Anime & Manga > D'Artagnan
Segui la storia  |       
Autore: floflo    01/12/2013    2 recensioni
C’č ancora vita in questo fandom?
Ho deciso, dopo un lungo travaglio, di pubblicare questa fic a cui sto lavorando da piů di un anno.
Una storia tutt’altro che semplice - che mi ha fatto penare parecchio fin dal primo istante in cui ho deciso di raccontarla -, costruita su diversi livelli temporali: un po’ prequel del prequel, e spin-off del sequel (tanto per confondere ulteriormente le idee a chi avrŕ la pazienza di seguirmi...) “^^
Cosa conosciamo in realtŕ di Renče e del suo passato? E di quello che č stato il suo immediato futuro dopo il matrimonio con Athos?
Sequel di Feuilleton2- Reloaded, questo racconto inizia esattamente dopo la fine del capitolo quarto della mia precedente storia Feuilleton.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aramis, Athos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il feuilleton del feuilleton'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 

3. Il Cugino David





Scivolava in un sonno dall’atmosfera fumosa e sfocata, al caldo e al sicuro nella casa della sua amica, scordandosi per qualche ora di cercare di incastrare i pezzi sparpagliati della sua esistenza.
Eppure gli eventi passati continuavano a rincorrerla…

Era da poco uscita dal suo grembiulino di lino e dalla cuffietta merlettata che le metteva la bambinaia ed era entrata in un nuovo abito: una piccola tonaca color crema.
Presto sarebbe entrata in convento. Per essere educata, ma non solo.
Del resto, cosa avrebbero dovuto fare i suoi parenti di lei, una femmina, una piccola orfana? Se avesse avuto dei fratelli, sicuramente l’avrebbero fatta monacare o, se fossero rimasti in vita i suoi genitori, nella migliore delle ipotesi, l’avrebbero data in sposa a qualcuno.
La zia era vedova e senza eredi, Renče era dunque soltanto un peso, ma dopo la morte dei suoi genitori non potevano lavarsene le mani, cosě la soluzione ottimale era parsa quella di mandarla in convento e farle prendere i voti, in questo modo tutto il patrimonio sarebbe stato del cugino David, il primogenito di suo zio.

David, se lo ricordava ancora…
Era una bimbetta che non vedeva l’ora di evadere la sorveglianza della sua nuova tata, che la costringeva a stare ore inginocchiata di fianco al letto a pregare, per correre incontro a quel giovanotto che arrivava a cavallo a far visita alla zia vedova.
Tendeva le orecchie attentamente, avrebbe riconosciuto lo scalpiccio degli zoccoli del suo cavallo tra mille altri, poi si precipitava di sotto, lungo il vialetto tra le aiuole a corrergli incontro.
Lui la sollevava afferrandola sotto le ascelle e la faceva volare in aria come fosse senza peso, mentre lei rideva a crepapelle.
Veniva spesso quel giovanotto allegro e dal fare disinvolto a fare visita alla zia vedova con sincero affetto, e si intratteneva volentieri con la piccola cuginetta, ben conscio di rompere l’austero isolamento della bambina.
Il cugino David era il gioco preferito da Renče, anzi il suo unico gioco in casa della zia.
Con lui alternava interminabili partite a picchetto nei bui pomeriggi invernali, alle ricerche sui libri di araldica custoditi orgogliosamente nella biblioteca del defunto marito della zia, seduta sulle sue robuste ginocchia.
Renče osservava estasiata quelle immagini dai colori sgargianti che raffiguravano tra riccioli dorati simboli mitologici, grifoni, draghi, cavalli alati, spade, simboli di potenza e di ricchezza, mentre lui le spiegava i significati di quelle immagini, imbastendo per la cuginetta racconti fantastici tratti da vicende realmente accadute.
Durante l’estate lui le insegnava a giocare a volano.
Trascorrevano giornate a rincorrere la pallina nei cortili di palazzo d’Herblay, mentre zia Bčnčdicte lanciava sguardi compiaciuti al bel nipote maschio e di rimprovero alla nipotina che rischiava ad ogni istante di cadere e di rovinare la piccola tonaca; correvano avanti e indietro come forsennati, poi si gettavano tutti e due in mezzo all’erba esausti e sudati, attendendo l’arrivo di Cčline con un vassoio di limonata fresca.

