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Autore: Rebecca_Daniels    05/12/2013    2 recensioni
Serie di OS che racconteranno piccoli pezzi di vita di qualcuno che potresti benissimo essere tu...
Se state cercando un mondo in cui fuggire, questa potrebbe essere la chiave che vi serve...
Lots Of Love xx
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Half A Heart

Sentitevi liberissime di ascoltare Half A Heart mentre leggete...

Manchester


Due anni. Due anni in cui aveva scoperto che cosa volesse dire amare, vivere per un'altra persona, gioire della felicità di qualcun altro e far di tutto perché non smettesse mai di sorridere. Due anni in cui era stata sicura di aver trovato l'uomo della sua vita. Quello che non ti abbandona qualsiasi cosa accada, che sarà sempre al tuo fianco nonostante i suoi sbagli, le sue esplosioni di gelosia insensate, i suoi terribili, benché rari, momenti di insicurezza.

L'aveva incontrato per caso, in una giornata soleggiata di metà aprile, Zoey stava facendo il bucato in una di quelle lavanderia a secco nel centro di Mancheste, aveva la musica sulle orecchie, con il braccio destro reggeva una pesantissima cesta piena di biancheria, mentre con la sinistra tentava di estrarre l'Iphone dalla tasca dei jeans stretti. Logicamente una panchina si mise in mezzo al suo cammino e, neanche farlo apposta, vide il telefono spiaccicarsi a terra, assieme alle cuffiette che erano volate via con lui. Cercò di recuperarlo senza far cadere nulla, ma qualcuno la precedette e quando alzò gli occhi da terra per prendere dalle mani dello sconosciuto il cellulare, si scontrò con due iridi troppo celesti per essere umane, tanto da tendere leggermente verso il grigio, magari per il riflesso dell'acciaio delle moderne lavatrici. Ma c'era qualcos'altro di “diverso” in lui.

Le stava sorridendo in una maniera nuova, tra il malizioso e il genuino, era intrigante. E poi le stava facendo delle battute tremende sulla sua biancheria e anche sulle sue terribili abilità da equilibrista. Da quel giorno, lei e Louis non si erano più divisi.

Niente sembrava poter minare la loro relazione. Certo, ogni tanto litigavano, ma il più delle volte era perchè entrambi sentivano troppo il peso della distanza, dato che lui faceva il tecnico del suono ed era sempre in giro per il mondo, in tour con qualche cantante strapagato. Ma bastava che Zoey prendesse il primo volo per la destinazione del momento e tutto tornava alla normalità.

Ma questa volta era diverso e Zoey ne era pienamente consapevole.

Con lui aveva imparato ad essere sé stessa, nell'accezione più leggera del termine. Louis, una volta, le aveva detto che bisognava vivere il momento, perchè tutto il resto era incerto. Era il loro primo appuntamento e lui l'aveva portata al Luna Park. Erano appena scesi dalla montagna gonfiabile dove si erano divertiti come dei pazzi, mentre un gruppo di bambini delle elementari li guardava storto, e Louis le aveva preso la vita per avvicinarla di più a lui, le aveva sussurrato quelle parole a fior di labbra quando Zoey aveva appena finito di ringraziarlo per quella serata e poi l'aveva baciata.

Benchè fosse seduta sul davanzale della finestra del suo appartamento a Manchester, guardando le foglie ingiallite cadere dagli alberi, confortata dal tepore del “suo” maglione di lana beige e dalla sua inseparabile tazza di tea, poteva sentire l'unico calore che realmente riusciva a riscaldarla. Ancora aveva sulla sua bocca quella sensazione paradisiaca che solo le labbra di Louis potevano donarle, come dal quel primo bacio al Luna Park.

Le mancava terribilmente quel sentimento di appartenenza che lui le donava, quel sapere che, alle volte, bisognasse semplicemente fare quello che il cuore ordinava di fare, senza preoccuparsi del resto, perché sarebbe comunque stata con e di Louis.

Per lui e grazie a lui aveva visitato mezzo globo terrestre ed era sempre stato come vivere un sogno. Non tanto per la possibilità di poter vedere tutte le bellezze che potessero decorare questa terra, e nemmeno per il fatto di poter conoscere decine e decine di personalità importanti del mondo della musica e dello spettacolo... No, non era questo.

Il sogno era poter ridere di ogni sciocchezza con lui e vederlo aprirsi in quel sorriso mozzafiato; l'accompagnarlo a farsi tutti quei tatuaggi strampalati che, il più delle volte lei non capiva, ma che sosteneva, perché sapeva essere una forma d'espressione della sua libertà; il perdersi in chiacchiere apparentemente inutili, fino alle prime luci dell'alba, con una fila di tazze vuote di tea, appoggiate al comodino; il vederlo ricordarle come ogni momento della loro vita fosse a tal punto prezioso da dover essere vissuto come se fosse stato l'ultimo, perché non ce ne sarebbero stati mai più di uguali...

