvolgimento. Forse sarebbero stati uccisi anche loro.

Jean non avrebbe esitato un secondo a consegnarsi; codardo, vile e persino divertito all'idea di mettere nei guai Eren.

Ma, che gli piacesse o meno, Jean Kirschtein era diverso. E nonostante i litigi con Eren, nonostante si rifiutasse di riconoscere che, per Connie, una vita con Sasha lontani dalla sua cattiva influenza sarebbe stata migliore, nonostante in certe giornate riuscisse soltanto ad odiare il mondo, a Jean Kirschtein importava.


(Marco sarebbe fiero di me)


Corse verso la finestra; tutto rallentò attorno a lui. Esisteva solo la finestra, la fuga, la libertà. Corse e urlò 'SALTA!' alla ragazza dietro di lui, spingendola verso l'esterno, senza donarle il beneficio del dubbio. Sarebbe sopravvissuta, lo sapeva.

Lui non saltò. Non poteva abbandonare Connie.

Christa si dette lo slancio verso la finestra appoggiando un piede su una scatola di pistole; avvicinò le braccia al volto, incrociandole, e si gettò impavida verso il vetro.


*


Ymir vide una figurina bionda cadere attraverso la finestra del primo piano. Presa alla sprovvista, lasciò cadere il pugnale e si affrettò a prendere la rincorsa per saltare fino a terra.

Per sua fortuna, Christa era atterrata senza quasi farsi del male; potè sentire i soldati del Francese avvicinarsi, però. Questo avrebbe significato esporsi, rivelarsi al mondo.

Ma per salvare Christa sarebbe stata pronta anche a gettarsi nella mischia completamente nuda.

'Dannato, piccolo idiota.', ebbe il tempo di sibilare prima di gettarsi nel vuoto.

*

Jean non fece in tempo a voltarsi, né a parare il calcio che il Caporale Rivaille gli indirizzò in quell'attimo di distrazione. Potè soltanto piegarsi in due, dolorante, mentre la gamba del Caporale si alzava per atterrarlo a terra e di nuovo tornava alla carica, inesorabile, violenta. Aveva l'impressione che Connie stesse urlando da qualche parte, ma il dolore gli impediva di pensare logicamente.

Ma no, c'era sicuramente qualcuno che urlava, e non si trattava di Connie; si rese conto di aver ragione nel momento in cui il Francese smise di prenderlo a calci.


'Signore! I soldati là fuori...'

'Schultz, mi stai interrompendo.'

'Ma, signore! I soldati sono...sono a terra!'


Questo catturò l'attenzione del Francese, e di Jean stesso.


(com'è possibile...?)


'Com'è possibile?', sibilò il Caporale.

'Una donna, signore, una donna con capelli corti e scuri. Ha ferito gran parte della squadra e portato via la ragazza che si è gettata dalla finestra.'


Jean rise istericamente; il Francese gli indirizzò un altro calcio verso la collottola, colpendo in pieno.

Un urlo stridulo riempì la stanza; il soldato che tratteneva Connie stringeva la spalla destra, su cui era comparsa una freccia nera. L'attimo dopo, Sasha entrò nel campo visivo di Jean.


'Jean! Io...'

Da qualche parte, nell'intervallo di tempo che il Francese impiegò ad estrarre la propria spada, Jean capì che c'era una sola cosa da fare. Un pensiero gli attraversò la mente.


(che giornata del cazzo)


'SCAPPA, SASHA! PRENDI CONNIE E ANDATEVENE!'


Sasha singhiozzò, portandosi la mano alla bocca. Un solo dolorso scambio di sguardi fu necessario perchè entrambi capissero; lei non era una codarda, e lui non stava cercando di fare l'eroe. Si stavano comportando semplicemente da compagni.

Jean ebbe un capogiro, che lo costrinse ad accasciarsi a terra. Quando riaprì gli occhi, qualche secondo dopo, l'intero squadrone del Caporale era impegnato a trasportare da un medico l'uomo ferito da Sasha e quest'ultima e Connie erano scomparsi. Il Caporale si abbassò ad osservarlo, la spada conficcata a terra.


'Questa è l'ultima volta che mi causi problemi.'

Jean sorrise. 'Col cazzo.'

Il piede del Caporale si mosse rapido come la luce verso il suo volto.


*


'Cena.'


Jean mosse lievemente la testa verso le sbarre della cella. Il soldato di turno abbandonò a terra un piatto, e Jean vide almeno tre o quattro topi avventarvisi sopra famelici.


'Grazie, non ho appetito.', sibilò, ma il soldato era già passato alla cella successiva. Jean scivolò un altro po' contro il muro.

