Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: JoiningJoice    04/12/2013    8 recensioni
Venezia, 1577. Un orfano di nome Jean guarda il corpo del suo migliore amico bruciare tra decine di altri corpi, mutilati e deformati dagli effetti della Morte Nera.
Venezia, 1582. Mentre la città ormai guarita si prepara a festeggiare il Carnevale, Jean viene avvicinato da un misterioso ragazzo dalla maschera nera. Qualcosa di grande sta per succedere, qualcosa per cui Venezia non è neanche lontanamente preparata...
Davanti agli occhi di Jean si formò l'immagine delle pire che avevano illuminato a giorno il sestiere anche nelle ore più buie della notte, fino a qualche settimana prima. La cenere cadeva ancora, più lenta e rada in quel momento, ma cadeva. Fu assalito da un pensiero improvviso, malato.
(Stiamo respirando cadaveri.)
Genere: Angst, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Vita e Morte a Venezia



Pioveva fitto, il giorno in cui morì.

Nei giorni di pioggia, tutti gli abitanti della città sembravano innervosirsi, incupirsi; forse perchè a Venezia, in genere, di acqua ce n'era già abbastanza.

Ma a Marco la pioggia piaceva. Gli piaceva sentire l'acqua scivolare sul suo volto, gli piaceva perdersi nel cercare di seguire il tragitto di una singola goccia. Era fermo in mezzo a una calle deserta, perso nei pensieri più profondi che un undicenne possa generare, quando sentì l'urlo.

Un unico pensiero gli attraversò la mente, rapido. Jean.

Si mise a correre in direzione della richiesta d'aiuto, cercando di non scivolare sulle mattonelle bagnate, la rabbia che gli montava dentro come una tempesta. Nessuno, soldato o coetaneo che fosse, poteva permettersi di toccare Jean senza pagarne le conseguenze. Marco era un ragazzino dall'indole pacifica, quasi passiva, ma per Jean era diverso. Lui era suo fratello, il suo compagno, la sua spalla. E ora stava chiamando e chiedendo aiuto.

Estrasse il pugnale dal fianco sinistro, il pugnale che Antonio gli aveva regalato quando aveva compiuto dieci anni. Quella volta, il suo tutore e patrigno lo aveva guardato quasi spazientato, sospirando che una mente e una gentilezza come la sua erano doti sprecati per un ladruncolo di strada, ma a Marco non importava.

(Finchè potrò stare con Sasha e Connie e Jean non mi importerà)


Ricordava con dolorosa chiarezza il giorno in cui i suoi occhi avevano incrociato per la prima volta quelli ambrati del ragazzo più piccolo. All'epoca, Jean aveva solo sette anni, Marco otto. Jean era un bambino spaesato, sconvolto dalla morte dell'unica persona che gli avesse mai voluto bene. Marco non aveva mai avuto una madre, ma aveva un patrigno che lo aveva cresciuto con amore, e potè capirlo. Era stato suo compito far ambientare il ragazzino, insegnargli i trucchi del mestiere, fargli conoscere la città in cui erano nati.

Con gli anni, Jean era passato dall'essere un piccolo frignone all'essere una piccola peste. Marco era mente, studio e gentilezza; Jean era braccio, esperienza e violenza.

Si completavano; era l'unica spiegazione possibile.

Gira a destra.

'MARCO!'

Ancora a destra.

Erano usciti a giocare, lo aveva perso di vista. Non sarebbe dovuta andare così.

Ora a sinistra.

Lo avrebbe protetto.

Diritto, verso le sua voce.

Era il suo dovere.


C'era Jean, il braccio alzato in un debole tentativo di proteggersi dall'uomo che lo sovrastava; e quest'ultimo, una spada in pugno verso il ragazzino accasciato a terra.

Marco avanzò correndo, senza donare a se stesso il beneficio del dubbio; per una volta avrebbe fatto quello che in circostanze diverse avrebbe fatto Jean: non avrebbe pensato alle conseguenze.

Si gettò tra l'uomo e il suo amico, il pugnale teso, pronto ad attaccare.

In quel preciso momento, l'uomo fece calare la spada.

La lama spezzò in due il pugnale di Marco, poi attraversò il suo corpo come se fosse fatto d'acqua.


*


Faceva freddo.

Gocce di pioggia gli scivolavano addosso, instancabili; solo che non era più piacevole: faceva male. Ovunque le gocce di pioggia cadessero, faceva male.

'Marco...'

Il suo campo visivo era sfocato, distorto. Ebbe l'impressione che qualcosa si fosse appoggiato sulla sua mano destra, ma era come se la sua mano destra non fosse lì.