E Zoey sentì una lacrima pesante caderle sulle morbide onde color cioccolato che le circondavano il viso, ormai smunto, per le troppe ore di sonno perse. Semplicemente non ce la faceva più: era una settimana che non usciva di casa se non per l'obbligo di frequenza che aveva all'università, che non dormiva più di tre ore per notte, ma soprattutto, che non viveva. Aveva smesso nell'esatto istante in cui Louis era uscito dal suo appartamento, sbattendo la porta.

Non era nemmeno sicura di aver mai smesso di piangere da quel momento.

Perché nel frammento di tempo in cui lui se ne era andato, Zoey aveva capito che tutto quello che aveva vissuto negli ultimi due anni, altro non era che un bellissimo e fatiscente sogno.

E tutto per cosa? Per uno stupidissimo pensiero trasformato in frase.

Le era sfuggito. Quel commento le era letteralmente scappato di bocca e si era pentita subito di averlo detto, anche perché non lo pensava veramente.

“Solo perché non ti prendi mai le tue responsabilità...”.

Stavano parlando di come uno dei suoi migliori amici, Zayn, che aveva deciso di sposarsi terribilmente presto per la loro età, gli avesse annunciato che a fargli da testimone di nozze sarebbe stato Niall e non Louis, poiché non era abbastanza affidabile.

E Zoey aveva dato voce a quei pensieri che teneva nascosti nel profondo del suo cuore, dato che, in fin dei conti, non erano nulla in confronto alla magia che viveva tutti i giorni con Louis. Doveva ammetterlo: c'erano state delle volte in cui aveva sperato che Louis maturasse un poco, che capisse come in certe occasioni ci fosse bisogno di prendersi le proprie responsabilità, mandando giù qualche rospo, ma non aveva alcuna intenzione di costringerlo a cambiare o cose del genere. Lei era assolutamente e perdutamente innamorata di lui per quello che era, anche per quelle stupide manie da bambino piccolo e dispettoso. Ma Louis sembrò non voler sentire ragioni: aveva cominciato ad urlarle contro che lei non lo amava veramente se pensava quelle cose, che voleva farlo diventare un altro, che voleva togliergli la sua libertà e che, soprattutto, lo feriva sapere che nemmeno lei si fidasse di lui.

E poi se ne era andato.

Zoey ancora non riusciva a crederci. Tra tutte le cose che si era sentita gettare addosso da quelle ragazzo che le sembrava tutto, fuorché il suo Louis, ciò che più l'aveva ferita era stata quell'ultima frase... Come poteva anche solo pensare che lei non si fidasse di lui, dopo che gli aveva donato ogni attimo di vita negli ultimi due anni?? Non riusciva a capacitarsene ed era per questo che trascorreva le sue giornate seduta su quella finestra, sperando che un giorno dal fondo della strada comparisse la sua auto e poi il suo inconfondibile sorriso. Sperando che la vita tornasse a bussare alla sua porta. Ma l'unica cosa che aveva visto negli ultimi sette giorni non erano altro che foglie stanche e bucherellate che cadevano dagli alberi, ricordandole terribilmente i secondi della sua esistenza che stavano volando via dalle sue mani.

Aveva bisogno di lui in quel preciso istante, dato che ormai aveva consumato tutti i ricordi che la sua mente conservava a furia di riviverli ancora, ancora ed ancora. Sapeva perché Louis avesse avuto quella reazione così esagerata: si era sentito tradito. Quello che riteneva il suo migliore amico non l'aveva scelto come suo testimone alle nozze perché non lo riteneva abbastanza affidabile e lei gli aveva detto che aveva ragione e che era giunta l'ora di maturare. Zoey non faceva che darsi della stupida, poiché lei si era innamorata di lui proprio per quel suo vivere la vita senza remore o freni, ed il fatto di essere lei stessa la causa del suo male, non faceva che farla infuriare ancora di più.

Si asciugò l'ennesima lacrima con la manica del maglione, appoggiò la tazza ancora fumante sul davanzale, davanti ai suoi piedi scalzi e strinse le braccia al petto: nemmeno quello strano sole di inizio novembre riusciva più a donarle un qualche tepore.

