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Autore: Viki_chan    13/12/2013    8 recensioni
[Heirs o The Inheritors]
Kim Tan è il figlio ribelle del presidente di un impero industriale.
Questo è quello che vedono gli altri.
In realtà, Kim Tan è molto di più. E' un ragazzo pigro, solo, arrabbiato.
Vive in California, lontano dalla famiglia, lontano dagli affari.
Esiliato in una bella villa vicino alla spiaggia.
Ma Kim Tan non riesce a trovare un senso a tutto quello che è stato costretto a vivere negli ultimi anni.
Un incontro fortunato, cambierà radicalmente la sua vita.
- La storia parte dall'inizio del drama e ne riprende le scene -
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Heirs

La versione di Kim Tan



1. La pigrizia è una malattia (in)curabile


Los Angeles, California.



Il giorno in cui sono partito per venire a studiare all'estero, l'addio di mio fratello è stato
semplice,
breve,
onesto.


Vivo in uno dei luoghi più belli del mondo, la California.
Sono ricco.
Ho degli amici.
Sono circondato da ragazze che dove sono nato esistono solo sulle copertine patinate delle riviste.
Non ho scadenze, né impegni.
Ci siamo solo io, le onde, quel pazzo di Jay.

Devi solo vivere come desideri, senza preoccuparti e nemmeno pensare.

E' questo quello che hyung, mio fratello, mi ha detto, quel giorno.
Un istante prima che io capissi di essere stato appena esiliato.
Un esilio perfetto.
Talvolta quando sono su di giri mi immagino come un demone esiliato in Paradiso.
In un posto migliore, in un posto più ricco e confortevole.
In un posto a cui, anche volendo, non riesco ad appartenere completamente.
Tutto di me parla del luogo da cui vengo.
Il mio nome, Kim Tan.
Così diverso da Jason Klein detto Jay, così poco americano.
I miei lineamenti, i miei occhi a mandorla.
Così diversi dall'oceano blu delle iridi di Kimberly, così poco occidentali.
La mia cadenza che, nonostante io sia qui da tempo, non è ancora perfetta.
Così diversa dagli hey baby e i let's go che sento ogni giorno sulle spiagge dorate della California.

Nonostante tutto, però, mi reputo un ragazzo fortunato.
Cerco di pensare positivo sempre, di frequentare lezioni interessanti, di non perdermi i party migliori.
Eppure, ci sono dei momenti in cui non riesco a negare la mia diversità.
C'è un luogo, in particolare, che mi porta a riflettere.
E' un locale sulla spiaggia, proprio davanti al campo da beach volley, il Duke's.
Ci lavora una ragazza coreana.
Coreana come me.
Coreana vera.
Stessi diversi occhi e stessa diversa pronuncia.
Si fa chiamare Stella, ma so che ha un nome diverso, proprio come il mio.
Lei mi fa sentire diverso dagli altri, mi parla in coreano, anche davanti a Jay.
Ma è un diverso positivo, in qualche modo mi fa sentire a casa.
In quei momenti, forse perché ho un'espressione troppo concentrata, Jay dice sempre qualcosa di ridicolosamente fastidioso.

Non li biasimi?
Tuo fratello che ti odia, tua madre che ti ha partorito o tuo padre che non è mai dalla tua parte?

Sono troppo pigro per biasimare qualcuno
, mi dico.
E lo dico solo a me stesso, perché a Jay non interessa davvero perché sono qui.
Lui è fatto così, chiede e non pretende risposta.
Perché anche lui vede il Kim Tan pigro e svogliato che prima di lui hanno conosciuto mio padre, mio fratello e pure Rachel, la mia fidanzata coreana.
Forse sono davvero quella persona, forse questo esilio è solo ed esclusivamente colpa mia.
Forse è per questo che continuo a frequentare il bar della ragazza che mi fa pensare.
Perché sotto sotto penso di meritarmelo tutto questo.
Di meritarmi il sole e il mare, ma anche la solitudine.
Di meritarmi Jay e le feste e le ragazze, ma anche il fatto che al di là dell'oceano, io venga considerato solo un peso.

Ho fatto come hyung mi aveva detto.
Ho mangiato e giocato.
Come risultato, ho fatto in modo che la polizia conoscesse perfettamente la mia faccia.
A scuola ho sempre attirato l'attenzione.
E, inoltre, ho imparato a far piangere mia madre, a Seoul.


Dovrei biasimarla?
Dovrei essere arrabbiato con lei?
Dovrei sentirmi come la vittima della vittima?
Perché sto pensando a tutto questo, ora?
Ho finto di stare bene per anni, ho mangiato tutte le mandorle che desideravo.
Mi sono divertito, mi sono ubriacato, ho fatto a botte.
Mi sono sempre accontentato di tutto questo.
Eppure da qualche giorno, la mia insofferenza si è amplificata.
Non trovo più nulla di divertente da fare. Non riesco a svagarmi, a non pensare.
Mi ritrovo sempre più spesso a letto, seduto, con una penna in mano.
Abbandono il cellulare da qualche parte, stacco i pensieri e scrivo.
E più cerco di non pensarci e più penso alle mille chiamate che troverò più tardi su quel maledetto display.
A quante scuse dovrò inventare.
Mamma, Rachel, Mamma, Rachel, Mamma e Rachel.
Oggi più del solito.
Oggi è il nostro anniversario.