Qualcuno lo stava guardando. Due persone, una nettamente più vicina al suo volto rispetto all'altra. Marco sapeva che doveva essere successo qualcosa di brutto, ma non riusciva a ricordare che cosa fosse successo.

Poi la sua vista si fece più nitida; Jean era chino su di lui, il volto una maschera di orrore, le mani imbrattate di sangue


(il sangue di chi?)


e Grisha Jaeger sopra di lui.


'Marco...Marco...'

Marco voleva alzarsi. Alzarsi, abbracciare Jean, dimenticarsi del dolore e del dottor Jaeger, dimenticarsi della pioggia e di Venezia. Abbracciare Jean, tirarlo verso di sé e spiegargli che per lui ci sarebbe sempre stato, che non lo avrebbe mai abbandonato. Ma non poteva, e ora sapeva il perchè.


(Perchè sono morto)


Il dottor Jaeger afferrò Jean per il bavero della giacca e lo tirò verso di sé; Jean non protestò nemmeno.


'Avrebbe funzionato bene se non fosse andato così in profondità. Avrebbe funzionato meglio con te.', gettò la spada a terra. 'Dannati ragazzini.'

'Marco...'

'Il tuo amico è morto, ragazzino! Morto! ANDATO! FINITO!', aveva gettato Jean a terra, estratto qualcosa da sotto la giacca.

'No...no! Che volete farmi?!'

'Povero Marco. Ha sofferto così tanto, durante questi ultimi giorni, col morbo della peste che martoriava il suo corpo...'

'LO AVETE UCCISO VOI! LO AVETE UCCISO!'

'NO!', sbraitò il dottore. 'TU LO HAI UCCISO, JEAN!'


Si era buttato su Jean, in mano una siringa contenente un liquido verde. La siringa era penetrata nel braccio di Jean, e il ragazzo aveva urlato. Spasmi avevano attraversato il suo corpo per qualche secondo, poi si era accasciato a terra, svenuto.

'Ti riporterò a casa e racconterai a tutti di come hai visto il tuo amico Marco morire tra i dolori della peste.', aveva mormorato il dottor Jaeger, sereno.


Marco aveva fatto ricorso a tutte le sue forze per alzare una singola mano verso Grisha Jaeger. Questi si era girato verso di lui, un guizzo di sorpresa sul volto.


'Come diavolo...'

Si era chinato su di lui, tastandogli il polso, le pulsazioni del cuore. Le deboli dita di Marco si erano posate sul suo braccio e avevano stretto la presa.

Si era alzato; c'era stato un orribile rumore, come un risucchio, e il lato destro del suo volto si era strappato, brandelli di carne e sangue ovunque.


'Come puoi essere ancora vivo?!'

'Jean...', la sua bocca era a metà, la sua mascella non c'era quasi più, ma qualcosa nella sua espressione orripilata gli diceva che il dottore era riuscito a capirlo. 'Non...toccare...Jean.'

Dopodichè lasciò la presa, ricadendo in una pozza del suo stesso sangue. Continuò a guardare il cielo, troppo debole per alzare la testa e vedere cosa il suo assassino stesse facendo, ma non abbastanza debole da chiudere gli occhi e morire.

Si sentì sollevato di peso.

La pioggia non ne voleva sapere di smettere di cadere.

Bruciava.


*


Jean tornò a casa come in trance. Era sporco da capo a piedi di sangue, e venne accolto dalle urla di Antonio e dai pianti isterici dei più piccoli.

Quando il dottor Jaeger arrivò per il suo giro di controllo, quella sera, gli si avventò contro senza nemmeno sapere il perchè. Antonio lo sentì urlare qualcosa riguardo all'aver tagliato a metà Marco, ma non gli diede retta. Il ragazzo era evidentemente sconvolto, e la sua testa scottava, come se avesse preso la febbre. Lo mise a letto e si mise a parlare col dottore, preoccupato.

Il dottor Jaeger aprì la propria valigetta e ne tirò fuori gli strumenti medici; spiegò ad Antonio che Marco aveva contratto il morbo e che lui vi aveva operato sopra sotto lo sguardo di Jean. Sì, aveva dovuto incidere il volto, ma per il ragazzo non c'era stato niente da fare.

'Ma Marco non aveva la peste...non l'ha mai avuta!', aveva protestato Antonio.

Il dottor Jaeger aveva infilato la siringa nel braccio di Antonio. Il liquido verde gli era scivolato dentro le vene come acqua.


'Ne è proprio sicuro, Antonio?'


