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Autore: Hastatus    07/12/2013    2 recensioni
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shinji non chiuse occhio quella notte. Asuka dormiva dentro il riparo che aveva costruito, girandosi e rigirandosi in un sono agitato e poco ristoratore. l’angoscia che gli provocava quella visione gli aveva fatto decidere di uscire dal rifugio, di sedersi davanti a esso avvolto in uno stralcio di tessuto contro il freddo notturno, rivolto verso il mare.

Nulla era cambiato. Nel corso di un giorno, nessuno aveva deciso di ritornare in un corpo fisico, perlomeno nelle loro immediate vicinanze. Talvolta veniva sopraffatto dallo sconforto, arrovellandosi su quanto fosse misera la loro condizione attuale; ma ogni volta riemergevano nella sua mente le parole che aveva rivolto a Rei, mentre era un tutt’uno con l’LCL, e soprattutto che una ragazza convalescente aveva bisogno di lui. Come avrebbe potuto continuare ad accudirla, si chiedeva, quando non sapeva nemmeno da dove cominciare? Si rispose in fretta, osservando che aveva costruito un riparo ed era riuscito a procurare dei viveri. Non aveva ancora fallito, dopotutto.

 

Tuttavia … erano soli. Quanto avrebbe desiderato del contatto umano! Ancor più di quanto ne avesse desiderato durante il resto della sua vita. Prima molte persone si rifiutavano di concederglielo; ora glielo offrivano tutti, a patto di rinunciare alla propria individualità.

Ma quello a lui non importava. L’unico vero contatto umano che bramava con tutto se stesso poteva essere concesso solo dalla persona che ora, poco più in là, era in preda a un sonno convulso. Shinji udì un gemito provenire dal riparo, probabilmente causato da un incubo o da dolore. In ogni caso, questo lo convinse a tornare senza esitazioni sotto quel tetto precario.

Asuka mugugnava nel sonno, fatto di spasmi involontari e singhiozzi. Sembrava decisamente un incubo. Con una certa riluttanza, Shinji le si avvicinò, pensando che se si fosse svegliata e l’avesse scoperto così vicino l’avrebbe scuoiato. Realizzò che non gliene importava molto. Si sedette di fianco a lei, e prese la mano della ragazza nella sua, stringendola a sé.

Si calmò.

 

*

 

Sapeva di stare cedendo, lo sentiva nel profondo. Lo pensava qualche ora dopo, seduto di fronte al loro capanno di fortuna, mentre Asuka sedeva anch’essa, lontano da lui, sulla riva del mare. Non sapeva come potesse riuscirci: il puzzo metallico di sangue che si odorava sulla riva era ancor più nauseante di quello che sentiva lui, cento metri più in là. Ma a questo odore andava lentamente aggiungendosi un altro puzzo, più acre e penetrante, di marcio. Shinji sospettava che quell’enorme mezza testa, sulla quale non indugiava mai troppo con il pensiero perché troppo difficile da sostenere mantenendo la lucidità, stesse andando in decomposizione.

 

In breve, temeva che di lì a poco avrebbe perso la ragione. Tutto era semplicemente troppo per essere sopportato dalla mente senza perdere le sue facoltà.

Shinji vide Asuka alzarsi. L’ombra della ragazza dritta in piedi si allungava smisuratamente dietro la sua schiena. All’improvviso, senza esitare, la ragazza prese a misurare a grandi passi la battigia in direzione del mare. Shinji si alzò automaticamente.

 

Asuka!”

 

La ragazza non rispose, benché l’avesse sicuramente udito, e proseguì sempre più spedita. Sempre ubbidendo a una sorta di istinto primordiale, Shinji prese a camminare altrettanto velocemente verso di lei, e poi a correre, mentre Asuka entrava nell’acqua rossa con i piedi, e poi a mezza coscia.

Quando il ragazzo giunse ansante dove lei si trovava poco prima, Asuka era immersa nell’acqua fino alla cintola. I richiami del ragazzo non sortirono effetto. Per qualche motivo, Shinji non sapeva nuotare e sapeva che per lui il mare era pericoloso, e non voleva mettervi piede. Inoltre, inconsciamente sapeva che quell’acqua innaturale era pericolosa. Tuttavia, quando la testa della ragazza scomparve sotto la superficie e la realtà prese il sopravvento, il ragazzo si sfilò le scarpe e un secondo si precipitava nell’acqua.

Corse a perdifiato fino a quando quasi non toccava più sul fondo e cominciò ad annaspare. Immerse la testa e cercò di vedere attraverso quel muro torbido e limaccioso. Disperato, riprese fiato e s’immerse nuovamente, cercando affannosamente la ragazza. Senza preavviso, le sue orecchie furono travolte da un cicaleccio assordante fatto di risa, parole e richiami alla rinfusa. Non proveniva da alcun luogo, ma gli pervase la mente, stordendolo. La vista offuscata e stordito da quel frastuono, si voltò qua e là, angosciato, all’affannosa ricerca di Asuka.

Ed ecco, la vide. Stesa sul fondo, rannicchiata in posizione fetale, i lunghi capelli rossi fluttuanti e confusi con lo sfondo per via del colore. Shinji prese fiato ancora una volta, e nuotò scompostamente fino a lei; la afferrò per la vita e la trascinò a riva, senza che lei opponesse resistenza.