Guardando in strada si accorse di una figura, tutta imbacuccata, che si dirigeva a passo svelto, per i suoi ormai sei mesi di gravidanza, verso il portone del suo condominio e non riuscì a trattenere un sorriso: Johanna, la madre di Louis, l'aveva chiamata ogni santo giorno da quando era successo il fatto ed ormai Zoey contava le ore prima di vedersela comparire in carne ed ossa. Non attese nemmeno di sentir suonare il campanello, anche perché il suo sciocco cuore avrebbe comunque sperato per un secondo che si fosse trattato di Louis, ma si alzò ed aprì la porta.

Dopo qualche minuto, il bellissimo volto arrossato dal freddo di Johanna comparve di fronte a quello che rimaneva di Zoey. Non le diede neanche il tempo di salutarla, poiché la sommerse immediatamente in un abbraccio che sapeva di affetto e di istinto materno, e che la fece aderire dolcemente al ventre rigonfio della donna. Zoey adorava quella donna, anche solo per il fatto di aver messo al mondo quella meraviglia di ragazzo, qual'era il suo Louis.

Johanna- Come stai oggi?

Glielo chiese mentre ancora le carezzava la schiena ed i capelli, come se fosse una delle sue figlie ad avere il cuore spezzato e per Johanna era un po' così. Conosceva Zoey da due anni, dato che Louis gliel'aveva presentata appena due mesi dopo che si erano conosciuti e non avrebbe mai potuto immaginare nulla di meglio per il suo unico figlio maschio (almeno per il momento, data la pancia che si faceva sempre più ingombrante).

Lei era la parte razionale che a Louis mancava quasi completamente; era la dolcezza a cui lui era sempre stato abituato, ma che da quando era andato via da casa, gli era venuta a mancare; era quell'unica persona, oltre alle sue sorelle, che poteva suscitare in lui quell'istinto di protezione che lo avrebbe fatto maturare, prima o poi...

Ma anche Zoey era cambiata parecchio dalla prima volta in cui Johanna l'aveva incontrata, perché ora la donna si trovava di fronte ad un'altra giovane donna e non più la ragazzina dagli occhioni a cerbiatto che aveva stretto tra le braccia ormai tantissimo tempo prima. Era diventata ancora più bella, acquisendo una certa eleganza e una certa classe che solo le persone coscienti di quello che sono realmente possono raggiungere ed insieme a quello sguardo da cerbiatto, si era fatta largo una nuova visone del mondo, più consapevole ed ora amareggiata.

Le faceva male vederla ridotta in quelle condizioni, anche perché erano molto peggio di quanto Johanna si fosse immaginata: aveva delle occhiaie spaventose, nemmeno una traccia di sorriso sulle labbra, i maglione di suo figlio addosso e la fronte corrugata di chi sta cercando disperatamente di trovare la soluzione ad un problema che sembrava irrisolvibile. Erano rimaste in silenzio per venti secondi buoni e Johanna capì che quella domanda non avrebbe mai trovato risposta, almeno non a breve...

J- Va bene... Cambiamo argomento... Me la offri una tazza di tea, perché fuori si gela e i due pargoletti chiedono un po' di tepore..

Per la prima volta da quando era entrata in quell'appartamento, Johanna vide una simulazione di un sorriso spuntare sul volto della bella ragazza e pensò che, forse, una speranza c'era ancora.

Z- Cero... Vieni pure...

Si accomodarono sul divano bordeaux che occupava il centro del salotto, mentre la luce che proveniva dalle finestre inondava ogni cosa di un'aurea speciale, che sfocava i contorni degli oggetti e anche dei pensieri.

Zoey, dopo aver porto la tazza fumante a Johanna e dopo essersi rannicchiata dalla parte opposta del divano, si sentì per la prima volta, dopo sette lunghi giorni, in grado di respirare normalmente: quella donna le infondeva un'estrema tranquillità, di cui sentiva di aver urgente bisogno.

J- Zoey... Da quant'è che non dormi??

Rimase un po' interdetta da quella domanda così diretta, che si discostava ben poco da quella che le aveva rivolto appena entrata e che Zoey aveva deciso di ignorare. Ma non avrebbe potuto glissare ancora a lungo quelle domande: in fin dei conti, magari, tentando di rispondere a Johanna, l'avrebbe trovata pure lei una risposta.

Z- Credo una settimana... Più o meno... Ma sono allenata da tutte le nottate di studio matto e disperato durante le sessioni d'esame...

Zoey vide quello che non avrebbe mai voluto scorgere sul volto della donna che era di fronte a lei: apprensione per lei e per la situazione.

J- Cara, non puoi continuare così... Ti sta facendo del male da sola...