Una piccola finestra sbarrata, posta due metri sopra la sua testa, lo avvisava del fatto che la sera era già arrivata, e che i veneziani si erano riversati nelle strade per festeggiare l'inizio del Carnevale, chiassosi e allegri. Si chiese dove fossero Sasha e Connie, la Volpe e Christa, e se tutti loro stessero bene.

Lui non stava bene, affatto. Aveva dolore ovunque sul corpo, ma ciò che più doleva era il naso, completamente rotto. Il Caporale si era assicurato che sputasse e tossisse più sangue possibile prima di consegnarlo ai suoi soldati ancora in piedi e farlo portare ai Piombi. Era stato un viaggio lungo e doloroso, ma Jean aveva mantenuto in volto un sorriso isterico, i denti sporchi di sangue, per far sì che nessuno gli si avvicinasse. In parte però aveva davvero motivo di sorridere: aveva causato guai al Francese, Sasha aveva ferito uno dei loro, la Volpe – poteva quindi considerla un'alleata? - aveva salvato Christa... su questo punto tendeva a non essere molto sicuro, ma cercava di evitare di immaginarsi Christa in mano a degli schiavisti, rinchiusa in un qualche bordello, o qualsiasi cosa lei e la Volpe intendessero con 'pericolo' e 'uomini potenti'.

Una figura si contrappose tra lui e la luce della luna; qualcuno si era fermato davanti alla sua cella, da fuori.


'Amico, levati. Non ho voglia di discutere.'

'...Jean, cosa diavolo hai combinato?'


Con un sussulto, Jean riconobbe la voce della Maschera. Strinse i denti e i pugni, nonostante continuassero a fargli male.


(TU.)


'TU.' sibilò, furioso. 'Che cosa ho combinato io?! Che cosa hai combinato TU, semmai!'

'Aspettami, sto arrivando.', mormorò la Maschera, ignorando il suo tono di voce.

'Non ti azzardare a scendere qua sotto!', sbraitò Jean, alzandosi a fatica. Il ragazzo si era già allontanato, ma Jean continuò ad urlare. 'Io non centravo niente, pezzo di sterco infame! Mi hai messo tu nei casini! Tu e le tue stupide parole e concetti del cavolo e chi cazzo sei?!'


Saltò, incurante delle ferite, infilando i piedi nelle fessure del muro, cadendo e graffiandosi, arrancando fino a riuscire ad aggrapparsi alle sbarre con entrambe le mani.


'IO NON HO FATTO NIENTE!', urlò alla strada praticamente deserta. 'E COME DIAVOLO PENSI DI ENTRARCI QUI, EH?'

'Ho le chiavi.', mormorò una voce dietro di lui. Jean si voltò; la Maschera era nella cella, immobile. Si lasciò cadere a terra, senza neanche tentare un atterraggio indolore.

La Maschera gli si avvicinò, si inginocchiò e gli afferrò una gamba con mani guantate e gentili. Jean lo lasciò fare, a malapena in grado di respirare.

'Sei conciato male, eh? Cos'è successo?'

Jean fece un gesto vago con la mano. 'Il Francese ha fatto irruzione in casa mia. Qualcosa a che fare coi traffici di armi.'

'Ah-ah.', mormorò il suo interlocutore, alzando i pantaloni di Jean fino al ginocchio ed osservando i lividi. 'Fai proprio schifo a dire bugie. Aveva a che fare con la principessina, giusto?'

Jean grugnì indignato. 'Forse.'

La Maschera rimase in silenzio, il volto in ceramica fisso su quello di Jean. 'Come stanno Sasha e Connie?'

'Che sai tu di Sasha e Connie?', sibilò lui.

'Jean...davvero non ricordi?'


Jean scrutò nelle cavità dove avrebbero dovuto trovarsi gli occhi del ragazzo di fronte a lui, perdendosi nei propri ricordi. Si rese conto di star lentamente muovendo la testa in un cenno di diniego, e che faticava a parlare. Abbassò lo sguardo.


'Connie e Sasha sono riusciti a scappare. Anche la ragazza. L'ha portata via quella pazza della tua amichetta Volpe.'

La Maschera annuì senza parlare.

'Non credi di dovermi una spiegazione?', sbottò Jean, nervoso. 'L'ultima persona che voleva darmi spiegazioni sono stato costretto a buttarla giù da una finestra per salvarla da un pazzo violento. Sono finito nelle mani di una donna che non ci avrebbe pensato due secondi ad uccidermi, e i miei migliori amici sono in fuga chissà dove. Quei due imbranati potrebbero essere...ovunque.'

(A dire il vero probabilmente sono da Armin, ma non sono dettagli che io sia tenuto a divulgare)


'Sono orgoglioso di te, Jean.'

