Fanfic su artisti musicali > The Script
Segui la storia  |       
Autore: AnneC    06/12/2013    3 recensioni
Si può abbandonare il proprio Paese e una volta all’estero cercare qualsiasi cosa che ti tenga aggrappato ad esso?
Si può ripartire da zero, iniziare una nuova vita, creare una nuova versione di te senza sentirsi spaesati e soli in una metropoli che ti attende oltre le finestre?
Riuscirai a ristabilire l’ordine o andrà tutto a rotoli?
Resterai o tornerai indietro?
In ogni battaglia serve qualcuno che ti copra le spalle nei momenti di difficoltà e che esulti con te della vittoria. Ma puoi trovarlo in mezzo ad una folla sconosciuta?
C’e chi riesce nel suo intento e chi invece rimane sconfitto.
Cos’è successo a me? Stavo precipitando, ma qualcuno mi ha portata in salvo.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 24

~•~

'Cause I got no business knowing where you're at.


Riesco ad aprire a malapena gli occhi e a mettere a fuoco la stanza che mi circonda. Non è la mia, questo è sicuro. Dove diavolo sono?
Giusto, Marisol ha costretto me e Rose a dormire da lei, dato che l’incontro con i due irlandesi ci ha trattenuto al pub più a lungo del dovuto. La camera è buia e calpesto cauta il pavimento, nella speranza che non inciampi o che vada a sbattere contro qualcosa. Non riesco a trovare la mia borsa, in compenso però trovo la maniglia della porta. Un fascio di luce improvvisa mi fa strizzare gli occhi. È già mattina, non ci sono dubbi.
“Buongiorno splendore!” mi saluta Marisol prima di stringermi in un abbraccio.
“Mi sento una schifezza” ammetto, lasciandomi avvolgere dal suo calore.
“Vuoi che ti prepari qualcosa?” chiede premurosa.
“Voglio delle spiegazione e credo che tu non possa fornirmele” affermo sofferente, appoggiando la testa sulla penisola fredda.
“Sei sicura che non te l’abbia detto?” domanda cauta, sedendosi al mio fianco.
“Stai scherzando?”.
“D’accordo, ma un motivo ci sarà se non l’ha fatto” ammette, accarezzandomi i capelli.
“Dove sono Rose e Josh? Stanno ancora dormendo?” chiedo, non appena realizzo che l’appartamento è troppo silenzioso.
“Sono usciti un paio di ore fa” mi informa. “Sei sicura di non voler niente?”
“Puoi prepararmi un tè?” le domando alzandomi controvoglia.
Non riesco a terminare la frase che Marisol è già  all’opera con il bollitore. Non so come abbia fatto a sopravvivere senza di lei. Perlustro il salotto alla ricerca della mia borsa, che custodisce ancora il mio cellulare.
“Cerchi la borsa? È in bagno” mi dice, come se fosse a conoscenza di ogni mia singola azione.
Non ho chiamate perse, né messaggi. Danny è scomparso nel nulla, di nuovo.
Sorseggio lentamente il tè caldo che la mia amica mi ha preparato con tanta premura, seduta sulla mia poltrona preferita.
“Sembra che tu stia aspettando qualcosa” osserva Marisol accomodandosi sull’altra poltrona.
“Ho bisogni di riflettere” ammetto dopo qualche attimo di esitazione. “Com’è possibile che ogni volta che prendo una decisione accade qualcosa che mette tutto in discussione?” chiedo più a me stessa che alla spagnola. “Voglio una risposta e c’è un unico modo per ottenerla” concludo seria.
“Vuoi andare in Irlanda?” domanda la mia amica sgranando gli occhi.
“No. Lo chiamo e se non mi risponde, non gli darò pace finché non si deciderà a parlarmi” affermo estraendo il cellulare dalla tasca.
Marisol sospira sollevata. Come le è venuta in mente una cosa del genere? Come farei ad andare fin lì se non c’è un giorno in cui non lavoro?
La linea è libera e ascolto ogni squillo che emette il cellulare. Nessuna risposta.
“Niente?” domanda la spagnola ed io scuoto la testa.
“E tu che dicevi che per il giorno di San Valentino tutto si sarebbe risolto” la canzono, prima di rifugiarmi sotto il getto caldo della doccia.
 
