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Autore: emotjon    14/12/2013    12 recensioni
Un angelo. Capelli ricci, occhi smeraldo.
Un demone. Pelle ambrata, occhi cioccolato fuso.
E lei. La ragazza da cui dipende il destino di... tutto.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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*buonpomeriggio splendori, yeeeh.
scusate il ritardo, anche se sono imperdonabile.
è che non riuscivo a partire col capitolo.
e odio essere banale e scontata, per cui non vi posterò mai un capitolo scontato.
nah, non è da me. quindi, spero che vi piaccia.
okay, ora evaporo. alla prossima bellezze c:
xx Fede.*





*ho anche fatto il banner, finalmente, yeeeh.
vi piace? a me tanto, troppo forse, lol*


5. Like chocolate.
 

All I can is I was
enchanted to meet you”.
 

A Zayn tremavano le ali dal nervoso. Avrebbe dovuto lasciare che Harry conoscesse Madeleine per primo, come stabilito dal piano di Cassiel e Kismet. Ma non riusciva a passeggiare tranquillamente per Los Angeles senza poter fare assolutamente niente.
Emise l’ennesimo sospiro nervoso, facendo ridacchiare il demone che camminava al suo fianco, con le mani infilate nelle tasche dei bermuda di jeans. Ma lo ignorò, come del resto era solito fare la maggior parte delle volte.
«Non ti facevo tanto pappamolle, Malik», gli fece notare Louis con un ghigno, accendendosi una sigaretta e portandosela alle labbra, ridacchiando tra sé. Dal canto suo, il moro gli avrebbe tirato volentieri un pugno. «Allora?».
«Che avresti fatto tu? Se ci fosse Cas al posto di Madeleine?», sbottò fermandosi di scatto e voltandosi verso di lui. Lo vide serrare la mascella all’improvviso, e stringere i pugni tanto forte da far sbiancare le nocche. «E’ la stessa cosa, Lou», aggiunse Zayn più dolce, dandogli una pacca sulla spalla.
E Zayn aveva ragione.                     
Louis era innamorato di Cassiel da parecchio tempo. Forse da sempre, dall’inizio di tutto. Da prima della caduta, quando erano ancora tutti angeli. Da prima della scelta tra bene e male. Quando Cassiel aveva scelto il Paradiso, e Louis aveva scelto Lucifero.
Si erano persi. Ma poi erano caduti, tutti quanti, sia angeli che demoni.
E si erano ritrovati, con le ali sanguinanti nel deserto dei Gobi, senza un posto dove ripararsi. Si erano presi cura l’uno dell’altro, lasciando da parte l’odio e ricordando l’amore che provavano da sempre. Si erano persi, allontanati, ripresi, un secolo dopo l’altro. Nonostante fosse proibito. Nonostante tutto.
Avevano continuato ad amarsi.
E a pensare di dover patire quello che passava Zayn a veder morire Mad di volta in volta… no, Louis non riusciva nemmeno ad immaginare come facesse, come riuscisse a resistere senza di lei. O come riuscisse a stare calmo a vederla tra le braccia di Harry. In realtà lo ammirava, parecchio.
«Cosa hai intenzione di fare, Zayn?», gli chiese allora, mentre camminando di stavano avvicinando al negozio di tatuaggi di Cassiel. Mentre nel frattempo Madeleine continuava a disegnare la piuma sull’addome di Harry. Mentre lei e il riccio si punzecchiavano come amici di vecchia data.
Zayn cosa aveva intenzione di fare?
«Se ti dicessi che ho un piano?», gli chiese di rimando, con un sorriso spettacolare sul volto. Sorriso che avrebbe steso chiunque avesse un minimo di ormoni in circolo. Sorriso che era tutto un programma.