Era bello il cugino David, una figura slanciata ed elegante, un ciuffo di capelli lucidi color miele gli scivolava impertinente sulla fronte e lui lo ricacciava regolarmente indietro con un gesto spigliato e seducente.
Con le dame e le amiche della zia - ma anche con qualche graziosa servetta - si inchinava con un gesto teatrale, portando avanti la gamba e compiendo col braccio un’ampia curva, rovesciando indietro il polso e scuotendo le piume del cappello: consapevole del suo fascino, non perdeva occasione per mettersi in mostra, senza malizia perň, con un pizzico di ironia.
Renče lo osservava estasiata quando montava a cavallo, le sembrava un principe delle fiabe mentre infilava la punta dello stivale nella staffa e si tirava sů con un balzo leggero e composto.
Non poteva resistere alla tentazione di tendere le mani verso di lui per farsi prendere in braccio e montare a cavallo insieme a lui.
La bambina si aggrappava alla criniera di Tzigane, il cavallo di David, mentre lui la teneva saldamente in posizione, poi partivano al galoppo per scomparire tra i boschi, rischiando ogni volta di far morire zia Bčnčdicte dallo spavento.
Che fosse stato il cugino David a far nascere in lei quell’istinto spericolato a furia di fughe dagli obblighi e dalle costrizioni?
Se lo era domandato molte volte, il temperamento allegro e scanzonato di David era stata la luce che aveva illuminato i suoi primi anni a casa di zia Bčnčdicte.
Unico erede maschio del casato dei D’Herblay, per lui si sarebbe preparato sicuramente un matrimonio faraonico con qualche nobildonna molto ricca e molto blasonata.
In realtŕ era proprio la sua amica Diane la designata consorte, ma questo Renče l’avrebbe saputo soltanto in seguito.

Quando Renče aveva incontrato François per un istante le era sembrato di ritrovarsi di fronte proprio David: lo stesso garbo la stessa tensione nei gesti, ma senza traccia di affettazione o di presunta superioritŕ, la loro regalitŕ era innata, loro non avevano bisogno di dimostrare niente a nessuno.

E pensare che avevano fatto tutti e due una fine orrenda, strappati al suo affetto da un giorno all’altro senza nessun preavviso.
David sarebbe morto di lě a poco in un incidente; la sua carrozza era finita contro un muro, per una cosa stupida, una questione di precedenze.
L’avevano riportato a casa senza una goccia di sangue sui vestiti, ma con l’osso del collo spezzato.
Bellissimo anche nella morte.
Sembrava soltanto addormentato quel giorno su quel letto di rose.
Aveva anche un buon odore di fiori, nulla a che vedere con l’odore ripugnante e dolciastro della morte che Renče avrebbe conosciuto qualche tempo dopo.
Per un istante le parve addirittura che respirasse, che le sue narici vibrassero quasi impercettibilmente, e un alito di vita scorresse ancora in lui.
Era solo un’illusione e, nell’attimo in cui realizzň di cosa si trattava, fu come se tra le ciglia agli angoli degli occhi di David brillassero due minuscole stille… O forse le lacrime erano state solamente le sue.

Le sensazioni di straniamento e abbandono invece erano rimaste a lungo.
Le sembrava impossibile non sentire piů il cavallo di David giungere al trotto, le sue parole festose rimbombare nell’androne di palazzo D’Herblay, le sue forti mani che la sollevano e la facevano roteare in aria.
Non poteva essere accaduto tutto realmente.
Per molti giorni e settimane rimase in attesa del suo ritorno e dell'allegria che lo contraddistingueva.
Ma non accadde nulla.
In seguito subentrň il sentimento di colpa e di segreto rimprovero.
Reneč non riusciva a perdonarsi di non avere capito prima che il destino si era accanito contro di lei e non le era concesso di amare.
Prima sua madre e suo padre, poi il cugino David.
Tutte le persone a lei piů care la abbandonavano.
Aveva anche pensato che fosse stata colpa sua quello che era successo, in fondo lei era un piccola bambina destinata a Dio, alla misericorda e alla preghiera: non avrebbe mai dovuto divertirsi tanto insieme a David.
Alla fine erano stati puniti tutti, il cugino che era morto, la sua famiglia che aveva perso l’erede del casato e, ovviamente lei, che avrebbe portato quella colpa come un marchio.
Si disperň giorni per quella perdita e per la nostalgia, arrivando a pensare che dovesse pregare ininterrottamente affinché Dio restituisse a lei e alla famiglia l’amato cugino.