Ho richiamato Danny prima che cominciasse il mio turno alla caffetteria e l’esito è stato lo stesso. Si rifiuta di rispondermi. Che fine hanno fatto tutte le sue promesse? È stato lui a dirmi che voleva rendermi felice, che voleva recuperare il tempo perduto durante la sua fuga e che aveva sbagliato a lasciarmi sola. Ed ora come si comporta? Esattamente come la prima volta.
Sbuffo costantemente mentre preparo le ordinazioni, sforzandomi di sorridere ai clienti e a Marisol che mi controlla a vista d’occhio. Sono stufa di questa situazione. Che cavolo sta succedendo?
Se il destino si è dato così tanto da fare per far incrociare costantemente le nostre strade, perché adesso Danny manda tutto all’aria? Cosa gli è preso, dannazione!
“Forse sei tu che la fai tragica” afferma la spagnola in un attimo di pausa.
“Dici? Ma, non vedo un motivo per la quale non mi abbia potuto avvisare di questo suo viaggio” osservo, fissando il flusso di persone che scorre fuori dalla caffetteria.
“Avrà le sue ragioni” ammette pensierosa. “Magari sarà stato un viaggio breve ed è già tornato. Forse ti stai preoccupando per niente” afferma mentre risponde ad un messaggio che le è appena arrivato.
“E perché non me l’ha detto?” sbotto, ma l’attenzione della mia amica è stata completamente attirata dal display. “Lasciamo stare, non è giusto che ti assilli continuamente con i miei problemi. Ieri era Leslie, adesso chi è?” chiedo curiosa, convinta che neanche ieri sera fosse davvero la nostra collega.
“È Rose, mi ha chiesto come te la passi” mi informa, riponendo velocemente il cellulare nella tasca del grembiule.
“E come mai non l’ha mandato a me?” domando sospettosa. La sua scusa non regge.
“Perché le avresti mentito” afferma prima di scomparire oltre la porta del magazzino.
Mi sta nascondendo qualcosa, ne sono certa.
 
Lo squillo del cellulare riempie il silenzio che aleggia nell’appartamento. Rose non è ancora tornata ed io ne ho approfitto per riprovare a chiamare Danny. Mi siedo pesantemente sul divano nell’istante in cui un altro squillo termina. Sbuffo, perché non mi risponde?
Termino la chiamata e vado alla ricerca di qualcosa da fare in modo da avere la mente occupata e non pensare costantemente a lui.
Quando la mia coinquilina rientra a casa, lasciando una scia in mezz’appartamento con il sacchetto di  pollo fritto che ha tra le mani, ho già sistemato il contenuto di tre mobili della cucina.
“Non c’è niente di meglio di qualcosa di calorico per tirarti su di morale” esordisce Rose svuotando il contenuto del sacchetto in una ciotola azzurra.
“Perché sei convinta di una cosa del genere?” chiedo, non sicura pienamente dell’assurdità che ha appena detto.
“Assecondami una volta tanto e smettila di contraddirmi sempre” mi rimprovera, sventolando a mezz’aria una coscia di pollo dorata.
“Come vuoi. Passamene una” affermo, prendendo posto accanto a lei.
 