Ormai erano a pochi metri dal negozio. E i due demoni potevano sentire la risata di Madeleine, da quanto erano vicini. Ma lei era ancora con Harry. E Zayn non sarebbe entrato. Non avrebbe rovinato tutto in quel modo. Anche perché non voleva vedere Harry, a dire il vero. Non voleva vederlo ridere con quella che era la ragione della sua felicità.
«Vado dentro… ci vediamo, Malik». La voce di Louis lo distrasse dai suoi pensieri, quando ormai erano davanti alla vetrina. Ma Zayn di limitò ad un cenno del capo, continuando a camminare per la sua strada, attento a non farsi vedere. A non farsi vedere da lei, ovviamente.
Proseguì lungo la strada, finché con nonchalance si infilò in un vicolo e spiegò le ali, che ancora vibravano dal nervosismo. Sentire la risata di Madeleine, unita a quella di Harry, lo rendeva nervoso.
E quella volta era anche più nervoso del solito.
Un salto ed era già al di sopra dei palazzi. Un paio di battiti di ali e si librava senza sforzo all’altezza delle nuvole. Lo facevano tutti i caduti, quando avevano bisogno di staccare dall’umanità. Quindi, non si sorprese più di tanto a trovare Storm sdraiato qualche nuvola sopra di lui, con le ali nere a ripararsi dal vento.
Storm era un demone. Come Zayn, Kismet e Louis. Ma allo stesso tempo era diverso da tutti loro. Storm aveva le ali nere, come loro, ma dorate, evanescenti, quasi come quelle degli angeli. Storm aveva amato un’umana. E l’aveva persa. Lui soffriva, giorno dopo giorno, senza riuscire a far nulla per provare a dimenticare.
Ed era quello che riusciva a capire Zayn più di tutti, in effetti.
«Ciao Zayn», lo salutarono in coro il demone biondo e dagli occhi grigi e la ragazza – demone anche lei – alla quale apparteneva la seconda serie di ali color tenebra, che Zayn non aveva notato, arrivando dal basso.
Capelli castani, corti. Occhi color nocciola e sempre brillanti. Un folletto, in sostanza.
Il moro represse una risatina al vederli abbracciati in quel modo. Ma in effetti Soraya era l’unica che riuscisse a stare a contatto con Storm senza il pericolo di essere attaccata. Verbalmente, o fisicamente. Non aveva importanza. Fatto sta che Storm si incazzava con chiunque, per la minima cosa. E attaccava, in qualsiasi modo.
Colpa del dolore represso, secondo Soraya.
«Devo accelerare le cose, o rischio di impazzire», disse loro sedendosi sulla nuvola accanto, con le gambe a penzoloni, mentre anche loro si mettevano a sedere, Storm seduto davanti e Soraya inginocchiata dietro, a giocare coi suoi capelli biondi, un mezzo sorriso a incresparle le labbra.
Il moro vide il ragazzo biondo inarcare un sopracciglio.
«Madeleine è legata a te… ti troverà lei, non c’è bisogno di fare la guerra con Harold», gli disse sinceramente. Si irrigidì appena, ma si calmò all’istante, sentendo le labbra di Soraya posarglisi appena sotto l’orecchio. «E va bene, cosa ti serve?», borbottò mentre la castana ridacchiava divertita.
Aveva più potere lei su Storm che chiunque altro, e lo sapeva perfettamente. Come fossero fratello e sorella. Come fossero migliori amici. Ma in realtà erano molto di più. Si erano curati le ferite a vicenda. Si erano aiutati. Un po’ come Cassiel e Louis, ma non ad un livello così profondo.
Zayn sorrise, lanciando un’occhiata a Soraya, che gli fece l’occhiolino.
Non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza.