Quando Jean si era svegliato, in preda ai deliri della febbre, era stato a malapena in grado di cogliere frammenti di conversazioni. Connie sedeva in un angolo, il volto tra le mani.

'Cos'ha detto Jean? Che gli ha tagliato la faccia?'

'Connie, ho mal di testa. Sta zitto!', aveva urlato Sasha.

'Ma...ha detto così...ha infilato qualcosa nel braccio di Antonio...e a Marco...quel diavolo di un dottore gli ha tagliato la faccia...'

'Sta zitto, Connie! Tu e quella tua maledetta lingua da inglese!'


Era svenuto di nuovo.


*


Marco aveva aperto l'occhio sinistro, poi aveva tentato di aprire il destro.

(Qualcosa non va.)


Il soffitto che stava osservando non era quello di casa sua, ma un soffitto in pietra, come quello di una caverna; nell'aria mancavano il russare sommesso di Jean e Connie e i mugugni disturbati di Sasha, ed era sdraiato sulla superficie più comoda su cui avesse mai dormito.

Tentò di alzarsi, ma il lato destro del suo corpo non si muoveva; anzi, si rese conto con orrore, gli impediva di alzarsi.

Si voltò verso destra, spaventato; spalla e braccio non c'erano più. No, realizzò subito dopo, c'erano, ma non erano le sue.


'È titanio modificato.'


Marco si voltò; il dottor Jaeger era seduto a due metri di distanza da lui. Marco rimase a fissarlo, apatico. Non sentiva di avere la forza necessaria ad arrabbiarsi.


'Cos'è il titanio modificato?', si ritrovò a chiedere, piano.

'Un elemento che probabilmente verrà scoperto tra un paio di secoli, ma che io ho già isolato e modificato a mio piacimento.'

L'espressione orgogliosa di Grisha fece salire a Marco la nausea.


'Cosa mi è successo?'

'Sei morto.'

'E poi?'

'E poi sei resuscitato. E hai dormito per dieci giorni, durante il quale ho creato il tuo braccio.'

Marco rimase in silenzio, riflettendo su quelle parole.


'Non capisco.', mormorò.

'L'intento era di ferire il tuo amico Jean con questa.', prelevò una boccetta piena di liquido rossastro, estremamente simile a sangue, da dentro la giacca. 'Di modo che gli entrasse in circolo. I soggetti su cui sperimentare scarseggiano, ultimamente, e il ragazzino stava in giro da solo...non c'era nessuno in giro.', sorrise. 'Ma poi sei arrivato tu. La mia spada è un piccolo gioiello; giapponese, il regalo di una cara amica. Estremamente sottile e letale. Ti sei messo in mezzo, e la spada si è portata via metà del tuo corpo.', ridacchiò. 'Non avevo idea che il liquido ti sarebbe comunque entrato in circolo, né che saresti sopravvissuto. Hai la potenza di un dio in corpo.'

'Può riprendersela. Mi lasci andare.'

Grisha Jaeger aveva sorriso. 'Non credo proprio, mio caro ragazzo.'


Se ne era andato, ignorando bestemmie, richieste d'aiuto e preghiere.


*


Il dottor Jaeger aveva omesso un paio di cose, che Marco ebbe il tempo di scoprire nei giorni di prigionia successivi.

Primo: il titanio modificato era un materiale vivo, in grado di adattarsi e di rispondere agli impulsi del suo sistema nervoso; come un parassita, ma estremamente intelligente. Marco non era in grado di comandarne i movimenti, non del tutto; ma riusciva comunque a piegare le dita della sua nuova mano, o a flettere lievemente il polso.

Secondo: il braccio non era stata l'unica parte che il dottor Jaeger aveva ricreato per lui. C'era uno specchio nella cella, e Marco non dormiva la notte pensando a ciò che vi aveva visto: il proprio volto, per metà carne umana e per metà composto da quell'odioso materiale.

Era diventato un mostro.

Terzo: qualunque fosse il suo intento, Grisha Jaeger non lo aveva tenuto in vita per niente. Vennero a prenderlo dopo giorni, forse settimane. Lo trascinarono per i corridoi di quella che Marco riconobbe come una prigione.

Lo sistemarono in un'altra cella; tre ragazzi gli stavano di fronte, i volti impassibili e freddi.

'N-non voglio farlo...', aveva mormorato il più alto dei tre, guardando il suo vicino, un ragazzo dalle spalle larghe, con corti capelli biondi. Questi non aveva avuto alcuna reazione, e si era limitato a fissare il pavimento con gli occhi di un pazzo.