Appena ebbe pronunciato questa frase, Johanna si morse la lingua, consapevole di come, l'unico fautore di tutta quella terribile situazione, altro non fosse che suo figlio. Infatti Zoey la guardò con uno sguardo più che eloquente, lasciando che tutto il suo dolore la colpisse dritta al suo cuore di mamma: quella ragazza era perdutamente innamorata di Louis.

J- Lascia perdere quello che ho appena detto, è solo che non capisco come sia possibile che Louis si comporti così!!

Sentire quel nome fece sì che lo stomaco di Zoey si stringesse in una morsa e che qualcosa grande come una palla da tennis si creasse nel bel mezzo della sua gola, impedendole di respirare: erano i ricordi di quanto c'era stato e che ora sembrava essere svanito per sempre. Quel nome per lei significava tutto, o per lo meno gli ultimi anni due anni e, sperava, la sua vita futura. Eppure, benché facesse un male cane anche solo sentirlo nominare, erano sette lunghissimi giorni che voleva sapere come stava, se fosse vivo, se avesse avuto qualche nuovo ingaggio in quel momento.

Quindi cercò di recuperare un po' d'aria e fece la fatidica domanda.

Z- Hai sentito Louis?...

Johanna non sapeva cosa rispondere e se rispondere, dato che le uniche notizie che aveva dal figlio gli eravo arrivate tramite Lottie, l'unica persona a cui aveva risposto, e che le aveva riferito come avesse accettato un lavore dell'ultimo minuto per uno spettacolo a Las Vegas. Suo figlio era oltre oceano e non aveva avvertito nessuno eccetto la sorella, che lo aveva costretto a dirglielo. Non lo riconosceva più, non era da lui scappare dalle persona che amava, ma di una cosa era certa: stava soffrendo almeno tanto quanto Zoey.

Cercò di concentrare tutta la sua attenzione sulla tazza di tea ormai mezza vuota per non incrociare lo sguardo di quella che aveva sperato, un giorno non molto lontano, diventasse la mamma dei suoi nipotini.

J- No... L'ha sentito Lottie e le ha detto che è partito per un lavoro in America...

In quel momento, se anche un'intera montagna di pietre le fosse rovinata addosso, Zoey era certa che non avrebbe sentito nulla, dato che quelle parole l'avevano già uccisa. Non riusciva più a trovare una sola motivazione per trattenere quello che stava accadendo dentro e quindi non si stupì di sentire delle lacrime, pesanti come macigni, mescolarsi al liquido caldo che c'era nella tazza tra le sue mani. Non sapeva più che fare, non riusciva più a vedere una soluzione a tutto quello che le stava accadendo, come se all'improvviso fosse arrivato un tornado all'interno della stanza piena di oggetti di vetro, quale erano il suo cuore e i cuoi ricordi. In un attimo tutto era stato infranto, lasciando schegge che stavano lentamente perforando quelle pareti morbide, facendole sanguinare.

Johanna non resistette un secondo in più e, poggiata sul tavolino la sua e la tazza di Zoey, la prese tra le sue braccia e cominciò a cullarla come faceva con le sue figlie ogni volta che doveva consolarle per qualche ingiustizia della vita. Anche se sapeva che quei singhiozzi che scuotevano l'esile corpo di quella ragazza fossero causati da una motivazione più profonda di una banale “ingiustizia della vita”. Ma Johanna era consapevole di non poter far niente altro per Zoey, se non tenerla al sicuro, tra le sue braccia.

Zoey percepiva quella stretta con cui Johanna cercava di rassicurarla, ma non la sentiva veramente, perché l'unico pensiero che riempiva la sua testa e le sue vene era quello che aveva sbagliato lei e che se non avesse detto quelle sciocchezze che nemmeno pensava, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto. I singhiozzi non accennavano a smettere, anzi, e Zoey sentiva che una nausea diffusa si stava impossessando di lei, nonostante non mangiasse qualcosa di solido da giorni. Voleva solo che tutto quel dolore e quell'assenza cessassero di esistere in lei.

Johanna sentì il corpo di Zoey diventare sempre più pesante finché non fu costretta ad adagiarla sullo schienale del divano: era lì, inerme, sconvolta in ogni sua cellula da un dolore che era quasi palpabile.

J- Torno subito... Stai tranquilla...

Non poteva permettere che quella ragazza soffrisse in quella maniera: non era umanamente concepibile.

Andò in cucina e prese il cellulare dalla borsa, consapevole di quale fosse la soluzione a tutto quel dramma.

J- Avanti, rispondi...

Stava picchiettando il piede, che con difficoltà intravvedeva oltre la pancia, a terra mentre attendeva che il destinatario della sua chiamata si degnasse di rispondere.