***
 
«Se la smetti di muoverti, magari…», disse Madeleine trattenendo una risatina. Harry non la smetteva di divincolarsi sotto il pennarello che scorreva deciso sulla sua pelle. Aveva quasi finito, ma con Harry che si muoveva in continuazione avrebbe dovuto ricominciare da capo… di nuovo.
Il riccio era divertito dal carattere di Madeleine. Era timida ma estroversa allo stesso tempo. Era strana come situazione, e pur di sentirla ridere e lamentarsi, si sarebbe mosso in continuazione per tutta la giornata.
Pur di sentire le sue dita addosso, l’avrebbe fatto.
«Agli ordini», le disse trattenendo a malapena un sorriso. La vide inarcare un sopracciglio, mentre con un sorriso continuava a disegnare sulla sua pelle, estraniandosi dal resto quanto più possibile.
Senza accorgersi che praticamente tutti gli angeli presenti nel negozio la stavano osservando, appena dietro di lei. Ma cercò di non farci caso. Cercò di finire il disegno velocemente – ma non troppo in fretta.
Voleva allo stesso tempo finire e non smettere mai di disegnare sulla sua pelle.
«A che punto sei, Mad?», le chiese all’improvviso Eveline, con un sorriso enorme sul volto. All’improvviso, tanto che per poco alla ragazza non scappò di mano il pennarello. All’improvviso, tanto che persino Harry si stupì della velocità con la quale fu costretto a fermarle la mano, che presa alla sprovvista stava per rovinare il bellissimo e faticoso disegno.
«Grazie», mormorò la castana puntando gli occhi in quelli verdissimi di Harry, e facendo comparire un sorriso con tanto di fossette sul suo volto. Si sentì arrossire violentemente, ma non ci fece caso, non quella volta. «Ho quasi finito, Eve», aggiunse senza staccare gli occhi da quelli del ragazzo.
Ma non appena riuscì a riprendere con disegno, la voce di Cassiel la interruppe. E stavolta nessuno riuscì ad impedirle di rovinare il disegno. «Che cazzo ci fai qui?», sentì urlare la ragazza dalla pelle color cioccolato. E per lo spavento le scappò il pennarello di mano, tracciando una linea netta su parte del disegno.
«Cazzo, Cas!», sbottò Madeleine voltandosi di scatto, facendo ridacchiare Harry, che la guardava, basito dalla sua reazione. Basito e stupito. Dal canto suo, Mad era tanto incazzata che scagliò a terra il pennarello e si alzò, scappando verso il retro, vicina alle lacrime. «Cazzo…», borbottò ancora, una volta nel vicolo dietro al negozio.
Cassiel intanto non aveva potuto far altro se non guardarla con gli occhi sgranati, per poi prendersela con Louis, che comparendo all’improvviso aveva causato tutto quanto. Lo spinse, forte, su una spalla. Ma senza smuoverlo di un centimetro, tanto che quando se ne accorse si ritrovò a qualche millimetro dalle sue labbra.
«Sei un coglione», borbottò, spaesata. Stava annegando nei suoi occhi.
«Però lo ami da seimila anni…», le fece notare Harry alzandosi dal lettino e seguendo Madeleine sul retro. Gli fece male al cuore vederla seduta su una pila di bancali di legno, con le ginocchia al petto e le lacrime agli occhi. «Ehi…», mormorò con un mezzo sorriso.
Fragile, come lo era stata sempre. Quella era la sua Madeleine.
«Senti, posso rifartelo domani? Non ce la faccio a finire il turno… è troppo…», ammise lei in un soffio asciugandosi velocemente una lacrima, che era sfuggita al suo controllo. Scese dai bancali con un saltello e senza aggiungere altro. Cercando di scappare da quel vicolo. Voleva solo andarsene.
«Posso offrirti la colazione, almeno? Per farmi perdonare di questo pasticcio», aggiunse grattandosi la nuca imbarazzato. Madeleine, che era ormai sulla porta, pronta letteralmente a scappare, fu costretta a bloccarsi, voltandosi con un mezzo sorriso. «Non è un appuntamento, se non vuoi».
