Si svegliò tardi, molto tardi.
Aprì gli occhi e subito li richiuse, infastidita dalla luce
del sole alto.
Aveva lasciato la persiana abbassata per metà, ecco il
perché di quel risveglio fin troppo luminoso.
Si guardò intorno confusa.
I poster erano tutti al loro posto.
Tutti i soggetti anche.
Si alzò e, trascinando i pedi fino alla porta della sua
stanza, vi sbirciò dietro.
Il poster a grandezza naturale di Michael Jackson era dove
era sempre stato.
E Michael era immobile, munito di giacca di pelle e sguardo
serio, come al solito.
“Che sogno…” sospirò con un sorriso.
Aprì il portone e subito sua madre le disse: “Buongiorno! Ma
bene, è mezzogiorno passato e ti trovo ancora in pigiama!”
“Mamma, è domenica…” si giustificò Diana prima di
sbadigliare, spostandosi per lasciarla entrare.
“Sì, ma quando si hanno una casa e 22 anni, non si poltrisce
così! Sono venuta a prenderti i panni, hai qualcosa da lavare?”
“Sì, è tutto nel bagno, ora vado a vedere… Porca di quella
miseria, io vorrei sapere quando me la riparano, questa maledetta lavatrice…”.
Mentre stava andando in bagno per raggruppare i propri panni
sporchi, la mamma si diresse verso la cucina e cacciò un urlo tremendo che la
fece sobbalzare.
“Era tutto vero” continuava a ripetersi, sentendo il cuore
accelerare i battiti.
Si passò le mani tra i capelli con un sorriso gioioso sulla faccia.
“Si può sapere cos’hai da ridere con tutto questo bordello
davanti?!” l’apostrofò la madre.
“Niente, mamma, niente…” le rispose Diana, andando a piedi
nudi verso il tavolo e toccando quelle macchie di Nutella come se fossero oro.
“E che cos’è questo?!” gracchiò ancora una volta la signora.
La figlia si voltò spazientita verso di lei, che era alla finestra, e la vide con uno spinello in mano.
“Bob!” esclamò la ragazza, al colmo della felicità.
“Chi?!” chiese sua madre, tenendo tra le dita quella canna
con un’ espressione disgustata.
“No, mamma, lascia perdere, dammi qua, questo non è mio!” le
disse subito Diana, strappandole la sigaretta dalle mani.
“Ah, guarda che se fumi me ne accorgo, non sono mica nata
ieri!” borbottò la donna, andando a prendere la scopa nello sgabuzzino.
Adorava sentire le briciole di pane pungerle leggermente i
piedi.
Il suo sguardo fu poi catturato da qualcosa che era
attaccato al frigo.
Un foglietto, attaccato con lo scotch.
Lo staccò delicatamente e notò che era macchiato di
cioccolata.
In my deepest despair
Will you still care?
Will you be there?
In my trials
And my tribulations
Through our doubts
And frustrations
In my violence
In my turbulence
Through my fear
And my confessions
In my anguish and my pain
Through my joy and my sorrow
In the promise of another tomorrow
I’ll never let you part
For you’re always in my heart.
Sospirò, ricacciando le lacrime
indietro, giù per la gola, e corse a nascondere il foglio e lo spinello in
camera sua.
“Diana, voglio spiegazioni anche
su un’altra cosa…” le disse con tono severo sua madre, sulla soglia della
porta.
“Cosa, mà?” domandò la ragazza con
aria trasognata.
“Ieri ho chiamato la madre di
Dario. Piangeva. Mi ha detto che le dispiace tantissimo avere un figlio così
idiota da prenderti a schiaffi per poi finire dai carabinieri… cos’è successo,
perché non me lo hai detto subito?”
Diana si fece seria.
Già, Dario.
I suoi vestiti sparsi per l’atrio
del condominio.
Chissà quanti curiosi avrebbero
indagato, inventato indiscrezioni.
Senza immaginare neanche
lontanamente la realtà.
Sorrise e disse: “Hai ragione, mà…
Ieri ho lasciato Dario. Non ne potevo più. Mi ha tirato uno schiaffo mentre
litigavamo e… dei signori lo hanno fatto smettere... Poi, sono tornata a casa
per piangere e alcuni miei amici sono venuti subito a consolarmi. E mi hanno
consigliato di denunciarlo per quello schiaffo, sai?”.
“E l’hai querelato subito?” chiese
la mamma.
“Sì, certo”.
La donna addolcì la sua
espressione e abbracciò la figlia, dicendole: “La mia bambina… hai fatto la
cosa giusta. Non avevo idea di quanto fosse stronzo quel ragazzo… perdonami se
non me ne sono mai accorta… non ho potuto aiutarti…”
“Non preoccuparti, mà… ce l’ho fatta
da sola. E poi i miei amici sono stati così carini con me, sai? Abbiamo
festeggiato fino a tardi…”
“Addirittura festeggiato?” chiese
piacevolmente stupita la signora, accarezzando i capelli di Diana, che rispose
con un sorriso: “Sì, era proprio il caso… adesso sto proprio bene… mi sento
meno sola…”
“Non fatico a crederti, tesoro
mio… e poi come fai a sentirti sola con tutti questi occhi stampati che ti
guardano dalla mattina alla sera in camera tua?” domandò ironica la signora,
staccandosi dall’abbraccio della figlia.
Le parole scritte nel biglietto di Michael sono prese dalla sua canzone "Will you be there"... per chi già sapesse di cosa sto parlando, è la parte finale, quella in cui lui parla con voce commossa :).
E anche questa storiellina si è conclusa... a molti sarà sembrata banale, ad altri sarà parsa disneyana, bè, io ci ho messo veramente il cuore... e chi mi ha fatto sentire fiera di questo lavoro, incoraggiandomi e recensendo ogni capitolo nel migliore dei modi, è sempre stata RubyChubb, e la ringrazio per questo, è molto gratificante sapere che ci sono dei lettori come lei!
Alla prossima!
Ciry