J- Non dire nulla! Ma soprattutto non ti permettere nemmeno di riattaccare, chiaro?! Ora tu stai zitto e mi ascolti okay?

Non attese neanche di ricevere una risposta o anche un minimo mugolio di approvazione: aveva una sola possibilità e non aveva alcuna intenzione di lasciarsela sfuggire.

J- Non voglio sapere per quale dannata motivazione tu abbia accettato quel lavoro a Las Vegas, ma ti assicuro che stai facendo la scelta più sbagliata che potessi mai fare!! E sai come lo so? Non solo perché sono tua madre e ti conosco come le mie tasche, ma soprattutto perché ho appena lasciato nell'altra stanza una ragazza distrutta sul divano, che ormai non ha nemmeno più lacrime con cui piangere! E sì, Louis: sto parlando della tua Zoey! Quella che fino a una settimana fa mi dicevi essere la donna della tua vita... Sai cos'ho visto quando mi ha aperto la porta, oggi? Il nulla... E' come se fosse metà di quello che era prima... Quella ragazza ha bisogno, per qualche inspiegabile motivazione, di te... Quindi sì, se te lo stai chiedendo, ti sto ordinando di tornare ed affrontare quest'orribile situazione!!

Johanna prese fiato dopo la sfuriata che aveva appena fatto al figlio, ma almeno si sentiva più leggera: lei, la sua parte, l'aveva fatta ed ora poteva solo sperare che tutto quello che aveva insegnato al figlio si trasformasse in una scelta intelligente. Ma quando sentì il bip-bip della chiamata interrotta capì, che forse, quello con cui aveva “parlato” non era più suo figlio.




Las Vegas


-Fanculo!

Louis gettò il cellulare sul letto e dopo vi gettò anche sé stesso: si mise le mani tra i capelli, mentre il soffitto color senape della sua stanza d'albergo, cominciava a fargli mancare l'aria. Non aveva la più pallida idea di che cosa stesse facendo.

Aveva ricevuto quell'offerta di lavoro dopo essere uscito da casa di Zoey e non ci aveva pensato due volte ad accettarlo: un oceano ed alcune migliaia di chilometri a separarlo da lei gli erano sembrati sufficienti, ma ora, nemmeno le schiere celesti di ballerine mezze nude e di signore piene di soldi che gli ronzavano attorno sembravano più avere alcun effetto su di lui. Erano sette giorni che tentava di occuparsi in ogni maniera possibile, tanto che se non faceva degli straordinari per spettacoli extra al casinò, passava il suo tempo a bere e giocare a qualche slot machine. Praticamente si stava crogiolando nel suo dolore e nell'autocommiserazione, come avrebbe fatto un qualsiasi adolescente che si rispetti. Ma Louis non aveva più quindici anni e lo sapeva perfettamente, eppure le parole di lei l'avevano ferito come un punteruolo infilato dritto nel cuore del suo orgoglio.

Le sue e quelle di Zayn.

Non si fidavano di lui e la cosa lo uccideva letteralmente, perché aveva sempre pensato di essere un punto di riferimento per i suoi amici e per lei... Gli faceva montare la rabbia anche solo pensare il suo nome.

Era furioso per quell'accusa che gli aveva rivolto ma aveva anche la subdola consapevolezza che aveva terribilmente ragione e la chiamata di sua madre di poco prima gliene aveva dato la prova: lui non sapeva prendersi le proprie responsabilità.

Infatti l'aveva lasciata sette giorni fa con la paura negli occhi per quello che stava per accadere e non si era più fatto vivo. Era semplicemente fuggito, dando la conferma a tutti che avevano pienamente ragione: lui era ancora un bambino immaturo, incapace di affrontare le incombenze della vita.

Zayn aveva fatto bene a non sceglierlo come testimone, perché avrebbe fatto solo una gran confusione: magari avrebbe organizzato il più trasgressivo ed indimenticabile addio al celibato di sempre, ma si sarebbe dimenticato le fedi il giorno della cerimonia. Sicuramente sarebbe andata a finire così. Un sorriso amaro gli deformò le labbra sottili e si passò più volte le mani sul viso per tentare di cancellarlo.

Si mise seduto sul bordo del letto e si guardò attorno: tutto ciò che lo circondava erano i pezzi infranti, i cocci affilati e taglienti, della sua vita.

Vestiti sporchi sparsi dovunque, scarpe in giro per il pavimento, lattine di birra vuote in ogni angolo possibile, volantini di serata con l'assicurata promessa di svago a tappezzare il pavimento... Ecco a cosa si era ridotto: niente più che una serie infinita di frammenti. Louis sapeva quale sarebbe stata la soluzione, ma quello implicava mettere da parte l'orgoglio e la cocciutaggine per potersi finalmente prendere cura delle persone a cui teneva. Per poter dimostrare a lei che si sbagliava, che lui era capace di prendersi le sue responsabilità e che ci sarebbe stato anche quando le cose sarebbero andate male.

