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Autore: Hastatus    02/12/2013    2 recensioni
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si schifava, e schifava ogni cosa.

Non avrebbe forse dovuto? Non avrebbe dovuto schifare tutto ciò che lo circondava? D’altro canto, un tutto in cui lui poteva muoversi e respirare, cioè esistere, c’era, e avrebbe dovuto essere grato al cielo solo per quello. Si guardò intorno.

Si trovava su di una spiaggia, una spiaggia tanto bianca da parere luminescente e quasi ultraterrena. Era notte fonda, ma il cielo era talmente trapunto di stelle da illuminare il paesaggio perfettamente, ma di una luce neutra, fredda e impersonale. Il cosmo, sopra di loro, pareva gettare uno sguardo imparziale sulla scena che gli faceva da cornice. L’oceano, fonte primaria di ogni essere vivente, era divenuto una tavola rosso sangue, in tutto e per tutto un’immagine di morte, e gettava sulla riva una risacca di quello stesso colore alienante. Un arco apparentemente sterminato, anch’esso rosso, si apriva sulla volta celeste fino a raggiungere la Luna, attraversandola. Enormi sagome scure si trovavano qua e là in quel mare allucinante, piantate come pali di segnalazione, poste come se fossero crocifisse. A coronare il tutto, a suggello di quel quadro soprannaturale, una testa, all’orizzonte, alta più di qualsiasi montagna, dall’espressione folle. Sembrava squadrare quel mondo morto, quell’immagine di pazzia, mentre sulla sua metà longitudinale si apriva una crepa e metà di quel volto scivolava su quella sottostante fino a inabissarsi.

Non avrebbe dovuto essere nauseato da quella vista?

 

Probabilmente sì, e infatti ne era sconvolto. Ma lo nauseavano di più il suo stesso corpo, i suoi stessi pensieri, le sue stesse azioni. Solo il più feroce e inumano assassino avrebbe attaccato un individuo ferito, tanto più se conosciuto e caro, e lui l’aveva appena fatto. Ora piangeva come un idiota, o meglio, come verme senza spina dorsale, bagnandole il volto con quelle sue lacrime prive di dignità.

 

D’improvviso, lei sospirò e chiuse gli occhi. A Shinji saltò il cuore: ecco, era morta anche lei, come tutto il resto, come tutti gli altri. Le lacrime uscirono copiose dai suoi occhi increduli e stremati, ma sorse in lui un barlume di raziocinio. Il suo petto di muoveva ancora, seppur flebilmente, quindi doveva essere ancora viva. Le mise due dita sul polso, senza metodo, ma percepì un lento battito. Era solo svenuta.

Alzò ancora la testa per osservarsi intorno, non vedendo altro che devastazione, amplissimi spazi completamente vuoti e inceneriti. Ma anche, all’orizzonte, le rovine di alcuni edifici.

 

Prese la sua decisione, e se ne stupì. Pur sentendosi stanco, abbattuto e svuotato di ogni scopo, si alzò in piedi e, con uno sforzo che gli parve immane, issò Asuka svenuta sulle proprie spalle. Poi, faticando a ogni passo, cominciò ad arrancare in direzione di quelle sagome di edifici, attraverso quel terreno brullo e privo di vita.

Mentre camminava pensava, cosa che al momento era contro ogni sua volontà, ma non poteva reprimere la tendenza della sua mente a rivivere quanto era successo nelle ultime ore. Aveva pensato che fosse tutta un’allucinazione e che fosse accaduto tutto dentro la sua testa, ma il mondo era testimone del contrario.

Forse qualcun altro era rimasto. Dopotutto, gli era stato detto che questa eventualità era possibile. E inoltre c’era Asuka, quindi doveva essere vero. Ma come poteva saperlo?
l’unica possibilità era continuare a vagare e cercare di sopravvivere … ma non ce l’avrebbe fatta. Asuka era ferita, e non possedevano alcun genere di prima necessità, e non ne avrebbero trovati, perché tutto era raso al suolo.

