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Autore: kike919    13/12/2013    1 recensioni
"Quell'antico vuoto bruciava. Partiva da un foro dell'anima e ne inceneriva sempre di più i contorni, fino ad espandersi. Quegli strappi incolmabili."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli incubi non se ne vanno mai. Restano sempre gli stessi, sei solo tu che t'illudi. Solo tu credi che per quando torneranno sarai diverso. Più grande, più uomo, più responsabile.
Ma cosa te ne fai, quando ti accorgi che son solo una manciata di parole? Quando intasi tutto il cielo con le tue lamentele/preghiere, che non arrivano mai?
Cosa cazzo te ne fai, quando la reazione s'innesca da sola e non bastano passiflora e meditazione per tenerla a freno?
Sono ancora quel cazzo di bambino.
Da qualche parte c'è ancora quell'imbecille che non vale niente. Che non voleva nascere.
C'è troppo rumore, è il mio respiro...
-Brian, apri la porta!
Grida Stef, è un eco lontano. Mai come questa volta ho pensato di farla finita. Quell'infante senza diritto alla vita preme ancora per uscire. E sono stanco. Stavolta sono stanco davvero.
Potrebbe finire come doveva tempo fa: come ultima visione le piastrelle di un cesso. E se l'avessi fatto in tempo, non ci sarebbe stato nemmeno un figlio che mi disconosce come padre.
Il mio ultimo respiro doveva essere troppo tempo fa...
-Brian, ho detto apri la porta!
-Piantala Stef! Non sei nessuno per dirmi cosa devo fare!
Gli altri mi guardano sempre come se fossi un animale. Una fottuta scimmia dall'altra parte della gabbia. Chissà se qualcuno mi ha mai visto come una persona. Se qualcuno si è mai accorto che non sono patetici spettacolini da circo, ma dolore puro. Che non è una stupida scena per attirare l'attenzione; sono io. Sono proprio io, che piango e ansimo in un bagno come un malato di mente. Dall'altra parte c'è il sangue del mio sangue, che pensa stia facendo il coglione. Se davvero lo stessi facendo, sarei troppo bravo.
Qualcuno mi fulmini qui, ora. Non ce la faccio a sostenere quello sguardo.
Fuori litigano, gente che bisbiglia. Corvi sopra un cadavere abbandonato a cielo aperto.
Non cercatemi, voglio solo sprofondare.
Cody grida qualcosa, inveisce contro qualcuno in un modo che sembra il mio. Lo scansa di rabbia, lo manda a quel paese. Il mio pianto, per un attimo rotto da una risatina. Poi m'assale l'ansia, di nuovo. Riprendo a soffocare...
-Vuoi aprire questa stupida porta o no, papà?!
Si arrampica con violenza inaudita su quella parola, quasi potessero cambiare qualcosa.
-Sparisci Cody, non ti voglio qui.
Urlo di rimando, cercando di non rantolare.
C'è un “vieni con me” di qualcuno. Presumibilmente di Steve, che lo porta via. Passi di gente che si allontana.
E fuori come sempre resta il respiro cadenzato di Stef “non mi sposto di qui”, ad aspettarmi.
L'ennesimo teatrino patetico della mia esistenza. Sono calibrato male.
Scivolo sconfitto su quella serratura, che ogni volta che la apro perdo pezzi di me. Mi consumo.
Quella ferita di luce che m'investe, fa troppo male.
Non perde un secondo a penetrare nella fenditura, teme che ci possa ripensare. Sbatte di nuovo la porta alle spalle.
Chiuso a riccio, sprofondo con la testa tra le ginocchia, per non vedere. Per non farmi vedere.
Lui si è già piegato verso di me. Come si fa con i bambini. Non lo guardo, sento solo il suo fiato addosso.
-Cody ti ha insultato.
-Già... a dire il vero me ne ha dette di tutti i colori. Poi mi ha mandato a quel paese, lanciandosi con tutta la sua furia sulla porta.
Dice con leggerezza.
-Mi dispiace...
-Come se fosse vero. Lo so che in fondo ti piace, quando si comporta come te.
Sghignazzo un secondo, lo dissimulo con tosse convulsa. Lui continua.
-E comunque ho fatto una cosa che non dovevo fare: l'ho guardato come se fosse davvero colpa sua. Meritavo peggio di ciò che ha fatto. Ma va bene così; quell'occhiata mi è uscita. Non siamo mica perfetti.
-Non credere che dire cazzate mi faccia stare meglio.
Lo accuso, rabbioso.
-Sto dicendo la verità, mi è uscito. Ero preoccupato e ho agito senza pensare a lui. Ma quel ragazzo ha la scorza dura, mi perdonerà.
-Almeno uno in famiglia...
-Andiamo, Brian! Ogni volta lo stesso discorso. Se fossi così debole come credi, saresti morto da un pezzo. Invece sei ancora qui.
-Per vostra sfortuna...
-Brian, non stiamoci a prendere in giro. Nulla sarebbe lo stesso, senza di te.
Piango più forte. Il freddo mi dilania la pelle. Ho i brividi. Non mi sento padrone: mi prendono e fanno ciò che gli pare del mio corpo. Di me.
Sussulto forte.
-Non ce la faccio! Non so come si fa...
-In qualche modo farai...faremo.
-Ho fatto troppe cazzate. Non merito perdono.
-Tutti fanno cazzate. Sarebbe più cazzata dire che gli altri fanno tutto alla perfezione.
-Non ho il coraggio di sostenerne lo sguardo.
-Non sei mica obbligato. Se non ce la facessi, io non lo farei.
-Certo, bella figura di merda. Come minimo glielo devo.
-Vedi?! Sei già migliore di me.
S'insinua nel mio buio, cerca la mia mano. Resiste, ma poi si fa trovare.
Mi aggiro insieme a lui come uno spettro negli studi.
C'è solo Steve seduto nel buio. Il volto serio, le gambe a sorreggere i gomiti e le mani a sorreggere la testa. Ci fissa e non dice niente. Nessun commento sulla mia faccia stirata, color cenere, nessuna parola sulla scenata nella sala dei computer. Niente di niente. Magari mi odia, ma l'unica cosa che mi rifila è uno sbuffo esasperato. Si alza e si avvicina, quasi non sa come toccarmi senza farmi male. Infine mi stringe con un braccio, come farebbe sempre. Con forza.
Quando si comporta così bene, alimenta solo il mio senso di colpa.
L'intero edificio è vuoto. Chi lavora con noi lo sa, che in caso mi accada se ne deve andare. Non deve vedere.
Mentre Stef è con me, l'altro spegne le luci, le apparecchiature. Poi attende.
È la prima volta dopo tanti anni, che tocca a Steve.
E tace. Poi chiude il portone.
-Sei proprio uno schifo di persona!
Esclama ridendo.
-Grazie.
Replico quasi sussurrando.
Lui strizza l'occhio.
-Di niente! A questo servono gli amici...

Non lo ammetterei mai, ma sentirmi prendere per il culo da lui come suo solito, mi risolleva il morale.

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*C'è un unica pagina al presente. Perché il dolore non va affrontato ieri, o domani. Il giorno migliore per guardare i mostri in faccia è sempre e comunque l'oggi. Il momento giusto è sempre il presente. Ma soprattutto perché questo grido, espresso al passato sarebbe sembrato troppo lontano.
Ah sì, ho rubato qualcosa: il titolo del film "Ragazze Interrotte". Un film fantastico.


E' il mio capitolo preferito, spero vi sia piaciuto.

   
 
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