Riuscì a farla ridere, chissà come. E a strapparle un cenno del capo, mentre si mordeva il labbro inferiore, come se stesse annuendo tra sé, ma allo stesso tempo ci stesse pensando. Come se non sapesse cosa rispondergli. Stava solo prendendo tempo, a dire il vero.
«Va bene, ci vediamo domattina, allora…», acconsentì sorridendo. E rientrò nel negozio di Cassiel un po’ più leggera. Ma raccogliendo le sue cose senza spiegare niente a nessuno. Uscendo di lì senza che quasi se ne accorgessero. Come fosse stata invisibile. Lanciò un sorriso a Harry e uscì di lì, nel sole di Los Angeles.
Prese un respiro profondo, cercando di spiegarsi quello che era appena successo.
Si era appena incazzata – praticamente per senza niente – con una ragazza straordinaria come Cassiel, che le aveva offerto un lavoro senza praticamente chiedere niente della sua vita o del suo passato. Era appena scappata, si era rifugiata in un vicolo e si era fatta consolare da uno sconosciuto. In più, aveva accettato di uscire, con quello sconosciuto.
E in quel momento stava passeggiando per il lungomare di Los Angeles, andando da tutt’altra parte rispetto a dove abitava. Cercando di smettere di pensare alla sensazione che gli provocava sfiorare le pelle di Harry. Cercando di smettere di pensare ai suoi occhi. Cercando di non pensare a quanto bene l’avesse trattata nonostante non la conoscesse e nonostante non fosse stata il massimo della compagnia, mentre gli disegnava addosso.
Si era pure preso la colpa per quel “pasticcio”.
E Madeleine doveva ammetterlo. Era stato proprio adorabile.
E le scappò un sorriso, camminando sul lungomare immersa nei suoi pensieri. Immersa nei suoi pensieri a tal punto che quasi non si accorse del ragazzo che le era appena finito addosso con lo skateboard, facendola finire a terra.
Imprecò, mentre lui sfrecciava via ridendo. E poté vederne solo i capelli biondi, la camicia sbottonata e i bermuda di jeans strappati. Cercò di tirarsi su, ma le faceva male la caviglia. Allora si passò una mano tra i capelli, borbottando qualcosa di incomprensibile persino alle sue stesse orecchie.
Finché un secondo ragazzo con lo skateboard non comparve nella sua visuale. Jeans strappati, canottiera bianca. Capelli neri tirati su in un ciuffo. Barba di un paio di giorni. Un mezzo sorriso a increspargli le labbra sottili ma allo stesso tempo carnose.
E poi, c’erano quegli occhi color cioccolato, cazzo.
Madeleine sbatté le palpebre un paio di volte, velocemente, cercando di smettere di fissarlo. Ma era impossibile. Non riusciva a smettere. E non solo perché fosse tremendamente bello e con quell’aria da cattivo ragazzo. Certo, anche, ma…
Era sicura di non averlo mai visto. Eppure le era familiare. Anche lui.
«Stai bene?», le chiese Zayn porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Se si fosse fatta male avrebbe tirato i capelli di Storm uno ad uno. Lei si limitò a fare una smorfia, lasciando che il moro la tirasse su. Cercò di appoggiare la caviglia a terra, ma non appena la sentì mugolare, Zayn le passò una mano intorno alla vita, imprecando a bassa voce. Non voleva che le facesse male, non era nei piani. «Scusa, domanda idiota…».
«Non è colpa tua… è quel cretino che…».
Cercò per la seconda volta di posare il piede a terra, ma per poco non si mise a urlare dal dolore, e fu costretta ad aggrapparsi al braccio di Zayn, graffiandolo, da tanto forte stava stringendo.
«Ti accompagno a casa, dai… così intanto penso ad un modo per farmi perdonare», aggiunse con un sorriso. Storm l’aveva colpita troppo forte, cazzo. Ma forse – egoisticamente – avrebbe dovuto ringraziarlo, invece di pensare a come strappargli i capelli uno ad uno. E Mad non ebbe nemmeno il tempo di pensare, che il moro la prese in braccio, mettendosi sotto braccio lo skateboard. La sentì ridacchiare, sorpresa.