Continuò a proseguire seguendo la costa per altre cinque ore. Giunse infine, stremato, a quelle rovine. Lamiere metalliche e muri semidistrutti si alternavano su un rialzo del terreno alto come una collina, che pareva essersi generato in seguito a un sisma di immane intensità. Cercò di salire tenendo Asuka sulle spalle, ma era troppo stremato. Trovò una conca sufficientemente profonda nella parete verticale della china, e vi adagiò la ragazza. Lui si sistemò di fianco, rannicchiato e sconvolto.

Un colpo di tosse.

 

Asuka!”

 

Shinji si gettò su di lei, ansioso. Gli pareva indifesa, e percepire che il proprio potente impulso era quello di proteggerla gli fece disprezzare ancor più quanto le aveva fatto qualche ora prima.

 

“Stai … stai bene?”

 

La ragazza lo fissò con l’occhio libero dalle bende, e la sua espressione era colma di disprezzo. Un disprezzo profondo per ciò che li circondava.

 

“Come posso stare bene?” – disse, la voce tagliente come un rasoio.

 

“Sei svenuta per ore”

 

“Che meraviglia. Dove diamine siamo?”

 

“Vicini a delle rovine”

 

“Come ci siamo arrivati?”

 

“A piedi. Ti ci ho portata io”

 

Asuka non rispose subito, ma richiuse gli occhi e poi li riaprì, sospirando profondamente nel frattempo.

 

“Non fa alcuna differenza. O qui o lì, farà sempre schifo”. Cercò con fatica di mettersi seduta, e respinse bruscamente il tentativo di aiuto del ragazzo. Quando si fu posata alla parete interna della conca, proseguì. “Non c’è più nessuno. Sono morti tutti. Siamo rimasti solo tu e io, in un mondo distrutto e morto. Tra tutte le persone che potevano restare … tu”.

 

Shinji si sentì, se possibile, ancor più abbattuto, ma un barlume di un sentimento non ben identificato gli salì al petto. Forse compassione.

 

“Non sono proprio … morti”

 

“E cosa allora, genietto? Hai visto che il mare è pieno di sangue?”

 

“Sì, ma … ecco, quello non è il sangue delle persone. Il mare è fatto di LCL. Sono tutti … tutti dissolti nel LCL”

 

Asuka si fermò un momento, sorpresa.

 

“Ma chi ti credi di essere? Come puoi essere sicuro di una cosa del genere?”

 

Un guizzo di ribellione pervase il ragazzo. “Perché mi ci sono sciolto anche io, per due volte!”

 

“Ah già” – proseguì Asuka sarcastica – “Dimenticavo. Il tuo modo preferito per scappare”

 

“No!” – esclamò Shinji – “Non questa volta! Io … io ho voluto tornare, come hai fatto tu!”

“Non essere patetico”

 

Shinji represse la voglia di girare sui tacchi e andarsene. “E’ la verità. In quel mare è disciolta ogni persona. Se avranno la volontà di tornare potranno farlo, come noi due”

“E pensi che lo faranno?” – chiese la ragazza in tono canzonatorio. “No, non lo faranno, stupido. Tu ci sei rimasto dentro un mese e ci sei tornato anche adesso, e hai voluto tornare solo perché volevi me!”

 

“Ma” – disse Shinji, attonito e sconcertato – “Io … cosa? Come sai che …?”

 

“C’ero anche io, stupido” – rispose secca Asuka – “In mezzo a quel mare, mescolata a tutta quella gente schifosa. E ho voluto vivere, perché non sono una smidollata come tutti gli altri. E ti ho sentito, sai? Ho capito che volevi tornare perché ci sarei stata di nuovo”

 

“E con questo?”

 

“Come ‘e con questo’? Non ci arrivi? Hai voluto tornare solo perché volevi me. Sei sempre il solito egoista”

 

“Io … egoista! Io ti ho tirato su da quel mare disgustoso! Io ti ho bendata, perché il tuo braccio è ferito e il tuo occhio è tumefatto! Io ti ho portata fino a qua in spalla!”

 

“E hai cercato di strozzarmi”

 

Shinji tacque per un secondo. “Ero sconvolto. Sono sconvolto. È stato un impulso sbagliato”

 

“E comunque mi hai salvata solo perché mi vuoi”

 

“E tu, scusa?” – contrattaccò Shinji – “Tu, perché sei tornata? Perché tutti gli altri ti facevano schifo e volevi liberartene! Anche tu sei un’egoista!”