Ma allora perché era ancora seduto nel bel mezzo di quel caos senza senso a miglia di distanza da lei? Perché in fondo si sentiva ferito, perché lei, quelle cose, non avrebbe dovuto dirle, perché per lei c'era sempre stato e non le aveva mai fatto mancare assolutamente nulla, perché gliel'aveva detto come se fosse una cosa di poco conto, che chissà da quanto tempo le passava per la testa.

E se aveva ancora quei pensieri che gli giravano per la testa, forse non era il caso di chiedersi se tenesse più alla sua libertà o alla sua relazione?

Ma che libertà era quella che scioccamente stava continuando a difendere con le unghie e con i denti?? La possibilità di girare il mondo? Di bere fino a star male? Di fare sesso ogni qualvolta gliene i presentasse l'occasione?

E se queste cose le avesse fatte con qualcuno al suo fianco come sarebbero state? Avrebbe trasformato ogni viaggio in un ricordo condiviso e quindi indelebile, perché due memorie sono meglio di una... Avrebbe avuto qualcuno con cui ridere mentre era sbronzo e che gli preparasse il caffé la mattina dopo... Avrebbe trasformato quelle notti di mero piacere carnale in puro amore... Avrebbe avuto tutto questo con lei.

Con la sua Zoey.

Quel nome che gli comparve davanti agli occhi come l'insegna luminosa di un cinema e gli si impresse a fuoco sul cuore come un marchio, gli fece velare quelle iridi celesti, come l'acqua delle fonti di montagna, di un pesante strato di lacrime. Sarebbero presto scese se il cellulare sul suo letto non si fosse messo a suonare nuovamente. Tirò su con il naso, cercando di mandare via quel magone che gli bloccava la gola e rispose, senza nemmeno guardare chi fosse.

L- Pronto?...

La sua voce era ancora più tremante di quanto si fosse aspettato.

-Cazzo, hai risposto finalmente!! Non voglio nemmeno sapere dove diamine ti sei cacciato, brutta testa di cazzo che non sei altro, ma sappi che se non torni a breve vengo a prenderti e ti distruggo con le mie mani!!

La voce arrabbiata e stranamente alterata di Zayn gli perforò il timpano, arrivando dritta al suo cervello frastornato dal dolore. Non lo aveva sentito spesso urlare e la cosa gli fece intuire che l'aveva fatto incazzare parecchio, ma Louis non ne vedeva il motivo, dato che in quella situazione gli sembrava ancora di essere l'unico ad avere il diritto di odiare il mondo.

L- Buongiorno anche a te, Zayn...

Louis si avviò verso l'enorme vetrata di cui era dotata la sua stanza e rimase immobile, con il telefono all'orecchio, di fronte a quella città vastissima che non accennava a svegliarsi sopo l'ennesima notte di bagordi.

Z- Scusa Louis... E' solo che, cazzo, dove sei finito? Sono sette gironi che non ti fai sentire con nessuno di noi... Perrie dice che non rispondi nemmeno a tua madre!!

L- Sono a Las Vegas per lavoro e comunque a mia madre, oggi, ho risposto...

Z- Allora hai deciso di tornare a collegarti con noi poveri comuni mortali?

Louis sentì la mano libera prudergli terribilmente per l'istinto di tirare un pugno a qualcosa.. O qualcuno... Quindi lo infilò velocemente nella tasca dei pantaloni della tuta.

L- Zayn...

Z- Scusa, la smetto... Solo che non capisco: te la sei presa per la storia del testimone? Avanti Lou!! Lo sai quanto me che ti saresti sicuramente dimenticato delle fedi o di comprare la cravatta del colore giusto che Perrie sta tentando di scegliere da cinque giorni, perché le sfumature di rosa non la convincono mai abbastanza...

Le piccole sfumature di disperazione e rassegnazione che c'erano nella voce dell'amico di sempre, fecero sorridere leggermente Louis, ancora intento a fissare la città intorpidita, che si stendeva ai suoi piedi. Era pronto a rinunciare a quella sensazione di essere l'unico sovrano della sua vita?

Z- Ma questo non perché non ci avresti tenuto abbastanza, ma perché saresti stato tutto concentrato a farmi avere tutte le cretinate più imbarazzanti per la nostra serata soli uomini... Ed è proprio perché per questo che ti sto chiamando, prima che tu mi interrompa: non penserai mica che lasci il mio addio al celibato a quel piccolo e ingenuo di un irlandese, vero? Niall si imbarazza vedendo un paio di collant!