“Non rispondi? Suona da un pezzo" dice Jay entrando in camera e lanciandomi il cellulare.
“No, so già chi è. E' la mia fidanzata. Potrebbe star salendo sull'aereo, potrebbe essere già sull'aereo, oppure potrebbe essere già qui” sorrido. “Oggi è il nostro anniversario.”


Lo sguardo di Jay si illumina, c'è una scusa per festeggiare.
Ed è una scusa seria, non come le sue solite.
Tipo hey, oggi è il secondo giorno in cui uso questa tavola, hey, oggi ho cavalcato l'onda più alta dell'oceano.
La mia risposta è sempre la stessa.
Sono troppo pigro per festeggiare.
Anche ciò che faccio subito dopo è sempre lo stesso.
Lo seguo e vado a festeggiare.
Sono troppo pigro per ribellarmi.

Per Jay la California è la sua donna ideale.
La sua compagna di vita, la sua amante.
Per Jay non esiste un luogo migliore della California.
Quando qualche straniero parla della sua città natale, magari dicendo che ha spiagge migliori della California, Jay è incredulo.
Niente è meglio della California.
Forse è per questo che io sono il suo migliore amico.
Perché pur essendo uno straniero, non ho mai paragonato la Corea alla California.
Perché sono troppo pigro per farlo, ovviamente.
La seconda amante di Jay cambia ogni sera.
Dice che prima o poi si innamorerà, che ci innamoreremo.
Troveremo la donna della nostra vita in uno di quei party alcolici a casa di uno dei surfisti.
Non ne sono molto sicuro, però sarebbe bello vedere la faccia di mio padre in presenza della mia ragazza.
Bionda, abbronzata.
Che non parla una parola di coreano.
Te la sei voluta tu, potrei dirgli, sei tu che mi hai mandato in California.
Ma questo non succederà mai. Non finché io sarò questo Kim Tan.
Lo stesso Kim Tan che quando crede di aver trovato un po' di forza, si rintana dalla coreana Stella, a guardare la spiaggia, al Duke's.

“Cos'hai sempre da scrivere?” mi chiede lei. Sembra che le piaccia la mia compagnia. Non sa quanto io odio e amo la sua.
“Sono compiti, è un saggio.”
“Non sembri uno che fa i compiti
commenta e mi rabbocca il caffè.
“E' perché sembro uno che non li fa che li sto facendo. E' una sorta di ribellione.”

Eccomi.
Allora ci sono, esisto, da qualche parte.
Esiste ancora sotto la mia pelle abbronzata e i capi firmati che indosso qualcosa di buono.
Un guizzo di sana ironia.
Un po' di senno.
Penso.
E so che anche questo è ribellione.
Perché hyung mi ha detto di non farlo, di non pensare.
Allora mi accorgo che due ribellioni alla volta sono troppe e torno a guardare la spiaggia.
E la vedo.
Lei.
Giovane e carina.
Diversa, proprio come me.
Guarda verso la mia direzione, verso in Duke's.
E so che non sta cercando me, non mi vede neppure.
I miei occhi, così simili ai suoi e a quelli che è solita vedere in Corea, non attirano la sua attenzione.
Ma io...
Non riesco a smettere di guardarla.
E solo mentre la guardo mi rendo conto che è una vita che non vedo una persona coreana della mia età.
Mi trovo a chiedermi se io sono cresciuto diversamente, avendo respirato un'aria diversa.
Forse se fossi stato in Corea sarei più basso, o più magro.
Lei è minuta e ha la pelle chiara.
Una piccola bocca carnosa.
Capelli lisci e scuri, coreani.
Una valigia a seguito.
Non sembra ricca.
Non ha la faccia di chi è stato corrotto dai soldi.
Ha una viso pulito, senza trucco.
E' bella.
La sua espressione cambia.
La vedo seguire Stella con lo sguardo, assistere alla patetica scena di due avventori che le infilano una banconota nella maglia.
Patetica.
E' una cosa che faccio anche io, a volte. Mi fa sentire californiano, in un certo senso.
Ma lei ne è sconvolta.
La nuova arrivata guarda Stella e si morde il labbro inferiore.
Una lacrima le riga il viso.
La osservo così indifesa davanti a un mondo che è troppo per lei.
So come ci si sente, ci sono passato anche io.

“Dovrei darti più caffè?”
Stella torna al mio tavolo, rabbocca di nuovo il bicchiere, fa un mezzo sorriso.
Mi vede guardare la nuova arrivata, segue i miei occhi e le due si riconoscono.
Capisco subito che è una visita inaspettata.
Stella sbatte la brocca del caffé sul tavolo, mette un broncio non diverso da quello della ragazza che la sta guardando dalla passeggiata al limitare della spiaggia.

Cha Eun Sang” dice Stella.

Sentendo quel nome, da qualche parte nel mio petto, sento qualcosa riaccendersi.
   
 
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