 

“Stupido …” – sibilò la ragazza – “Ancora non capisci? Io ho voluto tornare perché volevo vivere, vivere davvero! E anche se questo mondo fa schifo, anche se ogni giorno rischierò di lasciarci la pelle, io non rimarrò sciolta come un verme smidollato in un mare nauseabondo! A costo di essere l’unica al mondo!”

 

Il ragazzo la osservava, rapito e arrabbiato insieme. Il puzzo metallico del sangue invadeva il loro naso, ma Shinji al momento quasi non se ne preoccupava.

 

“Io devo vivere” – proseguì Asuka – “E visto che hai avuto la sciagurata idea di farti trovare qui, adesso devi vivere anche tu”

 

“Ma come, come? Non c’è acqua, non c’è cibo, è tutto sfasciato e tu sei ferita … “

“ … Idiota! Io guarirò! Ti sei accorto che non sanguino nemmeno più? E per quanto riguarda il resto, abbiamo ancora un sacco di carte da giocare prima di perdere la partita! Setacceremo, anzi, tu setaccerai ogni edificio rimasto qua intorno, o troveremo il modo di depurare l’acqua di questo mare, o chissà cos’altro, ma dobbiamo vivere! Se non vuoi vivere per te stesso, allora fallo per me!”

 

Asuka fu scossa da un brivido.

 

“Accidenti, fa freddo. Come fai a startene in camicia?”

 

“Beh, non ho altro”

 

“Certo, figuriamoci. Allora vorrà dire che mi scalderai tu”

 

Asuka si alzò in piedi con sorprendente fluidità, nonostante le bende, e si accoccolò senza preavviso tra le ginocchia di Shinji, poggiandosi al suo petto.

 

“Prova solo a mettere le mani dove non devi e ti uccido”

 

Shinji era tanto stordito da non aver nemmeno pensato di provarci. La spossatezza calò su di entrambi come un pesante velo, e nel giro di qualche minuto furono entrambi addormentati.

 

*

 

Si risvegliarono qualche ora dopo, alle prime luci dell’alba. Asuka non era ancora sveglia, ma oramai Shinji era desto. Un sole rosso spuntava da un mare dello stesso colore, illuminando senza alcuna pietà la devastazione che li circondava.

 

Il ragazzo pensava a quanto fosse appagante divenire “una cosa sola” con le entità che avevano dato origine all’umanità, o agli angeli. Egli stesso l’aveva provato, e solo dopo un intero mese aveva deciso di ritornare; la seconda volta, il giorno precedente, non era stato semplice. Sua madre Yui, oltretutto, non tornò mai. Che speranze potevano avere di trovare qualcun altro?

 

Il tempo era ora caldo e umido, quasi tropicale, e rendeva difficoltoso il riposo. Shinji si alzò e con delicatezza stese Asuka. Gli dispiacque di non avere alcunché per coprirla o per farla stare più comoda.

 

La ragazza si svegliò di soprassalto. La luce del sole le feriva gli occhi, nonostante fosse appena spuntato. Si mise seduta, e si accorse che Shinji non era con lei. Che fosse scappato? Non se ne sarebbe stupita. Non era certo la prima volta che il ragazzo fuggiva.

Alzandosi, si accorse di essere affamata, ma la desolazione che regnava intorno a lei non le dava molte speranze di poter trovare dei viveri nelle vicinanze. Cominciò a sentirsi un po’ abbattuta e, tanto per fare qualcosa, scese con attenzione dal costolone dove avevano dormito e si mise a vagare alla ricerca del ragazzo.

D’improvviso, udì dei suoni. Sembrava una sorta di clangore metallico. Inizialmente pensò che il vento stesse facendo sbattere qualche pezzo di lamiera, ma tale vento era completamente assente. Così si mosse in direzione del suono, che si faceva via via più intenso e ritmico, finché giunse nei pressi della spiaggia.

 

A un centinaio di metri dalla stessa, sopra un dosso di terra compatta, c’era qualcuno, ed era Shinji. Asuka si sorprese nel vederlo tanto indaffarato. Stava lavorando molto alacremente, spostando ampie lamiere di metallo (non le avevo sognate, si disse lei), tubi di recupero e quelli che parevano brandelli di tessuto. La ragazza sentì la collera montare in lei: quello sforzo le pareva esagerato e francamente inutile. Si avvicinò, finché il ragazzo la vide.