Zayn non aveva tutti i torti: lui non sarebbe stato un buon testimone, ma sicuramente era un buon amico.

L- certo che no... Ma...

Z- Ma torna qui immediatamente, okay? Abbiamo tutti bisogno di te, sia io che gli altri tre disgraziati che non sanno nemmeno da che parte girarsi... Liam ed Harry non hanno il coraggio di dire a Perrie che non si vogliono mettere delle orrende cravatte di qualsiasi tonalità di rosa saranno e Niall è terrorizzato per il discorso che deve fare... Mi servi qui, ora!

Zayn aveva bisogno di lui e quella chiamata era più di quanto Louis avrebbe mai sperato di ottenere, eppure c'era ancora un “ma” e non da poco...

L- Io tornerei anche, ma...

Z- Lei ha bisogno di te più di tutti noi... Louis: è l'ombra di sé stessa da quando te ne sei andato, è mezza Zoey... Come se le avessi strappato una parte di lei... E no, non sto esagerando solo per convincerti a tornare... Perrie è andata a trovarla... Torna da Zoey, Lou...

In pochi istanti gli sembrava troppo faticoso parlare con Zayn, come se avere l'ennesima conferma a voce di aver combinato una cazzata lo potesse far star peggio.

L- Zayn, ci penserò... Ora devo andare... Tranquillo che torno.. Prima o poi.. Ciao...

Mise giù prima di ricevere una risposta ed appoggiò la testa sull'ampia finestra fresca, davanti a lui. Fece un respiro, che doveva essere profondo, ma gli si bloccò a metà gola: era come se il cuo cuore non potesse pompare la solita quantità d'aria, ma solo un'esigua metà... Era come se avesse mezzo cuore. E la consapevolezza su chi avesse l'altra metà si fece strada prepotentemente nella sua mente arrivando dritta, dritta a quel che restava del suo organo più importante. Spalancò gli occhi ed ebbe la certezza di quello che andava fatto, perché lui non era un mezzo uomo.




Manchester


Perrie l'aveva obbligata ad uscire quella mattina: erano dieci giorni che non aveva sue notizie e l'amica sosteneva che la scelta dei fiori per il ricevimento e la chiesa sarebbe stata un'occasione perfetta per distrarre la sua mente. Zoey si era fatta trascinare appena fuori città, in una meravigliosa serra dove un simpaticissimo signorotto di campagna, sulla settantina, coltivava con amore incondizionato e devoto quasi ogni specie di piante e fiori. Erano passate quasi due ore da quando si erano immerse in quell'enorme capannone in cui i raggi di sole dell'ennesima innaturale giornata soleggiata di metà novembre, illuminavano di riflessi singolari i petali dei fiori più variopinti e particolari che Zoey avesse mai visto. Perrie continuava a farsi spiegare ogni singolo significato di ogni pianta, mentre lei lasciava che tutti quei profumi e quelle fragranze annullassero ogni percezione su quanto era attorno a lei e sulla sua vita.

Ad un certo punto vide delle meravigliose piante di loto, con tutti quei fiori bianchi e rosa che sprigionavano il loro caratteristico profumo dolce e magnetico, galleggiare su un piccolo stagno in un angolo della serra. Chiuse gli occhi e lasciò che la voce di Perrie e del botanico si allontanassero, cosa che fece emergere ed avanzare verso di lei quei sentimenti che continuava a tentare di tenere a bada. Ma ancora una volta ebbero la meglio, lasciando che una goccia di acqua salata andasse ad aggiungersi all'umidità di quel luogo.

-Con tutte quelle lacrime farai allagare la serra...

Zoey prese paura dopo aver sentito quelle parole, poiché c'erano due sole spiegazioni: o stava impazzando definitivamente e sentiva la sua voce pure nella testa, oppure Louis era realmente lì con lei. Non sapeva perché ma le sembrava più probabile la strada della pazzia.

Louis, che era dietro di lei e ne poteva chiaramente vedere le spalle sussultare per colpa di piccoli singhiozzi, si diede mentalmente dello stupido per quella battuta idiota, ma Zoey, dal canto suo, ebbe così la certezza che quella voce non fosse frutto della sua immaginazione: se fosse stato per lei, gli avrebbe fatto dire un battuta decisamente più profonda e ad effetto.

Si voltò e ritrovò quelle stesse iridi azzurre e quello stesso sorriso che aveva impressi nel cuore da ormai due anni.