Si era fatto avanti il terzo componente del gruppo, una ragazza. Marco l'aveva guardata negli occhi e vi aveva letto l'orrore di un'infanzia distorta, sbagliata.

'Ci hanno detto che è nostro compito fare in modo che tu non possa più parlare di ciò che hai visto.', aveva spiegato lei.

'Non lo farò in ogni caso.'

'Permettimi di dubitarne.'


Dopodichè aveva estratto un pugnaletto e aveva cominciato a ferirlo; colpiva in punti strategici, aveva capito Marco in seguito, dove poteva provocargli più dolore possibile senza ucciderlo.

Aveva continuato per minuti che a Marco erano parsi giorni, ignorando le lacrime del ragazzo più alto e l'assenza mentale dell'altro. Si era fermata, ansimante.


'Come ti chiami?'

'Ma...rco...'

'Bene, Marco. Cosa vuoi di più in questo momento?'


Marco era sul punto di svenire; la sua voce era resa rauca dalle troppe urla, ma il solo pensiero di poter pronunciare quel nome lo aveva reso potente.


'Jean.', aveva sussurrato. 'Voglio Jean.'

'Sbagliato.', la ragazza lo aveva tirato su per il bavero della maglia. 'Tu vuoi uccidere, Marco.'

Marco ci aveva pensato, e non gli era sembrata affatto una cattiva idea.


*


Quella era stata la sua vita per i tre anni successivi. Il dottor Jaeger lo veniva a controllare per dieci minuti ogni mattina, dopodichè se ne andava, lasciandolo nelle mani di Annie e del suo gruppo. Lentamente, Marco era diventato sempre più insensibile alle botte e alle ferite, e sempre più consapevole di quale fosse il suo scopo nella vita.

Jean.

Jean.

Uccidere.

Jean.

Uccidere.

Uccidere.

Ma, Jean...

Uccidere.

Uccidere.

Uccidere.

UCCIDERE.


Raramente aveva tentato una fuga; il suo unico tentativo di uccidere Grisha Jaeger gli era costato due interi giorni di crocefissione.

Aveva capito che ciò che il dottor Jaeger gli aveva somministrato aveva in qualche modo potenziato la sua soglia del dolore, e lo aveva anche reso più forte. Non conosceva lo scopo o la reale potenzialità di quel siero, ma sapeva una cosa: anche Annie, Bertholdt e Reiner ne erano 'infetti', e altrettanto probabilmente loro erano gli unici bambini sopravvissuti a quel trattamento.


E poi, verso i quattordici anni, era arrivata la Maschera.

Il dottor Jaeger l'aveva fatta fare apposta per lui; una maschera di carnevale in ceramica, di un nero che sembrava composto dalle notti passate nel carcere dei piombi e di un rosso che avrebbe potuto benissimo essere scambiato per sangue, il suo sangue. Gli aveva spiegato che presto il siero avrebbe raggiunto il suo effetto definitivo, ma che ci sarebbe voluto ancora un po' di tempo; nel frattempo, data la disponibilità da lui mostrata negli anni passati, era libero di uscire.

Con la Maschera.

L'aveva odiata. Oh, se l'aveva odiata.

Ma presto si era fusa col suo volto. Presto aveva preso a indossarla anche nella sua cella, anche mentre dormiva.

Presto, la Maschera era diventata lui e lui era diventato la Maschera.


E il dottor Jaeger lo aveva guardato con occhi pieni di folle orgoglio.


*

*

*


Da qualche parte nel carcere dei Piombi, circondato da cadaveri in via di putrefazione, Jean aprì gli occhi, si alzò di scatto e inalò più aria di quanta gli fosse possibile, avido.

Era vivo.






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Sono sopravvissuta al linciaggio post-settimo capitolo, quasi non ci credo.
E anche Jeanhihihihihihihihih
Ragazzi, il contatore di visite domenica sera E' IMPAZZITO. DUECENTO VISITE IN UN'ORA?
Ma perchè non lasciate una parola per recensire, una sola? Voglio sapere come vi sentite riguardo la mia storia e il suo sviluppo, davvero, ci tengo veramente!
E ora sono a scuola...
E ho già caricato il primo capitolo tradotto di His Beating Heart, andatela a leggere se shippate JeanMarco, è...BELLISSIMA! (e non lo dico solo perchè la sto traducendo io, giuro)
E la gente mi guarda male ahahahahah
Al prossimo capitolo!


Ah, riguardo il titanio modificato...mia personalissima licenza. Il titanio, numero atomico 22, è stato scoperto nel 1789. Ma riguardo al 'titanio modificato' saprete di più nei prossimi capitoli! - Joice
   
 
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