Non appena il suo volto infranse la superficie dell’acqua, Shinji respirò avidamente l’aria, per marcescente che fosse. Ansimando e sputacchiando trascinò Asuka sul bagnasciuga e, non appena la posò, parve riscuotersi dal torpore che l’aveva colta.

 

“Cosa … cosa cavolo … ?”

 

Ma che cosa ti è preso?” – esclamò Shinji, ancora con il fiatone.

 

Asuka rispose con aria assorta, fissando il vuoto. “Io … volevo raggiungerla”

 

“Raggiungerla? Che cosa volevi raggiungere?”

 

La ragazza indicò avanti a sé con un cenno del capo. Al di là degli Evaseries crocifissi, Shinji capì che stava indicando l’enorme mezza testa all’orizzonte.

 

“Perché?” – chiese lui, distogliendo lo sguardo da quella vista sconcertante. Asuka esitò, ma quando rispose il suo sguardo fu di nuovo vivo.

 

“Se fossi arrivata lì, ci sarebbero stati tutti … e non sarei rimasta ancora sola. Mi chiamavano, mentre ero sott’acqua. Mi dicevano di stare tranquilla, di aspettare, che li avrei raggiunti anche io”

 

Shinji ascoltò, e a ogni parola si accresceva una sensazione spiacevole: la pietà.

 

“Così mi sono fermata ad aspettare. Ma la loro voce è diventata sempre più forte, assordante, e ho cominciato ad avere paura e a tremare. Mi sentivo travolta. Poi, all’improvviso” – si voltò verso il ragazzo, visibilmente spaventata – “Mi sono trovata fuori dall’acqua”.

 

“Certo, ti ci ho trascinata fuori io” – disse Shinji, ancora teso – “Non azzardarti a farlo di nuovo, mi hai fatto prendere un colpo”

 

“Ehi!” – contrattaccò lei – “Non cercare di darmi ordini! E poi come sapevi che quell’acqua sarebbe stata pericolosa?”

“Non lo so” – rispose il ragazzo, sinceramente – “Ma lo sapevo e basta. È stata una sensazione, non appena sei entrata in acqua ho capito che qualcosa non andava”

 

“Ma certo, adesso hai anche il sesto senso”

 

“Pensa a quello che preferisci, ma alla fine ho visto giusto, no?”

 

“Me la sarei cavata benissimo da sola”

 

I visceri di Shinji si contorsero in uno spasmo di rabbia.

 

“Come puoi dire una cosa del genere?” – urlò, alzandosi – “Quando ti ho trovata eri immobile sul fondo, non ti saresti mossa nemmeno a calci!”

 

“Ma figurati! Se ti senti tanto eroe, allora …”

 

Shinji la interruppe. “Ma che eroe ed eroe! Piantala di voler fare la donna invincibile, perché non lo sei. Fino a un momento fa eri terrorizzata – sì, terrorizzata – te lo si leggeva negli occhi. Asuka, santo cielo, è normale avere paura, è radicato nell’essere umano!”

 

“Io non ho paura”

 

“Certo che ce l’hai, santo cielo! Siamo spersi in un mondo distrutto, hai appena rischiato di annegare perché delle voci invisibili ti hanno chiamato e ti ostini a negare di avere avuto paura? Non c’è niente di cui vergognarsi, la paura è data dall’istinto di sopravvivenza. Sai chi non ha paura?”

 

Asuka veniva travolta dalle parole di Shinji. Era stupita: non l’aveva mai visto così agitato e le sue parole non erano mai state tanto secche.

 

“Gli angeli non hanno paura, perché non hanno niente, niente di umano! Non mi importa niente di avere fatto o meno l’eroe e ancora meno mi importa che tu me lo riconosca, mi importa solo che adesso tu sia ancora sulla terra e respiri, perché morire costa sofferenza!”

 

La ragazza si alzò. “Adesso calmati”

 

“Calmarmi? Calmarmi? Hai appena rischiato di morire, come se già abbastanza gente non fosse …”

 

“Calmati”

 

Asuka si avvicinò al ragazzo e gli carezzò il viso. Shinji si bloccò all’istante, e di colpo si sentì completamente esausto, come se avesse corso per kilometri. Spostò lo sguardo sulla ragazza, temendo che da un momento all’altro potesse esplodere e gli arrivasse un ceffone. Ma non arrivò. L’espressione di Asuka era tesa, quasi preoccupata, e nel fondo all’occhio non coperto si poteva leggere qualcos’altro, qualcosa che l’aveva scossa intimamente e che le stava facendo vivere una profonda crisi interiore.

 

“Dovrò cambiarti le bende” – disse Shinji, improvvisamente calmo – “sono bagnate e quell’acqua potrebbe infettarti”

 

“Fallo” – rispose lei – “Cercheremo qualcosa in quegli edifici”

 

Passò un istante durante il quale si guardarono negli occhi. Poi Asuka gli prese la mano, e si allontanarono verso il capanno arrugginito, lasciando ognuno una scia di impronte sulla sabbia umida.

 

*

 

  
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