Non sapeva se dentro a quella serra fosse improvvisamente mancato l'ossigeno per colpa di tutte quelle piante, benché fosse cosciente che al massimo sarebbe dovuto essere al contrario, o se semplicemente non fosse stata più in grado di respirare.

Z- Non credo che Perrie me lo perdonerebbe mai... Sembra essere intenzionata a comprare tutti i fiori che ci sono dentro...

Era come se in un solo istante il pezzo mancante del suo cuore fosse magicamente tornato a combaciare con quello che lei gelosamente custodiva dentro al suo petto.

Louis poteva scorgere nel suo corpo i segni che quei dieci giorni avevano lasciato in lei, eppure sentirla rispondere con quella sua solita punta di ironia gli fece chiedere come avesse fatto a sopravvivere in quei giorni di lontananza. Perché uno era il completamento dell'altro, come se fossero i piatti di un bilanciere e senza i pregi e i difetti dell'altro non potessero trovare il loro equilibrio.

L- Ho sbagliato...

Forse se glielo avesse detto per telefono o via messaggio, senza far incontrare il loro occhi in un silenzioso discorso, Zoey non avrebbe mai creduto a quanto aveva appena sentito, poiché era esattamente l'opposto di quanto il “suo” Louis avrebbe mai detto. Eppure sembrava così convinto di quella frase, sembrava l'avesse pensata e meditata per così tanto tempo che era impossibile non credere che ci fosse dentro tutta la sua convinzione. Louis voleva solo che Zoey potesse comprendere quanto, tutta quella situazione, lo avesse fatto crescere, forse non maturare, ma ridimensionare le sue prerogative sì.

Si avvicinò e le prese una mano affusolata e delicata tra le sue, decisamente più grandi ed avvolgenti: ebbe la conferma che quel cambiamento non avrebbe fatto altro che renderlo felice veramente.

L- Ho sbagliato ad andarmene... Ho sbagliato a non rispondere a nessuna delle vostre chiamate... Ho sbagliato ad incazzarmi con Zayn...

Alzò gli occhi da quell'incrocio di mani e Zoey si sentì finalmente al sicuro nell'oceano dei suoi occhi.

L- Ma soprattutto ho sbagliato ad abbandonare te... Perché io, senza di te, sono un pazzo che gira con una scarpa sola... Sono un cielo blu lasciato a metà... Sono al massimo un mezzo uomo... Sono un miserissimo cuore a metà...

Zoey lo vide fare un profondo respiro e si chiese perché fosse così nervoso dopo averle detto delle cose così adorabili: lo sapeva che tanto lo avrebbe perdonato perché senza di lui si sentiva esattamente alla stessa maniera.

Ma dentro la testa di Louis c'era bel altro che ronzava, come ad esempio trovare le parole giuste per farlo...

Scosse la testa e con lei anche tutte quelle assurde paranoie sul fatto di star a rinunciare alla sua libertà, alla sua indipendenza, perché tanto a quelle aveva rinunciato, in un certo senso, quando si era innamorato della splendida ragazza che lo guardava con un'aria sempre più confusa.

Lasciò la sua mano per un attimo, di moda da afferrare quello che conteneva la tasca anteriore dei suoi jeans arrotolati sulle caviglie.

Vide il viso di Zoey aprirsi in un'espressione che non sapeva essere se di stupore, di gioia o di terrore, in ogni caso a Louis non importava, poiché aveva deciso di farlo e l'avrebbe fatto.

Si inginocchiò sulla terra umida de alzò la testa verso di lei, verso colei che lo rendeva un vero uomo.

L- Zoey Eleanor White: vuoi farmi l'onore di diventare mia moglie, lasciando che io mi prenda cura di te e che tu mi renda il miglior uomo possibile, mostrandomi dove sbaglio??

Aprì la piccola scatolina di velluto blu e Zoey vide quello che sapeva essere il segno tangibile di come l'uomo che era inginocchiato davanti a lei non fosse più il ragazzino immaturo ed adorabile che aveva incontrato in un soleggiato pomeriggio di due anni prima, in una lavanderia... Quello che la stava avvolgendo nel suo amore con un solo sguardo era l'uomo di cui era perdutamente innamorata e a cui avrebbe affidato la sua intera vita, per formare un cuore completo e pulsante d'amore.




Hi sweethearts...

Scusate il ritardo nel postare qualche nuovo racconto, ma gli impegni ed il mio umore non hanno aiutato molto... Infatti mi scuso per la banalità della storia e vi dico che non so quando (e se) arriverà qualche altra one shot... Forse per Natale... Mah... Spero non vi siate annoiate troppo a leggerla e che, almeno a voi, abbia regalato qualcosa...

Lots Of Love <3

  
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