Era diventata una bambina pallida ed introversa, sempre intenta a cercare qualcosa che le facesse espiare la sua terribile colpa, quando un giorno la pletora dei parenti al completo si presentň a casa di sua zia.
Fu proprio in quell’occasione che si tenne una importante riunione familiare, mentre Renče se ne stava con la sua istitutrice a fare esercizi spirituali e le signore chiacchieravano agitavano ventagli ricamati e egli uomini discutevano animatamente sorseggiavano vino e liquori tra una partita di Faraone e l’altra.

Una mattina Cčline non le infilň la piccola tonaca come al solito, ma un bell’abito di velluto e seta comparso misteriosamente tra le mani di una cameriera.
Gli zii e le zie vennero ad ispezionarla piů volte, la osservarono attentamente, mentre lei se ne stava composta seduta sopra una sedia, disquisendo sulla sua carnagione, il garbo dei suoi modi, il colore dei suoi capelli.
A decisione presa, dovettero insistere parecchio perché la bambina si liberasse del crocefisso di legno che si ostinava a tenere in mano, infatti, la famiglia all’unanimitŕ aveva stabilito che la piccola non sarebbe piů dovuta andare in convento.
Dopo la morte di David, Renče si era ritrovata improvvisamente con una cospicua dote e un discreto patrimonio: ora era lei l’erede designata dei D’Herblay.



 
***



- Buongiorno! Avete riposato bene, madame? –
La testa di Renče sgusciň fuori dalle coperte come una grossa tartaruga che si domandava se fosse per caso giŕ ora di uscire dal letargo invernale.
Era cosě strano tornare al presente dopo quel viaggio nei ricordi...
Gli occhi ancora assonnati misero a fuoco la figura Diane che la osservava divertita.
- Stiamo aspettando solo te per fare colazione. – disse la baronessa.
- Eh? –
Renče si tirň su a fatica, stropicciandosi gli occhi.
- Mia cara, č giŕ giorno da un pezzo! E a differenza di ieri, oggi č una bellissima giornata! - esclamň Diane scostando le pesanti tende scure per lasciare entrare dalle finestre una luce quasi accecante.
- Ti ho portato i vestiti! – esclamň Diane con entusiasmo mostrandole con orgoglio la poltroncina a fianco alla finestra su cui aveva riposto i panni.
Renče si sforzň di aguzzare la vista ancora offuscata dal sonno, quei colori, quei disegni del tessuto, quelle trine: Diane le aveva portato inequivocabilmente abiti da donna!
La sua amica le sorrideva con le mani poggiate sui fianchi, mentre Renče, ancora ammutolita, posň lo sguardo sconsolato sopra un mucchietto di stracci umidi abbandonati accanto al caminetto: gli abiti con cui era arrivata a Noisy il giorno precedente.
- Oh no, Renče! Non penserai di fare una cosa del genere anche qui??? Non in casa mia perlomeno… - la rimbrottň Diane scuotendo il capo allarmata.
- … Non vorrai dare una delusione alle tue domestiche? – mormorň Renče con aria di scherno.
Diane la osservň leggermente stupita, ma alla fine sorrise sorniona.
- Oh, no… Non le illuderei mai… E tu non vorrai mica ingannare Cčline e tua zia? –

Renče sospirň mestamente: la battaglia era appena cominciata.









 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D'Artagnan / Vai alla pagina dell'autore: floflo