È martedì 13 febbraio. Domani è San Valentino e non ho avuto ancora alcuna risposta da Danny.
Cosa mi ha offerto la vita in questo primo mese della mia nuova avventura?
Una nuova casa, un lavoro che mi tiene impegnata ininterrottamente, due amiche che non mi lasciano un attimo di tregua e due persone che provano qualcosa per me, ma nel momento in cui ne ho allontanato uno, l’altro è scappato via senza una spiegazione.
Mentre percorro la strada che mi separa dalla metropolitana, i primi fiocchi di neve cominciano a scendere dal cielo. Bene, qualcuno lassù ha deciso di ricreare la stessa situazione climatica del mio arrivo nella terra di Sua Maestà. Osservo come quelle soffici palline toccano il suolo, posandosi  delicatamente su di esso e cominciano a formare un sottile strato bianco. Compongo per l’ennesima volta quel numero che ormai ho imparato a memoria. Ascolto sovrappensiero il rumore apatico dello squillo, aspettando di essere ignorata un’altra volta.
Inaspettatamente Danny risponde.
“Dove sei?” chiedo diretta, senza lasciargli via d’uscita.
“A Dublino” mi dice, abbassando lievemente la voce.
“E perché io non ne sapevo niente?” domando cercando di rimanere calma.
“Mi dispiace” si scusa senza aggiungere nient’altro.
“Tutto qui? Beh, non mi bastano le tue scuse. Sono rimasta senza parole quando i tuoi amici me l’hanno detto”.
“Immagino. Avrei dovuto informarti” ammette e lo sento sospirare pesantemente.
Sto perdendo la pazienza. Sembra che gli stia strappando con la forza le parole da bocca.
“Perché sei fuggito via? Mi avevi detto che non te ne saresti andato” dico con la voce leggermente incrinata.
“Sto cominciando seriamente a credere che tutto ciò che mi hai detto siano solo frasi fatte, menzogne da utilizzare per far cadere la malcapitata di turno tra le tue braccia”. Ho esagerato, lo ammetto, ma lui non reagisce: ascolta le mie accuse e il suono del suo respiro scandisce ritmicamente un silenzio che credo non abbia intenzione di interrompere.
“Mi hai illusa ed io sono caduta nella trappola che mi hai teso” mi fermo, nell’attesa che mi risponda qualcosa, qualsiasi cosa.
“Sei uno di quei musicisti egocentrici e pieni di sé. Sei proprio uno stronzo!”.
Le parole escono veloci e velenose dalle mie labbra, ma non provocano la reazione che mi aspettavo.
“Sei libera di pensare quello che vuoi” afferma con un tono completamente piatto, privo di ogni emozione.
Non resisto alla tentazioni di terminare immediatamente la chiamata e così pongo fine a quello che mi è sembrato più un monologo che una conversazione a due.
 