«Che stai facendo?», riuscì a chiedere, ridendo. Stare abbracciata a lui le dava i brividi, letteralmente. Ma non perché avesse paura di lui, anzi. Più che altro come se sentisse di potersi fidare ciecamente. Però era piacevole come sensazione. «Non so nemmeno come ti chiami…», borbottò intimorita non appena i loro occhi si incrociarono.
«Zayn, piacere», le disse con un sorriso porgendole la mano sotto il cui braccio stringeva lo skateboard, per non farlo cadere. Lei la strinse sorridendo appena, e sentendo distintamente una scia di brividi scivolarle lungo la schiena.
«Madeleine», mormorò arrossendo, cosa che fece ridere il demone, che la teneva su come pesasse meno di una piuma. «E abito da tutt’altra parte…», si rese conto, guardandosi intorno, mentre Zayn la trasportava attraverso un parcheggio, e fino ad una fila di moto, fermandosi poi davanti ad una moto completamente nera, con due caschi appesi dalla sella.
«Solo se ti fidi, se no ti chiamo un taxi».
E lo stesso senso di smarrimento che aveva avuto Harry al vederla incazzarsi in quel modo con Cassiel, lo ebbe anche Zayn, quando Mad si limitò a ridacchiare e a lasciare che lui la facesse sedere sulla moto, attento a non toccarle la caviglia nemmeno per sbaglio. «Allora? Dai, su… non ho paura».
«E’ solo che non ti facevo il tipo da moto, tutto qui», ammise trattenendo una risata, ricordando una vita particolarmente esilarante, in cui per convincerla a fare il tour degli Stati Uniti in motocicletta ci aveva messo… troppo. Era morta prima che potessero partire. Pensiero che fece svanire il sorriso dal suo volto, e che fece preoccupare Madeleine.
«Va tutto bene?».
«Sì, tranquilla… la mia ex odiava le moto», le spiegò sorridendo appena, inventando la prima bugia che gli venne in mente. E Madeleine sembrò crederci, perché gli rivolse un sorriso imbarazzato, come se le dispiacesse di aver tirato in ballo la sua ex.
Non sapendo che era proprio lei, la ragazzi di cui parlava Zayn.
Fatto sta che si stava fidando. Lasciò che le mettesse il casco. E lasciò che portasse le sue mani sui proprio addominali. Si strinse a lui, cercando di tenere la caviglia immobile, in modo di non farsi più male di quanto già sentisse.
E fatto sta che mezz’ora dopo si fece aiutare a scendere dalla moto. Si fece riprendere in braccio, senza imbarazzo. E suonò il campanello di casa, sperando che sua madre ci fosse. «Hai pensato a come farti perdonare?», scherzò, mordendosi il labbro inferiore per non ridergli in faccia.
«Se ti chiedessi di uscire?», gli chiese lui, facendole inclinare la testa da un lato.
Era il secondo che le chiedeva di uscire per farsi perdonare, nello stesso giorno. Che fosse un caso? No, lei non aveva mai creduto nel caso. Né nel destino. O nell’amore a prima vista. Non aveva motivo per crederci, a dirla tutta.
«Va bene», si arrese ridendo, mentre lui la metteva giù, e finalmente sua madre arrivava ad aprire la porta, accigliandosi vedendola in quello stato. Con un ragazzo, per di più. «Ci vediamo domani, Zayn», aggiunse facendo per allontanarsi, ma lui la prese per un polso e tirò fuori un pennarello dalla tasca dei pantaloni.
Inarcò un sopracciglio, per poi arrossire violentemente, al vederlo scrivere quello che doveva essere il proprio numero di telefono sulla sua mano. «A domani, bellissima», le disse in un sussurro lasciandole un bacio sulla guancia, per poi sparire verso la sua auto, lasciandola imbambolata a ripensare alle mille sfumature del suo sorriso.


 


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(askate, vi supplico in ginocchio, lol)
   
 
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