 

“Ciao”, le disse.

 

“Ti sembra davvero la cosa migliore da fare? Giocare con la spazzatura?”

 

“Io non …”

 

“Dobbiamo cercare qualcosa per sopravvivere, stupido! Ammucchiare pacciame è quanto di più inutile tu possa fare, perché i tubi arrugginiti non si possono mangiare!”

 

Shinji inspirò a fondo. Poi parlò con inusuale calma.

 

“Sto costruendo un riparo. Tu sei ferita e non puoi passare un’altra notte all’aperto. No” – disse, interrompendo Asuka che aveva aperto la bocca per protestare – “Non si può stare in quegli edifici laggiù, perché sono tutti pericolanti, ci sono passato un’ora fa. E già che c’ero ho cercato di recuperare dei viveri, e fortunatamente qualcosa ho trovato” – concluse, indicando un mucchio di scatole lì vicino. “Dammi il tempo di finire qui, e se ci riesco metto insieme qualcosa”.

 

Asuka era turbata. Da un lato avrebbe volentieri preso a pugni quel ragazzo davanti a lei, che non si era nemmeno lontanamente incollerito per la sua provocazione. Dall’altro lato, avrebbe voluto ringraziarlo, ma qualcosa di molto simile a un mattone nella gola le rendeva impossibile dirglielo. Scelse un compromesso, e si sedette poco più in là mentre egli lavorava. Non poteva fare a meno di fissarlo: sudava, si asciugava la fronte con il braccio, ma non smetteva e continuava perseverante nella sua opera di costruzione. Per lei.

 

“Voglio darti una mano, Stupishinji” – esclamò diretta a lui, alzandosi in piedi. Il ragazzo si fermò a osservarla.

 

“Anche se tu volessi, non potresti. Hai un braccio fasciato, ricordi?”

“Non importa. Senza un braccio sono comunque più brava di te”

 

“Sicuro. Allora quando sarà tornato a posto, io dormirò tutto il giorno e tu lavorerai al posto mio. Ma per ora non muoverti”

 

“Non osare darmi ordini!”

 

 

Shinji non replicò e si rimise al lavoro, mentre Asuka si risedeva sbuffando, la testa appoggiata alla mano. Di quando in quando, tuttavia, i suoi occhi cadevano sul ragazzo.

 

*

 

A sera, avevano un riparo. Shinji pensò che non era molto, ma di certo non vi sarebbe piovuto dentro e riparava dal vento e dal caldo. Insomma, per loro era una suite di lusso.

 

“Certo che potevi anche impegnarti di più” – commentò Asuka, entrandovi – “Sembra la cuccia del mio vecchio cane”

 

“Avevi un cane?”

“No, ma fa lo stesso. Ci faremo le pulci, qui dentro”

 

“Meglio le pulci che morire congelati” – ribatté Shinji, e l’affermazione stupì Asuka. “Guarda, ho anche messo una tendina per separarci, così puoi startene più tranquilla”

 

Asuka si bloccò per un momento, in apparente conflitto con se stessa. Shinji cominciava già a preoccuparsi quando lei, lo sguardo fisso alla tenda a righe recuperata da un terrazzo bruciato, disse :”Toglila”.

 

“Come?”

 

“Toglila”

 

“Ma …” – disse Shinji, stupito – “Pensavo ti facesse piacere avere più intimità”

 

“Non è quello” – cominciò Asuka, lo sguardo sempre stranamente fisso – “E’ che … non voglio barriere”

 

Asuka …”

 

Stupishinji, siamo solo noi due. Non c’è nessun altro, e anche se ci fosse non potremo saperlo. Per quanto tu sia stupido” – strinse i pugni, ogni muscolo del suo volto si ribellò a quanto stava per dire – “Sei l’unica persona a essere qui con me”

 

“E’ solo una tendina, puoi scostarla quando vuoi”

 

“Toglila. Toglila … per favore”

 

Shinji si turbò più per le ultime due parole che per il discorso precedente.

 

“D’accordo”.

 

 

  
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