“Dove stiamo andando?” chiedo a Rose, cercando di abbassare la sciarpa che mi hanno legato intorno agli occhi. Marisol mi rimprovera, dandomi uno schiaffo sulle mani.
“Come ti abbiamo già ripetuto cinquanta volte, questa è una serata dedicata completamente a noi tre” afferma la mia coinquilina seccata.
“Mi avete già portata al cinema e poi al pub, ora sarei più propensa a tornare a casa e rifugiarmi sotto le coperte” ammetto contrariata. “E poi è tardi, che diavolo di ora è?” chiedo, consapevole di aver perso la cognizione del tempo.
“La notte è come noi” sentenzia solenne la spagnola dal sedile posteriore.
“Cioè?” domando sospettosa.
“Giovane!” esclama e anche se non posso vederla, sta sicuramente sorridendo.
“Non mi avete ancora spiegato da dove esce quest’auto. Non l’avete rubata, vero?” dico, mentre cerco vanamente di sbirciare attraverso la benda.
“È di Camille, non preoccuparti” mi rassicura Rose, dandomi una pacca sulla spalla.
“Si può sapere dove siamo dirette?” domando preoccupata, mentre il rumore tipico della città si affievolisce gradualmente. Ci stiamo allontanando da Londra.
“Rilassati e goditi il viaggio” mi suggerisce Marisol e sento la mia coinquilina armeggiare con i pulsanti dello stereo. Alcune note riempiono l’abitacolo caldo della macchina e sento un groppo formarsi in gola.
“Potreste almeno evitare di farmi ascoltare questa canzone” dico a fatica, cercando di reprimere le lacrime che cominciano a riempirmi gli occhi.
La spagnola richiama la mia coinquilina, costringendola a spegnere la radio.
“Voglio solo dimenticare questa storia” ammetto sospirando.
“Si sistemerà tutto, vedrai” mi consola Marisol nel preciso istante in cui il suo cellulare emette un suono.
“Quando ci farai conoscere il tuo ammiratore?” chiede Rose allegra.
“Non ho nessun ammiratore” si difende.
“Spero solo che tu sia più fortunata di me” affermo, cercando di individuare la sua mano per stringerla.
“Non credo che...”. Il suono sonoro di uno schiaffo interrompe la frase. “Mi hai fatto male!” si lamenta Marisol. Perché Rose le ha dato uno schiaffo?
Sbuffo, non ci sto capendo più niente. E perché mi hanno messo questa benda? Dove diavolo stiamo andando?
Mi appoggio allo schienale e provo a svuotare la mente, ma tutto è vano visto che nuove domande mi affollano i pensieri. Cosa starà facendo Danny in questo momento? Sarà già tra le braccia di qualcun'altra?
Scuoto la testa, nella speranza di scacciare quelle che ormai non sono più mie preoccupazioni.
Dopo un po’ Rose spegne il motore e nel momento in cui i due sportelli si aprono, una folata di aria gelida mi arriva dritta in faccia.
“Mi liberate adesso?” chiedo mentre Marisol mi indica i movimenti che devo compiere per scendere indenne dall’auto. C’è un freddo micidiale qui fuori e dovunque siamo, mi sembra di capire che ci siano pochissime persone qui intorno. Sento il suono dei nostri passi sull’asfalto, qualche macchina ci passa accanto e sento un rumore alquanto strano, come quello che fanno i carrelli della spesa. Possibile che mi abbiano portato in un supermercato?
“Potete togliermi almeno la benda? Mi sento ridicola” ammetto provando a convincere le mie rapitrici.
“Dovrai soffrire ancora un po’ e non sei ridicola, non preoccuparti” afferma la mia coinquilina stringendomi un braccio.
“Sentiamo, secondo te dove siamo?” domanda Marisol divertita.
“Fuori ad un supermercato”.
“Sei completamente fuori strada” mi dice Rose.
“E dove ne troviamo uno aperto se è quasi l’una?” chiede la spagnola contrariata.
Come scusa? È l’una? È tardissimo!
Dopo aver percorso qualche altro metro, le due ragazze mi informano che loro si allontaneranno e solo dopo aver ricevuto un loro segnale potrò togliermi la benda. Come farò a vedere il segnale se non ho più l’uso della vista?
D’accordo, ho due amiche pazze, non ho più dubbi.
In un istante cala il silenzio intorno a me. Non c’è più nessun respiro oltre il mio, né alcuna auto che passa nelle vicinanze. Sembra che il tempo si sia fermato definitivamente.
Un urlo risuona nella notte silenziosa. Credo sia questo il segno che aspettavo, ma forse è solo Rose che sta tentando di uccidere Marisol. Non riesco a trattenere un sorriso e realizzo che è giunto il momento di vedere con i miei occhi dove diavolo sia finita.
La prima cosa che noto quando riacquisto la vista sono i cumuli di neve che sono ai lati della strada e sì, sono ferma al centro esatto di un lembo d’asfalto.
Davanti a me, un enorme vetrata si mostra fiera in tutta la sua trasparenza, mostrando l’interno dell’edificio: è una sala d’aspetto e si intravedono un gruppo di persone sulle sedie, alcune delle quali avvolte in una calda coperta ed altre hanno i piedi appoggiati su delle valige.
Un momento, cosa ci faccio all’aeroporto all’una di notte di quello che è tecnicamente il 14 febbraio?      
Mi guardo intorno allarmata, alla ricerca delle mie due amiche e quando finalmente le individuo in lontananza, hanno già raggiunto l’auto di Camille e mi salutano sorridenti prima di entrare nell’abitacolo.
Perché mi lasciano qui fuori a congelare?


 

~•~

Buonasera care lettrici!
Come ve la passate? Ecco a voi un nuovo capitolo
appena sfornato (?) ed è ricco di sorprese.
Nonostante ci sia stato un “ confronto” tra Danny ed Anna,
non abbiamo scoperto un bel niente.
Cosa starà nascondendo il nostro irlandese?
E Marisol invece, chi le manda messaggi in continuazione?
E soprattutto, cosa succederà nel prossimo capitolo?
Sono curiosa di leggere le vostre supposizioni e i vostri commenti :)
Ancora una volta, grazie a tutte :*

Alla prossima! Un bacio.

~ AnneC

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The Script / Vai alla pagina dell'autore: AnneC