C'era una nota di sincera felicità in quella frase. Jean si sentì schiacciato da quell'unica, piccola intonazione.

'Chi diavolo sei?', sussurrò.

'Te l'ho detto, sono solo una maschera.', il ragazzo si alzò. 'Devo portarti fuori di qui.'

'Come hai fatto ad entrare, innanzitutto?'

'Te l'ho detto, ho le chiavi.', estrasse un mazzo di chiavi da sotto il mantello.

Jean aggrottò le sopracciglia. 'Cosa sei, un carceriere?'

'Più una specie di incarcerato con permessi molto speciali.'


Jean e la Maschera si voltarono; qualcuno stava arrivando e, a giudicare dalla voce concitata, non era solo. La Maschera guardò Jean.

'Devi fidarti di me.'

'Considerata l'alternativa, non devi neanche chiederlo.'

Si alzò in piedi, aiutato dalla Maschera. Quest'ultimo si irrigidì.

'Qualcosa non va?'

Aveva riconosciuto le voci. Una era quella concitata e nervosa di Bertholdt Fubar; l'altra apparteneva a Reiner.

'Dobbiamo andare.', esclamò. 'Non possiamo farcela.'

'Non con me conciato così, no...'

'No, non capisci.', afferrò Jean per un polso e lo trascinò fuori dalla cella. 'Non ce la faremmo nemmeno se tu fossi del tutto integro. Se non ci sbrighiamo, morirai.'

Jean tremò. 'Dimmi cosa devo fare.'

'Corri.'

Lo fece; corse come non avi fatto in vita sua, nonostante le gambe doloranti e le ferite aperte. Corse nell'ombra della Maschera, la persona di cui aveva deciso di fidarsi incondizionatamente.

Da che parte stava la Maschera? Jean tentò di riflettere, scivolando sul pavimento bagnato.

Gira a destra.

Christa, Sasha e Connie, Eren e il suo gruppo.

Ancora a destra.

La Maschera e la Volpe.

Ora a sinistra.

Il Caporale Rivaille e Erwin, comandante della guardia cittadina.

Diritto, verso le scale.

Qualcuno di potente.

'CHE DEVO FARE?', sbraitò Jean all'improvviso. La Maschera si voltò, forse sorpreso. Inaspettatamente, si avvicinò a Jean e gli posò una mano sulla tempia.

'Calmarti, Jean.', sussurrò. 'Cercare di capire chi è buono e chi è cattivo. Cercare di ricordare.'

'Perchè non puoi spiegarmi?'

'Perchè è troppo tardi.', le voci si stavano avvicinando, e la Maschera era sempre più irrequieta. 'Va. Nasconditi. Il Carnevale è iniziato, puoi mescolarti tra la folla. Sarai al sicuro.'

Lo spinse verso l'uscita ed estrasse una spada dal fianco. Jean fu assalito dall'opprimente sensazione che non lo avrebbe mai più rivisto.


'Maschera...tu sei...?'

'Non dire quel nome!', sbraitò lui. 'Va via!'

Jean rimase ad osservare la figura della Maschera; di spalle incuteva un timore reverenziale, etereo. La mano della spada era tesa, il pugno chiuso attorno all'elsa.

Sarebbe bastato abbassare il cappuccio. Jean era spaventato da cosa vi avrebbe trovato, da ciò che anche solo il retro del suo capo avrebbe potuto rivelargli; ma non c'era davvero più tempo.


'Mi dispiace.', disse soltanto, correndo verso la porta che lo avrebbe condotto fuori dai Piombi.

'Sì, anche a me.', sussurrò la Maschera.






_______________________________________________________________________________


Guarda come ti butto lì un capitolo 6 a sorpresa.
Il capitolo 8 è in stesura e non voglio assolutamente rimandare, piuttosto metto da parte il progetto di traduzione. D'altronde questa è la mia storia.
E non sono mai stata così orgogliosa di dirlo.
Per Dobe, la magnifica donna che sopporta e recensisce, capitolo dopo capitolo: le età sono quelle canoniche, quelle dell'anime; conseguentemente, Jean ha quindici anni, Eren quindici, Reiner ne avrà 17 e così via dicendo, mentre nel primo capitolo Jean ne aveva 10 e così via u.u
E per tutti gli altri, come sempre, GRAZIE. GRAZIE. GRAZIE.
Questa storia volge a quello che in una struttura narrativa classica verrebbe definito 'punto di non ritorno', e che arriverà nel prossimo capitolo. Conto sulla vostra presenza e, vi prego, se provate qualcosa leggendo questa storia recensite. Anche solo con due parole buttate lì a caso; io apprezzo, davvero.
Vi amo tutti.
Scusate in anticipo per il prossimo capitolo.
- Joice

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: JoiningJoice